TESTIMONIANZE:
FIRENZE - Anni di violenze, psicologiche e fisiche, di plagi e coercizioni nei confronti di bambini, ragazzi, intere famiglie, abusi e violenze sessuali su bambine e ragazzine minorenni, consumati nell'ombra di una canonica e mai venuti a conoscenza di nessuno fino ad oggi. Famiglie intere convinte di far parte di un progetto di fondazione di una "vera chiesa dello Spirito" contrapposta a quella, corrotta e incapace, "di fuori", e spinte a devolvere alla parrocchia denaro e beni, "per adempiere alla volontà di Gesù Cristo". E poi avviamento di ragazzi al seminario, con l'obiettivo
di "colonizzare" la struttura ecclesiale attraverso incarichi di primo piano.
È questo - secondo le vittime dei plagi e degli abusi (così lontani nel tempo da rendere difficile ormai un'azione penale) che solo oggi, dopo tanti anni, hanno trovato il coraggio di parlare e chiedono giustizia appellandosi al Papa - ciò che è avvenuto almeno a partire dal 1975 in una parrocchia della periferia di Firenze, la Regina della Pace. Affidata fino al 2005 a un "carisma-tico" sacerdote oggi ottantenne, don Lelio Cantini, allontanato dalla città solo un anno fa ma mai privato dell'ordinazione. Con a fianco una donna, presunta "veggente" le cui visioni di Gesù, raccontano le vittime, servivano alla selezione degli "eletti". Oggetto di punizioni esemplari, privati dell'assoluzione e dell'eucaristia, se non avessero obbedito alle imposizioni del "priore", come il sacerdote si faceva chiamare. Fra cui quella sistematicamente rivolta a ragazzine di dieci, quindici, diciassette anni, di avere rapporti sessuali con lui, come forma, diceva, di "adesione totale a Dio". Facendo credere a ognuno di essere il prescelto e intimando il segreto assoluto pena il "castigo divino". Per questo, vinte le rimozioni e preso contatto con i compagni di allora, solo oggi le vittime hanno scoperto di aver condiviso un passato identico e terribile.
Ed è innanzitutto alla Chiesa, anziché ad avvocati e tribunali, che si rivolgono fin dal gennaio 2004, inviando alla Curia di Firenze esposti e memoriali, e ottenendo vari incontri personali - prima con l'allora arcivescovo Silvano Piovanelli e poi con l'arcivescovo Ennio Antonelli e con l'ausiliare Claudio Maniago. Con l'unico risultato, nel settembre 2005, di un trasferimento del "priore" "per motivi di salute" in un'altra parrocchia della Diocesi. Da qui la decisione di appel-larsi al Papa. La prima volta con una lettera del 20 marzo 2006, con allegati dieci dettagliati memoriali di venti vittime di abusi, a cui risponde il cardinale Camillo Ruini, ricordando alle vittime, sentito Antonelli, che il sacerdote sotto accusa dal 31 marzo ha lasciato anche la Diocesi e augurandosi che questo "infonda serenità nei fedeli coinvolti a vario titolo nei fatti".
Le vittime però non ci stanno. Il 'priorè vive con la "veggente" in una città della costa toscana, ha sempre intorno un gruppo di seguaci ed è tuttora ordinato. E a questo punto si muovono, di loro iniziativa, alcuni sacerdoti. "Non vogliamo sentirci domani chiedere conto di un colpevole silenzio", spiegano in una nuova lettera al Papa, inviata il 13 ottobre 2006 tramite la Segreteria di Stato. Dove parlano di "iniquo progetto di dominio sulle anime e sulle esistenze quotidiane" perseguito da una setta "purtroppo cresciuta dentro una parrocchia cattolica". E ricordano che a "quasi due anni" dall'inizio delle denunce dalla Chiesa fiorentina non sono ancora arrivati né "una decisa presa di distanza" dai personaggi coinvolti nella vicenda, né "una scusa ufficiale", né "un atto riparatore autorevole e credibile". A Repubblica, che glielo chiedeva, Antonelli ha risposto ieri di non voler fare alcun commento della vicenda.
Intanto la storia circola, e sono ora i parroci vicari foranei, responsabili delle zone della diocesi, a chiedere all'arcivescovo di portarla all'assemblea diocesana, davanti a tutto il clero. Antonelli li ha convocati alla fine di febbraio per mostrare una sua comunicazione alle vittime del 17 gennaio, relativa ai "provvedimenti" a carico del sacerdote adottati, scrive, "sulla base delle vostre accuse", al termine di un "processo penale amministrativo" e sentita la Congregazione per la Dottrina della Fede. Per cinque anni, scrive il cardinale, il "priore" non potrà né confes-sare, né celebrare la messa in pubblico, né assumere incarichi ecclesiastici, e per un anno dovrà fare un'offerta caritativa e recitare ogni giorno il Salmo 51 o le litanie della Madonna. E quanto alle vittime, visto che "il male una volta compiuto non può essere annullato", l'invito è a "riela-borare in una prospettiva di fede la triste vicenda in cui siete stati coinvolti", e a invocare da Dio "la guarigione della memoria". Ma loro, con "stupore e dolore", annunciano che non si ferme-ranno. Finora non hanno fatto nemmeno causa civile, ma d'ora in poi, dicono, "nulla è più escluso". Nella lettera alla Segreteria di Stato i preti chiedono a loro nome "un processo penale giudiziario", che convochi testimoni e protagonisti, e applichi "tutte le sanzioni previste dall' ordinamento ecclesiastico", che il prete che ha rovinato le loro vite sia "privato dello stato clericale", anche "a tutela delle persone che continuano a seguirlo". E che sia ora la Santa Sede a fare davvero luce su tutta la vicenda. (tratto dal: Corriere della Sera, del 6/4/2007).----------
COMMENTO di Aliberth: Ci risiamo, direbbe qualcuno, con queste storie tristi di denigrazione della religione cattolica. Ma, tant’è. Queste storie non ce le inventiamo noi e, comunque, tenia-mo subito a precisare che non riteniamo affatto che siano privilegio solo della religione cattolica. Anzi. Scorrendo le nostre ‘Testimonianze’ si potrà constatare che esse spaziano in tutte le dire-zioni e che ad esser messe sotto il microscopio sono tutte le manifestazioni di questa umanità sofferente, soprattutto quando essa crede o spera di aver trovato la via d’uscita dalle sue ango-scie, salvo poi a ricredersi, quando questa via di uscita si dimostra falsa e illusoria.
Ma per quanto riguarda la difficilissima situazione della nostra religione ‘ufficiale’ di stato (o per lo meno, così ritenuta dagli stessi interessati del Vaticano, dimenticando che l’Italia è ormai uno stato ‘laico’) bisogna riconoscere che essa si trova davvero al centro del mirino. Soprattutto ora, in questo periodo di forti spinte sociali verso una de-cristianizzazione della famiglia e dell’intero tessuto sociale, a causa di richieste libertarie verso la libertà sessuale e di pensiero, anche degli stessi appartenenti al clero (vedi il tentativo di far sposare i preti negli U.S.A.). Tuttavia, bisogna proprio dirlo, queste storie ci lasciano un forte amaro in bocca. Perché esse NON sono imputabili alla religione, né alla vera fede spirituale. Bensì, esse sono da attribuire alla profonda radice del male, che è inserita nella mente di alcuni individui, a qualunque religione essi appartengano, e che è il sigillo karmico che ogni essere vivente si porta dietro ogni volta che, dopo essere morto, torna a rinascere in questo mondo. E’ lo stesso retaggio karmico che fa di un individuo che nella vita precedente era un cacciatore, e che in questa vita attuale è una preda. Di chi era un despota aguzzino e in questa vita è una vittima ed un povero disgraziato costretto a vivere in terribili condizioni di vita. Così, anche chi nella vita precedente ha subito forti ingiustizie, tremendi torti e violenze, perfino stupri e aggressioni fisiche, in questa vita, anche se è diventato un rappresentante di una religione di pace e di amore, non può fare a meno di scatenare i suoi impulsi di rivalsa, almeno fino a che non ha veramente capito la legge di causa e di effetto, cioè la legge del karma. Quindi, prima ancora di gridare agli altri il nostro ‘crucifige!’, cerchiamo di vedere se anche nel nostro occhio c’è quella trave che noi vediamo solo come una pagliuzza. Prima di prendercela con qualche altra creatura vivente che sta pagando il suo debito karmico, chiediamoci come e perché queste cose continuano ad accadere in questo mondo, fin dagli inizi e senza alcuna speranza di interruzione o cessazione…