SAMADHI
di MIKE K. SAYAMA
L'AUTOSVILUPPO ZEN NELLA PSICOTERAPIA
E NELL'ARTE DELLA SPADA
TRADUZIONE DALL'INGLESE DI ALIBERTH MENG, per conto del CENTRO NIRVANA di ROMA
(Ci scusiamo per l'incompiutezza dell'opera (soprattutto per quanto riguarda la parte editoriale, vale a dire la mancanza delle Annotazioni, della Bibliografia e dell'Indice per Argomenti - presenti nel testo originario). Ma per l'uso che si intende farne, ciò che è stato tradotto viene ritenuto sufficiente all’utilizzo dei meditanti e degli studiosi. - N. d. T.)
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RINGRAZIAMENTI: …. Dedico questo libro ai miei Genitori….
… Inoltre ringrazio Tanouye Roshi per avermi addestrato in questi ultimi dieci anni, poi la mia famiglia per l'aiuto datomi durante tutta la mia vita e Richard Mann e Bill Eastman per l'occasione di poter pubblicare questo libro. Ringrazio anche L'Istituto per gli Studi Zen, per il suo sostegno nel corso dell'allestimento di questo libro.
Guardando indietro a questi sette anni in cui ho lavorato su di esso, mi sento così pieno di gratitudine per quei tanti amici e congiunti, da non potermi fermare, se dovessi cominciare a ringraziarli tutti uno per uno. Perciò, semplicemente unisco insieme le palme delle mie mani e mi prostro con devozione a tutti loro. (Mike K. Sayama)
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INTRODUZIONE
"La chiave dell'Autosviluppo", dice Mike Sayama, "è l'esperienza del SAMADHI, uno stato di concentrazione non-rigida, in cui l'individuo non è raggelato dalla paura, né è strettamente coinvolto nel desiderio. Semplicemente autostabilito, il SAMADHI è il libero flusso dell'energia vitale all'interno del corpo, e tra il corpo e l'universo". -
Muovendosi con spontanea facilità tra le tecniche e le tradizioni, Sayama riesce a scoprire che i Sapienti della Storia - filosofi Greci, mistici Alemanni, veggenti Indiani e, più vicini a noi, scienziati illuminati come, tra gli altri, Albert Einstein,- hanno intuito che questa esperienza di trascendente unità è situata nel cuore di una piena 'auto-realizzazione'.
La Prima Parte del libro offre uno studio dell'auto-realizzazione nel buddhismo Zen. L'autore individua la sua essenza nell'Illuminazione del Buddha. Viene quindi tracciato lo sviluppo dello Zen fino ai maestri viventi che, nei tempi più recenti, hanno trasferito i loro lignaggi dal Giappone agli Stati Uniti. Sayama osserva che noi dovremmo scegliere come maestri, coloro ai quali è stato trasmesso l'autentico insegnamento attraverso le generazioni, ed esamina con amorevole attenzione i comportamenti, talvolta strani e stupefacenti, di coloro i quali nel loro stesso aspetto, comunicano lo stato Samadhico.
La Seconda Parte del libro presenta la Terapia-Zen, un metodo di autosviluppo che mette in evidenza la coltivazione del SAMADHI, per mezzo di un training psico-fisico. Sayama mette a confronto gli effetti del Rolfing, Feldenkrais e della Terapia-Zen sulla mente e sul corpo umani. Egli include direttive assai facili da seguire, allo scopo di creare lo stato interiore da lui descritto, raccontando vivide storie di casi straordinari, trattati dal punto di vista che <la migliore terapia è nulla senza l'eliminazione di ogni dualismo>. Vengono così presentate quattro principali pratiche: zazen (meditazione seduta), lo sviluppo di hara, la circolazione del prana, o energia vitale e la comunicazione.
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MIKE K. SAYAMA, di origine giapponese ma Americano di adozione, si è laureato all'Università di Yale, col massimo dei voti ed ha ottenuto il titolo di Dottore in Filosofia e Psicologia Clinica nell'Università del Michigan. Egli ha avuto un addestramento nello Zen e nelle Arti Marziali, per più di dieci anni, sotto il Roshi Tanouye Tenshin.
Attualmente, egli è membro del Consiglio dei Direttori e del Gruppo Educativo dell'Istituto per gli studi Zen, nelle Hawaii.
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PREFAZIONE
Tradurre in parole la vera forma dello Zen, sarebbe una vera e propria opera poetica, più che filosofica. Sarebbe un riflesso esistenziale dell'osservare se stessi; e, come una primordiale campana di cui non si sa da dove provenga il suono, questa forma 'vera' dello Zen condurrebbe diritta al SAMADHI, la consapevolezza che è proprio essa stessa la Saggezza che deve essere realizzata.
SAMADHI è un termine Sanscrito che identifica un'esperienza, che è la chiave stessa dell'autosviluppo. Essa può essere descritta come una concentrazione rilassata, in cui una persona non viene più né raggelata dalla paura e né sconvolta dal desiderio. Nel Samadhi si trascende il dualismo, si è costantemente presenti momento per momento e si sperimenta il godimento estremizzato della vita. Al suo livello più profondo, il Samadhi è la trasformativa esperienza diretta della cosiddetta "Intercompenetrazione".
Proprio ora sta emergendo la cosiddetta 'Psicologia Transpersonale', che esplora i più alti livelli della coscienza e dell'autosviluppo umano. I suoi fondamenti sono la vita e gli insegnamenti dei Maestri delle grandi tradizioni spirituali di tutto il pianeta. In questo libro, io concentro la mia attenzione prima su un lignaggio tradizionale del buddhismo Zen, presentando sei Maestri del lignaggio di Chozen-ji, che è un ramo della Scuola Rinzai. Successivamente traccio un percorso di autosviluppo basato sullo Zen, nonché sulla psicoterapia e l'arte della spada.
LA "COMPENETRAZIONE", ovvero l'ILLUMINAZIONE DEL BUDDHA
Nella evoluzione umana, il dualismo è stato il nostro 'massimo' risultato. Esso ci ha permesso di distinguerci dagli animali e ci ha fornito una misura riflessiva per tenere a freno il cieco istinto della superstizione, permettendoci quindi di generare la cultura, la scienza e la possibilità di una concreta libertà. Il dualismo permette di strutturare l'esperienza entro categorie mutualmente esclusive, come il soggetto e l'oggetto, il buono ed il cattivo, la causa e l'effetto, nonché il passato, il presente ed il futuro. Queste categorie hanno funzionato così bene nel mettere ordine tra la natura e le persone, che esse sono ora generalmente considerate le componenti della vera "realtà".
Tuttavia, il dualismo è un errore ontologico dalle conseguenze estremamente ampie ed estese. Esso ci ha indotto a credere in un universo consistente di particelle elementari indipendentemente esistenti e meccanicisticamente interagenti. Ed ancora, esso ci ha portato ad identificare il <Sé> come un 'ego', in un corpo perituro alienato dal resto dell'esistenza e che sta indirizzandosi verso un mondo privo dei più elevati principi e dei significati più profondi. Col triste effetto di una popolazione umana che ironicamente tiene testa all'angoscia esistenziale, aumentando ed intensificando gli interessi egocentrici a spese di un più giusto benessere comune.
La sfida che oggi abbiamo di fronte, è quella di allontanarci gradualmente da questo dualismo e di realizzare che tutto è compenetrato con tutto il resto, senza alcuna ostruzione di sorta. La "Compenetrazione" è la nostra fondamentale esperienza di base e, la nostra più alta esperienza non può che essere la realizzazione di questa stessa esperienza come fondamentale. Perciò Shakyamuni, appena illuminato, esclamò, "Oh, com'è meraviglioso, com'è misterioso! Tutti gli esseri sono il Buddha, fin dall'inizio!"
I buddhisti Indiani concepirono un universo di tempo e spazio infiniti, in cui la creazione e la dissoluzione dei sistemi-mondo si ripetono eternamente all'infinito, e gli esseri senzienti continuano a trasmigrare attraverso incalcolabili cicli di vite, nel loro cammino verso la Perfezione del Buddha (Il Risveglio). È detto che occorrano tre incalcolabili eoni, ciascuno lungo più di un certo numero di anni (10 alla 27° potenza), per poter diventare un Bodhisattva (cioè un essere destinato a diventare un Buddha) ed altri cento eoni per completare questo destino. Come sappiamo, Shakyamuni è il Buddha storico di questo attuale sistema-mondo.
Egli nacque come un principe dell'India, più di venticinque secoli fa. Alla nascita, gli fu predetto che sarebbe divenuto un grande re o un profeta religioso. Il re, suo padre, voleva che il figlio fosse il suo successore e, perciò, fece di tutto per tenere lontano Shakyamuni da ogni tipo di sofferenze, che avrebbe potuto condurlo verso la ricerca spirituale. Crescendo all'interno delle mura del palazzo, egli eccelse in ogni tipo di arti marziali e culturali, sposò la più bella donna del regno e generò un figlio, mentre si godeva il meglio che il mondo materiale di quel tempo potesse offrirgli. Malgrado ciò, all'età di ventinove anni, egli si avventurò all'esterno del palazzo e venne a contatto con la vecchiaia, la malattia, la povertà e la morte. La visione dell'impermanenza dell'esistenza trasformò la sua felicità in angoscia ed egli si sentì come un uomo intrappolato in una casa in fiamme. Rinunciando alla sua famiglia ed al regno, egli cercò la salvezza attraverso le pratiche ascetiche.
Per sei anni Shakyamuni praticò tali austerità, che giunse quasi sul punto di morire, finché alla fine sedette nella posizione del loto, con la determinazione di non alzarsi fino a quando non si fosse illuminato. Egli consumò tutto il suo intelletto, andando ripetutamente oltre la duodecuplice catena della causalità (Pratityasamutpada), nella interminabile ruota delle sofferenze. Alla fine, esausto, egli entrò in un profondissimo Samadhi. Al mattino del settimo giorno, il luccichio della stella più lucente scosse il suo Samadhi e lo risvegliò.
Dopo la sua illuminazione, egli ebbe come primo pensiero la convinzione che tutte le cose e gli eventi dell'universo si 'compenetravano' l'un l'altro liberamente e senza alcuna ostruzione. Ma, siccome nessuno intendeva seguirlo, egli pensò principalmente alle "Quattro Nobili Verità". Il principio della "Compenetrazione" fu poi elaborato nel Sutra Kegon (Cinese, Hwa Yen), nella quadruplice concezione dell'esistenza, che è così stabilita:
1) Il mondo visto come le esistenze individuali.
2) Il mondo visto come l'Assoluto.
3) Il mondo concepito come gli individui che mantengono la loro individualità nell'Assoluto.
4) Il mondo concepito come ogni essere che si rivela attraverso ciascun altro, cosicché ciascun individuo non viene impedito dall'essere fuso e unito a tutti gli altri.
Il prof. D.T. Suzuki chiamò il principio di compenetrazione, come il "culmine della filosofia buddhista". Ciò è illustrato dalla metafora degli specchi che circondano una candela. La luce della candela si riflette in ogni specchio, ed ogni riflesso è ancora riflesso in tutti gli altri specchi, in maniera che viene a crearsi una perfetta interazione reciproca di luci che si riflettono all'infinito.
La "Compenetrazione" è l'unità trascendentale che è al cuore degli insegnamenti dei Saggi di ogni tempo. Ad esempio, ecco cosa dicono alcuni di essi.
Il massimo esponente dell'Advaita Vedanta, Shankara, così scrive:
"In verità, non vi è né vedente, né il vedere e né il visto. C'è solamente una sola Realtà. Essa è senza cambiamento, assoluta e senza forma. Come potrebbe mai essere separata?… Non esiste che una sola ed unica Realtà – proprio come uno strabocchevole Oceano in cui tutte le apparenze sono dissolte. Essa è immutabile, senza forma ed assoluta. Come potrebbe mai essere separata?… È la nostra illusione che sovrappone l'universo delle differenze al Brahman. Ma il saggio sa che questo universo non ha una realtà separata. È identico al Brahman, è la sua base… Questa illusione della differenziazione ha la sua origine nella mente grossolana. Quando questa mente viene trascesa, essa cessa. Quindi, lasciate la vostra mente assorbita nella contemplazione dell'Atman, la Realtà, che è la vostra più recondita essenza…"
E Meister Eckart dice:
"Quand'è che un uomo ha la comprensione minima? Io rispondo:- Quando quell'uomo vede una cosa come separata dall'altra.- E quando è che un uomo è al di sopra di questa comprensione minima? Ti posso dire questo:- Quando quell'uomo vede il Tutto in tutto, allora egli è oltre la comprensione minima…"
…E Plotino:
"Ogni essere contiene in se stesso l'intero mondo intellegibile, perciò il Tutto è in ogni dove. Ciascuno è in quel Tutto e il Tutto è in ciascuno. L'uomo com'è adesso, ha smesso di essere il Tutto. Ma quando egli smette di essere un individuo, egli di nuovo si eleva e compenetrando il mondo intero, ritorna ad essere il Tutto…"
Albert Einstein:
"Senza l'illuminata presenza di tali individui, comunque, la compenetrazione potrebbe essere troppo facilmente respinta come un semplice esoterismo. Però, ora, seguendo la logica del dualismo al massimo livello, paradossalmente anche i fisici puntano alla fondsamentale unità dell'universo. L'analisi dei fenomeni subatomici ed astrofisici confuta il paradigma dualistico e meccanicistico dell'universo e apre la mente a nuove possibilità. Ciò ha portato eminenti fisici a pensieri di questo tipo: 'Un essere umano è parte dell'intero, ciò che chiamiamo Universo; una parte limitata nel tempo e nello spazio. Egli sperimenta se stesso, i suoi pensieri e le sensazioni come qualcosa di separato da tutto il resto - una sorta di illusione ottica da parte della sua consapevolezza. Questa illusione è una forma di prigionìa per tutti noi, che ci costringe ed essere rinchiusi ai nostri personali desideri ed all'amore interessato solo per alcune persone a noi vicine. Il compito che ci aspetta è quello di doverci liberare da questa prigione…"
Werner Heisenberg:
"Non è stato possibile vedere cosa sarebbe sbagliato nei fondamentali concetti di materia, spazio, tempo e causalità, che nella storia della scienza sono stati così estremamente soddisfacenti. Solo la stessa ricerca sperimentale, eseguita con tutte le rifinite apparecchiature che la scienza tecnica potrebbe offrire, … ha fornito le basi per una analisi critica, - o si potrebbe dire, ha rafforzato questa analisi critica,- dei concetti, avendo infine come risultato la dissoluzione di questa rigida struttura."
Ernest Schroedinger:
"Soggetto ed oggetto, in realtà, sono una cosa sola. La barriera che c'è tra di essi, non si può dire, che sia stata spezzata dai risultati delle recenti esperienze delle scienze fisiche, poiché questa barriera non esiste! Sembra inconcepibile alla ragion comune, ma tu - e tutti gli altri esseri coscienti in quanto tali - siete tutti nel Tutto. Perciò questa vostra vita che state vivendo, non è semplicemente un pezzo dell'intera esistenza ma, in un certo senso, è l'intero… Quindi, potete sdraiarvi distesi sul terreno, totalmente distesi sopra la Madre Terra, con la certa convinzione che voi siete Uno con essa e lei con voi. Voi siete così fermamente stabiliti, così tanto invulnerabili quanto essa stessa, anzi mille volte più stabilmente compatti ed invulnerabili. Così fermamente che essa, un domani, vi inghiottirà e così sicuramente che di nuovo vi espellerà per nuove lotte e nuove sofferenze… Adesso, oggi, ogni giorno essa vi sta partorendo non una volta sola, ma migliaia e migliaia di volte, proprio come ogni giorno, essa vi inghiotte migliaia e migliaia di volte…"
Benché le ultime risposte della Fisica comincino ad accordarsi al misticismo filosofico, esse non sono ancora tutte uguali. La Saggezza dei Saggi è una diretta espressione dell'assoluta trascendenza di tutte le forme, incluse quelle della stessa Fisica. Infatti questa Saggezza esprime quell'Assoluto che, in nessun altro modo, può essere descritto. Lo stesso Einstein disse ancora:
"L'emozione più grande e meravigliosa che possiamo sperimentare è quella mistica. Essa è l'inseminatrice di ogni vera arte e scienza. Colui al quale sia estranea questa emozione… è bell'e morto! Conoscere che ciò che ci è impenetrabile esiste davvero, manifestandosi come la più elevata Saggezza e la più radiosa bellezza, che le nostre ottuse facoltà riescono a malapena a comprendere nelle loro più primitive forme, - questa conoscenza, questo sentimento, sono al centro della più pura religiosità. Solo in questo senso io ritengo di appartenere ai ranghi degli uomini devotamente religiosi…"
La convergenza crescente tra le scoperte scientifiche e le intuizioni dei Saggi, in ogni caso, segnala un rivoluzionario mutamento di rotta dal paradigma dualistico a quello olistico. Man mano che la nostra conoscenza aumenta, diventerà sempre più chiaro che l'efficacia e la creatività, in qualsiasi campo, alla fine non potrà che arrivare all'autosviluppo. Il nuovo corso della Fisica può aiutare a frantumare la prospettiva dualistica ed i limiti che essa pone al potenziale umano, in quanto esso dipinge una realtà in cui non c'è una cosa che sia una cosa, in cui tutto è intercompenetrante col flusso dei campi di energia; in cui spazio, tempo e causalità scompaiono. Consideriamo i fenomeni seguenti: 1) Un elettrone salta da una posizione all'altra senza passare attraverso le posizioni intermedie. 2) Due atomi, che inizialmente erano uniti a formare un'unica molecola, vengono separati a grande distanza uno dall'altro. Quando accade un cambiamento ad uno, simultaneamente avviene un cambiamento anche nell'altro.
Per stabilire un senso a questi fenomeni, il fisico David Bohm propose la teoria dell'olomovimento, un modello di 'ininterrotta unità della totalità dell'esistenza come un indivisibile flusso di movimento senza limiti'. Nell'olomovimento, le particelle, non importa quanto piccole, sono la manifestazione dello sviluppo di ordini di modelli coinvolti nell'implicare quell'ordine, che è il più fondamentale livello di realtà. Bohm offre le seguenti analogie meccaniche per illustrare come il suo modello chiarisce i fenomeni sopra descritti. Per spiegare gli elettroni che saltano lo spazio, egli porta l'esempio di un dispositivo consistente in due cilindri concentrici di vetro, separati da uno spesso liquido fluido tra di essi. Una goccia di inchiostro insolubile <A> viene posta nel liquido ed il cilindro esterno viene rigirato, cosicché la goccia di inchiostro viene allungata in una sottile striscia fino a diventare invisibile. Un'altra goccia, <B>, viene inserita in una posizione differente ed anch'essa viene avvolta nel liquido. Dopo aver avvolto un gran numero di gocce lungo la linea AB, il cilindro viene ruotato rapidamente in senso inverso, cosicché ciò che si può vedere è una particella che apparentemente attraversa lo spazio. Bohm commenta:
"Questi avvolgimenti e stiramenti, allo scopo di compromettere l'ordine, possono chiaramente fornire un nuovo modello di elettrone che, per esempio, sia alquanto differente da ciò che prevedeva la consueta nozione meccanicistica di un aparticella, che esiste in ogni momento solo in una data regione dello spazio e che nel tempo cambia continuamente la sua posizione. Ciò che è essenziale, in questo nuovo modello, è ciò che l'elettrone è realmente, anziché esser compreso per mezzo di un totale assortimento di complessi avviluppanti che generalmente non sono localizzati nello spazio. Ad ogni dato momento, uno di questi, può essere avvoltolato e rimanere tuttavia localizzato ma, nel momento successivo, si avvolge per essere rimpiazzato da quell'altro che segue. La nozione di continuità di esistenza, viene avvicinata dalla più rapida ricorrenza di forme simili che mutano in un modo semplice e regolare… Ancor più fondamentale, la particella è solo un'astrazione che si manifesta ai nostri sensi. Ciò che è, è sempre una totalità di complessi, presenti tutti insieme, in una ordinata successione di stadi di avvolgimento e stiramento, i quali si mescolano e si compenetrano attraverso l'intero spazio…"
Per spiegare gli istantanei e corrispondenti cambiamenti negli oggetti distanti uno dall'altro, egli usa l'analogia di due telecamere puntate su dei pesci che nuotano in un acquario. Esse sono piazzate rispettivamente negli angoli destri e trasmettono differenti, seppur correlate, immagini dei pesci che nuotano nella vasca a due schermi televisivi in un'altra stanza. Chiaramente nessuna delle due immagini causa cambiamenti connessi nell'altra. Entrambe sono proiezioni bidimensionali di una più fondamentale realtà tridimensionale. Similmente, i simultanei e relativi cambiamenti dei due atomi precedentemente descritti devono essere visti come una proiezione del cambiamento che avviene ad un livello multidimensionale più basico della realtà.
"Generalmente, poi, l'ordine da implicare deve essere esteso in una realtà multidimensionale. In principio, questa realtà è una ininterrotta interezza che include l'intero universo con tutti i suoi 'campi' e le sue 'particelle'. Indi, dobbiamo dire che l'olomovimento si arrotola e si ridistende in un ordine multidimensionale, la cui dimensionalità è effettivamente infinita. Comunque, come abbiamo già visto, le relativamente indipendenti sub-totalità possono essere in generale astrattamente separate, cioè forse approssimate benché autonome…"
Nel modello di Bohm, l'elettrone non è una particella che si smaterializza e si rimaterializza in un altro posto e né produce informazioni del suo spostamento più veloce della luce da un atomo all'altro. È più giusto dire che l'elettrone è già presente lì da sempre e che l'informazione è dappertutto nelel strutture arrotolate dell'ordine da implicare.
La Fisica moderna confuta il paradigma dualistico, ma ciò non è abbastanza per poter comprendere intellettualmente questo fatto. Una persona DEVE sperimentare la fluente ed ininterrotta interezza dell'universo e vivere in accordo con essa. Ciò richiede la coltivazione del SAMADHI, fino a quando la coscienza non trascenda il dualismo. È possibile coltivare il Samadhi tramite la perfezione delle forme, con ogni tipo di sforzi al riguardo. Uno sforzo raffinato e concentrato porta all'assorbimento ed all'assimilazione del soggetto e dell'oggetto in modo naturale. Ma un tale tipo di Samadhi è limitato ad uno specifico campo. Le grandi tradizioni spirituali, tuttavia, svilupparono metodi di addestramento corpo-mente, che trasformavano la struttura dell'essere e rendevano le persone in grado di dimorare per lunghi tempi nel Samadhi, anche e soprattutto vivendo a tempo pieno nel mondo relativo. Una simile persona, che sarà stata abile di andare al di là della sofferenza inerente al dualismo, vivrà una vita luminosa ed illimitata, come quel sorridente saggio delle storie, che si mescola e si confonde tra le persone, distribuendo a piene mani vino, pesci e felicità.
La Prima Parte di questo libro studia l'autorealizzazione secondo la tradizione del buddhismo Zen. L'essenza dello Zen è l'Illuminazione del Buddha e, storicamente, essa è una delle scuole del buddhismo Mahayana, che ha avuto origine nel Sesto Secolo da una mescolanza della Metafisica Indiana col Pragmatismo del Taoismo Cinese. Bodhidharma, il primo Patriarca dello Zen (Ch'an) in Cina, lo caratterizzò in questo modo:
<Una speciale Trasmissione al di fuori delle Scritture,
<Non dipendente da linguaggi, parole e né dagli scritti,
<Che punta direttamente all'essenza dell'essere umano,
<Onde vedere dentro la propria natura e divenire un Buddha!>
Nella Letteratura Zen, il SAMADHI si riferisce sia allo stato più elevato della consapevolezza, che agli strumenti per ottenere questo stato. Il Maestro Shibayama Zenkei definì il SAMADHI nel seguente modo:
"Termine Sanscrito che originariamente significava il concentrare la propria mente su un unico punto, per far sì che la stessa mente restasse ferma e quieta. Nello Zen, 'SAMADHI' viene usato in un senso un po’ differente; esso cioè è il puro lavoro della non-mente che ha trasceso insieme sia l'azione che il quietismo".
Dal punto di vista dell'addestramento, il Samadhi è uno stato di pura e rilassata concentrazione, che viene raffinata e rafforzata da una rigorosa disciplina psicofisica. Nel Samadhi, la consapevolezza è chiara ed inostacolata, per nulla impedita da preconcetti, opinioni di gradimento o di discordia e si sperimenta la 'intercompenetrazione' di tutte le cose, come VACUITA'. Resta, tuttavia, ancora una certa distinzione tra la Vacuità e la Talità (o ipseità) del mondo oggettivo relativo, quindi tra il Samadhi e la mente ordinaria. Ma poi, quando il Samadhi si approfondisce e finalmente la mente è frantumata, allora vi è la vera Illuminazione che trascende ogni traccia di dualità. Bisogna però aggiungere, che la formulazione che un certo addestramento conduce al Samadhi ed il Samadhi all'Illuminazione, è ingannevole. Da una prospettiva più elevata, come disse il Maestro Dogen Zenji, l'addestramento <è> illuminazione e l'Illuminazione <è> addestramento.
Intorno all'undicesimo secolo, varie scuole di Zen furono trasmesse dalla Cina al Giappone. Le due scuole maggiori rimaste in Giappone, la Soto e la Rinzai, vengono descritte qui sotto da due maestri contemporanei, rappresentanti delle stesse, Takashina Rosen per il Soto e Omori Sogen per il Rinzai:
"Questa è la vita reale, in cui pratica e realizzazione sono una sola cosa. Alla fine si raggiunge la meta ultiam dello zen, cioè il libero adattarsi a questo mondo. Ora i genitori sono genitori, i bambini sono bambini, la moglie è la moglie ed il marito, il marito. L'albero del salice è verde ed il papavero è rosso… noi chiamiamo questa 'la vita ordinaria', ed infatti essa lo è, ma è anche l'unica Verità immutabile attraverso i tempi. Guardate! Quando fa freddo, l'uccellino si appollaia sull'albero; la papera si rifugia in acqua. Ciascuno si ripara nel proprio rifugio. La verità è la verità in ognuna di queste cose. Né l'una né l'altra è la migliore - non c'è un meglio ed un peggio, poiché non vi è ineguaglianza. Dove non c'è diseguaglianza, il cuore è tranquillo ed il mondo irradia lampi di pace. Questo è il nostro Soto-Zen, ed esso è il residuo luogo finale dello Zen!"
"Il grande spirito dello Zen, nel suo vigoroso funzionamento, balzando fuori dal cesto, o dal nido, si muove intorno lezioso come una tigre, oppure a scatti come un drago; vola nel cielo come una stella, rombando come un tuono, apre e chiude la Porta del Cielo, fa girare la Terra sul suo asse, mette in mostra il suo spirito elevato fino ad arrampicarsi su nel Cielo e va oltre la dualità di arrotoalrsi e distendersi, imprigionare e liberarsi, nonché uccidere o donare la vita, in un modo eccezionale! Le espressioni di cui sopra, sono difficili da capire ma, ad ogni modo, queste parole ispiratrici mi aiutano a visualizzare vividamente l'attività dello spirito-Zen in tutta la sua inviolabile libertà e vitalità, fin quasi agli inimmaginabili limiti della sconvolgente Compenetrazione di Cielo e Terra!"
Entrambe le Scuole, Soto e Rinzai, sono state trasmesse in America, in questi ultimi tempi, attraverso vari lignaggi. La Prima Parte del libro presenta la Tradizione Zen attraverso le vite e gli insegnamenti di sei maestri della linea Tradizionale dello Zen Rinzai: Bodhidharma, Hui-Neng, Lin-chi, Hakuin, Omori e Tanouye. Essi sono i maestri del lignaggio di Chozen-ji, il tempio fondato nel 1972 nelle Hawaii, da Omori Sogen. La Seconda Parte del libro presenta la Terapia-Zen, un metodo di sviluppo transpersonale che enfatizza la coltivazione del Samadhi per mezzo di un addestramento psico-fisico. È un metodo basato sulal teoria e pratica dello Zen, della psicoterapia e delle Arti Marziali. Benché la trasaformazione della visione interiore possa accadere in un solo istante, lo sviluppo è un processo che richiede tempo ed energia, in quanto devono emergere nuove strutture cognitive ed il corpo deve essere liberato dalle abitudini innaturali ed artificiose. Diversamente, la visione interiore sarà solo di passaggio e la persona regredirà velocemente nelle consuete ed abituali tendenze egocentriste, a causa della tensione non prescritta.
'Transpersonale' si riferisce al più elevato livello dell'auto-sviluppo. A questo livello, una persona trascende l'identificazione con l'ego e con le strutture dualistiche dell'esperienza ordinaria. Uno dei predecessori della Psicologia Transpersonale fu Carl Jung. Egli anticipò la convergenza tra la fisica e la psicologia, identificò l'inconscio collettivo e coniò il termine 'sincronicità' come un principio acausale di collegamento. Tra le altre cose, egli scrisse:
"Prima o dopo, la fisica nucleare e la psicologia dell'inconscio verranno attirate maggiormente l'una verso l'altra, in modo indipendente e da direzioni opposte, per spingersi in avanti nel territorio del Trascendente… La psiche non può essere totalmente differente dalla materia, altrimenti come potrebbe quest'ultima muoversi? E la materia non può essere aliena alla psiche, infatti in quale altro modo la psiche potrebbe mostrarsi se non nella stessa materia? Psiche e materia coesistono nello stesso mondo e ciascuna partecipa all'altra, altrimenti ogni azione reciproca sarebbe impossibile. Se la ricerca potesse andare abbastanza lontano, potremmo arrivare ad una concordanza ultima tra le concezioni psicologiche e fisiche. I nostri attuali sforzi devono essere molto coraggiosi ma, io credo che essi stanno andando nella giusta direzione".
Jung fece estesi studi sui miti ed i simboli attraverso le culture e vi trovò strette somiglianze che lo guidarono verso l'inconscio collettivo. Esso contiene gli archetipi, le immagini primordiali e le esperienze impresse sulla psiche umana nel corso della filogenesi, che si esprimono in miti e simboli. Egli scrisse ancora:
"Posso solo con meraviglia contemplare ed avere soggezione della profondità ed altezza della nostra natura psichica. Il suo universo non-spaziale cela una così segreta abbondanza di immagini da noi accumulate in milioni di anni di evoluzione vivente, da diventare fissata nell'organismo. La mia consapevolezza è come un occhio che penetra gli spazi più distanti, tuttavia è la psiche non-egoica che li riempie con immagini non-spaziali… Oltre a questa rappresentazione, mi piacerebbe collocare come universo esterno lo spettacolo notturno dei cieli stellati, come unico equivalente dell'universo interiore".
La metapsicologia buddhista va oltre l'inconscio collettivo e postula l'alaya, ovvero il deposito dell'inconscio che contiene le immagini della cosmogenesi. Al di là di questo deposito, vi è l'Inconscio Trascendentale che è oltre la dualità di conscio ed inconscio. Jung riconobbe anche la significativa relazione acausale, da lui chiamata 'sincronicità', della quale ci dà un esempio col seguente resoconto:
"Una giovane paziente, nonostante gli sforzi eseguiti su due fronti, dimostrava di essere psicologicamente inaccessibile. La difficoltà risiedeva nel fatto che lei era costantemente meglio informata su tutte le cose. La sua eccellente educazione l'aveva provvista di un'arma idealmente appropriata a questo scopo, segnatamente un raffinatissimo razionalismo Cartesiano unito ad un'impeccabile e 'geometrica' idea della realtà. Dopo diversi infruttuosi tentativi di ammorbidire il suo razionalismo con una qualche comprensione di livello più umano, dovetti rifugiarmi nella speranza che accadesse qualcosa di inaspettato e irrazionale, qualcosa che avesse potuto bruciare la spirale intellettuale entro la quale essa si era rinchiusa. Bene, un giorno io ero seduto di fronte a lei, con le spalle alla finestra, e ascoltavo il suo flusso di parole retoriche. Ella aveva avuto la notte precedente un impressionante sogno, in cui qualcuno le aveva offerto uno scarbeo d'oro - un costoso pezzo di gioielleria. Mentre stava ancora raccontandomi di questo sogno, udìì dietro di me qualcosa battere dolcemente sulla finestra. Mi voltai e vidi che c'era un grosso insetto volante che sbatteva contro il vetro esterno della finestra, nell'evidente tentativo di voler entrare nella stanza buia. Questo fatto mi sembrò alquanto strano. Aprìi subito la finestra e, appena fu all'interno, catturai quell'insetto. Era un coleottero scarabeide… il suo colore verde-oro lo faceva assomigliare, da più vicino, allo scarabeo d'oro del sogno. Lo consegnai alla mia paziente, dicendo:- Ecco il tuo scarabeo!-. Questa esperienza provocò l'attesa frattura nel suo razionalismo e ruppe il blocco di ghiaccio della sua resistenza intellettuale".
In questo esempio, Jung, la paziente, il sogno ed il coleottero sono tutti quanti l'azione-gioco di un'unica mente. Jung fu sincronisticamente efficace nell'ordine coinvolgente della realtà. In termini Taoisti egli, dimorando nel Tao, non fece nulla e nulla fu lasciato non-fatto. Come i fenomeni dei 'quanti' nella fisica, la sincronicità e l'inconscio collettivo non si intonano nel presupposto comune della nostra natura e della realtà. Ma, in psicologia, solo dopo il movimento umanistico del 1960 avvenne che gli aspetti trascendentali del <sé> ricevettero una seria considerazione, grazie al lavoro di Abraham Maslow, il quale sviluppò una gerarchia delle necessità, varianti dal psicologico all'impersonale, fino all'esistenziale. La psicologia Transpersonale è la quarta forma di psicologia, predetta da Maslow nel 1968, in questo modo:
"Ritengo che la Psicologia Umanistica, terza forza della Psicologia, sia di transizione; una preparazione per una ancor più 'eccelsa' quarta forma di Psicologia, transpersonale, transumana, incentrata nel cosmo anziché nei bisogni e negli interessi umani; che va oltre l'umanità, l'identità, l'auto-attualizzazione ed il piacere personale… Senza il trascendente e l'impersonale, si diventa sofferenti, violenti e nichilisti, oppure apatici e senza speranza. Abbiamo bisogno di qualcosa che sia 'più grande' di noi per averne rispetto o soggezione e per consegnarci ad essa, in un senso nuovo, naturale, empirico e non-ecclesiastico, come forse fecero Thoreau, Whitman, William James e John Dewey…".
Lo stesso Richard Mann ben definisce il campo della Psicologia Transpersonale, nei suoi studi sul Siddha Yoga:
"La Psicologia Transpersonale, così come io la vedo, è definita dal preminente posto che dà alla concezione dell'Assoluto nella sua analisi della vita umana. Questo obbligo a rispettare la realtà dell'Assoluto non dovrebbe essere confuso con un affidamento ad immagini specifiche, concezioni idealistiche o a certe pratiche spirituali. La Psicologia Transpersonale potrà realizzare molte funzioni necessarie se si pone al servizio di tutti i diversi sistemi di culto e di sacre scritture, provvedendo a ciascuno un posto all'interno del suo perimetro. Essa, se può sviluppare categorie analitiche che ci permettono di vedere le persone comuni, e le differenze tra i vari modi di avvicinarci all'Assoluto, avrà l'effetto di arricchire enormemente la comunità umana… Il luogo di partenza è l'Assoluto. Laddove la psicologia scientifica e clinica, deliberatamente e, si può dire, saggiamente, limitano le loro concezioni a ciò che io etichetto come il 'dominio del relativo', la Psicologia Transpersonale concepisce una realtà che include sia il relativo che l'Assoluto. Dovrà essere confermato se questo bi-categoriale modello di realtà sia l'ultima parola della Psicologia. Comunque, per cominciare, non vi è affermazione più essenziale che tale realtà includa assai più che l'universo temporale, causale e condizionale… Può darsi che il paradigma che guida la nostra concezione della realtà fisica e psichica sia limitante nei confronti della nostra comprensione del ruolo dell'Assoluto nelle nostre vite di tutti i giorni. Soltanto dopo una riformulazione delle nostre fondamentali affermazioni presuntive, concernenti la realtà osservabile, potremo sviluppare una Psicologia Transpersonale che riesca ad apprezzare sia l'essere che il divenire, sia l'immutabile che gli infiniti processi di trasformazione e cambiamento".
Il principio fondamentale della Psicologia Transpersonale è che l'universo è un'unica mente che si evolve per conoscere se stessa. Questa visione di conoscenza è la spinta fondamentale della vita. Nell'essere umano, la vita si è sviluppata con una sofisticazione neurolinguistica necessaria per l'autoriflessione. Dopo numerose generazioni, l'Ego ha prodotto, alla fine, un'eredità filogenetica per l'essere umano moderno. Il compito che abbiamo davanti è quello di 'non fare più distinzioni' tra la natura e lo sviluppo dell'Io, ma di trascendere l'ego e realizzare il vero <Sé>, che è uno con l'universo. Il destino dell'uomo viene compiuto al meglio, in questa stessa esistenza, solo osservando se stesso. Jung lo propone in questo modo:
"Perché sulla terra, potreste chiedervi, dovrebbe esser necessario per l'uomo raggiungere ad ogni costo un più elevato livello di consapevolezza?- Questa è realmente una domanda cruciale, a cui non so dare immediatamente facile risposta. Anziché una vera risposta, posso soltanto fare una confessione di fede: credo che, dopo migliaia di milioni di anni, si dovrebbe esser realizzato che questo meraviglioso mondo di montagne ed oceani, lune e soli, galassie e nebulose, animali e piante, esiste veramente. Una volta, da un'erta collina di una pianura dell'Africa Orientale, vidi una grande mandria di animali selvatici che pascolavano in silenziosa tranquillità, come se lo stessero facendo da tempi immemorabili e solo sfiorati dal respiro di un mondo primordiale. Mi sentivo, dunque, come se fossi stato il primo uomo, la prima creatura a conoscere che tutto questo è. L'intero universo, intorno a me, era immobile nel suo stato primordiale e non sapeva che cosa esso stesso fosse. Fu allora, in quel preciso momento, che io arrivai a sapere ed a capire. Il mondo scaturì dal suo essere; senza quel momento, esso non sarebbe mai stato. Tutta la natura cerca questo scopo e lo trova realizzato nell'uomo, ma soltanto nell'uomo più altamente evoluto e più pienamente consapevole!".
Oggi, il pensiero dualistico, che è frammentato e lineare, ha rivolto la piena influenza verso la conferma dell'identità, come se fosse la realtà fondamentale. Ma bisogna ammettere che questa realtà, quando è senza attaccamenti in quanto infinitamente differenziata, strabocchevole di creatività in quanto vuota e vacua, intercompenetrante poiché trascendente, in definitiva è la effettiva Realtà, in quanto essa è il vostro 'vero Sé'!.
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PARTE PRIMA - IL LIGNAGGIO DI CHOZEN-JI
E' detto che gli insegnamenti vengano trasmessi da mente-a-mente, da un Maestro all'altro, come una linea di pura consapevolezza che scorre attraverso i secoli. In questi due elenchi troviamo l'attuale discendenza spirituale di Chozen-ji:
- IL BUDDHA -
Bodhidharma Nampo Shomyo
Hui-ko Shuho Myocho
Seng Ts'an Kanzan Egen
Tao-shin Jyuo Soshitsu
Hung-jen Muin Soin
Hui-neng Ta-chien Nippo Soshun
Nan-yueh Huai-yang Giten Gensho
Ma-tsu Tao-i Sekko Soshin
Po-Chang Hui-hai Toyo Eicho
Huang-po Hsi-yun Koho Genkun
Lin-chi Yi-hsuan Taiga Tankyo
Hsing-hua Ts'un-chieng Sensho Zuicho
Nan-yuan Hui-yu Yan Chisatsu
Feng-hsueh Yen-chao Tozen Soshin
Shou-shan Sheng-nien Gudo Toshoku
<<ß--------------------Fun'yo Zensho------------------------à>>
Shi-shuang Ch'u-yuan Shido Bunan
Yang-chih Fang-hui Dokyo Etan
Po-yun Shou-tuan Hakuin Ekaku
Wu-tsu Fa-yen Gasan Jito
Yuan-Wu K'o-chin Inzan Itan
Hu-ch'iu Shao-lung Taigen Shigen
Ying-an T'an-hua Gisan Zenrai
Mi-an Hsien-chieh Tekisui Giboku
Sung-yuan Ch'ung-yueh Ryoen Genseki
Yun-an Pu-yen Seisetsu Genjyo
Hsu-t'ang Chih-yu
AMERICA
<---------------------------------à Omori Sogen ß----------------------------------à
Tanouye Tenshin
Hosokawa Dogen
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BODHIDHARMA
Diverse centinaia di anni dopo la morte del Buddha, più di venti scuole rivendicarono la loro discendenza ortodossa. Alla fine emersero due scuole maggiori: Il Theravada (la scuola degli Anziani) ed il Mahayana (il grande Veicolo). La Scuola Theravada era tradizionalista, conservatrice ed enfatizzava l'etica e la salvezza personale. La Scuola Mahayana era maggiormente progressista ed enfatizzava la metafisica nonché l'illuminazione universale, con l'ideale del Bodhisattva che fa il voto di non entrare nel Nirvana finché tutti gli esseri senzienti non siano stati salvati. Poi, come scuola distinta, composta da una mescolanza di metafisica Mahayana e pragmatismo Taoista, emerse il Ch'an (cioè lo Zen), cinque generazioni dopo che Bodhidharma ebbe trasmesso l'essenza del Buddhismo in Cina intorno al 520 d.C..
Tao è il termine Cinese per definire l'Assoluto. È' un termine prosaico che ha più di un significato. Etimologicamente, il carattere di cui è composto il termine <Tao> consiste di simboli che rappresentano un sentiero, una testa umana ed un piede. Può essere interpretato più semplicemente come una Via da seguire per le persone interessate. Il Tao non è un'astrazione metafisica, ma è il ritmo, il flusso e l'energia fondamentali dell'Universo. Lao-Tsu scrisse:
"Il Tao è la Realtà, pur se è innominabile –
"è non differenziazione originaria ed invisibile –
"Nondimeno, nulla nell'universo può dominarlo.
"Se i governanti ed i sovrani fossero in grado
"di dimorare in esso – ogni cosa nell'Universo
"si sottometterebbe naturalmente ad essi -.
"Cielo e Terra si uniscono e producono la rugiada
"della pace – senza essere comandate a farlo,
"le persone diventano armoniose da sole –
"ma quando prendono avvio le discriminazioni,
"sorgono i nomi e, dopo che sono sorti i nomi,
"si dovrebbe almeno sapere dove dimorare –
"quando si sa dove dimorare, non si è mai esausti –
"Dimorare col Tao nel mondo, vuol dire
"essere la stessa cosa dei torrenti di montagna,
"che fluiscono nel fiume e poi nel grande mare…!"
Bodhidharma descrisse l'Illuminazione come un ingresso nel Tao. Poco si conosce del suo background, salvo il fatto che egli fu il terzo figlio di un re e che fu il successore spirituale del Saggio Prajnatara, il trentaquattresimo Patriarca Indiano. Tra le figure più illustri del suo lignaggio troviamo Asvaghosha, autore de "Il Risveglio della Fede", e Nagarjuna, uno dei più grandi filosofi Indiani. Durante la vecchiaia, Bodhidharma compì il suo lungo viaggio in Cina. Egli scrisse al riguardo:
"La principale ragione della mia venuta in questo territorio, è stata
"quella di trasmettere la Legge, allo scopo di salvare le persone confuse;
"in questo modo, si è così manifestato un Fiore con cinque petali,
"(le 5 scuole dello Zen), la fruizione del frutto giungerà quindi da esse!"
Il suo incontro con l'Imperatore Wu è una storia ormai classica. L'Imperatore disse a Bodhidharma: "Io ho costruito numerosi templi, ho curato la copia dei testi sacri ed ho sostenuto monaci e monache. Che tipo di meriti potrò riceverne?" Bodhidharma replicò senza mezzi termini: "Niente di niente!". "E perché?" domandò l'Imperatore stupito. Bodhidharma rispose: "Perché queste sono azioni di tipo inferiore, che potranno causare la tua rinascita nei paradisi o ancora magari in questa terra. Esse presentano ancora tracce di mondanità e dimostrano che, come le ombre che sempre seguono le forme, ancora c'è desiderio di esistenza. Una vera azione meritoria è prodotta solo di pura saggezza; è perfetta e misteriosa. La sua vera natura è oltre la comprensione dell'intelligenza umana. Non è possibile nessuna vera ricerca tramite le imprese mondane!". Allora l'Imperatore chiese ancora: "Qual è il principio primario del santo Dharma?". E Bodhidharma: "Estrema vacuità, senza alcuna santità!" –"E allora, chi è colui che ora è di fronte a me?" domandò l'Imperatore. "Non lo conosco!" ribatté Bodhidharma e si allontanò.
L'Imperatore, con le sue primitive nozioni del buddhismo come religione di salvezza, per mezzo dell'accumulazione di meriti derivanti da buone azioni, fu incapace di comprendere le parole di Bodhidharma. Vedendo che i tempi non erano ancora maturi per lo Zen (in Sanscrito: Dhyana, in Cinese: Ch'an), Bodhidharma attraversò il fiume Yang-tse. È stato detto che egli lo attraversò stando a cavalcioni di una canna. Questa immagine è la prediletta tra i pittori Zen e simboleggia lo stato squisitamente equilibrato del Maestro che supera, cavalcandole, le onde del karma. Intanto, l'Imperatore aveva raccontato il colloquio al suo consigliere, il quale sentenziò che Bodhidharma aveva portato il vero insegnamento del Buddhismo in Cina. L'imperatore allora ne fu costernato e avrebbe voluto richiamarlo, ma il consigliere disse che Bodhidharma non sarebbe più tornato indietro. Nel contempo, Bodhidharma si recò al tempio Shaolin, dove passò il suo tempo sedendo in meditazione con la faccia rivolta verso il muro. Un monaco di nome Hui-ko, molto erudito e di età alquanto avanzata, veniva lì, di giorno e di notte, implorando le istruzioni. Ma Bodhidharma continuava imperterrito a sedere in meditazione.
Alla fine, una sera, Hui-ko rimase in piedi fino all'alba, immobile sotto una fortissima nevicata, che lo coprì di neve fin sopra ai ginocchi. Bodhidharma ebbe quindi compassione di lui e gli chiese: "Sei rimasto a lungo nella neve. Che cos'è che stai cercando?"- Hui-ko disse: "Maestro, ti supplico di aprire per me la porta del Dharma, tramite la tua compassione, donami la Verità del Principio Universale e salva tutti noi esseri viventi!" Bodhidharma disse a sua volta: "L'Incomparabile Verità del Buddha può essere ottenuta solamente sforzandosi continuamente, praticando ciò che non può essere praticato e sopportando l'insopportabile. Come puoi, tu, con le tue minime virtù e saggezza, e con la tua mente semplice e presuntuosa, osare aspirare di ottenere il vero Insegnamento? Sarebbe tutto lavoro inutile e sprecato!"
Mentre ascoltava queste ammonizioni di Bodhidharma, Hui-ko furtivamente prese il suo coltello e con esso si tagliò di netto il braccio sinistro. Al che Bodhidharma, sorpreso, gli riconobbe la levatura del Dharma e accettò Hui-ko come suo discepolo. Hui-ko allora chiese: "E' possibile, adesso, poter ascoltare il Buddhadharma?", e Bodhidharma rispose: "Il Dharma di Buddha non può essere raggiunto ascoltando soltanto una qualche altra persona!". Hui-ko continuò: "La mia mente non è in pace. Ti supplico, Maestro, dalle la pace, per favore!", e Bodhidharma: "Portami qui la tua mente, ed io le darò la pace!". Hui-ko esitò per un istante, poi alla fine disse: "In tutti questi anni, io l'ho cercata disperatamente, ma ancora non sono riuscito a trovarla!", e Bodhidharma disse: " Ecco, vedi? Essa è già pacificata, una volta per tutte!".
Bodhidharma restò per nove anni al tempio Shaolin, applicando la meditazione faccia-al-muro. Allorché dava gli insegnamenti a Hui-ko, lo faceva soltanto nel seguente modo: "Estraniati da ogni tipo di relazione esteriore mentre, all'interno, non devi avere nel tuo cuore nessun tipo di desideri e brame. Quando la tua mente sarà soltanto "stare seduto dritto davanti al muro", allora sarai entrato nel Tao…"
Un giorno Hui-ko disse: "Ora so come estraniare me stesso da ogni tipo di relazioni…", e Bodhidharma: "Lo fai con un totale annientamento, no?". Hui-ko disse: "No, Maestro, non proprio così". E Bodhidharma, "Allora, come puoi attestare la tua realizzazione?". Hui-ko disse: "Lo so, continuamente ed in modo assai chiaro, anche se è impossibile poter esprimere <Quella cosa> con le parole". Bodhidharma concluse: "<Quella cosa> è la stessa 'essenza-della-mente' che è stata trasmessa da tutti i Buddha. Non aver alcun dubbio su di essa!". Infine, Bodhidharma designò Hui-ko come il Secondo Patriarca Cinese, gli donò la sua veste e la sua scodella, come simboli della Trasmissione del Dharma, nonché il "Lankavatara Sutra" come 'insegnamento essenziale del Buddha, che concerne la base della mente'.
Nulla si sa della morte di Bodhidharma, ma è stata tramandata una diceria che egli fosse arrivato all'età di oltre centocinque anni. D.T. Suzuki scrive che la sua originale peculiarità è stata quella di sostituire il "Pì" (muro) al posto di "Chueh" (Illuminazione), nel descrivere la meditazione, come contemplazione-del-muro, anziché contemplazione-dell'-illuminazione. Dice Suzuki: "Tutto ciò fu così pittoresco, sebbene assai concreto. Non vi era nulla di astratto né di concettuale in essa… (Ch'an = la contemplazione). Il significato sottinteso di 'contemplare il muro', deve essere trovato nella condizione soggettiva di un Maestro Zen, che è profondamente concentrato e rigidamente esclusivo di tutte le idee e le immagini dei sensi…"
Stando seduto "in faccia al muro", per nove anni, Bodhidharma trasmise con successo in Cina il più autentico Ch'an e rese lo "zazen" una pratica stabile e fondamentale, che tuttora sostiene ed alimenta il lignaggio Zen finanche ai giorni nostri. Ora, in seguito, viene presentato il suo trattato su:
IL DUPLICE INGRESSO NEL TAO
Vi sono diverse e numerose entrate nel Tao, ma tutte quante sono solamente di due tipi: l'ingresso per mezzo dell'Intuizione Suprema e l'ingresso per mezzo della Pratica di Vita. La Reale Vera Natura è identica in tutti gli esseri senzienti. La ragione per cui essa non si manifesta da se stessa, è dovuta a causa del fatto che gli oggetti esterni ed i falsi pensieri la ricoprono, sovrapponendovisi. Quando un essere umano abbandona la falsa visione ed abbraccia la verità, egli praticherà la 'contemplazione-del-muro' con un pensiero unificato e così potrà scoprire che non vi è né il <sé> e né <l'altro> e che tutte le molteplicità e i diversi valori, sono tutti di un'unica entità ed essenza…. Egli non sarà più a lungo schiavo delle parole, dato che se ne resterà in silenziosa comunione col Tao stesso. Libero dalle discriminazioni concettuali, egli sarà sereno e non portato all'azione dinamica interessata. Questo è chiamato 'Ingresso per mezzo dell'Intuizione più Elevata'.
L'Ingresso per mezzo della 'Pratica di Vita' consiste di quattro azioni in cui sono incluse tutte le altre attività. Esse sono: 1) Saper ricambiare diversamente l'odio. 2) Sottostare obbedienti al proprio karma. 3) Non aver brama per nessuna cosa. 4) Essere sempre in accordo col Dharma.
1) Cosa significa "Saper ricambiare diversamente l'odio"? Colui che disciplina se stesso nel Tao dovrebbe pensare così quando si trova a dover combattere con le avversità: "Nel corso di innumerevoli epoche passate, io sono andato vagando attraverso una molteplicità di esistenze, disperdendomi per tutto il tempo in dettagli di vita senza importanza, anziché dedicarmi alle giuste essenzialità e creando, in questo modo, infinite occasioni per l'odio, la malevolenza e le azioni sbagliate. I frutti del male passato, io sto raccogliendoli ora. Né uomini né dèi possono prevedere ciò che mi potrà accadere. Dovrò sottomettermi pazientemente e di buon grado a tutto, senza mai protestare. I Sutra mi insegnano a non preoccuparmi della cattiva sorte, in quanto in essi le cose sono valutate da una intelligenza superiore e, tramite essi, si viene in contatto con la base del sistema di causazione". Quando nell'essere umano viene risvegliato un simile pensiero, egli sarà in accordo con la Ragione, poiché egli saprà fare il miglior uso del rifiuto all'odio e saprà rivolgerlo al servizio della sua emancipazione verso il Tao.
2) 'Obbedienza al proprio karma' significa che non vi è alcun <sé> in nessuna delle cose che gli esseri stanno producendo nella loro interrelazione con le condizioni karmiche. L'eventuale piacere che a me sembra di poter sperimentare in alcune situazioni è il risultato delle mie azioni precedenti. Se vengo ricompensato dalla fortuna, dagli onori e così via, questa è la conseguenza dei miei atti passati che, per motivi di causazione, influiscono nella mia vita attuale. Quando la forza del karma sarà esaurita, i risultati e gli effetti che ora sto godendo, svaniranno. Cosa c'è quindi da essere allegri per queste cose? Guadagno o perdita, io devo far in modo di saper accettare il karma, sia che mi porti una o l'altra cosa. La stessa mente non conosce né l'aumento e né la diminuzione. Il vento del piacere, o della sofferenza, non dovrà scombussolarmi o sconvolgermi più di tanto, perché io sono in silenziosa armonia con il Tao…
3) 'Non bramare nessuna cosa' significa questo: In una eterna confusione, gli uomini mondani sono attaccati dovunque e comunque ad una cosa o ad un'altra. E questo è chiamato 'l'ardente desiderio'. I saggi, tuttavia, comprendono la verità e le loro menti dimorano serenamente nel momento increato in cui i loro corpi vanno in giro in accordo alle leggi della causazione. Tutte le cose sono vuote e non vi è nulla di desiderabile da dover cercare. Quando è presente il merito della vivida intelligenza, ivi sicuramente si cela il demerito dell'ottusità. Questo triplice mondo che stiamo tutti insieme attraversando ora ed in cui da troppo tempo sostiamo tutti insieme è come una casa che sta bruciando. Tutte le cose che possiedono un corpo di forma soffrono e nessuno conosce cosa sia realmente la pace. Ma poiché i saggi sono completamente familiarizzati con queste verità, essi non sono mai attaccati alle cose che cambiano; i loro pensieri sono acquietati ed essi non hanno più desiderio per alcunché…
4) 'Essere in accordo col Dharma' significa che la Ragione, che noi chiamiamo il Dharma, è nella sua essenza totalmente pura. È il principio di Vacuità, presente in tutto ciò che è manifesto. È al di sopra delle contaminazioni ed attaccamenti e, in essa, non vi è né il <sé> e né <l'altro>… Nel Dharma non vi è desiderio di possesso e perciò i saggi sono sempre pronti a praticare la carità con il loro corpo, con le loro proprietà e con la loro vita; essi non sono mai riluttanti nel donare e non conoscono mai cosa sia la malagrazia. Poiché hanno una perfetta comprensione della triplice natura della vacuità, essi sono al di sopra di parzialità ed attaccamenti. Solo a causa della loro volontà di purificare gli esseri dalle loro proprie macchie, essi vengono tra gli esseri viventi come esseri viventi ma, in realtà, essi non sono attaccati alla forma. Questa è la fase di auto-beneficio della loro vita; essi, comunque, sanno anche come beneficiare gli altri ed anche come rendere gloria alla verità dell'Illuminazione, tanto con la virtù della carità, come pure con le altre cinque virtù. I saggi praticano le sei virtù della Perfezione (carità, moralità, pazienza, perseveranza, meditazione e saggezza) per sbarazzarsi dei pensieri confusi ed inoltre essi non danno peso consciamente al loro impegno nelle azioni meritorie. E questo è chiamato "essere totalmente e perfettamente in accordo con il Dharma".
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HUI-NENG TA-CHIEN
Dopo essere succeduto a Bodhidharma, Hui-ko visse modestamente tra i contadini. Ma i suoi insegnamenti furono così ispiranti che, alla fine, egli incorse nella gelosia del clero il quale lo accusò di eresia. All'età di centosette anni, Hui-ko fu condannato a morte ed egli vi si sottomise in maniera composta, dicendo che quello era un vecchio debito karmico. Gli successe Seng-ts'an, autore di un testo importantissimo, chiamato 'Trattato sulla Fede nella Mente'. Successivamente arrivò Tao.hsin, che effettuò dei miracoli e dette inizio alla tradizione monastica dello Zen. Dopo, venne Hung-jen, il Maestro di Hui-neng. Con Hui-neng, il Sesto Patriarca, tutti e cinque i petali del fiore dello Zen in Cina furono manifestati e la profezia di Bodhidharma fu compiuta.
Hui-neng era nato nel 638, nella Cina Meridionale, da una famiglia molto povera. Il padre di Hui-neng morì quando egli era ancora bambino e perciò gli toccò sostenere se stesso e sua madre tagliando e vendendo legna da ardere. Un giorno, mentre stava andando a consegnare della legna, gli capitò di ascoltare qualcuno che recitava il 'Sutra del Diamante'. Il passo 'Nessuna mente e nulla che dimori, questa è la funzione della mente!' fece scattare in lui una profonda intuizione. Venuto a sapere che il Sutra era stato dato a quelal persona dal Maestro-Zen Hung-jen, Hui-neng si propose di andare a trovarlo. Lasciò a sua madre dei soldi ottenuti con la vendita del suo legname e, quindi, si mise in viaggio.
Dopo un duro e lungo tragitto verso il Nord, Hui Neng arrivò al monastero di Hung-jen. Egli aveva ormai ventiquattro anni ed era una persona trasandata ed insignificante. Il Maestro Hung-jen gli chiese: "Da dove vieni?". Hui-neng rispose: "Da Ling-nan, Maestro". "E che cosa vai cercando?" chiese ancora Hung-jen. Hui-neng disse: "Voglio diventare un Buddha!". Hung-jen replicò: "Voi, scimmie di Ling-nan, noin avete la Natura-di-Buddha. Come puoi, tu, aspettarti di diventare un Buddha?" e Hui-neng ribattè: "Forse tra un uomo del Nord ed uno del Sud potrà esservi qualche distinzione, ma com'è possibile che tale distinzione vi sia per la Natura-di-Buddha?". Allora Hung-jen riconobbe il potenziale di Hui-neng e gli permise di restare al monastero in veste di confratello laico, assegnato in cucina col compito di pulire il riso. Così passarono otto mesi e Hui-neng era silenziosamente concentrato sulla sua pratica.
Poi, un giorno, il Maestro Hung-jen disse ai suoi discepoli: "Ciascuno di voi scriva una poesia per mostrare la propria realizzazione. Mostratemi la vostra abilità nello Zen e fatemi vedere chi di voi è pronto per la Successione nel Dharma!". Shen-hsiu, il capo-monaco, che era assai rispettato da tutti, scrisse la seguente strofa su una parete esterna del tempio:
"Il corpo è l'albero della Bodhi…
"La mente è come uno specchio lucente.
"Mantienila pulita momento per momento,
"Non lasciare che vi si posi mai la polvere!"
Hung-jen commentò pubblicamente questi versi come una guida alla pratica ma,privatamente, disse a Shen-hsiu che egli non aveva ancora raggiunto la vera comprensione e pertanto lo incoraggiò a continuare nella sua pratica. Però, anche dopo diversi giorni, Shen-hsiu non fu in grado di scrivere altri versi. Nel frattempo, Hui-neng aveva per caso ascoltato un monaco che stava recitando la poesia di Shen-hsiu e, comprendendo che essa non aveva colpito nel segno, fece egli stesso una poesia. Essendo analfabeta, chiese a quel monaco di scriverla sotto a quella di Shen-hsiu. Essa diceva:
"Non c'è nessun albero della Bodhi,
"né una mente dallo specchio lucente.
"Poiché dall'inizio, non c'è nulla che esiste,
"Dove mai potrà depositarsi la polvere?"
C'è da dire che la poesia di Shen-hsiu vede una separazione tra la mente e colui che la percepisce e si briga per mantenerla pulita. Pertanto, eliminando volontariamente nella coscienzia il sorgere dei pensieri e delle sensazioni, e svincolando l'esperienza dalle categorie mondane e dagli attaccamenti bramosi, viene ottenuto uno stato puro ma statico. Questa pratica produce un addestramento spirituale diretto verso un processo logico-cosciente di acquisizione. Quindi, vincolando una persona alla purificazione anziché alla liberazione da tutte le forme ed i concetti, si uccide la vita anziché intensificarne il valore. Al contrario, la poesia di Hui-neng rinnega tutte le forme, punta direttamente alla vacuità e non lascia appiglio all'interpretazione dualistica.
Hung-jen riconobbe la qualità trascendente della poesia di Hui-neng, ma pensò che uno sconosciuto e giovane confratello laico non potesse venir accettato dai monaci. Perciò, nel segreto della notte Hung-jen espose il 'Sutra del Diamante' a Hui-neng che immediatamente fu risvegliato. Poi il Maestro gli consegnò la veste di Bodhidharma, coime prova della Trasmissione, e gli consigliò di nascondersi per istruirsi in maniera più approfondita, fino al momento in cui sarebbe stato in grado di dare insegnamenti. Hui-neng lasciò il monastero, ma un gruppo di monaci cercò di seguirlo per fargli pagare la sua audacia. Tra di essi vi era un certo Ming, un uomo schietto, acuto e temprato che, prima di divenir monaco a tarda età, era stato un generale. Pian piano, tutti gli altri abbandonarono l'inseguimento, ma Ming da solo, alla fine, raggiunse Hui-neng su un valico di montagna.
Hui-neng lo vide venire avanti, indi depose la veste su un masso e disse: "Questa veste simboleggia la fede nella Trasmissione del Dharma. Come si potrebbe conquistarla con la forza? Se vuoi osare di prenderla con la violenza, fai pure!". Ming tentò di sollevare la veste, ma essa era pesante ed inamovibile, come se fosse stata una montagna. Atterrito, implorò Hui-neng: "Io sono venuto qui per devozione al Dharma, non per la veste. Ti supplico, fratello laico, dammi i tuoi insegnamenti!". Hui-neng disse: "Solo questo: Non pensare al bene ed al male. Non pensare a nulla se non a questo, qual è il <vero Sé> del monaco Ming?". Al sentire ciò, Ming fu subito illuminato. Sudando copiosamente, egli sparse lacrime di gratitudine, si inchinò con riverenza e domandò: "Oltre queste parole segrete, vi è qualche altra istruzione?". Hui-neng disse: "Ciò che ti ho detto non è un segreto. Se ti sei veramente, qual è il <vero Sé> del monaco Ming?". Al sentire ciò, Ming fu subito illuminato. Sudando copiosamente, egli sparse lacrime di gratitudine, si inchinò con riverenza e domandò: "Oltre queste parole segrete, vi è qualche altra istruzione?". Hui-neng disse: "Ciò che ti ho detto non è un segreto. Se ti sei veramente risvegliato alla tua natura originaria, tutto ciò che puoi vedere, sentire, toccare e percepire non è nient'altro che 'Questo'! Che altro potrebbe essere? Se pensi che vi sia qualcosa di segreto, è solo una tua fabbricazione mentale!"
Nel suo incontro con Hui-neng, Ming sottopose la concezione di se stesso e del suo mondo ad un test decisivo. Poiché gli era stato assolutamente raccomandato di salvaguardare la santità dello Zen, dovendo recuperare la veste di Bodhidharma, il suo realismo crollò quando egli non potè sollevarla. Il Maestro Shibayama scrisse più tardi: "Esitante e temante, egli rimase semplicemente fermo, pietrificato. Questo inaspettato impulso spirituale scaraventò il retto ed onesto Ming nell'insondabile abisso del Grande Dubbio. Il suo 'Io' egocentrico e adirato fu all'istante totalmente mandato in frantumi". Completamente senza difesa, Ming gettò quindi il suo intero essere ai piedi di Hui-neng e lo implorò di dargli istruzioni. Hui-neng, in maniera tagliente, pronunciò le sue parole-chiave che chiarirono la situazione e illuminarono lo stesso Ming. L'ingiunzione di Hui-neng fu così idonea e penetrante per il fatto che essa scaturì direttamente dall?Inconscio, in cui tutto è il simultaneo funzionamento della Mente Unica. Dopo essersi separato da Ming, Hui-neng visse in incognito per quindici anni. Un giorno ne venne fuori istruendo due monaci che discutevano sullo sventolìo di una bandiera. Uno diceva che era la bandiera a muoversi; l'altro che era il vento a farla muovere. Hui-neng disse loro: "Non è né la bandiera, né il vento che si muovono; è la vostra mente che si sta muovendo!". La sua personalità fu assai determinante e, per i successivi trentasette anni, Hui-neng espose il pensiero che vedere nella propria Auto-natura, con una istantanea e trascendente intuizione, era l'essenza dello Zen. Egli morì serenamente all'età di settantasei anni, dopo aver dato le sue ultime istruzioni ai discepoli.
Secondo Suzuki, Hui-neng rivoluzionò lo Zen con i suoi insegnamenti di vacuità ontologica e con la sua Prajna, cioè l'intuizione e saggezza trascendente, che egli descrive come un'improvvisa e istantanea visione di sé all'interno della Natura Originaria. Suzuki scrive:
"Quando Hui-neng dichiarò, 'Fin dall'inizio, nessuna cosa esiste!', venne ad inculcarsi l'idea basilare del suo pensiero-Zen e da essa, noi riconosciamo la vastità della differenza tra lui, i suoi predecessori ed i contemporanei. Questa idea basilare non era mai stata instillata prima così chiaramente. Quando i maestri che lo avevano preceduto puntarono direttamente alla presenza della Mente Assoluta in ciascuna mente individuale e pure alla sua assoluta purezza, queste idee di presenza e di purezza erano interpretate come qualcosa che suggeriva l'esistenza di un corpo individuale, per quanto trasparente ed etereo potesse venir concepito. Il risultato fu di riportare alla luce questo 'corpo' fuori dal mucchio di materiali che oscuravano il fine della pratica. D'altro canto, la concezione di inesistenza, che può trasparire dal pensiero di Hui-neng, potrebbe spingere verso un insondabile abisso che, senza dubbio, potrebbe creare una sensazione di assoluta e sconsolante disperazione".
"La più significativa frase mai coniata nel buddhismo Zen è 'Introspezione nella propria Autonatura'. Intorno ad essa, lo Zen si cristallizzò prendendo una forma precisa… ed il suo progresso fu rapido. Per 'Autonatura' egli intendeva la 'Natura-di-Buddha' o, più specificatamente dal punto di vista intellettuale, la 'Prajna'. La Prajna riempie l'universo ed è sempre in opera. Essa è libera, creativa e, al tempo stesso, si autoconosce (cioè conosce direttamente se stessa). Riconosce il Tutto in Uno e l'Uno in Tutto. Questa misteriosa opera della Prajna emana dalla nostra propria natura…"
Brani dei sermoni di Hui-neng furono riuniti in un testo chiamato 'Sutra della Piattaforma (o dell'Altare)". A parte gli insegnamenti attribuiti al Buddha stesso ed a quelli che erano insieme con lui nel suo tempo, solo questo testo è onorato nello Zen come un Sutra (non a caso fu indicato come il 'Sutra di Hui-neng'). Ecco alcuni passi selezionati:
IL SUTRA DELLA PIATTAFORMA
"Nei miei insegnamenti, ciò che è più importante sono Dhyana e Prajna (cioè la Meditazione e la Saggezza), perciò non siate ingannati e spinti a pensare che esse siano due cose separabili. Esse sono una cosa sola e non due. La Meditazione è il corpo della Saggezza e la Saggezza è la funzione della Meditazione. Quando la Saggezza è intrapresa, la Meditazione è compresa nella Saggezza; quando è intrapresa la Meditazione, la Saggezza è in essa compresa. La Meditazione non è il restare attaccati alla mente, non è il diventare attaccati alla purezza e nemmeno è il restare coinvolti nell'immobilità. Non il restare bloccati in qualche cosa, né l'avere pensieri eccitati da condizioni di vita esteriore, buoni o cattivi che siano. Bensì all'interno, occorre vedere l'immobilità della propria Autonatura e all'esterno, essere liberi dalal nozione di forma. Questa è vera Meditazione".
"Nella Natura Originaria, il <sé> è saggezza intuitiva (Prajna) e, a causa di ciò, è autoconoscenza. La Natura riflette se stessa nel sé medesimo, e ciò è proprio auto-illuminazione, che non può essere espressa a parole. Finquando vi è un modo dualistico di guardare alle cose, non c'è emancipazione. La luce resta opposta al buio; le passioni ostacolano l'illuminazione. A meno che questi opposti non vengano rischiarati dall'Intuizione Trascendente, così che la divergenza tra i due venga colmata, non può esservi comprensione del Mahayana. Quando si è ad un lato del ponte e non si è in grado di avvinghiarci all'unità della Natura-di-Buddha, non si è adepti-Zen. La Natura-di-Buddha non conosce aumento, né diminuzione, che sia nel Buddha o in un comune mortale. Anche quando è all'interno delle passioni, non ne viene contaminata. Quando vi si medita sopra, non per questo diventa più pura. Non è né annullata e né permanente; non va e non viene; non sta nel mezzo né ai lati; non è mai nata e mai non muore. Essa rimane sempre la stessa, immutabile nei mutamenti. Poiché non è mai nata, mai morirà. Non è ciò che fa sostituire la vita con la morte, perché la Natura-di-Buddha è al di sopra di nascita-e-morte. Il punto principale è di non pensare alle cose come buone o cattive, e perciò esserne limitati, ma lasciare che la mente si muova nel suo proprio modo spontaneo, ed esegua le sue inesauribili funzioni. Questo è il modo di essere in accordo con l'essenza della Mente".
"Avere anche solo una volta, una profonda e consapevole introspezione, equivale a conoscere ciò che significa 'buddhità'. Quando la luce della Prajna penetra nella natura di base della consapevolezza, essa rischiara all'interno ed all'esterno; ogni cosa diventa trasparente e si riconosce la propria mente più intima e segreta. Il riconoscere la propria mente (più intima e segreta) è emancipazione. Quando è raggiunta l'emancipazione, si ottiene il 'Prajna-Samadhi'. Realizzare questo, significa avere (o Essere) l'Inconscio. E cos'è l'Inconscio? È vedere tutte le cose esattamente come sono e non diventare attaccati a nessuna di esse; è essere presenti in ogni luogo ed ancora non diventare attaccati a nessun luogo; è rimanere costantemente nella purezza dell'Autonatura; è lasciare che i sei-sensi-ladri fuoriescano dalle sei-porte-dei-sensi e vadano nel mondo dei sei-oggetti-dei-sensi, ed ancora non venirne contaminati e neppure da essi doversene fuggire, mantenendo però una perfetta libertà di entrar5ci e di uscirne. Questo è il realizzare Prajna-Samadhi, essere il proprio auto-Maestro, diventare emancipati; e tutto questo è conosciuto come 'Vivere l'Inconscio'.-"
"Ma, bisogna stare ben attenti perché, se non sorgono per nulla pensieri, su niente di niente, ciò vorrebbe dire la cessazione della coscienza; e una simile cosa è considerata una trappola del Dharma, una visione con un solo lato. Tutti i Buddha del passato, presente e futuro, nonché tutti i Sutra, sono presenti nell'Autonatura di ciascun individuo e lo sono stati fin da tempi senza inizio… All'interno di se stessi c'è qualcosa che è in perfetto grado di conoscere ed è a merito di ciò, che si ha l'illuminazione!".
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LIN-CHI I-HSUAN
In Cina, tra Hui-neng e Lin-chi vi furono quattro maestri illustri nell'Età dell'Oro dello Zen: Nan-yueh, Ma-tsu, Po-chang e Huang-po. Quando Hui-neng incontrò Nan-yueh, gli chiese: "Da dove vieni?". Nan-yueh rispose: "Vengo da Tung-shan" e Hui-neng domandò ancora: "Quindi, cos'è ciò che arriva?". Ci vollero sei anni a Nan-Yueh, prima che egli potesse dare questa risposta: "Anche quando si dice che ci sia qualcosa, il bersaglio ormai è mancato!".
Quando Nan-yueh incontrò Ma-tsu, quest'ultimo non faceva altro che sedere in zazen, giorno e notte. Un giorno, Nan-yueh gli chiese: "Cosa stai cercando di fare, nobile Signore?". Ma-tsu rispose: "Sto cercando di diventare un Buddha". Nan-yueh se ne andò senza dire una parola. Poi ritornò con un mattone e, davanti a Ma-tsu, cominciò a sfregarlo. Ma-tsu gli chiese: "Cosa stai facendo?". Nan-yueh disse: "Sto facendo uno specchio!". Ma-tsu chiese nuovamente: "Lucidare un mattone, può farlo mai diventare uno specchio?" e Nan-yueh di rimando: "E come può il sedere in zazen, far diventare una persona un Buddha?". Ma-tsu chiese: "E allora, cosa dovrei fare?". Nan-yueh replicò: "E' come attaccare un carro al bue. Se il carro non si muove, cosa devi fare? Battere il carro o il bue?". Ma-tsu non fu in grado di rispondere. Allora Nan-yueh gli spiegò: "Se vuoi imparare a fare zazen, sappi che lo Zen non è lo stare seduti o distesi. Se vuoi diventare un Buddha stando seduto, sappi che il Buddha non ha una forma prefissata. Vivendo il Dharma del non-attaccamento, cerca di non discriminare mai. Se cerchi di diventare un Buddha solo stando seduto, tu uccidi il Buddha. Se ti attacchi alla forma dello stare seduto, non potrai mai raggiungere la buddhità!"
Ma-tsu dette due famose risposte, alla solita domanda : "Cos'è il Buddha?". La prima volta disse: "La Mente è il Buddha!" e, un'altra volta, "Nessuna mente, nessun Buddha!". In un'altra occasione, gli fu chiesto: "C'è un uomo che non è in compagnia di nulla?", ed egli rispose: "Te lo dirò quando avrai inghiottito in un colpo solo tutta l'acqua del Fiume Occidentale!". Un giorno, dopo che uno sciame di api selvatiche era volato via, Ma-tsu chiese a Po-chang: "Che cosa erano?" e Po-chang rispose: "Erano api selvatiche!". "Dove stanno volando?" domandò di nuovo Ma-tsu, e Po-chang: "Ormai se ne sono andate!". Allora, improvvisamente, Ma-tsu afferrò il naso di Po-chang e glielo strizzò. Po-chang si mise ad urlare per il dolore. Ma-tsu disse: "Tu dici che sono volate via, ma tutte erano state qui fin dall'inizio!". Po-chang proruppe in un sudore freddo e subito fu illuminato.
Il giorno seguente, Ma-tsu stava tenendo un discorso quando Po-chang si fece avanti e cominciò ad arrotolare il tappeto, allo scopo di far terminare il discorso. Ma-tsu, senza minimamente protestare, scese dal suo seggio e ritornò nelal sua stanza. Poi chiamò Po-chang e gli chiese per quale ragione avesse arrotolato il tappeto. Po-chang disse: "Ieri, tu hai strizzato il mio naso ed io ero abbastanza dolorante". Ma-tsu disse ancora: "E dove stava vagando, il tuo pensiero?" e Po-chang: "Adesso non è più dolorante, Maestro!". Alcuni anni più tardi, Po-chang si rivolse ancora a Ma-tsu per avere istruzioni. Ma-tsu lanciò un fortissimo urlo 'KHETZ!!!' che frantumò tutte le cose e fece diventare sordo per tre giorni Po-chang!
Po-chang stabilì che il lavoro fosse una parte integrante dell'ordine monastico. I monaci, preoccupati per la sua salute, poiché Po-chang rifiutava di riposarsi anche quando era ormai anziano, gli nascondevano gli attrezzi agricoli. Allorché egli non li trovava, si ritiarava nella sua stanza rifiutando, però, anche il cibo e dicendo: "Un giorno senza lavoro, un giorno senza cibo!". Una volta, un visitatore arrivò alla ricerca di un abate per un monastero. Po-chang chiamò a raccolta i suoi monaci. Il visitatore chiese loro di fare tre passi avanti e di scvhioarirsi la gola, così da poter determinare la loro abilità. Cominciando dal capomonaco, nessuno dei monaci riuscì a superare questo test, salvo il monaco-cuoco, che fu immediatamente approvato. Il capomonaco, nondimeno, contestò la valutazione e perciò Ma-tsu impose un suo proprio test. Egli appoggiò una mazza sul pavimento e disse: "Non chiamare questa cosa una mazza. Allora come la chiameresti?". Il capomonaco disse: "Non si può certo chiamarlo un pezzo di legno!". Il monaco-cuoco, invece, dette semplicemente un calcio alla mazza, facendola rotolare. Ma-tsu proclamò: "Capomonaco, sei stato battuto da questo monaco-cuoco!". Alla fine, Po-chang trasmise il Dharma a Huang-po, dicendo: "Quando la visione interiore del discepolo è identica a quella del Maestro, il potere del Maestro si è diviso in due. Quando la visione interiore del discepolo supera quella del suo Maestro, allora egli è meritevole di ricevere la trasmissione!".
C'è una famosa storia su Huang-po, che tenta di mostrare il <vero-Sé> ad un Governatore in visita presso il tempio. Il Governatore, indicando un ritratto, chiese all'abate: "Chi è?". L'abate rispose: "Il precedente abate". Il Governatore chiese ancora: "Questo è il suo ritratto, ma dov'è la persona?". L'abate non sapeva rispondere ed il Governatore si faceva sempre più insistente. Incapace di trovare qualcuno che fosse in grado di dare una risposta, l'abate infine pensò ad un monaco che si trovava per caso lì e che passava il tempo a ripulire il cortile. Quindi Huang-po fu chiamato ed il Governatore allora chiese a lui: "Venerabile Signore, questi gentiluomini sfortunatamente non sono in grado di rispondere alla mia domanda. Vorreste voi essere così gentile da assumere questo incarico?". Huang-po disse: "Qual è la domanda?". Il Governatore la ripetè: "Qui vi è il ritratto del precedente abate, si può sapere dov'è questa persona?". Subito Huang-po chiamò a voce alta: "Governatore!!!", il quale rispose: "Si?!". "E dov'è mai costui?" fu la pronta risposta di Huang-po.
Lin-chi I-hsuan nacque tra l'810 e l'815 d.C. ed era già un fervente studioso buddhista assai ben disposto, quando intorno ai vent'anni decise di studiare lo Zen sotto Huang-po. Diretto e schietto nel comportamento, Lin-chi si preparò per tre anni senza mai fareuna sola domanda. Il capomonaco riconoscette il suo potenziale e lo stimolò a contattare il Maestro, dicendo a Lin-chi di chiedergli proprio quale fosse il principio del buddhismo. Lin-chi vi si recò, ma prima ancora che ebbe finito di parlare, Huang-po lo colpì. Lin-chi non capì, però il capomonaco lo spinse a riprovare. La stessa cosa avvenne più volte. Alla fine, Lin-chi si rammaricò del karma che gli impediva di capire e quindi decise di andarsene. Nel frattempo, il capomonaco davanti a Huang-po elogiò Lin-chi, cosicché quando Lin-chi venne a prendere congedo, Huang-po lo consigliò di presentarsi a Ta-yu. Incontrandosi con Ta-yu, Lin-chi disse: "Per tre volte ho chiesto a Huang-po quale fosse il principio fondamentale del buddhismo e per tre volte egli mi ha colpito. Io non so dove posso aver sbagliato!". "Huang-po è come un'amorevole nonna che si è completamente esaurita a causa delle vostre preoccupazioni!" disse Ta-yu, "ed ora tu vieni qui a chiedermi in che cosa hai sbagliato!". A queste parole, Lin-chi raggiunse la Grande Illuminazione. "Ah, non c'è poi così tanto, nel Buddhadharma di Huang-po!" egli gridò. Ta-yu afferrò Lin-chi e gli disse: "Tu, piccolo diavolo pisciasotto! Hai appena smesso di chiedere se avevi o meno commesso errori e già ti permetti di dire che non c'è così tanto nel Buddhadharma di Huang-po. Cos'è che hai visto? Parla! Parla!". Lin-chi, a sorpresa, sferrò tre colpi al fianco di Ta-yu, il quale spingendolo via, disse: "Il tuo Maestro è Huang-po! Non è affar mio!". Così Lin-chi lasciò Ta-yu e ritornò da Huang-po. Questi, quando lo vide arrivare, disse: "Che razza di tipo! Vieni e vai, vieni e vai - quand'è che la farai finita?". "E' tutto merito della tua amorevole gentilezza materna", disse Lin-chi, presentandogli poi la tradizionale offerta e restando in piedi in attesa. "Dove sei stato?" chiese Huang-po. Lin-chi rispose: "Beh, ultimamente ti sei degnato di favorirmi, spedendomi da Ta-yu". "E che cosa ti ha detto, Ta-yu?" ribattè Huang-po. Allora Lin-chi raccontò ciò che era successo. Huang-po disse: "Come mi piacerebbe acchiapapre questo tizio e dargli un bel fracco di legnate!" "Perché dici 'mi piacerebbe'? Prendine un po’ proprio adesso!" disse Lin-chi e immediatamente dette un ceffone a Huang-po. "Tu, razza di lunatico!" urlò Huang-po, "vieni qui a tirare i baffi alla tigre!". Lin-chi cacciò un urlo. Huang-po replicò: "Attendente! Porta questo lunatico fuori di qui e conducilo nella sala dei monaci!"
Lin-chi proseguì l'addestramento presso Huang-po per più di dieci anni. La loro azione comune preparò il rigoroso, marziale e libero spirito di questo lignaggio dello Zen. Una volta, Lin-chi stava zappando la terra, mentre stava sopraggiungendo Huang-po. Appena lo vide, si fermò e si appoggiò sulla zappa. Huang-po disse: "Questo ragazzo è già stanco!" e Lin-chi rispose: "Come potrei essere stanco? Non ho ancora nemmeno sollevato la zappa!". Huang-po lo colpì. Lin-chi afferrò il bastone di Huang-po, lo colpì a sua volta e lo gettò per terra. Huang-po chiamò un monaco anziano affinché lo aiutasse a rialzarsi. Accorrendo prontamente, il monaco anziano disse: "Huang-po, come puoi permettere che questo pazzo la faccia franca, con la sua villanìa!". Huang-po dapprima si rimise in piedi e poi colpì il monaco anziano. Rimettendosi a zappare la terra, Lin-chi disse: "In qualunque altro luogo i morti vengono cremati, ma qui si sotterrano ancora vivi!"
Un'altra volta, Huang-po vide nella sala dei monaci che Lin-chi stava dormendo sulla piattaforma di legno ove si praticavano le sedute, perciò colpì col bastone l'asse frontale della piattaforma. Lin-chi sollevò la testa, vide Huang-po, e si rimise giù a dormire. Huang-po battè nuovamente sull'asse e si diresse verso la parte nord della sala. Vedendo il capomonaco seduto in meditazione, disse: "Quel giovanotto sdraiato lì, sta meditando. E tu, cosa stai facendo qui, ad immaginare chissà quali sfrenate fantasie?". Il capomoanco ribattè: "Che cosa è venuto a fare questo vecchio?". Huang-po colpì ancora una volta l'asse frontale e se ne andò. In un'altra occasione, Lin-chi si era attardato dietro ai monaci che andavano nei campi. Huang-po si girò e vedendo che Lin-chi era a mani vuote, gli chiese: "Dov'è la tua zappa?". "Qualcuno me l'ha presa!" disse Lin-chi. "Vieni qui!" disse Huang-po, "vorrei parlarne con te!". Lin-chi fece qualche passo avanti. Huang-po sollevò la sua zappa e disse: "Solo questa persona sulla terra, non riesce a sollevarla!". Allora Lin-chi la strappò dalla presa di Huang-po e la tenne sollevata in alto. "E allora? Come mai ora è in mano mia?" disse Lin-chi. Allora Huang-po disse: "Oh, oggi c'è un uomo che ha lavorato veramente!". Ciò detto, fece ritorno al tempio.
Un giorno, Lin-chi andò a prendere congedo da Huang-po, che gli chiese: "Dove stai andando?". Lin-chi rispose: "Se non andrò a Ho-nan, ritornerò a Ho-pei!" Huang-po lo colpì. Lin-chi afferrò Huang-po e gli mollò una sberla. Ridendo di cuore, Huang-po chiamò il suo attendente: "Portami lo schienale ed i braccioli che appartenevano al mio predecessore, il Maestro Po-chang!" e Lin-chi gridò: "Attendente, portami del fuoco!". Huang-po disse: "Sia come sia, portali con te. In futuro tu sarai sulla bocca di tutti gli uomini della terra!". Dopo aver lasciato Huang-po, Lin-chi fece un lungo pellegrinaggio, recandosi in visita agli altri maestri lungo il tragitto. Poi si stabilì in un piccolo tempio e, intorno all'anno 850, vi insegnò per circa dieci anni, dopodiché si ritirò. Nel 866, quando ormai stava per morire, prese posto sul seggio e disse: "Dopo la mia estinzione, fate in modo che non si estingua il mio vero Occhio-del-Dharma!". Un monaco si fece avanti e disse: "Come potremo lasciare mai che il tuo vero Occhio-del-Dharma si estingua!?" e Lin-chi gli chiese: "Se e quando qualcuno vi farà domande su di esso, cosa gli direte?". Il monaco lanciò un urlo. Lin-chi disse: "Chi avrebbe mai pensato che il mio vero Occhio-del-Dharma si sarebbe estinto dopo aver raggiunto questo asino cieco!". Ciò detto, restando seduto in posizione eretta, egli morì.
Il principio centrale degli insegnamenti di Lin-chi era l'Uomo Vero senza Designazioni, che rende se stesso il Maestro di ogni situazione. Egli sottolineò l'aspetto operativo dell'illuminazione e pretese che la visione interiore sia resa immediatamente manifesta nel proprio comportamento. Parlando di lui, Omori Sogen si è così espresso: "Il centro dello sviluppo del pensiero di Lin-chi è questo 'Uomo Vero', - esso dipende e si basa su quest'unica parola. Certamente Lin-chi non intendeva riferirsi ad una Natura-di-Buddha che sia solo una potenzialità e nemmeno ad una natura corporea che esista di per sé all'interno; ma il suo particolare punto fermo è che questo stesso 'contenitore-di-merda' alto cinque piedi, deve essere preso come il 'Vero Uomo senza Designazione'!. <Mu-I> (Senza-designazione) spesso viene espresso come <Mu-E> (senza vestiti) e vuole significare la trascendenza da ogni dipendenza - assolutamente nudo senza nulla indosso. Poiché il Mu-I è il Mu-E, questo 'Uomo' limitato dal suo corpo alto cinque piedi e dai suoi circa sessanta anni di vita, è il vero <assoluto> esistente, senza alcuna dipendenza. Il 'Vero-Uomo-senza-Designazione', una volta liberatosi dalla stessa massa rossa di carne, si mantiene chiaro; l'Uomo della Via è un individuo ma, al tempo stesso, egli trascende l'individualità - trascendente e contemporaneamente individuale. Nel nostro corpo fisico c'è una <assolutamente libera> natura umana, non limitata da nessuna cosa. Da mattina fino a notte, con gli occhi che vedono le cose, le orecchie che sentono i suoni, il naso che annusa gli odori, il corpo che sperimenta il caldo ed il freddo, le mani che afferrano, i piedi che camminano e l'intelletto che sa apprezzare tutto ciò, questa 'natura' è sempre all'opera. Dunque, coloro che non hanno realizzato tutto questo nella loro esperienza, ora e qui, la vedano e l'afferrino!
Gli insegnamenti e gli episodi della vita di Lin-chi sono contenuti nella Raccolta di Lin-chi. Alcuni brani vengono riportati qui di seguito:
LA RACCOLTA DI LIN-CHI
Il Governatore ed i suoi ministri invitarono il Maestro a prendere posto sul seggio più alto. Il Maestro disse: "Se il prete montanaro oggi è salito quassù, è perché non vi è alternativa; è per rispetto nei riguardi della gente. La tradizione del nostro lignaggio di Patriarchi e dei loro allievi, sarebbe di tenere la lingua a freno. Ma poi voi non avreste nessun luogo ove mettere i piedi. Di fronte all'insistenza del Governatore, come potrebbe quest'oggi il prete montanaro non rivelare la Grande Trasmissione? Bene, per caso vi è qui qualche abile generale che pianti il suo stendardo e schieri le sue truppe sul campo? Lasciamolo testimoniare prima degli altri e vedremo!"
Un monaco chiese: "Qual è il grande significato del buddhismo?"
Il Maestro lanciò il suo urlo 'KHETZ!!!'. Il monaco si inchinò. Il Maestro disse: "Ecco un uomo che può sollevare un suo proprio dibattito!"
Il Maestro disse ancora: "Nell'aggregato di carne sanguinolenta, c'è un Vero-Uomo-senza-Designazione che esce ed entra sempre dalla vostra faccia. Voi, che non lo avete ancora realizzato, guardate, guardate!"
Quindi, un monaco avanzò e chiese: "Qual è il Vero-Uomo-senza-Designazione?"
Il Maestro scese giù dal seggio e lo afferrò, gridando: "Parla, parla!". Il monaco restò alquanto perplesso. Il Maestro lo lasciò andare, dicendo: "Il Vero-Uomo-senza-Designazione! Oh, cos'è questo bastone per la merda secca!?" e se ne ritornò nella sua stanza. Il Maestro si rivolse all'Assemblea, dicendo: "Seguaci della Via, riguardo al Buddhadharma, non è necessario alcun sforzo. Dovete soltanto essere semplici senza far null'altro che defecare, urinare, vestirvi, mangiare e riposarvi quando siete stanchi!"
"Gli stolti rideranno di me, ma l'uomo saggio comprende!"
"Anticamente, un uomo disse:
"Un buon lavoro esteriore, può farlo anche uno stupido!"
"Siate abili nel rendere voi stessi il Maestro di ogni situazione così, dovunque vi troverete, quello sarà il posto giusto. Non preoccupatevi se le circostanze vi avversano, essae non potranno smuovervi (da dove vi trovate). Anche se doveste sopportare le restanti influenze delle illusioni passate, o il karma negativo per (aver commesso) le cinque nefande azioni peccaminose (uccidere il proprio padre, la propria madre, un sant'uomo, spargere il sangue di un Buddha, e disgregare la comunità spirituale), perfino queste diventeranno l'oceano dell'emancipazione!"
Il Maestro si rivolse all'Assemblea, dicendo: "Gli uomini che oggi studiano la Via, devono aver fede in se stessi. Non cercate, dunque, all'esterno! Purtroppo, invece, voi andate arrampicandovi nel regno delle cose polverose e senza valore, non distinguendo mai il falso dal vero… Uomini risoluti, non passate i vostri giorni solo in discussioni e chiacchiere indolenti, cavillando sull'autorità e l'illegalità, su ciò che è giusto o sbagliato, sulla licenziosità o moralità, sulla ricchezza o la povertà. Tanto per me, chiunque venga qui, sia esso monaco o laico, io lo capisco in profondità e sono indifferente al modo in cui si presenta, come pure alle frasi ed alle parole che usa, in quanto sono soltanto tutti sogni ed illusioni! D'altra parte, è ovvio che l'uomo che si avvale di ogni circostanza, è l'incarnazione del misterioso principio di tutti i Buddha. Lo stato della buddhità non fa proclami su se stesso, dicendo "Io sono lo stato di Buddha!"; anzi, questo Vero-Uomo della Via, che non dipende da nessuna cosa, viene avanti avvalendosi di qualsiasi stato".
"Se qualcuno tra di voi, si fa avanti e mi chiede qualcosa su come ricercare il Buddha, io immediatamente mi mostrerò in conformità dello stato puro; se qualcuno mi fa domande sullo stato di Bodhisattva, io immediatamente mi mostrerò nello stato compassionevole; se invece, qualcun altro mi interroga sulla Bodhi (la vera Saggezza Illuminata), immediatamente io apparirò in conformità con lo stato del puro mistero e se invece mi chiedessero del Nirvana, immediatamente io apparirò nello stato di quieta immobilità. Benché vi siano diecimila stati differenziati, l'uomo stesso, in quanto tale, non muta. Perciò,
"In perfetto accordo con le cose, egli manifesta la sua forma,
"Come il riflesso della luna piena, (che si rispecchia) nell'acqua!"
"Seguaci della Via, se avete al volontà di accordarvi col Dharma, così com'è, siate solo uomini con la massima determinazione. Se titubate indecisi e senza carattere, allora siete dei buoni a nulla. Proprio come una brocca incrinata è inadatta a contenere il 'ghi' (sorta di burro fuso), così colui che vuole essere un vaso perfetto (contenitore del Dharma) non deve venir coinvolto dalle visioni illuse degli altri. Fate di voi stesso il maestro di ogni occasione e, in qualsiasi luogo vi troviate, quello sarà il vostro (vero posto). Qualunque cosa avvenga, non datele spazio. Un solo pensiero di dubbio e, istantaneamente, il dèmone Mara entra nella vostra mente. Quando perfino un Bodhisattva ha dei dubbi, il dèmone della nascita-e-morte prende il sopravvento. Desistete dunque dal pensare e non cercate mai all'esterno.qualunque cosa dovesse accadere, illuminatela con la vostra consapevolezza. Abbiate soltanto fede nella vostra attività (appena) rivelata - non c'è nessun'altra cosa da fare! Un solo pensiero della vostra mente, produce i tre reami e, in accordo con le condizioni causali, nonché influenzati dalle circostanze, entro di voi si fa largo la divisione in sei stati confusi (i sensi e gli oggetti della mente) e, allora, quanto risulterà scarsa la vostra attuale comprensione! In un solo istante entrate nel puro ed in un solo istante penetrate nel contaminato… e ovunque andiate vagando, tutto ciò che potrete vedere, sono solamente nomi e forme completamente vuoti!" (Tutte le parentesi sono dell'autore, n.d.T.)
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HAKUIN EKAKU
Dopo Lin-chi, vi furono sedici Patriarchi Cinesi, prima che Nanpo Shomyo, meglio conosciuto come Kayo Kokushi, portasse la Trasmissione del Lignaggio Rinzai-Zen in Giappone, nel 1267. Alla fine, in tutto, più di ventiquattro scuole di Zen furono trasmesse dalla Cina al Giappone. Egli, durante la sua iniziazione a capo-abate di un importante tempio, disse che non proveniva da nessun luogo e che, dopo un anno, se ne sarebbe andato in nessuna parte. Esattamente un anno dopo, egli morì.
A Nanpo succedette Shuho Miocho, meglio conosciuto come Daito Kokushi. Subentrando alla morte di Nanpo, Shuho si nascose sotto un ponte tra i mendicanti per vent'anni, vivendo in misere condizioni per purificarsi. Una volta, un samurai degenerato voleva provare una nuova spada su un mendicante. Shuho disse agli altri di nascondersi, mentre lui si sedette in meditazione. Il samurai si avvicinò, sguainò la spada e gridò: "Preparati, la mia spada sta per dividerti in due!". Shuho non si mosse. Una certa soggezione prese il samurai che, all'inizio esitando, poi si ritirò allontanandosi. Alla fine, l'Imperatore Hanazono venne a sapere di Shuho, proprio allorché stava distribuendo ai poveri dei meloni, di cui Shuho era ghiotto. Quando Hanazono vide brillare gli occhi di Shuho, disse: "Prova a prendere questo melone senza usare le mani!" Shuho rispose: "E tu passamelo senza usare le tue mani!". Dopo quel fatto, egli divenne l'Insegnante dell'Imperatore.
In un'altra occasione, l'Imperatore chiese a Shuho: "Chi è colui che rimane senza compagnia, pur all'interno dei diecimila fenomeni?". Shuho, facendosi aria col ventaglio, disse: "Sto provando molto piacere ad essere inondato dalla brezza Imperiale!". Per diversi anni, Shuho non fu in grado di sedere in meditazione nella posizione del loto-intero, a causa di una sua gamba sciancata. Quando egli arrivò a sentir avvicinarsi la morte, si spezzò la gamba con le sue proprie mani per mettersi in posizione del loto intero e, malgrado il tremendo dolore, scrisse le sue parole finali, morendo dopo l'ultima pennellata:
"Riduci in pezzi i Buddha ed i Patriarchi, con la spada tenuta sempre affilata.
"Nel luogo in cui la Ruota gira, il Vuoto, digrignando, arrota i suoi denti!"
Il successore di Shuho fu Kanzan Igen, che era diventato monaco da giovane ed aveva solo quindici anni quando incontrò Shuho. Dopo due anni di sforzi, Kanzan ottenne la sua realizzazione finale. Per i successivi otto anni, Kanzan lavorò come salariato ad accudire il bestiame o anche coltivando i campi durante il giorno, e sedendo in zazen di notte, su una nuda sporgenza che fuoriusciva da un'alta rupe. Egli cominciò ad insegnare all'età di sedici anni, senza tenere conferenza, ma solo accettando pochi studenti che addestrava con estrema severità. Kanzan morì standosene serenamente seduto davanti al laghetto del tempio. Il lignaggio di questi tre Patriarchi divenne noto come la Scuola di O-to-kan, derivando la O da Kayo Kokushi, la To da Daito Kokushi e la Kan da Kanzan Igen. Essa fiorì nel tredicesimo secolo, sotto il patrocinio dei Samurai, che vi trovarono un metodo vitale per trascendere la morte, dato che questa scuola confidava più sulla forza di volontà che sull'apprendimento. Alal fine, si manifestò uno stile di Zen, chiamato Nio-Zen. Un eminente Samurai, Shozan (1579-1655), prima di prendere i voti buddhisti, disse:
"Studiando lo Zen, dovreste prendere le immagini buddhiste come modelli, ma quella del Tathagata (cioè il Buddha Manifestato) non è adatta ai principianti, poiché il tipo di zazen del Tathagata è oltre la loro portata. Invece è bene prendere a modello le immagini di Nio e Fudo (due indomiti guardiani di aspetto feroce, cioè la Divinità del Diamante e la Divinità della Saggezza Immutabile), entrambi i quali sono simboli di perfetta disciplina. Sfortunatamente il buddhismo ha avuto un netto peggioramento, col risultato che i più, sono criticabili femminucce carenti di vigoria. Soltanto i valorosi riescono ad addestrarsi in maniera appropriata. Gli ignoranti, mansueti e bigotti, sbagliano nel credere che un tale comportamento sia il metodo di pratica del buddhismo. Inoltre vi sono dei dementi totalmente inefficienti. Io stesso mi sento estraneo al bigottismo ed alla ricerca del 'Satori'; il mio solo scopo è di essere padrone di tutto, con una mente vivace. Avendo in comune la vitalità di Nio e Fudo, distruggete dunque tutto il vostro karma negativo e le passioni imbelli. (A questo punto, Shozan fece una pausa e, fissando lo sguardo in avanti, strinse i pugni e digrignò i denti) - Osservatevi con grande attenzione e fate in modo che nulla possa interferire. Solo il coraggio vi sostenga. Non c'è spazio per gli smidollati, qui. Siate svegli al massimo e conseguirete la forza del vivere-Zen. Fareste assai meglio a praticare zazen mentre siete attivamente occupati. Lo 'Zazen-del-Samurai' dovrà essere ciò che ci sosterrà in mezzo alle battaglie, proprio mentre ci si sente minacciati dalle armi da fuoco e da taglio. Dopotutto, come si potrebbe far uso di una tranquillizzante seduta su un campo di battaglia? Tutte le arti mondane possono esser coltivate per mezzo della seduta-Zen. E specialmente le arti militari non possono esser praticate con uno spirito fiacco (così dicendo il maestro d'armi fece il gesto di disegnare una spada). Lo Zazen deve essere virile, infatti il guerriero lo accetta soprattutto in battaglia, in quanto non potrà rinfoderare la spada finché dovrà restare in guardia. D'altra parte, il buddhista mantiene sempre il suo vigore e non sarà mai un perdente. Più matura la sua disciplina e più esperto in tutto egli diventa, dal recitare un testo al battere un tamburo con le mani nella (terra di) Noh. Perfetto in tutte le virtù, egli può adattarsi ovunque e a tutto!"
Dopo altri quattordici patriarchi, arrivò Dokyo Etan. Una volta, mentre il suo villaggio veniva assalito dai lupi, Dokyo sedette in meditazione per sette notti in diversi cimiteri, per verificare il suo 'Samadhi', mentre i lupi, tutt'intorno, lo stavano annusando. All'età di ottant'anni, Dokyo scrisse questi suoi versi di addio e morì col sorriso sulle labbra:
"Nella frenetica fretta con cui arriva la morte,
"E' difficile esprimere le mie ultime parole.
"Se volessi pronunciare una parola inesprimibile,
"Me ne starei zitto, non la pronuncerei proprio!"
Nel Diciassettesimo secolo, lo Zen si era ben stabilito nella società Giapponese, però correva il rischio di degenerare in un passatempo culturale, praticato da monaci dedicati più al culto estetico che non all'addestramento spirituale. Fu Hakuin Ekaku, successore di Dokyo, che ripristinò una pratica basata sulla ricerca dell'illuminazione e su una rigorosa preparazione come essenza dello Zen. Egli era nato come il più giovane di cinque figli nel 1686 presso una famiglia borghese. Da bambino, era vivace, lesto e robusto e molto sensibile all'impermanenza della vita. Aveva una rimarchevole memoria e a quattro anni conosceva a memoria trecento canti locali. A otto anni, udì un Sutra recitato in una cerimonia religiosa e, tornando verso casa, si mise a sua volta a recitarlo parola per parola. A undici anni rimase terrorizzato da una vivida descrizione degli inferni, fatta da un prete buddhista e cominciò a darsi pensiero su come la vita sembri precariamente in equilibrio su un eterno tormento. Prese così a recitare i Sutra in segreto, giorno e notte, per assicurarsi la salvezza. Un giorno, mentre stava facendo il bagno insieme a sua madre, lei chiese di aumentare il fuoco sotto il calderone. Quando venne aggiunta più legna da ardere, la sua pelle cominciò a pizzicare per il calore ed il ferro di cui era composto il calderone cominciò a rintronare. Egli si lasciò sfuggire un urlo di terrore che risuonò per tutto il circondario. Da allora decise di diventare un monaco e, malgrado le proteste dei suoi genitori, a quindici anni fece il suo ingresso a Shoin-ji, un piccolo tempio del suo villaggio. Sperando di trovare profonde e misteriose dottrine, Hakuin studiò tutto il Sutra del Loto ma, dopo un anno, concluse che quello era solo uno dei tanti libri. La sua disperazione divenne più intensa quando, a diciannove anni, lesse il resoconto della morte del maestro Ganto. Ganto era rimasto nel tempio, dopo che tutti si erano dati alla fuga davanti ai banditi. Uno di questi lo trafisse con una lancia e, sebbene la sua espressione non cambiasse, al momento di morire Ganto lanciò un grido che fu udito per molte miglia. Dentro di sé, Hakuin sentì che se perfino un così grande Maestro nulla potè fare per salvarsi da un bandito, egli stesso non aveva nessuna chance di salvare se stesso dall'inferno. Così egli, perdendo la sua fede nel buddhismo, considerò di abbandonare la disciplina spirituale e divertirsi con la poesia e la narrativa. Egli vagabondò di tempio in tempio, finché un giorno decise di direzionare la sua vita secondo la scelta causale, stabilita da un certo libro preso a casaccio in una raccolta pubblica. Lo aprì a caso e vi lesse la storia di un Maestro Cinese che per tutta la notte sedeva in meditazione infilandosi un punteruolo sulla coscia per rimanere sveglio. Allora, da questa storia, trovò una nuova ispirazione e si affidò allo Zen. Hakuin viaggiò presso vari templi, preparandosi intensamente per i successivi quattro anni ed ebbe due realizzazioni. Però era un po’ deluso dal fatto di non esser in grado di raggiungere un puro stato di meditazione indisturbata, in cui star svegli o dormire fosse la stessa cosa. Comunque, a ventiquattro anni si sentì sicuro di aver avuto una illuminazione tale da essere insuperata per parecchie centinaia di anni. Egli scrisse:
"…Non riuscivo a dormire né di giorno né di notte; mi dimenticavo di mangiare. Improvvisamente mi si manifestò un grande dubbio. Era come se fossi rimasto congelato dentro una lastra di ghiaccio che si estendeva per migliaia di miglia. Una purezza riempiva il mio petto, non facendomi andare né avanti né indietro. Ero completamente privo di tutti gli intenti e tutti gli scopi e solo il 'MU' (Nulla, vuoto) resisteva nella mia mente. Quando sedevo nella sala delle conferenze, ed il Maestro parlava, era come se stessi ascoltando una discussione ad una grande distanza dalla sala. A momenti sembrava come se fluttuassi nell'aria. Questo stato durò per parecchi giorni. Indi, mi capitò di ascoltare il suono della campana del tempio, e immediatamente mi trasformai. Fu come se la lastra di ghiaccio venisse infranta o se una torre di giada fosse rovinosamente caduta con un gran boato. Tornai all'istante a sentire i miei sensi. Sentìi quindi che avevo relaizzato lo stato di Yen-t'ou (Ganto), il quale aveva penetrato i tre periodi del tempo senza il minimo danno (benché fosse stato assassinato dai banditi). Tutti i miei precedenti dubbi svanirono come se il ghiaccio si fosse disciolto. Esclamai a voce alta:- Meraviglioso, meraviglioso! Non c'è alcun ciclo di nascite-e-morti attraverso il quale si debba passare. Non c'è alcuna illuminazione da dover cercare. I 1700 koan tramandati dal passato, non hanno il benché minimo valore o significato! -. Il mio orgoglio si erse come una maestosa montagna e la mia arroganza si gonfiò come una marea. Con compiacimento, pensai tra me e me, 'Negli ultimi due o trecento anni, non c'è stato nessuno che avesse realizzato un simile progresso meraviglioso come questo!"
Hakuin presentò la sua realizzazione al Maestro del Tempio e ad alcuni discepoli, i quali non erano del tutto d'accordo. Però, Hakuin bruciava tuttora di convinzione e quindi gli fu consigliato di incontrarsi con Dokyo Etan, meglio conosciuto come Shoju. Durante l'incontro con Shoju, Hakui presentò un verso. Ma Shoju lo respinse come una cosa accademica e gli chiese una sua espressione intuitiva. Hakuin replicò: "Se ci fosse qualcosa di intuitivo da poterti mostrare, dovrei vomitarla!" e fece il rumore di un conato. Allora Shoju disse: "Dimmi, secondo te, cos'è il 'Mu!' ('No!') di Joshu?". Hakuin, giubilante, disse: "Il penetrare l'universo. Nessun luogo ove aggrapparsi!". Shoju afferrò il naso di Hakuin, lo storse, rise di cuore e disse: "Aggrappandomi ad esso, mi sento quasi a mio agio!", poi lo mollò e ridicolizzò Hakuin: "Tu, morto monaco di grotta! Sei soddisfatto di un tale 'Mu'?". In tal modo, Shoju mandò in frantumi l'autogratificazione di Hakuin, tanto che ogni volta che lo vedeva, lo chiamava 'morto-monaco-di-grotta'!.
Una sera, mentre Shoju stava prendendo il fresco in una veranda, Hakuin gli presentò una poesia. Shoju disse: "Illusioni e fantasie!" e Hakuin di rimando gli gridò: "Fantasie e illusioni!". Allora Shoju lo afferrò, gli sferrò venti o trenta colpi e lo spinse fuori dalla veranda. Hakuin cadde disteso nel fango e, respirando a malapena, restò quasi stordito. Shoju dall'alto esplose in una fragorosa risata. Ripresosi dopo un po’ di tempo, Hakuin si alzò e, sudando copiosamente, si inchinò a Shoju, il quale gli disse: "Tu, morto monaco di grotta!". Dopo ulteriore intensa pratica, Hakuin presentò ancora un'altra composizione, ma Shoju gli diceva sempre: "Tu, morto monaco di grotta!". Dopo otto mesi di questo rigido trattamento, Hakuin cominciò a pensare di andarsene e, un giorno, mentre stava elemosinando davanti alla casa di una vecchia signora, cadde in una profonda meditazione. Divenne inconsapevole di tutto, mentre la vecchia signora stava dicendogli che non aveva nulla da dargli. Incollerita dalla sua apparente ostinazione, la vecchia lo colpì sulla testa con una scopa. Riavendosi, Hakuin scopri che tutti i Koan che in precedenza gli erano impenetrabili, ora gli erano chiari. Quando egli espresse la nuova comprensione a Shoju, questi non disse nulla, ma si mise allegramente a ridere e cessò di chiamarlo un 'morto-monaco-di-grotta'. Dopodiché, Hakuin sognò che sua madre gli diceva che i suoi meriti spirituali le avevano fatto guadagnare uno dei Paradisi buddhisti. Subito dopo, Hakuin partì per andare ad assistere un suo precedente maestro che si era ammalato. Shoju lo ammonì di continuare l'addestramento e di non sperare di poter avere più di uno o due bravi discepoli. Hakuin raddoppiò i suoi sforzi col solo risultato di patire un esaurimento psicofisico. Così egli narra ancora della sua esperienza:
"…Denti stretti e sguardo spento, io cercavo di liberarmi dal bisogno di cibo e di sonno. Prima che fosse passato un mese, il fuoco del mio cuore era arrivato fin sulla testa, i miei polmoni bruciavano e le mie gambe erano come congelate nel ghiaccio o nella neve. Nelle mie orecchie c'era un rumore affannoso, come di un torrente dentro una stretta valle. Il mio coraggio diminuiva e mi facevo prendere dalla paura. Mi sentivo spiritualmente esausto, facendo sogni sia di giorno che di notte, le mie ascelle erano sempre umide di sudore ed i miei occhi, pieni di lacrime".
Alla fine, la ricerca di una cura lo condusse da Hakuyu, un saggio Taoista che viveva in un remoto ed etereo ambiente montano. Commosso dalle persistenti suppliche di Hakuin, Hakuyu lo istruì nel naikan (letteralm. 'sguardo-interno), un metodo di circolazione dell'energia vitale nel corpo, basato sull'alchimia Taoista. Ecco, qui di seguito, alcuni brani da queste istruzioni:
"Le vostre penose malattie sono derivate dalla salita del fuoco del cuore… Ora, poiché la mia apparenza esteriore è Taoista, forse tu potresti immaginare che il mio insegnamento sia lontano dal buddhismo. Ma anche questo è Zen. Un giorno, quando avrai superato i concetti, vedrai quanto ridicole fossero le tue precedenti idee. E' essenziale mantenere fresche le parti superiori del corpo e calde le parti basse. Devi sapere che, per nutrire il corpo, è obbligatorio che l'energia vitale venga prodotta per colmare le parti basse. Spesso la gente dice che il divino elisir è la distillazione dei cinque elementi, ma essa ignora che i cinque elementi (acqua, fuoco, legno, metallo e terra) sono associati con i cinque organi dei sensi (occhi, orecchie, naso, lingua e corpo). Come si possono unire questi cinque organi allo scopo di distillare il divino elisir? Per questo, abbiamo la legge dei cinque che non escono fuori (cioè, quando gli occhi non guardano, le orecchie non odono, la lingua non gusta, il naso non odora, il corpo non prova emozioni in modo sconsiderato) e, infine, quando la coscienza non emette pensieri sconsiderati, allora l'originaria turgida energia si accumula nei vostri stessi organi di senso. Questa è la vasta 'energia-fisica' di cui parla Mencius. Se tu attiri questa energia e la concentri nello spazio sotto l'ombelico, la distilli per anni, la proteggi al massimo e la nutri costantemente, allora prima ancora che tu lo riconosca come fonte di energia, l'universo stesso diventerà una massa circolante di questo enorme elisir. Dopo, potrai risvegliarti al fatto che tu stesso sei un saggio divino con una vera immortalità, uno che è 'non-nato' prima ancoar che la terra ed il cielo fossero formati, e che non morirà nemmeno dopo che lo spazio vuoto sarà svanito."
"Se il praticante, durante la sua meditazione, si rende conto che i quattro grandi elementi sono in disarmonia e mente e corpo sono stanchi, egli dovrebbe scuotersi e fare questo tipo di meditazione. Dovrebbe visualizzare la corona del suo capo, con sopra il celestiale unguento <So>, grande come un uovo d'anatra, e di colore e aroma puro e trasparente. (Hakuin dà una ricetta di 'questa cosa' con una parte come il vero-aspetto-delle-cose, due parti di 'nessun-desiderio', una goccia di 'saggezza-intuitiva', e così via, che forse è già sufficiente ad immaginare questo 'unguento' come energia vitale). Egli dovrebbe sentire la sua essenza ed il suo sapore squisito mescolarsi e filtrare giù, attraverso la sua testa, con un flusso che permea verso il basso e che inondi le spalle ed i gomiti, il petto o le mammelle, fin all'interno del torace, dei polmoni, stomaco e fegato, e tutti gli organi interni, nonché i sei sensi rivoltati all'interno che seguno la mente verso il basso. Bisogna sentire come un suono di acqua sgocicolante. Filtrando e colando attraverso tutto il corpo, questo flusso scende dolcemente fino alle gambe, fermandosi alla punta delle dita dei piedi. Proprio come un esperto medico fisioterapista mette insieme erbe di rara fragranza e le mette a bollire in una pentola, così il praticante sente che dal profondo dell'ombelico egli sta facendo bollire in sé questo elisir, di nome <So>. Quando questa meditazione è stata eseguita, vi saranno esperienze psicologiche di immediata e indescrivibile fragranza sulla punta del naso, e di una dolce e squisita sensazione di benessere in tutto il corpo. Mente e corpo diventeranno armonizzati e andranno oltre la loro consueta condizione, verso il massimo del benessere e della gioventù… Gli organi saranno pacificati e la pelle impercettibilmente comincerà a risplendere. Se la pratica viene portata avanti senza interruzione, quale malattia non sarà guarita, quale potere non sarà acquisito, quale perfezione non sarà raggiunta, quale Via non sarà completata?"
Hakuin si curò col naikan e meditò in isolamento per diversi anni in condizioni molto austere. Egli sperimentò sei o sette grandi realizzazioni, oltre ad innumerevoli altre minori, e alla fine raggiunse una enorme vitalità. Studiando i Sutra egli, per descrivere la sua esperienza, citò la frase 'Gli antichi insegnamenti illuminano il cuore ed il cuore chiarisce gli antichi insegnamenti". Diverse volte gli accadde di sentire una musica nel cielo, che cessava non appena egli riconosceva che proveniva dalla sua stessa mente. Una volta fu sopraffatto dalla paura, ma in seguito la dissipò meditando sul koan, 'Da chi, o che cosa, viene sperimentata questa paura?". All'età di trentadue anni, Hakuin si stabilì, con un solo discepolo, nel tempio di Shoin-ji, ormai in rovina. A quarantun anni, durante un ritiro privato di meditazione, egli ebbe un altro sogno in cui vide sua madre che gli offriva una magnifica veste di seta purpurea, con nelle maniche due specchi. Egli racconta:
"Il riflesso dello specchio nella manica di destra, penetrava nel mio cuore e negli organi vitali. La mia stessa mente, le montagne ed i fiumi con la grande terra, sembravano sereni e senza limiti. Lo specchio sulla manica sinistra, invece, non mandava alcun tipo di riflesso. La sua superficie era come quella di una pentola nuova non ancora toccata dal fuoco. Però, all'improvviso, essa avvampò con una luce un milione di volte più brillante dell'altro specchio. Dopo questo fatto, osservare le cose del mondo, era come vedere la mia stessa faccia e, per la prima volta, io compresi come il Buddha vede la natura-di-Buddha all'interno dei suoi occhi".
L'anno seguente, mentre leggeva il Sutra del Loto, lo stridere di un grillo lo risvegliò improvvisamente alla profondità del Sutra ed al significato della vita quotidiana, come diceva Shoju. Questa volta, nel suo corpo e mente, non accadde nessuna reazione estrema e così egli potè vedere quanto si fosse sbagliato in merito alle sue precedenti presunte realizzazioni. Hakuin dette insegnamenti a Shoin-ji per altri quarantun anni. Egli fu particolarmente interessato alla condizione delle persone ordinarie, spiegando loro lo Zen per mezzo di dipinti, canti o semplici sermoni. A loro volta, queste persone lo tennero in grande stima ed affetto. Una famosa storia illustra la sua compassione ed inoppugnabilità:
"Una ragazza della comunità rimase incinta. Il suo severo genitore l'opprimeva per sapere il nome del suo amante e, alla fine, pensando che se l'avesse detto, lei sarebbe sfuggita alla punizione, disse: "E' stato il maestro-Zen Hakuin!". Allora il padre non disse più niente, ma quando il bambino nacque, egli lo portò da lui e, deponendo in terra il piccolo, lo caricò di insulti, sogghignando e mettendo in dubbio la moralità del Maestro. Hakuin disse soltanto: "Ah, è così?" e prese il piccolo tra le sue braccia. Dopodiché, egli usciva perfino nelle notti piovose e nei giorni di tempesta per elemosinare un po’ di latte dalle case del vicinato. Dovunque andasse, si portava dietro il piccino, avvolto nelle maniche della sua misera tunica. Ora, egli che era stato considerato un Buddha vivente, venerato come Shakyamuni, ebbe realmente un dissesto. Molti dei suoi discepoli, che si erano aggregati a lui, gli si rivoltarono contro e lo abbandonarono. Hakuin, ancora, non disse una parola.nel frattempo, però, la madre non riusciva a sopportare l'agonia della separazione dal suo bambino ed in più cominciava ad essere spaventata per le conseguenze della sua menzogna, che avrebbe avuto nelle vite successive. Quindi, essa confessò il nome del vero padre del bambino. Il suo genitore, molto rigido nel suo concetto di virtù, divenne quasi pazzo dalla paura. Egli si precipitò da Hakuin e, prostrandosi, lo implorò più e più volte di perdonarlo. Hakuin, anche questa volta, disse solo: "Ah, è così?" e gli restituì il bambino. Anche durante la vecchiaia, Hakuin fu estremamente energico. Egli così ricorda:
"Anche se ora ho passato i settant'anni, la mia vitalità è dieci volte maggiore di quando ne avevo trenta o quaranta. Il mio corpo e la mia mente sono forti e non sento mai l'assoluto bisogno di distendermi per riposare. Potrei non avere difficoltà ad astenermi dal dormire per due, tre o anche sette giorni, senza soffrire alcuna diminuzione dei miei poteri mentali. Sono circondato da trecento, cinquecento allievi esigenti e, anche se tengo discorsi sulle Scritture e sulle Raccolte dei Detti dei Maestri per più di un mese, in un grande frastuono, ciò non mi esaurisce. Sono di certo convinto che tutto ciò sia merito del potere ottenuto praticando questo metodo di introspezione naikan".
Hakuin morì nel sonno a ottantatrè anni. La sua creatività artistica e letteraria fu abbondante, ma ancor più impressionante in una tradizione in cui lo sviluppo anche di un solo discepolo capace di ritrasmettere il Dharma è un grande risultato ed una riconosciuta realizzazione. A tal riguardo, Hakuin lasciò ben novanta di tali discepoli. Egli dunque è onorato come il più grande saggio degli ultimi cinquecento anni. Egli reputò il naikan e lo zazen, come le due ali dei suoi insegnamenti, ed il koan 'qual è il suono del battito di una sola mano?' fu la sua spada spirituale. Riguardo allo zazen, Hakuin disdegnò la meditazione tranquilla e quietistica, sostenendo la meditazione ininterrotta che rende chiara qualsiasi circostanza che si possa incontrare:
"Affinché la mente sia il vero maestro della meditazione, lo spazio al di sotto dell'ombelico sia stabile come se vi sia posato sopra un enorme masso; così che quando la mente funziona nella sua maestosa dignità, nessun pensiero illuso potrà entrare e nessuna idea discriminante potrà sussistere. Si deve raggiungere uno stato di mente in cui, anche se foste circondati da una moltitudine di persone, sarà come se foste isolati in un campo sperduto che si estende vuoto per decine di miglia. Come si può ottenere la vera Illuminazione? Nel frenetico giro degli affari mondani, nella confusione dei problemi del mondo, nel mezzo dei sette rovesciamenti e degli otto sconvolgimenti, comportatevi come farebbe un ardimentoso circondato da una schiera di nemici. Siate un uomo che fissa sempre su di sé l'insuperabile luminosità della vera, ininterrotta meditazione e che, inoltre, non ha bisogno di dimostrare la sua attività, ma ha realizzato uno stato di mente che ha estinto sia i bisogni del corpo che la mente stessa e che ha prodotto tutto questo all'interno di una vuota caverna. A questo punto, se non si permette alla paura di sorgere e si prosegue avanti perseguendo quest'unico scopo, all'improvviso si diventerà dotati di grande potere. Nel vostro studio dello Zen, siate sempre combattivi nei confronti delle illusioni e dei pensieri mondani, lottate contro il nero dèmone del sonno, aggredite i concetti di attivo e passivo, ordine e disordine, giusto e sbagliato, odio e amore, bene e male, e giurate guerra a tutte le cose dell'esistenza mondana. Quindi, spingendovi avanti nella vera meditazione e lottando coraggiosamente, inaspettatamente vi arriverà la vera illuminazione".
"Negli ultimi anni, siono arrivato alla conclusione che il vantaggio di realizzare la vera meditazione, risulta nettamente a favore della classe guerriera. Un guerriero deve essere, dal principio alla fine, forte fisicamente. Nella sua disponibilità ai suoi doveri e nella sua relazione con gli altri, sono rischieste le più rigide puntigliosità e appropriatezza. Egli deve avere una capigliatura correttamente acconciata, gli abiti più che decorosi e le sue spade, devono essere fissate al loro posto. Con un tale preciso ed adeguato comportamento, la vera meditazione resta a portata di mano, con un fulgore esuberante. In sella ad un gagliardo cavallo, il guerriero può cavalcare veloce verso innumerevoli orde di nemici come se stesse cavalcando in una radura vuota di gente. La valorosa, intrepida espressione del suo volto riflette la sua pratica impareggiabile, vera, ininterrotta. Meditando in questo modo, il guerriero può raggiungere in un mese ciò che al monaco riesce in un anno; in tre giorni egli può procurarsi benefici che ad un monaco richiederebbero cento giorni!"
Benché queste ed altre sue istruzioni sotto riportate si riferiscano al koan 'Mu!', Hakuin nei suoi ultimi anni privilegiò, quasi esclusivamente, il 'Suono di una sola mano'. Egli insegnava che se si procede con grande fede e volontà, dinnanzi al grande dubbio sollevato dal koan, allora la realizzazione veniva assicurata.
"Quando un individuo si trova davanti al 'grande dubbio', di fronte a lui, in ogni direzione, si apre una vasta e vuota terra senza nascita né morte, come un'immensa pianura ghiacciata che si estende per diecimila miglia… Senza i suoi sensi, egli c'è e dimentica di sedersi, si siede e dimentica di esserci. Dentro il suo cuore non c'è il minimo pensiero o la minima emozione, solo la sola parola 'Mu!'. È come se si trovasse nel vuoto più assoluto. In quel momento, non sorge la paura, non vi sono pensieri striscianti e, allorché egli prosegue con mente unidirezionata senza indietreggiare, all'improvviso accadrà come se si fosse rotta una lastra di ghiaccio o fosse precipitata una torre di giada. Egli sperimenterà una grande gioia, che non può aver provato neanche in quarant'anni. A quel punto, "nascita, morte, Nirvana e Samsara, saranno come i sogni avuti la notte scorsa…" Questo è conosciuto come il momento della grande penetrazione nel meraviglioso Risveglio, lo stato in cui si urla: 'KHETSU!'. Non è assolutamente possibile trasmetterlo a parole, non può essere spiegato; è solo come quando si conosce da sé, personalmente, se l'acqua che si sta bevendo è calda o fredda. Le dieci direzioni si fondono in una sola, davanti agli occhi ed i tre tempi vengono penetrati in un istante, con un solo pensiero. Quale gioia, nel Cielo e nel mondo degli uomini, può mai essere paragonata a questa?
Questo potere può essere ottenuto nel tempo di tre o cinque giorni, se lo studente sarà in grado di avanzare in maniera determinata. Potreste chiedervi come si possa fare, affinché questo grande dubbio appaia. Bene, non dovete prediligere il solito posto tranquillo, non dovete cercare di sfuggire i luoghi caotici, ma dovete sempre mantenere nel tanden (il tantien, ovvero il punto sotto l'ombelico) il 'MU!' di Joshu (ovvero il 'Wu!' di Chao-Chou). Poi, chiedendovi quale sia il principio che questo 'Mu' contiene, se eliminate tutte le emozioni, i concetti ed i pensieri, ed investigate con mente uni-direzionata, non vi sarà nessuna persona davanti alla quale non appaia il 'Grande Dubbio'. Quando avrete provocato questo grande dubbio, dinnanzi a voi, nella sua forma pura e non-complicata, dovrete sottoporvi ad una reazione strana ed alquanto spiacevole. Dovrete, comunque, accettare il fatto che la realizzazione di una cosa così importante, e gioiosa, come la Grande Opera, la distruzione delle molteplici porte di nascta e morte, in cui siamo passati attraverso infiniti cicli di tempi, la penetrazione della comprensione interiore dell'illuminazione fondamentale di tutti iTathagata delle dieci direzioni, dovrà necessariamente prima trascinarsi una certa dose di sofferenza karmica (un po’ come quando si deve togliere un dente che duole, e che procura dolore fino all'ultimo istante).
Il più famoso scritto di Hakuin è "IL CANTO DELLO ZAZEN", che ogni giorno viene recitato o cantato nei templi Giapponesi di Zen Rinzai:
"IL CANTO DELLO ZAZEN"
"Tutti gli esseri senzienti sono già dei Buddha, fin dall'inizio;
"Come l'acqua ed il ghiaccio: se non c'è acqua, niente ghiaccio!
"All'infuori degli esseri senzienti, non può esservi alcun Buddha!
"Ma essi, non sapendo che è all'interno, lo cercano al di fuori!
"Che pena! E' come chi si lamenta di aver sete, stando nell'acqua;
"E' come il figlio di un possidente, che si è perduto tra i miseri.
"La causa del nostro girare in tondo, attraverso i sei mondi
"E' il nostro rimanere avvinti agli oscuri sentieri dell'ignoranza.
"Cosicché, percorrendo oscuri sentieri dopo oscuri sentieri,
"Quando mai potremo sfuggire dal ciclo di nascita-e-morte?
"La Meditazione Za-zen del Grande Sentiero Mahayana
"E' superiore, ben oltre e aldilà di ogni nostra ammirazione,
"Essa dona moralità, virtù, e tutte le altre Perfezioni.
"Recitando le lodi al Buddha, con pentimento e disciplina,
"E mettendo in atto tutte quante le altre rette azioni,
"Questo significa far ritorno alla pratica meditativa,
"Perché il merito perfino di una sola singola seduta
"Cancella tutti gli innumerevoli peccati del passato.
"Dove mai saranno, allora, questi sentieri sbagliati?
"Perciò, la Pura Terra non può certo trovarsi molto lontano.
"Quando questa Verità è udita con rispetto, anche solo una volta
"Colui che vi è fedele e la celebra, la seguirà fedelmente,
"Così da riceverne senz'altro, immensi meriti senza fine.
"Per di più, se rivolgete verso l'interno la vostra vista
"Confermando direttamente la verità dell'Auto-natura,
"Si vedrà che quella stessa Autonatura è una 'non-natura',
"E in questo modo, potrete alfine trascendere le vane parole.
"Si apre la porta, la causa e l'effetto diventano una sola cosa;
"Totalmente diritta in avanti, scorre al Via della Non-dualità;
"Come pure quella della Non-trinità, e assumendo come forma,
"La forma della Non-forma, che è la pura forma della Vacuità.
"Sia che si stia andando, o ritornando, uno è sempre a casa,
"Purché prenda come pensiero, il pensiero del non-pensiero;
"Parlando, cantando e danzando, tutto sarà la voce della verità.
"Oh, com'è libero, vasto e sconfinato, l'azzurro cielo del Samadhi!
"E com'è fresco il chiarore della luna delle Quattro Saggezze!
"Che cosa mai ti manca? E' lo stesso Nirvana che ti sta davanti!
"Proprio qui ed ora, nel luogo in cui ti trovi, è il Paradiso del Loto!
"Vuoi sapere chi è la tua persona? E' il corpo del Buddha!
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OMORI SOGEN
Due generazioni dopo Hakuin, la Scuola Rinzai si ramificò nelle linee Takuju ed Inzan. La linea Takuju fa progredire gli studenti in maniera più rapida per mezzo dei koan e pone l'enfasi sul misterioso simbolismo delle parole, mentre la linea Inzan mantiene lo studente su un unico koan, fino a che venga ottenuta una penetrante realizzazione e sottolinea l'aspetto severo della disciplina.
Uno dei maestri della linea Inzan fu Ryoen Genseki, distante cinque generazioni da Hakuin. Durante la sua gioventù, Ryoen costruì una stazione termale pubblica e per tre anni guidò una barca a remi per trasportare l'acqua minerale che, dopo averla riscaldata, offriva ai contadini del vicinato affinché la usassero. Negli ultimi anni, egli non si bagnò mai nell'acqua preparata per lui da un discepolo, ma si lavava solo con due secchi. E neppure mangiava più di una scodella di riso per volta, lasciando il resto per i bambini poveri. Dopo aver scoperto di avere il cancro e con un'aspettativa di vita di soli pochi mesi, sciolse i suoi impegni con gli studenti e partì da solo per un lungo pellegrinaggio. Ryoen visse ancora per più di due anni e, per quasi due settimane, prima della morte, ogni mattina egli si trascinava in condizioni critiche dalla sua stanza fino alla sala principale del tempio, ove invocava i nomi dei maestri del suo lignaggio. Era necessario per lui riposarsi frequentemente, sia durante il tragitto che durante le invocazioni. Quando morì, fu trovato nella posizione zazen. Dopo Ryoen venne il turno di Seisetsu Genjyo ed Omori Sogen.
Oltre alla tradizione Zen, Omori Sogen fu profondamente influenzato anche dalla tradizione del Bushido, la Via del Samurai. L'essenza del Bushido, che si era manifestata durante le guerre regionali che lacerarono il Giappone nel sedicesimo secolo, consisteva nel fronteggiare risolutamente la morte, al servizio del sovrano e della comunità. Il testo 'Hagakure', un classico del Bushido, dichiara:
"La Via del Samurai è basata sulla morte. Quando essa arriva, prima o dopo, vi è solo la scelta di poter morire rapidamente. Non è un sistema particolarmente difficile, bisogna essere determinati e procedere. Morire senza aver raggiunto il proprio scopo, equivale a morire da cani, ma quando si è pressati dalla scelta di vita o morte, non è più necessario raggiungere uno scopo. Tutti vogliono vivere. Ed in larga parte tutti basano la loro logica su ciò che più piace, ma non aver raggiunto il proprio scopo e continuare a vivere, è da codardi. Questa è una linea sottile e pericolosa. Morire senza aver raggiunto il proprio scopo, è un fanatismo, oltre ad una morte da cani. Ma ciò non è vergognoso. Questa è la sostanza della Via del Samurai. Se si mantiene giusto il proprio cuore giorno e notte, si è in grado di vivere come se il corpo fosse già morto. Colui che agisce così raggiungerà la libertà in vita, che sarà senza colpa e porterà al successo nella propria vocazione".
Per liberarsi dell'istintivo attaccamento alla vita, il Samurai si rivolge allo Zen, nel suo aspetto di religione di volontà, anziché di insegnamento. L'addestramento Zen lo guida verso la Grande Morte e verso il risveglio alla sua identità primordiale, al di là della vita e della morte. Omori dice:"Qui, il significato sta nell'oltrepassare o trascendere la morte e l'uccisione, per risvegliarsi alla 'Grande Vita'. Questa è la materia più seria dell'esistenza umana. Gli antichi designarono questa esperienza come 'Budo' (la Via Marziale)… Il senso di questa esperienza nella storia della cultura Giapponese non deve mai venir sottovalutata. Queste esperienze individuali si sono ripetute più e più volte, ed è stato questo accumulo di esperienze che più tardi in Giappone fecero sviluppare il 'Budo', come 'La Via dell'Uomo'-"
Esemplificando la tradizione del Bushido, Yamaoka Tesshu, un Samurai strumentale, eseguì la Restaurazione Meiji. Tesshu imparò a fondo lo Zen, il Kendo (arte della scherma) e lo Shodo (callkigrafia). Egli era un uomo gigantesco, con una enorme vitalità. In gioventù sedette così intensamente in zazen che perfino i topi della sua casa scapparono. Sua moglie raccontò che, per dieci anni dopo il loro matrimonio, egli aveva dormito in posizione seduta, con una spalla appoggiata su una spada di bambù. Egli poteva bere ben quattro galloni di sakè alla volta. Intorno ai quarant'anni, Yamaoka Tesshu realizzò il significato ultimo del passo: 'Quando due lame si incrociano, non è necessario cercare di scansarle. La miglior mossa è di rivoltarsi come il fiore del loto che sboccia nel fuoco. Allora, proprio come già siete, l'energia degli alti spiriti celesti fuoriesce dalal vostra natura originaria'. A quel punto, egli trascese anche la dualità di uomo e donna. Ad uno studente, intenzionato a reprimere gli attaccamenti, egli consigliò: "Se hai realmente intenzione di sbarazzarti delle tue passioni, prendi ora la decisione. Salta dentro le scabrose onde e provvedi di attraversarle!"
Ad un ricevimento che commemorava l'inizio della scuola di sciabola, uno studente aveva bevuto un po’ troppo. Costui si inchinò davanti a Yamaoka e rigettò. Yamaoka si alzò immediatamente, inghiottì il vomito che gli era caduto in faccia e, in risposta all'incredulità degli astanti, disse: "Mi sono soltanto sottoposto alla disciplina di integrazione di purezza e impurità!". Un'altra volta, un visitatore chiese a Yamaoka di fare un discorso sul 'Trattato di Lin-chi'. Yamaoka disse: "Poiché ad Engakuji vengono regolarmente dati sermoni su di esso, sarebbe meglio che tu andassi ad ascoltarli lì dal maestro Kose!". Il visitatore replicò: "Sono già stato ad ascoltarlo, ma non sono sicuro di averlo realmente compreso. Ora, io so che tu sei un esperto sia dell'arte della scherma come dello Zen, e siccome io stesso ho fatto un po’ di scherma, ho pensato che forse sarebbe stato più facile per me comprenderlo, se tu mi avessi dato qualche spiegazione".- "D'accordo, allora è meglio che tu ti metta la bardatura da scherma", disse Yamaoka e, superando la sorpresa del visitatore, gli impartì una lezione di scherma, fino a farlo diventare madido di sudore e del tutto esausto. Dopo che essi ebbero preso un bagno e si furono cambiati d'abito, tornarono a sedersi, come in precedenza, uno in faccia all'altro nella sala degli ospiti. Yamaoka chiese: "Allora, ci sei riuscito?"- "Riuscito a cosa?" domandò il visitatore, "Sto ancora qui in attesa di ascoltarti!"- Yamaoka ribattè: "Beh, questo era il discorso che avevi chiesto. I maestri-Zen, nei loro templi, danno insegnamenti ognuno nel loro modo. Ciò non ha niente a che fare con me. Io sono uno schermitore ed insegno attraverso la scherma. Ti ho dato la mia personale spiegazione, e questo è tutto ciò che posso darti!"
Yamaoka dette origine ad un metodo di addestramento 'Kendo', consistente nel ripetere i combattimenti quasi all'infinito, di solito un centinaio al mattino ed altrettanti alla sera. La prova, sottoposta ad uno speciale permesso, durava da tre a sette giorni. Dal terzo giorno, la pelle delle mani e delle dita, benché protetta da guanti di morbida seta, è soggetta a spaccarsi ed a sanguinare. Cosicché l'allievo non riesce più a controllare facilmente le sue braccia nel maneggaire la spada; inoltre non potendo mangiare cibi né liquidi, diventa così disidratato che la sua urina diventa rossa per il sangue. La prima persona che si sottopose a questo training, a suo tempo, scrisse: "Al terzo giorno, mi fu difficile perfino alzarmi dal letto, perciò chiesi l'aiuto di mia moglie. Quando lei cercò di tirarmi su, il mio corpo era freddo come un cadavere, tanto che lei, istintivamente, tirò indietro le mani. Sentivo le sue lacrime cadere su di me. Sforzandomi al massimo, la rimproverai di essere così debole di cuore. Dovetti poi usare un bastone per recarmi nella sala della scherma, e fui aiutato ad indossare il mio equipaggiamento. Non appena ebbi preso la mia posizione, tutti i combattenti si accalcarono nella sala. Uno che si era già fatto notare per essersi infilato la spada di bambù nella nuda gola, dietro la gorgiera protettiva ed avercela tenuta anche dopo esser stato colpito alla testa dal suo rivale vittorioso, chiese al maestri di partecipare. Il maestro gli dette subito il permesso. Quando lo vidi avanzare, preparai la mia mente al fatto che questo avrebbe potuto essere il mio utimo combattimento, dato che non sarei certo sopravvisuto a questa lotta. Con questa determinazione, sentìi sprizzare nuova energia al mio interno. Ero quasi un'altra persona. La mia spada aveva ritrovarto la sua collocazione. Mi avvicinai a lui e sollevai la spada sopra la mia testa per assestargli un colpo. In quel preciso momento arrivò l'ordine immediato del maestro di fermare il combattimento, ed io abbassai quindi la mia spada…"
Negli ultimi anni, la spietata disciplina di Yamaoka si ammorbidì al punto che, quando sedeva, i topi, anziché fuggir via, giocavano intorno e sopra di lui. All'età di cinquantatrè anni, egli morì mentre era seduto in zazen. Oggi, Omori Sogen è il successore della linea calligrafica di Yamaoka e vive nella sua vecchia casa. Omori Sogen nacque nel 1904, ed entrò nello Zen tramite il Kendo. Egli è un maestro della Scuola Jikishinkage di Kendo, e divenne monaco solo dopo la sconfitta del Giappone nella II° Guerra Mondiale. Seguendo la tradizione dei Samurai, Omori stava per eseguire il seppuku, (suicidio eroico) insieme ai suoi commilitoni, quando il suo maestro di calligrafia irruppe e rimproverò tutti loro per la loro egoistica azione, dal momento che, ora più che mai, il Giappone avrebbe avuto bisogno di umini-guida. Ad Omori, allora, non restò che farsi monaco. Dopo aver lavorato con il koan 'Mu!' per otto anni, Omori ebbe una penetrante realizzazione che lo rese abile nel superare il significato di molti altri koan contemporaneamente. Omori fece della calligrafia e del 'Hojo' (una forma di scherma), le parti integranti dell'addestramento Zen. Egli descrisse la realizzazione ottenibile praticando l'arte 'Hojo', che consiste in quattro parti strutturate come le stagioni. Eccone una descrizione:
"L'arte Hojo è 'la rimozione di tutte le cattive abitudini e tendenze acquisite fin dalla nascita, e il restauro del puro, risplendente e permanente corpo originario'. Dobbiamo pensare a questo corpo come il nostro Volto Primordiale, oppure il 'Mu!' dello Zen. Ciò che sto per descrivere accadde dopo che ebbi praticato questa tecnica per molti anni, quando fui capace di eseguirla liberamente. Un giorno, mentre stavo praticando, il mio corpo si riempì di energia. Ogni tensione muscolare di braccia e gambe si allentò ed io divenni consapevole che sia all'interno che all'esterno, le forze si bilanciavano esattamente equilibrate. Era proprio come se fossi stato senza peso… Più tardi, quando sedetti in zazen d entrai in Samadhi, mi resi conto che avevo raggiunto un equilibrio della mente e che le mie forze spirituali interne ed esterne erano similmente bilanciate le une con le altre. Questa fu una sorta di realizzazione. In seguito, fu molto più facile per me raggiungere questo stato e così diventai insieme ottimamente esperto nella seduta Zen e nell'arte della spada".
Omori scrisse diffusamente sullo Zen, inclusi vari commentari sul Trattato di Lin-chi e sulla Raccolta della Roccia Blù, come pure su 'Scherma e Zen' e 'Introduzione alla Disciplina Zen'. I suoi libri, comunque, non sono ancora stati pubblicati in Inglese. Le istruzioni che seguono, sono state stralciate dal suo 'Introduzione alla Disciplina Zen':
UNA INTRODUZIONE ALLA DISCIPLINA ZEN
"Lo scopo dello 'zazen' è di risvegliarsi al nostro reale <Sé>, mettendoci in contatto con la vita infinita e con l'essere assoluto. Se, almeno una volta, tocchiamo l'Assoluto e ci rivolgiamo al nostro originario vero <Sé>, saremo istantaneamente liberati dalla percezione illusoria, causata dai desideri illusi ed egocentrici. Fin dalla antichità, solo poche persone hanno avuto una visione interiore del fatto che il Dharma non è altro che lo zazen. Questo significa che lo zazen non ha altro significato né raggiungimento che lo stesso zazen, e che esso non è l'apprendimento dello Zen, ma è qualcosa che ci spinge a sedere in zazen."
"Il maestro Sogaku scrive:- Se il paiolo viene messo e tolto dal fuoco, l'acqua non potrà mai arrivare a bollire-. Guardando indietro al mio passato, sono alquanto imbarazzato nel confessare che io stesso ero così altalenante. Gli allievi che fermano e riprendono alternativamente la loro disciplina, non essendo capaci di sottoporvisi in modo continuativo, devono riflettere bene. È necessario essere perseveranti e desiderare di sedere tutti i giorni per almeno uno o due anni di fila. Per far ciò, dobbiamo nutrire amore per lo zazen e fare incessanti sforzi per approfondirlo. Però, dovremmo pure ricordare che un certo grado di sofferenza è inevitabile, malgrado il nostro amore per lo zazen."
"E' inutile dire che dobbiamo scegliere come nostro maestro qualcuno a cui sia stato trasmesso l'autentico insegnamento di Shakyamuni, attraverso le generazioni antiche di buddhisti di India, Cina, e Giappone, allo stesso modo in cui l'acqua di un vaso viene riversata, intatta e pura, in altri contenitori, senza sperderne una goccia. Il maestro Seisetsu, che fu il mio precedente maestro, entrò nel Monastero Tenryu-ji nel 1893, all'età di diciassette anni. Nella primavera dell'anno successivo egli tornò a casa e la prima cosa che fece, fu di far visita al suo primo insegnante, il Prete Hokuin. Così gli raccontò le molte cose che gli erano accadute da quando lo aveva lasciato. Prete Hokuin, ascoltando con grande soddisfazione e interesse, chiese all'improvviso: -A proposito, qual è il nome del tuo attuale insegnante che si prende cura di te al monastero?-. Seisetsu rispose:- Si chiama Gazan-. Ed Hokuin:- Gazan? Non mi sembra un nome familiare. Deve essere un prete giovane. Di quale linea è erede?-. Seisetsu replicò:- Mi dispiace, ma non lo so!-. Hokuin crucciò lo sguardo e alzò la voce:- Cosa? Tu non conosci nemmeno il lignaggio religioso del tuo insegnante? Ah, a quale tipo di disciplina ti sei sottoposto? Non mi sono mai sentito così infelice!-. Forse proprio a causa di un simile avvenimento, quando Seisetsu divenne il Maestro residente del Monastero, fu emanata la regola di declamare il nome degli antenati buddhisti e di tenere ogni mattina dei servizi religiosi per essi."
"Un lignaggio autentico non è comunque sufficiente a garantirci di selezionare l'insegnante giusto che possa disciplinarci attraverso le nostre vite. Sia il maestro che la disciplina devono realmente corrispondere in maniera che il loro 'kiai' (l'energia vitale -kì- prana) sia una cosa sola con noi. In ogni modo, malgrado che il maestro possa essere autentico, non sarà molto vantaggioso per il discepolo, rimanere a lungo con lui se tra di loro vi è incompatibilità di personalità e di temperamento, come accade tra l'acqua ed il fuoco. Sebbene i principianti non abbiano una chiara visione interiore della trasmissione del loro insegnante, essi sperimenteranno nel loro intimo l'ispirazione solo quando sinceramente cercheranno, e troveranno, un vero maestro adeguato per loro. Una volta, io ero così stressato, da essere sul punto di spaccare il bastone che il maestro usava per colpire i monaci, allorché la visione del maestro Seisutsu che venerava l'immagine del Buddha, mi riempì di un coraggio rassicurante. Anche nei suoi discorsi, sentivo un simile potere che emanava dalle sue parole. Se possiamo percepire questo maestoso potere ispirante, da parte del nostro insegnante, saremo senz'altro capaci di seguirlo spontaneamente senza preoccupazioni. Non appena saremo avanzati nella meditazione ed il potere della nostra concentrazione aumenterà, avverranno talora strani fenomeni durante la meditazione, alcuni disturbanti ed altri piacevoli. Essi, fin dall'antichità, vengono tutti chiamati 'makyo', cioè fenomeni del reame dei dèmoni. Alcuni makyo disturbanti sono ovviamente nocivi al nostro progresso nella disciplina Zen, ma non c'è difficoltà a mandarli via. Sono proprio i makyo più piacevoli, quelli più difficili da mandar via. Poiché non vengono visti come pericolosi, alcuni discepoli, estaticamente, spesso dicono: "Tutte le situazioni diventano naturalmente pure!" oppure "Il mio corpo si è sollevato fino al cielo e si spande in ogni dove!". Anche a me è capitato di dire simili cose, con una certa auto-soddisfazione, al mio maestro; tanto che egli, scherzando, mi disse: "Forse ti eri addormentato e stavi sognando!". Infatti, prima che noi si capisca che quelli sono dei 'makyo', presuntuosamente pensiamo che siano dei segnali dello stato di samadhi. Quando ci troviamo faccia a faccia col makyo, dovremmo chiamare a raccolta tutta la forza della nostra mente per scuoterci e per distruggere il makyo avviluppante, non prestandogli alcuna attenzione, assolutamente."
"Quando noi sediamo in zazen, la nostra mente, che di solito è frammentata e divisa, si riunifica in modo risoluto, come l'acqua profonda, che è calma ed immobile. Tuttavia, non appena ci rialziamo in piedi, i pensieri illusi ricominciano ad apparire uno dopo l'altro, proprio come prima di metterci seduti. Ciò accade a causa del nostro alzarci repentinamente di scatto. Il punto è come preservare il potere del samadhi allevato durante la meditazione, portandolo nelle nostre attività quotidiane. Dopo numerosi sforzi nella pratica, si potrà arrivare a trattenere questo potere per periodi sempre più lunghi, da una-due ore fino a tutta la giornata. Quando questo potere sarà maturo, esso ci farà da maestro in qualsiasi cosa, in qualunque luogo. Svuotandoci completamente e immergendoci profondamente nel mondo fino ad integrarci totalmente con esso, a sua volta, il mondo circostante diventa noi stessi. Ogni opposizione cessa e riusciremo a trattare con le cose, come se fossero prive di capacità di sconvolgerci e senza lasciare che le nostre menti si disperdano e si dividano per questa o quella circostanza. Non è necessario aggiungere che la Via dello Zazen consiste nell'addestrarsi al silenzio della meditazione e che si dovrebbe sedere con tenacia e con una forte insistenza. La disciplina fondamentale dello Zen si basa sul distruggere ripetutamente le insorgenti illusioni ed i pensieri mondani, tramite l'applicazione dei koan ed il conto dei respiri come nostri strumenti e poi restare in un samadhi in cui Cielo e Terra siano una cosa sola ed in cui mente e corpo siano entrambi lasciati da parte. Comunque, essendovi ventiquattro ore in un giorno, a meno che non si pratichi zazen anche fuori dalle sedute, sarà molto difficle avanzare verso questo stato mentale desiderato… parlare, ridere, bisticciare e muoversi continuamente ostacolono questo samadhi, che dovrebbe essere integrato nella nostra vita attiva. Se potessimo capovolgere le cose, allora saremmo esseri superiori, ma poiché siamo noi capovolti dalle cose, questo ci fa essere di livello inferiore. Lo Zen è la capacità di vedere al nostro interno e realizzare che non abbiamo un sé o una forma fissa e prestabilita; vedere chiaramente il nostro non-sé e realizzare il suo essere imperturbabile. Se fermamente crediamo in questo punto, qualunque cosa faremo diventerà zazen e saremo una sola cosa con tutto ciò che si presenterà. Quando leggeremo, staremo soltanto leggendo; quando scriveremo, staremo soltanto scrivendo; quando cammineremo staremo solamente camminando e quando dormiremo, staremo solamente dormendo."
"Lao-Tzu disse:- 'Quando apprendiamo, guadagnamo in conoscenza giorno per giorno. Se agiamo in accordo con la Via, invece, perdiamo qualcosa giorno dopo giorno. Possiamo mantenere questa perdita fino al momento in cui non dovremo fare più niente. Poi, nella 'non-azione' potremo fare tutto!'- la stessa cosa è vera per la Via dello Zen. Il maestro Joshu disse:- Sono entrato nella vita buddhista quando ero un giovane ragazzo. Ora sono diventato vecchio. Ho usato la disciplina su me stesso per aiutare le persone e, un certo giorno, sono diventato illuminato. Tuttavia, contrariamente alle mie aspettative, sono soltanto diventato un pazzo e messo di fronte alla gente, sono impotente nel salvarla, che tu lo creda o no!-. Noi siamo nello Zen solo se diventiamo consapevoli che, al momento che ci sentiamo pronti a salvare la gente, non c'è nessuno che deve essere salvato. In verità, lo Zen è senza meriti e senza effetti ma, secondo i bisogni altrui, si è tradizionalmente portati al sortimento di effetti consecutivi."
L'EROICO ZAZEN
"Con serenità di spirito in ogni circostanza, con la ferma motivazione,
"Con una grande capacità perfino di morire, allorché si siede in zazen;
"Realizzando il fermo proposito che ogni giorno è un buon giorno,
"Agendo spontaneamente, senza restrizioni, e sedendo giù solitari,
"Con la sensazione di essere seduti su un'altissima maestosa montagna,
"E apportando serenità, pace e gioia a tutti coloro che sono intorno a te.
"Accettando qualsiasi tipo di sofferenze, stenti e privazioni, e agendo
"Senza nessun interesse verso i riconoscimenti pubblici e mondani,
"Ma solo vedendo le cose così come realmente esse sono, e sempre
"Disponibile a soffrire, compassionevolmente, a vantaggio degli altri!"
TANOUYE TENSHIN
Nel 1972, Omori trasmise la sua linea-Zen in America, nelle Hawaii, con la fondazione di Chozen-ji. Dato il suo background nella scherma e nella calligrafia, è più che naturale che Chozen-ji integrasse le pratiche di Zen Rinzai con i metodi culturali e delle Arti Marziali Giapponesi. Leggiamo dal fascicolo di Chozen-ji:
"Al più alto livello di maestria di una Via, uno studente entra nel mondo dello Zen. Di contro, addestrandosi nello Zen, egli potrà raggiungere il più alto livello nella sua Via. Le Vie insegnano ad una persona, come entrare nello Zen per mezzo del loro corpo. Per esempio, vi è il principio di Shin Ki Roku Ichi, che può essere tradotto come 'Unità di mente, energia e corpo', oppure 'Mente e corpo che diventano Uno, tramite il Respiro'. Quando questo principio viene afferrato, tensione e rilassamento, vivacità e calma, sono correttamente bilanciati. Tutto il proprio essere si mette all'opera per dimostrare potere e bellezza in un fendente della scherma, in un tiro con l'arco, in un carattere calligrafico o anche nella creazione di un vaso di ceramica… Spazio, tempo ed energia verrranno usati in una maniera che è oltre la consapevole inventiva e si può soltanto chiamare 'meraviglia'. Per il maestro Zen, la vita stessa è la sua propria arte e tutto ciò che egli fa, dalle attività abitudinarie alle decisioni morali, risplende di questa qualità meravigliosa."
Tanouye Tenshin è l'attuale maestro Zen di Chozen-ji. Egli è nato nel 1938, proprio nelle Hawaii. Da ragazzo praticò le arti marziali, in particolare il Kendo e, più tardi le altre, quali il Judo ed il Karate-do. Si laureò con la specializzazione in musica ed insegnò nelle scuole superiori, fino al 1978, musica ed arti marziali. Per un periodo di dieci anni, ogni estate egli viaggiò in Giappone, in cerca di un maestro di Kendo, che fosse anche illuminato. Quando finalmente incontrò Omori Sogen, pensò che davvero fosse un prete diverso perché, come era sua abitudine, egli si rammaricò dell'immagine provinciale e materialista che il Giappone dava al resto del mondo in quell'epoca. A differenza di altri che eludevano le proprie responsabilità, Omori fece un passo indietro, si inchinò e disse: "Perdonatemi, io non ho scusanti!". Successivamente, Omori gli mostrò l'arte Hojo e, all'interno di essa, Tanouye ci vide l'essenza delle arti marziali, per cui chiese di venirne istruito. Ma poiché restavano solo tre giorni prima che egli dovesse ritornare nelle Hawaii, omori ridendo gli disse di ritornareallorché avesse avuto tre anni interi a disposizione. Però Tanouye insistette tanto che in tre giorni ricevette l'approvazione di Omori. Tanouye descrive così lo scopo dell'addestramento Zen:
"Quando l'interiore senso di raggiungimento di un'individuo si è azzittito, finalmente egli può tornare nel clamore del mondo. Abbandonando ogni senso di egocentrismo vivente, egli viene preso in trappola da centinaia di diverse situazioni differenti, tanto da far alienare il suo potere spirituale. Così egli cerca di trovare una realizzazione nell'eccitamento di stimoli di basso livello, nella soddisfazione dei suoi desideri animali, oppure in un esagerato senso di autogratificazione. Il suo potere di percepire una vera tranquillità ed armonia, o di riconciliare gli opposti e trascendere il dualismo, sembra non esistere ancora. La tranquillità è la vita nella sua forma assoluta; è un'espressione di naturale armonia, un criterio di tutto ciò che è utile nella vita e, infine, una specie di sigillo di una vita che ha raggiunto la perfezione… La persona-Zen deve la sua ammirevole abilità nel preservare la propria tranquillità interiore, proprio nel mezzo dei clamori della vita, non al suo essere insensibile e nemmeno ad una natura originariamente armoniosa, ma allo 'shugyo' (la più alta forma di addestramento spirituale). Questo addestramento lo guida ad un qualcosa di più che non la semplice libertà dalle distrazioni esterne. E' in gioco la sorgente diretta della nostra più profonda autoconsapevolezza, la radice stessa della nostra individualità, che è fondamentalmente identica all'Essere Universale. Se si smarrisce il punto di riferimento del Samadhi, si smarrisce la propria radice, il proprio contatto con la Realtà."
"Un uomo che è stato provato dalla vita è più vicino alla tranquillità di uno che non è passato attraverso la scuola della sofferenza. Coloro che conoscono la grande sofferenza, conoscono la grande verità. La tranquillità, però, può essere soltanto un fattore dominante allorché una persona arrivi a realizzare lo scopo della vita come quello principale, allora lo scopo verrà trovato nel samadhi. La pratica dello Zen e delle altre Vie, punta alla maturità dell'essere umano. Maturità significa essere in uno stato di mente in cui si può vedere l'armonia nella disarmonia, l'unità nella opposizione. La vita umana è piena di attività che tendono a diventare automatiche e possono essere perfettamente eseguite solo attraverso la pratica, laddove però si cerchi un addestramento che mira allo sviluppo interiore e non a risultati particolari. Dato che la persona possiede di più, o può fare di più, questo non significa che essa sia di più. Ma in ciascuna attività, oltre alla prospettiva di sviluppare la pratica ed oltre ad ogni ottenimento specifico, vi è la possibilità di allargare la propria visuale e raggiungere un maggior grado di maturità. Allora l'efficacia della persona emerge dal suo essere essenziale. Ciò non è dovuto tanto al possesso di particolari abilità quanto al liberare e coltivare la sua natura individuale."
"Dalla prima esperienza di tranquillità, fino al vivere spontaneamente in questo stato, vi è un lungo cammino. Nello Zen, dopo essere andati oltre il proprio addestramento con i 'koan', ci si chiederà alla fine quale sia il proprio 'shinkyo' (la struttura mentale che funziona durante la vita). Miyamoto Musashi dice:- E' come un enorme masso che rotola giù dalla collina-. Io dico:- Se ti piace cavalcare una moto Honda per attraversare la tua vita, va benissimo; io però, preferisco guidare un carrarmato!- Prendiamo un altro esempio,- Vi trovate su un aereo e state guardando giù dal finestrino. Con il vostro ego, il mondo sarà davvero piccolo. Ma, provate a praticare zazen e guardate ora il mondo a 180°; scoprirete presto che l'aereo si sta muovendo al vostro interno e le persone stanno camminando dentro di voi. Andare attarverso la vita con questa sensazione, questo è l'addestramento Zen!".
Per introdurre allo Zen i suoi allievi, Tanouye usa spesso le lettere che il maestro Takuan (1573-1645) scrisse al maestro di scherma Yagyu Munenori (1571-1646). Questa raccolta è chiamata 'Fudo Chi Shin Myo Roku'. Fudo significa inamovibile; Chi vuol dire saggezza; Shin può anche significare divino; Myo è la misteriosa meraviglia e Roku significa raccolta. L'insieme può essere tradotto <La Raccolta dell'Inamovibile Saggezza e del Divino Mistero>. Questa raccolta può essere meglio apprezzata con alcune informazioni di fondo su Takuan e Yagyu, date qui di seguito.
"Diversi avvenimenti attestano l'eccellenza di Yagyu nella scherma. Una volta, egli difese lo Shogun Hidetada da un attacco a sorpresa, uccidendo in un lampo sette suoi nemici e nascondendo lontano lo Shogun, quando il nemico stava per riorganizzarsi. Un'altra volta, mentre stava osservando l'impareggiabile prestazione del famoso attore Noh, dallo Shogun Yemitsu gli venne chiesto:- Secondo te, questo attore, è in gamba? Dimmi se ha delle opportunità!-. Yagyu, dopo la recita, disse:- Egli non ha mai avuto un momento di disattenzione, salvo che per un solo istante, quando ha fatto il giro del pilastro. In quell'attimo, io avrei potuto attaccarlo!-. Più tardi, lo stesso attore espresse profonda ammirazione per Yagyu, dicendo:- Siete un vero maestro spadaccino, meritevole della vostra fama. Mentre giravo l'angolo, ho rilassato un istante la mia attenzione. Proprio allora vi ho visto sorridere!-."
"In un'altra occasione, Yagyu si era perso in una bellissima visione di radiosi fiori di ciliegio in una dolce e luminosa giornata di primavera, quando all'improvviso egli si girò e scrutò intensamente il giardino, ma non notò nulla se non il suo paggio che teneva la spada in mano. Allora tornò a casa e si immerse in una profonda meditazione. Alla fine, un attendente preoccupato gli chiese la ragione di quello strano contegno. Yagyu rispose:- Allorché stavo osservando i fiori del ciliegio, ho sentito improvvisamente un'aria mortifera intorno a me. Ho reagito prontamente, ma non sono riuscito a scorgere nemici. Ciò lo considero come un segno del nostro stile di scherma, quello cioè di percepire le intenzioni avversarie, prima ancora dell'effettivo avvenimento. Perciò, non ho sopportato di aver avuto una percezione sbagliata-. Gli attendenti rimasero in silenzio, quando tutt'ad un tratto, il suo paggio si prostrò e supplicò:- Ti prego, signore, perdonami! Quando ti ho visto incantato dai fiori di ciliegio, mi è venuta un'idea terribile. Ho pensato che se ti avessi colpito in quel momento, nemmeno tu saresti stato in grado di 'parare' l'attacco!-. Yagyu sorrise e disse:- Ora capisco tutto!-." Malgrado la sua realizzazione, Yagyu non si considerò allo stesso livello di Takuan. Così scrisse ancora:
"La Mente è…la Vacuità stessa; ma da questa Vacuità all'esterno si producono innumerevoli azioni: essa, con le mani afferra, con i piedi cammina, con gli occhi vede, ecc. Questa Mente deve essere presa al tempo stesso come un sostegno, benché sia veramente difficile avere quest'esperienza dato che non si può, dal mero insegnamento, comprendere ciò e neppure dal mero ascoltare qualcun altro che parla di ciò. Nella scherma, l'abilità consiste nel penetrare questa esperienza e, quando ciò è fatto, le nostre stesse parole diventano la vera verità sincera, perché il proprio comportamento scaturisce direttamente dalla Mente Originale, svuotata da tutti i contenuti egocentrici. La mente che normalmente abbiamo, è contaminata, ma la Mente Originale è pura - essa è il Tao stesso!"
"Le mie parole farebbero pensare che io abbia sperimentato tutto ciò, però in realtà, io sono ancora lontano dall'essere un uomo-Tao. Faccio queste considerazioni semplicemente perché ogni essere umano possa essere in conformità con questa visione della Pura Mente. Se ancora non siamo capaci di applicare ciò ad ogni fase della nostra vita, almeno come schermidori dobbiamo avere questo in testa, nell'esercizio della nostra arte".
La differenza tra un maestro di scherma ed un maestro Zen è ulteriormente illustrata nel paragrafo che segue:
"Una volta, lo Shogun Yemitsu, Yagyu e Takuan stavano ammirando una tigre selvaggia, quando lo Shogun suggerì a Yagyu di usare la sua abilità nella spada per avvicinare la tigre e accarezzare la sua testa. Malgrado gli avvertimenti dei guardiani della tigre, Yagyu entrò nella gabbia. Tenendo un ventaglio davanti a se, egli fissò insistentemente la tigre e prese ad avanzare lentamente. La tigre minacciosamente ringhiò, ma Yagyu riuscì a tenerla a bada e le toccò lievemente la testa. Poi, con lentezza, egli si ritirò e, appena fuori, si deterse il copioso sudore. Lo Shogun si girò verso Takuan e disse:- Lo Zen può mostrare qualcosa di simile?-. Allora Takuan entrò di corsa nella gabbia, le maniche della sua tunica svolazzavano al vento ed egli fu dentro con un salto. Fronteggiando la tigre, egli si sputò nelle mani e le offrì alla tigre che le annusò e poi le leccò. Takuan toccò leggermente la sua testa, poi si girò e dolcemente uscì fuori della gabbia. -'Beh, dopotutto- disse lo Shogun stupito, -il nostro metodo della spada non può competere con lo Zen!'-"
Ora, qui di seguito vengono esposti dei brani sulle lettere di Takuan e Yagyu, tratti da una conferenza di Tanouye, che fu tenuta per un gruppo di allievi Zen ad un corso intensivo presso la sede di Chicago di Chozen-ji. Gli scritti di Takuan fanno parte di un Commentario di Tanouye che appare nel seguente testo:
"LA RACCOLTA DELLA INAMOVIBILE SAGGEZZA E DEL DIVINO MISTERO"
1) Mumyo Juchi Bonno
Mumyo significa 'oscurità, assenza di luce' e può anche essere intercambiata con 'mayou', che è la Maya, ovvero l'Illusione. Nel Kendo, abbiamo quattro ingiunzioni: a) Bisogna vincere la paura; b) Bisogna superare il sospetto e la diffidenza; c) Non si deve esser presi alla sprovvista o di sorpresa; e, infine, d) non bisogna avere illusioni. In realtà, esse sono tutte quante 'paure'. La ragione per cui voi praticate il Kendo è che sentite il bisogno di togliervi queste quattro paure. Ora, quando ciò avviene, voi per la prima volta avrete raggiunto la Via per mezzo del Kendo. Juchi, significa luogo di residenza e Bonno sta a significare le malvage passioni. Quindi, Mumyo juchi bonno, si riferisce ad un disturbo emozionale che si alimenta con la vostra ignoranza. In altre parole, in assenza della vera Illuminazione, voi state proprio dimorando in questo luogo ove l'ignoranza risiede e ne avete un grosso disturbo emozionale nella mente. La prima lettera dice così:
"Dimorare è la stessa cosa che fermarsi in un luogo; fermarsi significa che la mente si attacca ad una particolare cosa. Per esempio, nell'arte della spada (Kendo), quando l'avversario cerca di colpirvi, immediatamente i vostri occhi catturano il movimento della sua spada e voi vi sforzate di seguirlo. Ma non appena questo accade, la vostra mente si ferma sulla spada dell'avversario, i vostri movimenti perdono la libertà e voi potete venir uccisi da lui. Ecco ciò che io intendo con 'fermarsi'. Quantunque voi vediate la spada mentre vi sta colpendo, fate in modo di non lasciare che la vostra mente si fermi 'lì'. Non cercate di colpirlo a vostra volta, secondo i suoi ritmi. Abbiate cura di non fare calcoli e cercate di percepire il movimento dell'avversario. Ma non permettete alla vostra mente di fermarsi lì. Muovetevi in 'sonomama', ciò che è, entrate e strappate via la spada al nemico. Così la spada che doveva colpire voi, diventerà invece la spada che colpirà il nemico."
"Ora, ecco ciò che va fatto. Ci diciamo:- Okay, non lascerò che la mente si fermi sulla spada-, però state osservando i ritmi. Egli sta arrivando, voi vi mettete in accordo col suo ritmo e lo fate avanzare". Takuan sta dicendo che non dovreste mai pensare così. Osservate ma non reagite. Non lasciate che la cosa vi fermi, muovetevi proprio come siete voi. Ma immaginate soltanto che il tale sia pazzo e che sta venendo verso di voi. La vostra mente sta per fermarsi. Quindi, avanzare e strappargli la spada non sarà certo facile. - "Questa è la stessa cosa di 'Muto' (lotta senza spada) che è altamente stimata nell'arte della scherma. Nel Kendo, il principio più elevato è 'Muto'. Ora, se voi avete una spada in mano, anche questo può ancora essere 'Muto', perché 'Muto' è la spada vuota. Che cos'è questa spada 'vuota'? in se stesso, questo è un koan. Cos'è il Vuoto? Cos'è 'Mu!'? Se realmente conoscete il Vuoto, allora vi dico:- Fatemi restare in piedi, senza usare le mani!-"
2) Shobutsu Fudo-chi
'Shobutsu' significa 'Tutti i Buddha'; 'Fudo' significa inamovibile e 'chi' è la Saggezza. Shobutsu Fudo-chi è 'La Inamovibile Saggezza di Tutti i Buddha'. Sebbene fudo significhi inamovibile, esso non indica l'immobilità o l'insensibilità delle cose inanimate, come per esempio una pietra. E' la mente capace di infinito movimento, che si può muovere avanti e indietro, a destra ed a sinistra, in tutte le dieci direzioni, e sa come non fermarsi in nessun luogo. Quindi, l'Inamovibile Saggezza è questa mente. Che cosa significa? Quando state osservando una mosca che vola in una stanza, su cosa vi state soffermando? Ad un tratto, la mosca incrocia la vostra mente, allora voi vi focalizzate su di essa e vi fermate. Non potete più avere la visione dell'intera stanza. Perché fate ciò? Perché vorreste afferrare la mosca!.
"In Giappone, c'è una statua buddhista chiamata Fudo Myo-o. Essa tiene una spada nella mano destra ed una veste nella sinistra, ha la bocca aperta ed i denti scoperti. I suoi occhi sono penetranti ed espressivi e, dinamicamente, essa è rappresentata nell'atteggiamento di distruggere gli spiriti maligni e i dèmoni che cercano di danneggiare od ostacolare gli insegnamenti del Buddha. Essa incarna la Inamovibile Saggezza che protegge tutti gli esseri senzienti. Il nemico del buddhismo è l'Illusione. Se guardate abbastanza a lungo la statua, voi stessi sentite di essere Fudo Myo-o e potete meditare con questa sensazione. Essa vi concede quel tipo di forza di volontà che elimina la vostra illusione. Quella che più gradisco è la statua fatta da Miyamoto Musashi. Nei suoi ultimi anni di vita, egli ne scolpì una in posizione 'hasso kamae', con la spada in mano. È assai bella."
"In Vietnam, le persone si davano fuoco per protestare contro la guerra. Come potevano essere in grado di farlo? Un monaco aveva detto:- Un certo giorno, in un dato incrocio, io mi darò fuoco!-. Egli si recò in quel punto, si cosparse di benzina ed entrò nel 'samadhi del fuoco', il Fudo-Myo-O. Sfregando un fiammifero, egli si dette silenziosamente fuoco, con una pacifica espressione sul volto. Voi l'avreste fatto? Se un giorno diventerete illuminati, sostenendo la vita, come insegnato dal Fudo-Myo-O, non sarete mai toccati dagli spiriti maligni."
"Il Fudo-Myo-O è l'immobile Mente-Unica di ciascuno di noi. Ma inamovibile, non significa restarsene immobili in qualunque situazione ci si trovi; significa semplicemente che non ci si ferma su nessuna cosa. Quando la nostra mente umana si ferma su un qualsiasi oggetto, essa viene disturbata dai pensieri. E questo produrrà movimento nel cuore… questo è il disturbo. E, purtuttavia, non vi sarà mai una vera libertà di movimento". Ciò è difficile da capire. Se voi vi fermate su un qualcosa e la vostra mente viene mossa da un posto all'altro, a causa dei vostri attaccamenti, voi non avrete veramente la libertà di muovervi in modo libero. Vi sarete fermati su una cosa, a causa del vostro attaccamento a quella cosa.
"Per esempio, supponete che dieci uomini siano in procinto di colpirvi con le loro spade. Voi schivate (ukenagasu) il primo, senza che la vostra mente vi si fermi. Così, dimenticando quell'uomo, andrete incontro al secondo, e così via, in modo tale che tutto verrà risolto con successo… Dieci uomini, dieci separati scontri, senza che la mente si fermi su ognuno, e tutto sarà risolto consecutivamente e con successo. Ma, se la vostra mente si ferma sul primo, anche se siete in grado di 'ukenagasu' (schivare) la sua spada, col secondo uomo fallirete inesorabilmente." L'unica parola Inglese per 'ukenagasu' è 'schivare', ma nella scherma, noi non schiviamo mai. Quando ci si blocca con un movimento laterale, ciò non è naturale e non è nient'altro che un ripiego. Perciò dovrete 'ukenagasu' il primo uomo, senza che la vostra mente si blocchi. Poi dimenticatelo, scontratevi con l'altro, poi l'altro ancora e così via. Questo è molto importante: dieci uomini, dieci scontri. In pratica, state fronteggiando dieci uomini ma, se gettando in terra il primo tizio, voi pensate:- Oh, questo non era molto bravo!-, allora la vostra mente si è fermata e questa è una cosa sbagliata. Il fatto è già passato, perciò preoccupatevi del tizio che vi sta venendo addosso, che non è ancora giunto. Quello è il prossimo futuro. Proprio qui sta il problema della vita! Prenderla momento per momento, ecco come si dovrebbe vivere!".
"Kannon Bosatsu (Avalokiteswara, il Bodhisattva della Compassione) talvolta viene rappresentato con mille braccia, in mano di ciascuna delle quali vi è qualcosa di differente. Se la sua mente si ferma sull'uso di uno solo di questi oggetti, le altre novecentonovantanove braccia non sarnno più di alcuna utilità… la raffigurazione dimostra che quando si è realizzata la Saggezza Inamovibile, perfino mille braccia in un solo corpo possono tutte essere usate efficientemente. Avete mai visto un suonatore di tamburo? Non vi siete mai meravigliati di come procede un direttore d'orchestra? Mentre battete il tempo, vi è differenza tra il tempo battuto con i piedi e quello battuto con le mani. Com'è possibile questo?"
"Il principiante non sa nulla sul modo di tenere la spada e nemmeno se ne preoccupa. Quando l'avversario colpisce, egli istintivamente combatte senza fare calcoli. Ma, non appena inizia il suo addestramento, diventa esperto su come tenere la spada, dove posizionare la propria mente e su molte altre tecniche, che fanno fermare la sua mente in svariate posizioni. Così egli perde la sua libertà di movimento. Col passare dei giorni, mesi ed anni, ed acquisendo una più piena maturità col suo addestramento, le sue attitudini corporee ed il suo modo di maneggiare la spada progrediscono verso il non-ragionamento, che tende a riassomigliare allo stato di mente che aveva proprio agli inizi, quando era del tutto ignorante dell'arte. Così, quando poi viene raggiunto il più alto livello, il corpo e gli arti eseguono ciò che essi hanno imparato da soli, senza nessun sforzo consapevole… la mente non dimora… dove la mente sia, non si sa. Allo stesso modo, nel buddhismo, quando si raggiunge lo stadio più elevato, un uomo ritorna a quel tipo di naturale semplicità in cui non si sa nulla del Buddha, nulla dei suoi insegnamenti, ed è svuotato da ogni acquisizione eruditiva."
3) Honshin Moshin
'Honshin' è la nostra 'Mente Originaria', o Vera Mente. 'Moshin' è la mente illusa, o mente dell'illusione.
"La Mente Originaria è la mente che non si sofferma, ma pervade l'intero corpo e l'essere… Quando la Mente Originaria si fissa su qualcosa in particolare, è chiamata 'mente illusa' e smetterà di funzionare in quel dato modo… La Mente Originaria è come l'acqua che fluisce liberamente, la mente illusa è come il ghiaccio, con cui nessuno potrà lavarsi le mani o i piedi. Perciò vi dico che dovete sedere in zazen. Solo dopo che vi siete stabilizzati nella seduta, arriverete al non-pensiero, cioè a non pensare più a niente e sarete pronti. Perché non riuscite a stare in questo stato molto a lungo? È veramente difficile, non è vero? Purtroppo, la cosa successiva che penserete, sarà:- Oh, che dolore alle ginocchia. Mi è venuto un formicolìo. Mi fa sentire freddo!- Mille pensieri si affollano nella vostra mente. Uno dei metodi per trattarli è di farli comunque emergere, dovrete quindi trattenere nel vostro hara (la zona dell'ombelico) il suono 'Mmmmhhhh' e poi stroncarli di colpo. Un altro metodo è di lasciarli venire ed andare, senza però dar loro del combustibile. Per esempio, si sente l'arrivo di un'automobile….'vrooommm!' e la mente pensa:- Un'auto!'-. Stop! Basta! Lasciatela andar via. Altro esempio:- 'Ho fame!'-. Bene, lasciatelo solo. Gradatamente esso si esaurirà, poi riapparirà e scomparirà. Ma se voi vi mettete ad aderire ai pensieri, per esempio:- 'Ho fame! Come vorrei avere qui davanti una bel panino imbottito, o una bistecca! Mi sembra quasi di assaporarli. E magari anche una bottiglia di sakè, vicino. Appena finita la seduta, andrò a mangiare ed a bere!- tutto questo non va bene. Questo è moshin. Perciò, ricordatevelo quando sarete in quella posizione. In quel momento avrete la vostra Mente Originaria. E' assai importante mantenere quella mente"
"Ora come ora, voi non potete avere fede in quella Mente, ma tutte le intuizioni creative vengono da Essa. Mettiamo il caso che abbiate un problema e non possiate ottenerne una risposta. Lavorate su di esso, lavorate su di esso e rafforzerete la tensione. Ad un certo punto, sarete magari seduti sulla toilette, e tutt'ad un tratto, la risposta arriverà da sola. Oppure potreste essere distesi, in attesa di addormentarvi, e tutt'ad un tratto essa arriverà, insieme alla sensazione: 'Ah! Ecco!'. Ciò che è accaduto, è che vi siete arresi e non ci avevate più pensato. Perciò avete fatto ritorno alla Mente Originaria e, d'un tratto, vi è venuta la soluzione. La Mente Originaria è portata ad osservare le cose come una interezza, un unico assieme, mentre la mente illusa tende ad essere molto separativa."
4) Ushin Mushin
'Ushin' è la mente consapevole; 'Mushin' è la 'Non-mente' o 'mente-vuota'.
"La mente consapevole è la mente illusa. Il termine può essere inteso anche come 'mente-consapevole-di-se stessa'. Essa è unilaterale, in ogni aspetto. Questa mente, con i pensieri al suo interno, farà sorgere la discriminazione ed il vacillamento. È anche chiamata 'mente-dicotomica'… Invece, 'Mushin' non è rigida, né unilaterale, né discriminativa. Allora, quando nella mente non ci sono pensieri, discriminazioni, o null'altro, la mente stessa pervaderà l'intero essere ed il corpo. Ecco una poesia al riguardo:
"… Pensare che io non sto pensando a te, è ancora pensare a te;
"Allora fammi provare a non pensare, che non sto pensando a te!"
Necessariamente, la nostra mente cosciente opera nella dicotomia - il sì contro il no, il sopra contro il sotto, ecc.-. Tutte le scuole della filosofia Cinese ci hanno insegnato che non esistono cose come 'il sopra', né cose come 'il sotto', né cose (come) 'grande', né cose (come) 'piccolo'. Le cose che esistono in relazione a qualche altra cosa NON sono reali. Vi è un koan che dice:- Non pensare né al bene né al male, ma chiediti solo quale sia il tuo Volto Originario!-. Quando fate qualcosa, se voi pensate a tutti questi opposti ('si - no, nero - bianco, soggetto - oggetto, ecc.'), sapete cosa state facendo? Cosa c'è in mezzo a quelle due cose opposte? E qual è il vostro Volto Originario? Rifletteteci. Ripetete a voi stessi: 'Si, no; si, no'. Cosa c'è in mezzo? Potreste pensare che ci sia uno spazio vuoto. Si, però c'è ancora un qualcuno che lo osserva. Quando realizzerete veramente cosa c'è, allora potrete continuare ad avere i vostri <si e no>, e contemporaneamente essere la Natura Originaria!".
5) Motomu Hoshin, Shin Yo Ho
Questo è un detto di Mencius, che significa 'Riportare la mente fuggitiva verso il nostro Essere, senza bloccarla o fermarla'.
Dobbiamo riportare la mente che scappa da tutte le parti al tanden (il centro dell'essere, collocato tradizionalmente due dita sotto l'ombelico. In Cinese= tan-tien) ma non lasciare che vi si fermi. Nell'attimo stesso che vi dite:- Ecco. Ora c'è!-, l'avete già bloccata. In realtà, il 'tanden' 'è qui, è lì, è perfino sulla punta dei piedi'. Posso posizionarlo in qualunque punto io voglia. Perché? Perché l'intero universo è come una grossa palla, e qualsiasi punto di questa palla è <il centro> dell'Universo. <Io> sono il centro dell'Universo! Voi stessi siete il centro dell'universo, se veramente riuscite a realizzarlo! Ma, per poterci addestrare, all'inizio dobbiamo sviluppare il 'tanden'. Successivamente, se sarete riusciti a fissare tutte le vostre sensazioni, stabilizzandole esattamente sul punto del 'tanden', tutto il vostro corpo diventerà vuoto. Non vi sarà più interno o esterno. Ecco perché si può dire che il tanden è questo e si trova qui, oppure che è quello e si trova lì. Se però, diciamo questo prima di sperimentarlo realmente, allora non sapremo più dove rivolgerci. Per esempio, qui nelle Hawai c'è questa bellissima montagna di nome Haleakala. Essa è veramente stupenda ma anche terrificante; è sempre battuta dai venti e, in alto, nevica perfino! Se volessi descrivere quanto sia terrificante, senza però recarmi lassù, come dovrei fare? Voi potreste dire:- Oh, che storia interessante!- Però, se io vi dicessi di prendere l'aereo per Honolulu, poi scendere e trasferirvi con un altro piccolo aereo a Maui e poi, lì giunti, affittare un'automobile e indi seguire i cartelli indicatori, fino ad arrivare a Haleakala, come reagireste? Solamente quest'azione vi indirizzerebbe veramente lassù, solo questo sarebbe il modo giusto di procedere. Tuttavia, benché arrivati lì, dopo non potreste mai fermarvi ad Haleakala. Fa troppo freddo, perciò dovreste ritornare indietro. Quand'anche foste arrivati su in cima, che sarebbe l'ideale dal punto di vista religioso, dovreste sempre ritornare giù. Altrimenti, sareste come un malato di mente che si reca in ospedale per curarsi e, dopo esser stato curato, volesse rimanere in ospedale. Sarebbe veramente stupido. In altre parole, se faceste così, sareste proprio degli 'eremiti'. Noi diremmo che 'state puzzando di Zen!'. Al massimo, ora potete sapere che c'è un procedimento definitivo per riportarvi ad una certa struttura mentale. La sola cosa che potrebbe fermarvi, sarebbe la vostra ritrosìa a continuare, perché avete visto quant'è duro salire sulla montagna! Io vi sto dicendo che il 'tanden' è qui, ed è una cosa terrificante. Okay, la montagna è ripida; la strada sale diritta all'insù e noi stiamo cominciando ad arrampicarci. Se voi andrete avanti, facendo un passo alla volta senza pensare a nulla, solo un passo dopo l'altro, procedendo lentamente su per la montagna, allora alla fine raggiungerete la cima. Purtroppo, molte persone per un po’ si arrampicano, poi si fermano, guardano la vetta e dicono:- Uauh, è veramente troppo lontana!-. Si arrampicano un altro po’, e poi dicono:- Oh, non posso proprio farcela!- e, alla fine, si arrendono. Ma se voi continuate a salire camminando, quando avrete raggiunto la cima, scoprirete che la cima era la fine della montagna. E tutto ciò che serviva, era solo un altro passo in più."
(FINE DELLA PRIMA PARTE)
(SECONDA PARTE)
Dalle galassie agli atomi, dai corpi ai pensieri, tutte le cose sono 'campi di energia' in svariati livelli di potere, trasparenza e permanenza. Esiste una 'energia senza-forma', cosmica e senziente, che è stata chiamata con differenti nomi, attraverso la Storia e attraverso le culture, come ad esempio: Shakti, Chi, Kì, Prana, Manas o Spirito. Questa Energia Vitale è la più sottile manifestazione della Via e della Vita. Essa evolve nelle forme, in maniera sempre più sofisticata, affinché l'esistenza possa vedere e conoscere se stessa. Con l'evoluzione dell'EGO, è stata ottenuta la capacità per una 'auto-riflessione' e, quindi, la possibilità di una Natura che esaudisce se stessa. Ma, per realizzare questa possibilità, l'EGO deve essere trasceso. Questo è il fine della TERAPIA ZEN.
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LA VIA: UNA FILOSOFIA DI VITA
Noi siamo responsabili del nostro sperimentare le circostanze. Esse possono essere al di là della nostra influenza, ma la nostra esperienza può essere libera e sconfinata anche in qualsiasi circostanza o situazione. Ciò fu dimostrato da Daito Kokushi, che visse presso i mendicanti e, ancor più vividamente, da Kwaisen, l'Abate di Yerin-ji, che nel 1582 rifiutò di cedere al bisogno di denaro, cercando rifugio nel suo tempio. Egli ed i suoi monaci, furono rinchiusi in una torre, che poi fu data alle fiamme. Secondo la loro abitudine, essi si sedettero in zazen e l'Abate dette loro la sua ultima predica: "Siamo circondati dalle fiamme. Come potremmo ricorrere alla Ruota del Dharma, in questo momento critico?". Allora, ciascuno di essi espresse la propria comprensione. Quando tutti ebbero finito, l'Abate disse il proprio punto di vista: "Per una meditazione pacifica, non occorre andare tra le montagne ed i torrenti. Quando i pensieri si sono acquietati, perfino il fuoco è fresco e rigenerante". Detto ciò, morirono tutti senza più dire una parola. Questo è il Potere della Via.
Proprio come una filosofia di vita, la Via sostiene l'auto-realizzazione, come il bene più alto ed il piacere più profondo. Senza maturazione, la viat di una persona rimane piatta ed incompiuta. Ma la Via focalizza l'auto-realizzazione, per mezzo della coltivazione dell'Energia Vitale, anziché con il ragionamento. Il ragionamento non può rispondere alle umane necessità di un essere umano; la necessità che si possa resistere anche a sofferenze senza senso, la necessità di una intima unione anche in mezzo al caos ed al trambusto e la necessità per una realizzazione finale quando si è di fronte alla morte. Il ragionamento non rende capaci di vivere e morire alla maniera dell'Abate Kwaisen e dei suoi monaci. Perciò, bisogna coltivare questa energia vitale, affinché l'essere umano vibri ad un livello più elevato e sperimenti l'unità con l'Universo. Hakuin scrisse:
"Se voi nel corso degli anni distillerete l'Energia Vitale, cercate di proteggerla al massimo e di nutrirla costantemente, così conoscerete il 'tanden' come il forno dell'elisir e l'intero universo diventerà un'unica massa di questo maestoso elisir in circolo nel vostro corpo. Dopodiché vi risveglierete al fatto che voi siete un saggio divino in possesso di vera immortalità, uno che non era mai nato prima che il Cielo e la Terra si fossero formati e che non morirà, dopo che lo spazio vuoto sarà svanito".
Il Samadhi può essere concettualizzato come il libero flusso dell'Energia Vitale dell'universo, sia all'interno del corpo e sia insieme tra il corpo e l'universo stesso. Kaneko Shoseki, un pranoterapista Giapponese, ha dato la seguente descrizione per ciò che potrebbe essere chiamata la 'Dinamica Metafisiologica' dell'Energia Vitale:
"Per 'keisaku' si intendono quei passaggi sottili e impercettibili che, nel corpo, mettono in connessione le ossa, i muscoli, il cervello, gli intestini, i sensi e tutti gli organi, gli uni con gli altrie, alla fine, li ricongiungono tutti con la primordiale Forza Vitale. Come i vasi sanguigni e le fibre nervose si connettono con tutti gli organi interni, così essi scorrono attraverso tutto il corpo, principalmente fianco a fianco ai vasi sanguigni… La loro funzione consiste nella natura di essere supervisori della circolazione del sangue e del movimento dei pensieri, ed anche nel permettere a ciascun organo di operare armoniosamente insieme a tutti gli altri… Essi sono, per così dire, un reticolo di passaggi che trasmettono a tutte le parti del corpo il ritmo fisico-spirituale della Forza Vitale… Solo attraverso un calmo, profondo respirare, la Forza Vitale può preservare la sua effettiva funzione, ritmando insieme all'Essere Eterno. Così i 'keiraku' possono ricevere il suo potere e trasmetterlo a ciascuna parte separata del corpo. Questa è la condizione essenziale, non solo per una perfetta salute, ma anche per la vera conoscenza…"
"Praticate ogni giorno questa terapia, lasciate andare tutte le vostre nozioni e sensazioni fisse, soprattutto lasciate andare completamente il vostro attuale <Io>. Quando, attraverso una lunga e seria pratica, vi spoglierete di tutti i preconcetti, diventerete chiari e internamente vuoti e sarete gradualmente capaci di trattenere il respiro nella parte bassa, ritardandone l'esalazione per un tempo sufficientemente lungo, trattenendolo nell'addome quietamente e profondamente. Quando ciò accadrà, la tendenza a sforzi sbagliati o scorretti verrà gradualmente mitigata, la percezione interiore diventerà più chiara e potrete sperimentare nel 'tanden' una sorgente di forza mai sperimentata prima- la Sorgente Originaria dell'Energia."
"Tra le persone, oltre alla normale comunicazione tramite il linguaggio e le azioni, vi è un altro tipo di mutua influenza o interdipendenza, alquanto differente. E' quella del ritmo dell'Energia o Forza Originaria, che permea tutti gli esseri umani e l'intera natura. Attraverso essa, ogni singola cosa o fenomeno, tanto in essenza quanto, per così dire, in potenza, è connessa con tutte le altre cose o fenomeni. Così, se una cosa che era stata in precedenza rimossa grazie al lavoro della Forza Primordiale, resta vicina ad una che invece vive in accordo con essa, lo stesso Ritmo della Forza Primordiale verrà certamente trasmesso da una all'altra, dato che la seconda, senza neanche saperlo, esercita una buona influenza sulla prima."
"La relazione tra la creatività artistica ed il 'tanden' è essenziale ed immediata. Né la mano né la testa sarebbero in grado di dipingere un quadro. C'è un' essenziale espressività in ogni arte, l'artista che deve svuotare e liberare la sua testa e poi concentrare tutta la sua energia nel 'tanden'. Allora, il suo pennello si muoverà da solo in accordo col ritmo della Forza Primordiale. Se, al contrario, egli usasse la forza della sua mano per tracciare le linee e se lavorerà sotto la sua tensione personale, ciò che desidera esprimere sarà estraniato dalla sorgente primordiale sintetica interiore e apparirà come duro ed alterato".
Respirare al ritmo della vibrazione dell'universo pulsante è la pratica fondamentale della Via. Pensieri e sensazioni sono difficili da afferrare, ma una persona volitiva potrà addestrare la sua muscolatura per raffinare la respirazione ed ottenere ciò che i Taoisti chiamano 'Il Respiro-Embrione'…
"Quando il praticante arriva ad ottenere il respiro-embrione, è detto che egli è in uno stato di totale estinzione, o cessazione. Questo è il principio primordiale dell'universo. Nell'uomo esso è riferito come 'respirare senza respiro', ecco perché è chiamato 'embrione' o respiro-primordiale. Da esso, l'uomo attira a sé l'invisibile e inafferrabile Forza dell'Universo per combinarla con l'elisir dell'Energia Vitale. Ottenere il respiro-embrione, equivale a dimorare nel Tao."
La Via è una traduzione del Giapponese 'Do', che a sua volta, è una traduzione del Cinese 'Tao'. Una precisa conquista della cultura Giapponese fu di trasformare nella 'Via', anzi nelle Vie, l'abilità nei combattimenti come la scherma (Kendo) ed il Tiro con l'arco (Kyudo), come pure attività quotidiane, quali il servire il tè (Chado) e l'arte di comporre i fiori (Kado). Le Vie sono formalizzazioni del Tao in specifici campi di attività. Esse sono forme di arte per disciplinare lo spirito e raffinare il respiro, la postura e la consapevolezza. La pratica di una Via conduce alla coltivazione dell'Energia Vitale. La padronanza assoluta di una Via consiste nella realizzazione del Vero Sé, allorché l'Energia Vitale raggiunge il livello più critico di chiarezza e intensità. Dato che qualunque attività può essere usata per l'auto-sviluppo, ogni persona può trovare un senso ed un completamento nella perfezione del suo stesso ruolo, qualunque possa essere. Una poesia di Chuang-tzu illustra quanto segue:
"Il cuoco del Principe Wa Hui stava tagliando a pezzi un bue.
"Con una mano passava all'esterno e andava fino alla spalla,
"Poi si puntellava con un piede e spingeva con il ginocchio.
"Alla fine, il bue cadde in pezzi senza nemmeno fiatare.
"La lucida mannaia sfrigolava come un alito di vento gentile.
"<Che ritmo! Che tempismo!> Quasi come una danza sacra.
"Come 'Il Bosco delle More', o come le antiche armonie.
"<Bel lavoro!> esclamò il Principe <Il tuo metodo è infallibile!>
"<Metodo?> disse il cuoco, mettendo da parte la mannaia;
"<Ciò che io seguo, è il Tao, ben aldilà di tutti i metodi!>
"<Quando cominciai la prima volta a tagliare i buoi a pezzi,
"<io vedevo davanti a me solamente un bue tutto intero.
"<Tutto in un'unica massa. Ma dopo, passati ormai gli anni,
"<non vedevo più questa massa; bensì vedevo le parti separate.
"<Adesso, invece, non vedo più nulla con gli occhi e tutto
"<il mio essere si arresta ed i miei sensi sono inattivi.
"<Lo spirito lavora libero senza piani e segue il suo istinto,
"<guidato da una linea naturale, da un'apertura segreta,
"<da uno spazio occulto. La mannaia, trova da sola il suo modo.
"<Io non taglio nessuna giuntura, e non spezzo nessun osso!
"<Un bravo cuoco, per tagliare, necessita di un nuovo coltello
"<solo una volta all'anno; mentre un cuoco scadente,
"<dato che spacca e rompe, ne richiede uno al mese!
"<Io ho usato questo stesso coltello per ben diciannove anni.
"<Esso ha tagliato a pezzi, ben più di un migliaio di buoi,
"<e la sua lama è così tagliente, più ancora che se fosse
"<stata affilata da poco! A volte, certo, vi sono giunture
"<terribilmente resistenti, però lo sento quando arrivano,
"<e allora rallento un po’, e mi metto ad osservare meglio.
"<Mi fermo, muovo un po’ la lama e…zac! Il pezzo salta via
"<schizzando come una zolla di terra. Infine ritraggo la lama
"<resto immobile e lascio che mi pervada la gioia del lavoro
"<ben fatto. Poi pulisco la lama e la metto via!> Il Principe
"allora disse: <Ecco, il mio cuoco mi ha addirittura mostrato
"<come io stesso dovrei praticare la Via e vivere la mia vita!>"
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Una Via è formata da 'principio' (ri) e tecniche (ji). Il principio è assenza di forma, ovvero il dimorare nel Tao. Le tecniche sono forme che una volta, da parte di un maestro, erano state spontanee espressioni del principio. Dal perfezionamento di queste forme, per mezzo di infinite ripetizioni, si ottine l'assenza di froma. Quindi, una persona si accorda in modo naturale con la miriade di cambiamenti. Le tecniche, prive del principio, sono solamente ripetizioni meccaniche; d'altro canto, il principio, senza le tecniche, non può venire espresso. Con tecniche e principio insieme, vi è la grazia. L'Ego è una forma che è stata sviluppata da innumerevoli generazioni di esistenze in vita. È una tecnica per vivere in una maniera civilizzata.
L'addestramento Zen trascende l'Ego, insegnando come padroneggiarlo. Una persona impara a sopportare il dolore e l'austerità, ad ostacolare la gratificazione, a concentrarsi pienamente sull'incombenza del momento, in ogni momento, ed a purificare la forma al massimo grado. L'addestramento porta all'abbandono dell'Ego ed a realizzare la libertà del vero Sé. Nella pratica della Via, non c'è niente da guadagnare. Anzi, si perdono innaturali fissazioni che variano da tensioni muscolari, attitudini immature, fino al circolo vizioso di interazioni negative e coinvolgenti nelle relazioni interpersonali. Leggiamo dalle parole di Lao-Tzu:
"Quando si impara, si accumula giorno dopo giorno.
"Al contrario, studiando il Tao, si riduce giorno per giorno.
"Con la continua riduzione e, ancora, con altra riduzione,
"Alla fine si approda e si raggiunge la non-azione,
"E si agisce spontaneamente, in accordo ad ogni cosa.
"Di conseguenza, si arriva a dominare il mondo,
"E sovente, proprio attraverso la non-azione, perché
"Con l'azione, non si potrà mai dominare il mondo!"
Il resoconto di Eugen Herrigel che ci descrive un tiro del suo maestro di Kyudo, illustra bene il significato di 'non-azione':
"Penso di aver ben capito cosa si intende per il 'vero-bersaglio-interiore' che dovrebbe venir colpito al centro, ma, così come spesso succede per il bersaglio esterno, il disco concentrico, che viene colpito senza che l'arciere prenda la mira, e questi tiri sono solo atti di conferma esteriore di eventi interni, così questo tipo di corrispondenza è oltre le mie possibilità".- "Tu sei vittima dell'illusione", disse il Maestro dopo un po’, "Se pensi che anche una rozza comprensione di queste oscure connessioni, debba aiutarti. Questi sono processi che sono oltre la portata stessa della comprensione. Non dimenticare che anche in natura vi sono corrispondenze che non possono venir comprese, ma sono anche così reali da farci sentire abituati ad esse, proprio come se non fossero affatto differenti. Ti farò un esempio che mi ha sempre sconcertato. Il ragno fa la danza sulla sua tela, senza sapere che in essa verranno catturate delle mosche. Le mosche, volando noncuranti ai raggi del sole, vengono catturate nella tela senza sapere cosa c'è in serbo per esse. Ma, attraverso l'insieme delle due cose, c'è 'Qualcosa' che danza e l'interno e l'esterno sono uniti in questa danza. Cosippure, l'arciere colpisce il bersaglio senza aver preso la mira - più di così non posso dire!"
(Tuttavia, ciò non placò i dubbi di Herrigel, per cui il Maestro una notte lo invitò a venire nella Sala del Tiro, o della pratica).
"La Sala del Tiro era illuminata. Il Maestro mi disse di mettere una piccola candela accesa, lunga e sottile come un ferro da calza, o da maglia, nella sabbia di fronte al bersaglio, senza accendere la luce in quella parte di sala. Era così buio che io stesso non potevo vederne i contorni e, se la candeletta non avesse avuto la sua tenue fiammella, avrei forse potuto indovinare la posizione del bersaglio, ma certo non avrei potuto farlo con molta precisione. Il Maestro fece la sua 'danza rituale', poi la sua prima freccia scattò con una abbacinante brillantezza nel buio profondo. Dal suono capìì che aveva colpito il bersaglio. Anche la seconda freccia colpì il pannello e, quando accesi la luce nel reparto del bersaglio, con mio enorme stupore scoprìi che la prima freccia si era conficcata esattamente al centro del punto nero, mentre la seconda aveva spaccato il corpo della prima, dividendola ed incastrandosi nel mezzo. Non mi azzardai nemmeno a sradicare le frecce separatamente, ma le tolsi delicatamente insieme al bersaglio. Il Maestro le osservò con occhio critico, poi disse: "Potresti pensare che il primo tiro non fosse poi così difficile, poiché dopo tutti questi anni dovrei avere una certa familiarità con il bersaglio che, anche al buio, avrei dovuto certamente sapere dov'era. Infatti, ciò è possibile ed io non pretendo altrimenti. Ma la seconda freccia che ha spinto la prima, che ne pensi di questo? In ogni caso, io so bene che non è questo l'Io a cui si deve dar credito per quel tiro. E stato 'Egli' che ha tirato ed è stato 'Egli' a far centro. Inchiniamoci al risultato, come prima abbiamo fatto con il Buddha!"
Quando i parametri del modello di realtà di una persona sono lo spazio vuoto, il tempo lineare e la causalità con cui l'energia del luogo si mescola tra corpi indipendenti, allora il fenomeno di un 'Egli' che tira con l'arco è alquanto difficile da afferrare e capire. Allorché, invece, i parametri sono l'Intercompenetrazione, il Presente Assoluto e la Sincronicità, allora una persona è efficace su un maggior ordine implicato di realtà, in cui non vi è soggetto né oggetto; perciò, il Maestro esprime la sua esperienza in termini di un 'Egli' che ha tirato. Tuttavia, questo 'Egli' ha tirato in virtù del suo stesso addestramento nella Via.
Nella cultura Giapponese, il processo creativo è descritto in termini di 'ki' (energia vitale), 'kan' (intuizione trascendente), e 'myo' (la meravigliosa azione). Tanouye Roshi aveva pensato una volta di aprire una scuola di scherma, con il motto: 'Ki ga kan o ataeba, myo no oto ga deru' (Quando l'energia tocca l'intuizione, emerge un'azione dal suono meraviglioso). Cioè, quando l'energia è abbastanza intensa e chiara, mette all'opera l'intuizione trascendente e, contemporaneamente, fa sorgere un'azione portentosa, che è misteriosa, simultanea e creativa. Suzuki fece una particolare descrizione poetica di 'myo':
"Myo è una certa qualità artistica, riscontrabile non solo nelle opere d'arte, ma in qualsiasi cosa della natura o della vita. La spada nelle mani di uno schermidore perviene a questa qualità quando non è soltanto una mera dimostrazione di abilità tecnica, imparata pazientemente sotto la guida di un bravo maestro, in quanto 'myo' è qualcosa di originale e creativo che emerge fuori dal nostro proprio Inconscio. Le mani possono muoversi accoradndosi alla tecnica manifestata da ciascun allievo, ma vi è una certa spontaneità e creatività personale allorché la tecnica, concettualizzata ed universalizzata, viene manipolata dalla mano del maestro. 'Myo' può anche riferirsi all'intelligenza ed alle attività istintive di alcuni animali come, ad esempio, il castoro quando costruisce la sua casa, il ragno che tesse la sua tela, la vespa o la formica che strutturano le loro abitazioni in svariate forme, sotto le grondaie o sotto il terreno. Esse sono meraviglie della Natura ed, in effetti, l'intero Universo è una miracolosa e meravigliosa esibizione di una Mente direttiva, e noi umani, che siamo una delle sue meravigliose realizzazioni, siamo costretti ai nostri sforzi intellettuali fino a quando non si risveglia in noi la Consapevolezza, tanto da essere sopraffatti giornalmente dalle dimostrazioni della Natura e del suo insondabile ed inesauribile 'Myo'. Il risveglio della consapevolezza è stato il più grande evento cosmologico nel corso della evoluzione… La funzione della consapevolezza umana è di immergersi sempre più in profondità all'interno della sua stessa Sorgente: l'Inconscio. E l'inconscio ha i suoi strati variabili di profondità: biologici, psicologici e metafisici. Essi sono uniti da un filo comune e la disciplina Zen consiste nell'appigliarsi interamente su di esso, laddove le altre arti, come l'abilità nella spada o nel preparare il tè, ci guidano alla comprensione dei rispettivi particolareggiati aspetti di quel filo conduttore…" Nella seguente storia, che tratta del Kendo, sono descritti cinque differenti livelli di abilità nella Via:
IL GATTO SAGGIO
"Uno schermidore era infastidito da un topo nella propria casa e gli sguinzagliò dietro la sua gatta prediletta. Ma il topo la morse ed essa fuggì via, miagolando disperatamente. Allora lo schermidore chiese aiuto ai vicini affinché gli prestassero i loro gatti. Accucciato in un angolo, il grosso topo li vide arrivare e furiosamente li attaccò, uno dopo l'altro. I gatti furono atterriti e batterono tutti in ritirata. Lo schermidore era disperato ed allora cercò di uccidere egli stesso il topo, ma questi riusciva ad evitare così abilmente la sua spada che sembrava poter svolazzare nell'aria. Come ultima risorsa, egli mandò qualcuno a cercare un gatto famosissimo, conosciuto da tutti per la sua misteriosa abilità nel cacciare i ratti. Questo gatto sembrava non avere nulla di straordinario, però quando il topo lo vide arrivare, ne fu terrorizzato e non potè più muoversi. Il gatto lentamente si avvicinò e quietamente, apparentemente ignaro di alcunché di insolito, avanzò quasi con noncuranza verso il topo, riapparendo poco dopo con lo stesso preso per il collo. Più tardi quel gatto fu osannato dagli altri gatti. Essi si prostrarono profondamente e dissero:- Tutti noi siamo famosi per il valore e la furbizia, ma nessuno di noi aveva potuto fare nulla contro quel ratto. Almeno non così facilmente come hai potuto fare tu. Tutti noi desideriamo che tu possa raccontarci il tuo segreto. Prima però vediamo quanto noi sappiamo sull'arte di cacciare i topi!-. Si fece avanti un gatto nero che disse:- Fin da quando ero un gattino fui abituato ad essere un cacciatore di topi. Potevo saltare su qualunque cosa alta sette piedi; potevo spingermi attraverso qualsiasi minuscola tana di topi; potevo ingannarli facendo pensar loro che fossi addormentato e colpirli quando erano entrati nella tana. Per questo mi sono assai vergognato di dover battaere in ritirata quest'oggi davanti a quel vecchio ratto-. Il nostro disse:- Ciò che tu hai imparato è la tecnica dell'arte. La vostra mente non è mai accorta, sul modo di combattere l'avversario. Coloro che semplicemente imitano i maestri e confidano nell'abilità di manipolare, dovranno essere assai efficienti per raggiungere il massimo grado dell'abilità tecnica, ma quanti potranno essere costoro? Quando si trascura la Via e si punta soltanto alla mera destrezza, la vera pratica è sviata e soggetta ad essere mal usata-. Venne allora avanti un gatto tigrato, che così espresse il suo punto di vista:- Considero il 'ki' (energia vitale) molto importante, avendolo coltivato per anni, tanto che ora sono in possesso di uno spirito che riempie il cielo e la terra. Quando fronteggio il mio avversario, il mio spirito lo intimidisce e ottengo la vittoria prima ancora dell'effettivo combattimento. Non ho uno schema conscio di come usare le tecniche, che emerge spontaneamente secondo il mutare delle condizioni. In questo modo posso far sì che un ratto, scappando fuori, cada in mano mia solo guardandolo fisso col mio potere spirituale. Ma quel misterioso topo si muoveva come un'ombra, ed il perché di ciò è oltre la mia portata!-. Il nostro gatto replicò:- Tu puoi produrre il massimo dal tuo potere psichico. Ma poiché sei consapevole di ciò, la tua psiche è opposta a quella dell'avversario ed in questo modo non potrai mai essere sicuro di essere più forte. Puoi anche sentire che la tua psiche attiva e vigorosa riempia l'universo, ma non è così. Può sembrarti come il 'Kozen no ki' (l'Energia Vitale dell'Universo) di cui parla Mencius, ma anche in questo caso, non è così. Il 'Ki' di Mencius è splendente e luminoso e, per tale motivo, pieno di vigore, mentre il tuo acquista vigore grazie alle condizioni. Il primo è un grande fiume che scorre incessantemente, e l'altro è un flusso temporaneo dovuto ad un abbondante acquazzone, subito esauritosi dopo un assalto furioso. Per un ratto in trappola, si tratta di un combattimento per la vita o la morte, e la disperata preda non cova nessun desiderio di restare indenne sfuggendo. Il suo stato mentale non teme alcun pericolo possibile; il suo intero essere incarna il più combattivo 'ki' e nessun gatto può sostenere la sua resistenza d'acciaio-. Avanzò timidamente un gatto grigio, che disse:- Per lungo tempo, io mi sono addestrato a non sottovalutare il nemico ed a non costringermi ad un combattimento con esso, ma soltanto a temporeggiare ed a seguire i suoi movimenti. Agisco come una tenda che cede ad una pietra scagliata contro di essa. Perfino un grosso ratto non trova conveniente combattere con me, ma questo di oggi era senza paragone…-. Il gatto esperto rispose:- Quello che tu chiami uno spirito arrendevole non è in armonia con la natura; è un prodotto umano, un dispositivo elaborato dalla tua mente conscia. Quando cerchi di sgretolare la mente aggressiva dell'avversario, essa metterà a nudo ogni titubanza della tua stessa mente. Provocando artificiosamente una psiche arrendevole, si produce un certo grado di ostruzione e degrado della tua mente, che interferirà di certo con l'acutezza della percezione e con l'agilità dell'azione. La Natura viene ostacolata nel perseguimento del suo corso originario e spontaneo. Affinché la Natura riveli i suoi misteriosi modi di compiere le cose, bisogna farle spazio troncando il nostro pensiero, il nostro escogitare e reagire. Lasciamo che la Natura abbia il suo proprio metodo, lasciamo che essa agisca attraverso il nostro sentire e non vi saranno ombre, né segni, né tracce in cui si verrà sorpresi e nessun nemico che potrà resisterci… Vi è però un punto essenziale: non bisogna conservare nemmeno un minimo segno di pensiero auto-conscio. Se esso è presente nella propria mente, ogni nostro atto sarà un ostinato stratagemma progettato in modo umano e non sarà in accordo con il Sentiero. Quindi, le persone rifiuteranno di sottomettersi a questo approccio e vi si opporranno con tutte le forze. Quando si è nello stato di 'mushin' (mente-vuota), si agirà all'unisono con la Natura senza far ricorso alle ideazioni. Comunque, la Via è aldilà delle limitazioni ed ogni mio discorso è lungi dall'esaurirla.- Molto tempo fa, c'era dalle mie parti un gatto che passava tutto il tempo dormendo, tanto che sembrava una statua di legno. Nessuno lo aveva mai visto dare la caccia a i topi ma, dovunque si trovasse, lì non vi era traccia di topi. Una volta andai a trovarlo e gli chiesi il motivo di questo fatto. Poiché non mi rispose, dovetti chiederglielo quattro volte, ma lui rimaneva in silenzio. Non è che non avesse voglia di rispondermi, ma proprio non sapeva cosa dirmi. Da ciò si nota che se uno sa, non parla, mentre uno che parla, non sa. Quel vecchio gatto era dimentico non solo di se stesso, ma anche di tutto ciò che lo circondava e si trovava nella più elevata condizione spirituale: la mancanza di scopo. Esso era un guerriero divino senza però nessun motivo per uccidere. Nemmeno io potrei mettermi a paragone con lui!"-
Allora, i cinque punti di questa storia sono:1) l'uso di tecniche fisiche, 2) l'uso dell'energia vitale, 3) l'arrendevolezza, 4) l'accordo con la Natura, e 5) il dimorare nel Tao.- Il gatto nero era al primo livello e quello tigrato al secondo. In entrambi questi piani la coscienza di combattere un avversario è dominante. Il gatto grigio, con la sua pratica di arrendevolezza mentale, era al terzo livello. Egli stava cercando di trascendere la tecnica ed essere soltanto un gatto per cui era naturale che i topi fossero solo cibo per gatti. Al quarto livello apparteneva il gatto che era riuscito nel compito e dava saggi consigli agli altri, ma soprattutto al quinto e più alto livello c'era quello che apparentemente dormiva sempre, il quale era uno col Tao ed era perfino aldilà delle parole.
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L'INCONSCIO TRASCENDENTE ED IL VERO <SE'>
"Detto tutto ciò che c'era da dire, la disciplina Zen consiste nel realizzare l'Inconscio, che sta alla base di tutte le cose. Questo Inconscio non è null'altro che la 'Mente-Unica' del Sutra 'Gandavyuha' (Sutra Kegon, Hwa-Yen), come pure del Sutra 'Lankavatara'. Quando la Mente è raggiunta, non come una cosa da ottenere, ma andando oltre questo tipo di esistenza concepita dualisticamente, viene trovato ciò che i Buddha, i Bodhisattva e tutti gli esseri senzienti sono, realmente riconducibili a questa Mente, che è appunto l'Inconscio"- (Daisetz Suzuki)
L'Inconscio di cui parla Suzuki è 'L'Inconscio-Trascendente', il più elevato e profondo stato di consapevolezza, che trascende la dualità di conscio e inconscio. La 'metapsicologia' del 'Lankavatara-Sutra', di cui Bodhidharma disse che conteneva <gli insegnamenti essenziali del Buddha, concernenti la sua base mentale>, si articola in nove strutture che descrivono lo sviluppo progressivo della Coscienza. Esse sono: i cinque sensi (vijinana), l'intelletto (manovijinana), l'Ego (manas), il deposito-dell'Inconscio alayavijinana) e l'Inconscio-Trascendente (adarsana-jnana). Il sistema è messo in moto dalle 'memorie-karmiche' impresse nel deposito dell'Inconscio. Scrive ancora Suzuki:
" In termini psicologici, vasana è la memoria, in quanto è qualcosa che rimane anche dopo che è avvenuta la morte, sia mentale che fisica; ed essa è trattenuta o conservata nel deposito dell'Inconscio, come una sorta di energia latente, pronta ad essere rimessa in moto. Questa memoria, o Energia-tendenziale, o Essenzialità-abitudine, non necessariamente è individuale; il deposito dell'inconscio essendo ultra-individuale, mantiene in sé non solo le memorie individuali, ma tutto ciò che è stato sperimentato da tutti gli esseri senzienti. Quando il Sutra dice che nel Deposito dell'Inconscio si trova tutto quello che è successo fin da tempi senza inizio, sistematicamente conservato come una sorta di seme, ciò non si riferisce solo alle esperienze individuali, ma a qualcosa di collettivo e generale, oltre l'individuale, il quale forma in un certo modo il terreno di base su cui tutte le attività psichiche individuali sono riflesse".
Suzuki descrive i funzionamenti di questo sistema nel seguente modo:
"All'inizio, la memoria ammassata nel deposito dell'Inconscio, fin da tempi senza inizio, era una causa latente, in cui l'intero universo degli oggetti individuali giaceva, si può dire, ad occhi chiusi; ad un tratto, ecco entrare l'Ego con la sua intelligenza discriminante e subito viene distinto il soggetto dall'oggetto; l'intelletto si rispecchia nella dualità e da essa emana tutta una catena di giudizi, con i loro conseguenti pregiudizi ed attaccamenti, mentre i cinque sensi li costringono a diventare ancor più complicati, non solo intellettualmente, ma soprattutto volitivamente ed affettivamente. Il risultato finale e totale di queste attività, riempie successivamente il deposito dell'Inconscio di una sorta di 'fragranza', stimolando l'antica memoria a destarsi, mentre questa nuova memoria trova la sue affinità e corrispondenze all'interno di quella antica…- Se tutti noi avevamo pensato al Deposito dell'Inconscio come ad una cosa esterna e soggetta al cambiamento, dobbiamo ora ritornare sui nostri passi ed osservare all'interno di noi stessi, per vedere se vi sia qualcosa che trascende il principio di particolarità. Trascendere il principio, vale a dire trascendere se stessi da parte dell'Ego e dell'intelletto, significa la cancellazione di <se stessi>, la nostra scomparsa dal campo dell'operatività, la trascendenza del dualismo di… uno e molti, particolare e generale. Quando ciò sarà compiuto, dove potremo trovare più 'noi-stessi'? Dove sarà il nostro definitivo luogo-di-dimora? Quando tutti questi limiti saranno trascesi - il che significa andare perfino aldilà del cosiddetto 'inconscio-collettivo' - si arriva a ciò che, nel buddhismo, è noto come adarsanajnana (l'Inconscio-Trascendente), o 'conoscenza-specchio'. Il buio e l'oscurità dell'inconscio vengono interrotti e spazzati via, e tutte le cose potranno essere viste allo stesso modo in cui si può vedere il nostro volto in un chiaro e lucente specchio". (parentesi dell'Autore).
L'Inconscio-Trascendente si riferisce ad un livello aldilà del deposito dell'Inconscio. Non è una struttura, ma la trasformazione dell'intero sistema cognitivo in Saggezza.
1) Il Deposito dell'Inconscio diventa la grande e perfetta 'Saggezza-Specchio'.
2) L'Ego diventa la 'Saggezza-di-uguaglianza'.
3) L'Intelletto diventa la 'Saggezza-della-meravigliosa-percezione'.
4) I Cinque Sensi diventano la 'Saggezza-delle-meravigliose-funzioni'.
Una interpretazione meno metafisica del sistema, diventa possibile in termini di sviluppo cognitivo. Le nove strutture si distinguono in cinque modalità di cognizione: percezione, appercezione, razionalità, intuizione e Saggezza. Ciascuna modalità integra l'informazione di quelle più basse, in una comprensione maggiore e più completa. Dato che esse differiscono qualitativamente, ciascuna modalità suggerisce un distintivo stadio di sviluppo: il bambino, il ragazzo, l'adulto, l'adulto maturo ed il <Vero-Sé>.
STRUTTURA COGNITIVA COGNIZIONE STADIO DI SVILUPPO
Cinque Sensi | Percezione | Il Bambino |
Intelletto | Appercezione | Il Ragazzo |
Ego | Razionalità | L'Adulto |
Deposito dell'Inconscio | Intuizione | L'Adulto Maturo |
Inconscio-Trascendente | Saggezza | Il <Vero-Sé> |
La Mente-Unica, nella Metapsicologia buddhista, può essere concepita come senza-forma, una Energia senziente che si evolve in sistemi unitari di consapevolezza, sempre più sofisticati, allo scopo di poter conoscere e vedere se stessa. Nell'essere umano si è ottenuta una sorta di consapevolezza riflessiva e, con essa, la possibilità della Mente di realizzare se stessa. Nel corso dell'evoluzione, sull'essere umano si è impresso un certo tipo di memorie. Queste memorie sono energie strutturate in modelli di svariata complessità ed immutabilità. I cinque sensi sono prefissati nei geni della razza umana. L'intelletto, come capacità di coordinare le sensazioni di base all'interno della visione del mondo, è una complessa benché ancora pervasiva struttura 'filogenetica'. L'Ego è ancor più sofisticato ed è una struttura avuta in eredità solamente dai moderni esseri umani. La consapevolezza riflessiva fornisce all'Ego il possibile sviluppo e l'Ego procura il punto di vista da cui la Mente può ricollegarsi al fatto di essere stata sempre e solo 'Mente'. L'Ego normalmente è realizzato nel corso dello sviluppo della persona moderna; la vera sfida del futuro è di realizzare la Coscienza-deposito e l'Inconscio-Trascendente, ed abbandonare queste memorie qaule contributo alla razza umana.
Percezione, si riferisce alle sensazioni non comandate dai concetti. Da una realtà senza spazio e senza fine, i cinque sensi permettono l'accesso agli stimoli di vario tipo e portata. Gli stimoli sono il primitivo caos indifferenziato per il bambino, subito dopo la nascita. Nell'utero, il bambino e l'ambiente circostante sono una sola unità. Dopo la nascita, la prima e maggiore diferennziazione fatta dal bambino è tra l'ambiente ed il sé, (che era) fuso con la madre. La successiva, tra il sé e la madre, giunge dalla ripetuta esperienza di gratificazioni e privazioni dei suoi bisogni fisiologici.
Appercezione, è il coordinamento della percezione da parte dell'intelletto, secondo la visione del mondo della nostra società. Importante per la propria sopravvivenza e, in aspetti risaltanti, alla separazione dall'altro, la visione del mondo abilita l'essere umano a funzionare in una realtà altrimenti annientante. L'intelletto esegue le più astratte operazioni logiche con maturità, ma la sua funzione primaria nell'infanzia è stat di far in modo che l'esperienza si accordi alle categorie dualistiche del mondo ordinario. Perciò nel buddhismo essa talvolta è considerata un senso ulteriore, insieme con i cinque di base. (Il mondo degli oggetti particolari) viene in contatto con i cinque sensi e tutte le impressioni ricevute (vasana) da questo contatto si presentano all'intelletto, che è una sorta di apri-porta tra l'Ego ed i cinque sensi. Tutte le impressioni e le relazioni raccolte nell'intelletto vengono qui classificate secondo le categorie di 'Io e Non-io'. (parentesi dell'Autore)
Razionalità, è ciò che misura la realtà con il pensiero dualistico e lineare, che l'Ego assume come proprio punto di riferimento. È lo standard per il comportamento adulto nella società moderna. Benché la razionalità e l'Ego siano pietre miliari nella 'filogenesi', nello sviluppo personale essi sono soltanto tecniche applicabili ad un certo livello, in cui una persona può padroneggiarli ed esserne libera. Quando ci si afferra alla razionalità ed all'Ego come realtà ultime, si viene intrappolati nel mondo fenomenico della memoria, che prende forma secondo i propri attaccamenti, e non si può trascendere la sofferenza che è inerente al dualismo.
Intuizione, è ciò che discerne la realtà attingendo dal Deposito dell'Inconscio. Il deposito dell'Inconscio può essere considerato l'ordine implicato di realtà come base della mente umana. Quando una persona raggiunge i limiti del razionale, ma rimane incentrato sul suo problema, il problema stesso, come un koan, scende nel deposito dell'inconscio, il quale contiene tutte le possibilità. Allora la soluzione emerge spontaneamente. Per l'adulto maturo che combatte con le domande esitenziali o per l'artista che si sforza di perfezionare la sua arte, o per lo scienziato che cerca un progresso nella ricerca, la sola via di uscita è al'interno. Gli esempi che seguono, dal premio Nobel per la Fisica Enrico Fermi, alla poetessa haiku Chiyo, illustrano bene questo fatto:
"Vi dirò come sono arrivato alla scoperta (degli effetti per ritardare il fascio dei neutroni per mezzo della paraffina), che io ritengo essere la più importante tra quelle che ho fatto. Stavamo lavorando assai intensamente sull'induzione di radioattività del neutrone ed i risultati non avevano sbocchi. Un giorno, appena giunto in laboratorio, avrei dovuto esaminare gli effetti ottenuti con l'aver messo un pezzo di piombo davanti ai neutroni connessi. Anziché agire come al solito, mi sforzai stavolta di ottenere il pezzo di piombo lavorato finemente a macchina. Ero chiaramente insoddisfatto di come andavano le cose; cercavo ogni scusa per ritardare la messa in posa del pezzo di piombo. Quando, alla fine, con una certa riluttanza, stavo per metterlo al suo posto, mi dissi:- No, non devo mettere qui questo pezzo di piombo; voglio provare con un pezzo di paraffina-. E fu proprio così, senza nessun preavviso, nessun precedente ragionamento conscio. Presi immediatamente qualche pezzo sparso di paraffina e lo piazzai dove avrebbe dovuto esser messo il pezzo di piombo" (parentesi dell'Autore).
"Volendo conoscere cosa fosse un vero 'haiku', Chiyo si recò a far visita ad un maestro che le dette, come soggetto, un cucù. Essa compose diversi haiku, ma il maestro li respinse tutti come concettuali e non veramente sentiti. Non sapendo come esprimere se stessa in modo più genuino, una sera ella si mise a meditare sul cucù in modo così intenso che non si accorse per nulla del passare del tempo. Quando l'aurora illuminò la sua stanza, nella sua mente si era formata da sola questa strofa:
"…Cucù, cucù, per tutta la notte cucù,
"… e poi, finalmente, ecco l'aurora!"
Il maestro, leggendola, la elogiò dicendo che era uno dei più fini e pregiati haiku mai scritti sul tema del cucù.
Saggezza, è quella conoscenza che si riferisce alla realizzazione dell'Inconscio-Trascendente, per mezzo di 'prajna', ovvero l'intuizione trascendente. A riguardo Suzuki scrisse:
"…La visione di Prajna… non conosce limiti; essa include la totalità delle cose, non come un limitato continuum, ma come un andar aldilà della stessa illimitatezza dello spazio e della infinità del tempo. Prajna è un principio riunificante. E lo fa, non sorpassando nessuna unità individuale appartenente ad un insieme integrato, bensì con il comprendere e contenere quest'ultimo in un solo sguardo, per così dire…"
"Esso (l'indifferenziato continuum datto immediatamente alla nostra coscienza) è 'una sbarra d'acciaio lunga diecimila miglia', senza nessuna apertura su cui potersi afferrare. È oscura e non vi si distinguono colori. È come un abisso senza fondo, in cui non v'è nulla di distinguibilke come soggetto o oggetto. Queste dichiarazioni sono alquanto raffigurative, ma non danno molte informazioni riguardo alla Prajna-intuizione. Però, a coloro che sono passati attraverso l'effettiva esperienza di questa Intuizione-Prajna, queste raffigurative e simboliche descrizioni, sono significative in modo reale e assoluto. (parentesi dell'Autore)
A differenza dell'intuizione ordinaria, consistente in una perspicacia proveniente dal deposito dell'inconscio, l'Intuizione-Trascendente penetra ben oltre questo livello e trasforma tutto l'intero sistema nello Specchio delle Quattro Saggezze. Takuan descrive il funzionamento di una persona di questo calibro, nel modo seguente:
"Provate a deporre da qualche parte uno specchio. Tutto ciò che gli sta di fronte vi viene riflesso, esattamente così come appare. Lo specchio non ha una coscienza, è incapace di differenziare e discriminare, quindi esso riflette le cose esattamente così come sono. Lo stesso aviene con un maestro nelle Arti Marziali. Esso è aperto al puro specchio del suo spirito e non è offuscato da nessuna traccia di una coscienza che separi e distingua una cosa dall'altra, o che faccia differenze tra il bene ed il male. In più, il suo spirito simile-a-specchio non è cieco a 'questo' o a 'quello', al bene o al male; egli 'vede' senza sforzarsi o essere obbligato a vedere. Se lo specchio dell'anima è senza-coscienza, ed è puro e libero dalla pur minima traccia di pregiudizio, allora ogni cosa del Cielo e della Terra vi è riflessa, proprio così com'è. Un uomo che possieda un tale specchio è assolutamente presente nel perfetto dominio del momento attuale e con un'attitudine mentale adeguata a quel dato momento… Egli solo potrà produrre un'azione naturale e meravigliosa, in ciò che può essere soggetto ad ogni concepibile mutamento, un'azione senza azione, sia nell'arte della scherma come in qualsiasi arte della vita, perché contiene in essa la stessa Saggezza del Buddha".
Nel buddhismo, l'ottenimento di Saggezza e Compassione sono inseparabili. La Compassione è la naturale conseguenza della realizzazione che il vero Sé è il Non-sé, ed è uno con l'Universo. Comunque, fino a quando resiste il <senso di sé>, come entità separata, una persona è fondamentalmente spinta dall'ansietà della distruzione del proprio <sé>. La natura dell'ansietà varia dal fisiologico, all'interpersonale, all'economico-esistenziale, unitamente all'identificazione del <sé> con i sistemi progressivamente più profondi e più estesi.
Nella tabella sotto indicata è mostrato lo sviluppo di quanto sopra:
STADIO DI SVILUPPO MOTIVAZIONE AUTO-IDENTITA'
Bambino | Fisiologica | Il Corpo |
Ragazzo | Interpersonale | Famiglia e Simili |
Adulto | Economica | Società |
Adulto Maturo | Esistenziale | Il Mondo |
Vero-"né | Compassionevole | L'Universo |
L'auto-sviluppo comporta un continuo interscambio di omeostasi, stress ed ansietà. L'omeostasi si riferisce all'equilibrio psicofisico del <sé> tra cambiamenti interni e richieste esterne. Il Samadhi può essere reso operativo come un cambiamento perfezionato di omeostasi in accordo con le condizioni mutevoli. Lo stress si riferisce semplicemente all'energia necessaria, ed usata, per adattarsi a questi cambiamenti. Più energia vitale una persona possiede e più è capace di adattarsi, e di continuare a crescere nel mezzo dei cambiamenti. Lo stress è inevitabile perché, come la prima delle Quattro Nobili Verità ci insegna, l'esistenza è impermanente. Tuttavia, l'ansietà può venir superata e trascesa; l'ansietà viene sperimentata quando il <sé> si sente minacciato dall'eccessivo cambiamento. Nello Zen, l'ansietà è chiamata 'blocco-della-mente'; fondamentalmente la mente si blocca a causa dell'attaccamento al <sé>. Quando il <sé> si sente minacciato, l'energia tende ad aumentare, le spalle si tendono, il respiro ne viene limitato ed il campo dell'esperienza si restringe.
Troppo stress e, probabilmente una certa ansietà, accompagnano la transizione tra i vari stadi dello sviluppo. Ma nello sviluppo salutare, lo stress serve come stimolante per una ulteriore maturazione e l'ansietà viene a decrescere quando sono realizzate le nuove strutture cognitive e la nuova auto-identificazione. Viene stabilita una migliore omeostasi che libera energia per l'ulteriore crescita. Nello sviluppo incompleto viene costantemente sprecata una significativa quantità di energia, per reprimere l'ansietà non risolta nei livelli inferiori. Questo crea un circolo vizioso con nuove richieste interne ed esterne che, invece di condurre ad ulteriore crescita, portano ad una maggiore ansietà, inefficienza, repressione e infine, direttamente al collasso.
Un bambino sperimenta il corpo come il <sé>. Quando l'omeostasi fisiologica è sconvolta, il bimbo piange. In un sano sviluppo, i bisogni fisiologici sono affrontati bene e in tal modo viene ristabilita la fiducia di base. Un ragazzo si identifica al suo <sé>, con gli occhi prima della famiglia e poi del gruppo dei suoi simili, a scuola o nel vicinato. Un ragazzo deve mantenere una sana omeostasi non solo fisiologica, ma anche psicologica, che dipende dalle fluttuazioni nell'auto-stima tra ragazzi nelel relazioni interpersonali. L'incarico è di dover imparare l'ordine sociale.
Un adulto deve mantenere una efficacia economica nella società collettiva, non solo per se stesso ma anche per la sua famiglia. L'esperienza del proprio <sé> nell'adulto viene estesa alla comunità in cui vive e lavora. Un adulto maturo espande la propria identificazione del <sé> al mondo. In questi tempi moderni, è necessaria una prospettiva 'globalizzata', data l'interdipendenza economica di tutte le nazioni ed il rischio-potenziale della distruzione del mondo a causa di una eventuale guerra nucleare. Un adulto maturo ha davanti a sé gli sconcertanti problemi sociali e politici dell'intero mondo. Il cercare di comprenderli, lo porta a farsi domande sul significato della stessa esistenza.
Al livello più maturo dell'essere umano, vi è la persona che realizza il vero <Sé>, che è uno con l'Universo e che sperimenta un significato aldilà della domanda e di chi la pone. Una simile persona trascende l'ansietà, è totalmente senza paura ed è mossa da notevole 'compassione'. Saggezza, compassione e impavidità sono, in definitiva, una cosa sola, ma il lignaggio di Chozen-ji mette l'enfasi in particolar modo sull'assenza di paura. Tanouye Roshi dice che offrire l'impavidità è il più elevato atto di compassione e di generosità. La seguente storia su Yamaoka Tesshu, lo illustra in modo emblematico:
"Un giovane schermidore gli aveva chiesto quale fosse il più intimo segreto della Via, col metodo della scherma. Allora Yamaoka Tesshu gli rispose di andare ad Asakusa, ove c'era il Tempio di Kannon (Avalokiteswara), per pregare allo scopo di venir illuminato su questo. Dopo una settimana, l'uomo ritornò e disse:- Sono andato lì per qualche giorno ed ho pregato per tutto il tempo, ma non mi è venuta nessuna risposta. Tuttavia, ieri quando stavo per andarmene, per la prima volta mi sono accorto che sul tabernacolo vi era scritta questa frase:<Donami l'Impavidità!>. Forse era quello che intendevi dire tu?-. -Era proprio ciò che intendevo dire io- replicò Tesshu. -Il segreto della nostra Via è una totale assenza di paura. Ma deve essere proprio completa. Vi sono alcuni che, con la spada, non hanno nessuna paura di fronte ai nemici, ma si sentono deboli davanti agli assalti delle passioni, come la brama, o delle illusioni come la fama ed la gratificazione. Lo scopo della nostra Via della scherma, è di non aver paura affatto, sia quando ci si confronta con i nemici esterni e, soprattutto, quando si ha a che fare con quelli interni!-".
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UN PROBLEMA CREATIVO DA RISOLVERE
La Terapia è l'arte di risolvere un problema. I problemi sorgono quando ci si attacca alle forme, che bloccano il naturale corso dell'energia vitale e soffocano la crescita. Queste forme possono scaturire da aberrazioni nel corpo, da attitudini rigide, semplici meccanismi di routine, tendenze ed inclinazioni, inefficaci modelli di comunicazione e, infine, dallo stesso Ego. Quando una persona trascende le forme e vive con una prospettiva illuminata, ogni giorno è un buon giorno. Il maestro Zen Mumon lasciò scritto:
"In primavera, migliaia di fiori, in autunno la chiara luna,
"D'estate una fresca brezza e d'inverno, la neve bianca;
"Se nella tua mente non divagano vane e futili nuvole,
"Per te, amico mio, sarà sempre una buona stagione!"
Un problema da risolvere, al suo massimo livello di creatività, si presenta quando il maestro Zen esprime le parole-svolta che liberano il discepolo dal dualismo, come quando lo stesso Bodhidharma disse a Hui-ko:- Portami la tua mente ed io te la pacificherò!-, oppure quando Hui-Neng disse a Ming:- Non pensare né al bene e né al male, ma chiediti quale sia il tuo Vero Sé!-. L'intervento può operare non solo a causa del significato delle parole. Lin-chi di certo gridava il suo 'KHETZ!' con lo stesso scopo e risultato. L'opera del TAO, tramite la vacuità del maestro, trasforma l'essere del discepolo. Quando il Samadhi è predominante, non manca nulla nella sensibile attività di risposta dell'Inconscio. Nello Zen vi sono molte storie sui maestri che aiutano le persone che hanno problemi e che possono essere facilmente considerati come esimi psicoterapeuti. Eccone qualche esempio:
"Una donna andava cercando aiuto per una sua fobia. Lei e suo marito erano stati molto poveri, poi però con un duro lavoro ed una buona dose di fortuna erano diventati benestanti, tanto che per incrementare i loro affari, ritenevano opportuno dare ricevimenti. Ma, per paura di perdere tutto, lei era assai riluttante a spendere il denaro necessario allo scopo. Il suo Maestro, dopo aver parlato un po’ con lei, le chiese di istruirlo su un gioco in cui lei era molto esperta, chiamato 'carta, forbici e pietra', e che in genere è molto utilizzato dai bambini. In questo gioco, la carta avvolge la pietra, la pietra spezza le forbici e le forbici tagliano la carta. La carta viene raffigurata aprendo la mano, la pietra chiudendo il pugno e le forbici allungando in fuori le dita medio ed indice. Così, essi cominciarono a giocare, ma il maestro continuava sempre a fare il segno della pietra, per cui non c'era lotta. Lei spiegò ancora il gioco e allora il maestro prese a fare sempre il segno della carta. Alla fine, il maestro disse che quel gioco non faceva per lui e se ne andò, lasciando la donna alquanto sconcertata."
"Tornando a casa, disorientata per questo fatto, la donna aspettò che anche il marito fosse tornato e, quindi, gli raccontò tutta la storia. Allegramente, lei prese a mimare la scena del maestro che prima aveva continuato a fare il segno della pietra e poi quello della carta. Ma, non appena lei fece il segno della carta, si fermò, fissò attentamente la propria mano, quindi fece di nuovo il segno della pietra e ancora osservò tutta la cosa. A quel punto si perse nei pensieri. In seguito, essa fu in grado di dare ricevimenti in maniera più generosa anche senza dover sperperare il proprio denaro. Aveva imparato ciò che già sapeva. Tenere il pugno chiuso o la mano completamente aperta, lesinare il centesimo o largheggiare in modo esagerato, erano entrambi contrapposti fatti controproducenti."
Ora, mettiamo a confronto questa storia con i seguenti due casi clinici, citati rispettivamente da Milton Erickson e Nick Cummings:
(1° Esempio di M. Erickson) "(Una ragazza di quattordici anni era diventata patologicamente solitaria, a causa di una sua mania, di avere cioè dei piedi troppo grandi. In più, essa rifiutava di parlare di questo suo problema). Allora, io mi misi d'accordo con la madre per venire a visitarla direttamente a casa sua… con un falso pretesto. Alla ragazza sarebbe stato detto che la mia venuta era dovuta al fatto che dovevo diagnosticare alla mamma una influenza, dopo averle fatto un esame. Chiaramente era una scusa, però siccome la madre veramente non stava molto bene, io consigliai un esame molto accurato. Quando giunsi nella loro casa, la madre era a letto. Le feci un preciso esame fisico, ascoltandole il torace, esaminandole la gola, e così via. La ragazza era presente, così io la mandai a prendere un asciugamano e le chiesi di restarmi vicino nel caso avessi avuto bisogno di lei. Lei era davvero interessata alla salute della mamma, così ebbi l'opportunità di osservarla meglio. Studiando la ragazza, mi chiesi in che modo potevo farla aprire così da farle rivelare il suo problema. Alla fine progettai un piano. Come ebbi terminato l'esame della madre, feci mettere la ragazza in una posizione proprio dietro a me. Stavo seduto sul letto, conversando con la madre, quando mi alzai lentamente e con una precisa cura, indietreggiai con una goffaggine misurata. Appoggiai il tallone esattamente sulle dita del piede della ragazza. Ovviamente essa strillò per il dolore. Io mi girai verso di lei e, con un tono quasi incollerito, dissi:- Se tu avessi avuto questi cosi abbastanza grossi così che uno li possa vedere, questo non sarebbe successo!-. La ragazza mi guardò alquanto perplessa e, dopo che io me ne fui andato, quello stesso giorno chiese alla madre se poteva uscire un po’, visto che per mesi non lo aveva più fatto. Così riprese ad andare a scuola ed in chiesa e questo segnò la fine del suo triste isolamento, durato mesi. Più avanti, controllai come le cose stessero andando e potei verificare che la ragazza era diventata amichevole e gentile. Lei non seppe mai ciò che era realmente avvenuto e, nemmeno sua madre, la quale pensò solo che io ero stato sgarbato con sua figlia, quel preciso giorno che ero venuto a farle visita."--
(2° Esempio di N. Cummings)-- "Kate era stata indirizzata da me, da parte di un analista Junghiano che l'aveva tenuta in osservazione per tre anni. Essa era così ostile che lui si dichiarò incapace di trattarla, in quanto la riteneva una schizofrenica. Così mi mise in guardia dicendomi che ella, alla prima sessione, sarebbe venuta in stato di ubriachezza, in una seconda avrebbe urinato sulla sedia e infine, in una successiva sessione, avrebbe solo fatto finta di accettare il lavoro terapeutico. Le sessioni si alternavano secondo questi tre comportamenti, ma non si poteva sapere se e quando Kate avrebbe realmente urinato. Per evitare spiacevoli conseguenze, prima che Kate arrivasse, egli metteva sempre una tela cerata sopra la sedia, del tipo che si usano per le culle dei bambini. Mi disse anche che tutti i tentativi di impedire questo evento avevano come risultato il fatto che Kate cadeva per terra, smetteva di respirare, diventava cianotica e poi blù, al punto che egli doveva chiamare gli infermieri per resuscitarla e, letteralmente, salvarle la vita. Avrei quindi dovuto assumermi dei rischi calcolati. Prima che io la vedessi, ebbi cura perciò di diventare esperto di cianosi, mentre lei, nello stesso tempo, si informò su di me, dal suo precedente medico, il quale le disse:- Attenta, perché Cummings è un medico burbero ed intollerante, ed è assai più rigido di me!-. Così, Kate quando arrivò, era intelligentemente informata e poteva prevedere in anticipo il mio comportamento."
"La prima cosa che le dissi, fu:- Kate, la prima volta che farai pipì sulla sedia, la nostra relazione terapeutica finirà!-. Lei mi guardò e, senza dire una parola, si schiarì la gola e sputò sul tappeto. Io le detti un pacchetto di Kleenex e le dissi di pulirlo. Lei replicò che io non dovevo impedirle di sputare sul tappeto. Allora io le dissi:- Kate, non ho nessuna intenzione di dirti ciò che sicuramente tua madre ti ha insegnato di non fare. Così come non intendo dirti che non dovresti accovacciarti e fare la pipì di fronte al mio ufficio. Non devo dirti un sacco di cose che tu già sai. Ti sto solo dicendo che tutti questi comportamenti, qui sono proibiti!-. Allora lei restò a guardarmi fissa, senza parlare, per tre o quattro minuti, poi cessò di respirare e cominciò a diventare blù. Anziché chiamare gli infermieri, io feci ciò che avevo prestabilito e cominciai a cercare a tentoni la telecamera sulla mia scrivania. Purtroppo, mi accorsi che era scarica e allora, mentre la caricavo, dissi: "Kate, è fantastico, tieni questa telecamera mentre facciamo la storia della medicina! Sto per riprendere le immagini di tutto ciò!- Srotolai il rullino e mentre lo inserivo, continuavo a dire: "Ti prego, Kate, aiutami. Tieni la telecamera!-. Allora lei aprì un occhio e mi fissò, alquanto scettica. Finalmente, quando fui riuscito a caricare la telecamera, mi accorsi che mancava il flash. Allora, tutto preso dalla ricerca del flash, mi affannai a cercarlo e poi ad applicarlo, tralasciando per tutto questo tempo di interessarmi della salute di Kate. Alla fine, mi resi conto che Kate si era ripresa da sola e si era rimessa a sedere sulla sedia, dicendo semplicemente:- O, te, che razza di…-. Kate era conosciuta da tutti i reparti di Pronto Soccorso di S. Francisco. Lei cadeva spesso per terra e diventava cianotica, sicché veniva sovente portata presso uno o l'altro ospedale. Cosicché, dopo la nostra quarta sessione, le detti il permesso di dare il mio nome e numero telefonico ad ogni Pronto Soccorso. Un giorno, infatti, fui chiamato d'emergenza e, appena arrivato nella sala, potei udire il suo respiro affannoso e vedere il suo colorito blù. Io gridai soltanto:- Kate, alzati ora!- e, lei riconoscendo la mia voce, si rianimò e disse:- Oh, Dottor Cummings!-. Quindi, si risiedette sulla sedia e la cianosi stava abbandonando il suo viso. Quella fu la sola volta che mi precipitai. Le volte successive, bastò istruire gli infermieri di avvicinare semplicemente la cornetta del telefono agli orecchi di Kate, in cui io gridavo:- Ok, Kate! Ora alzati!-, e potevo sentire la voce di Kate che diceva:- Oh, sei tu!- non appena si era alzata. Il medico di guardia, sconcertato, veniva al telefono e mi diceva:- Ma come hai fatto?-. Bene, sono felice di poter dire che nell'arco di tre settimane, Kate non ebbe più questo disturbo sintomatico. Dopo la 18° sessione, Kate ed io terminammo gli incontri. Lei finalmente era diventata quasi del tutto un essere normale ed auto-rispettoso. Smise di bere e cominciò ad avere cura di sé. Forse era ancora una schizofrenica, ma non era più soggetta a crisi schizoidi e non sentiva più il bisogno di ricevere l'attenzione degli altri, diventando cianotica o urinando sulle poltrone dei terapisti".-
La creatività e l'efficacia dimostrate da questi esempi, vengono dall'auto-sviluppo e non da un qualche insegnamento retorico di qualsiasi forma. Milton Erickson e Nick Cummings ebbero unicamente esperienze di vita tali che li costrinsero ad essere essi stessi i loro primi clienti. Dal loro lavoro sono stati poi costruiti vari modelli. Daremo ora, qui di seguito, la narrazione delle loro esperienze di vita, che li spinsero a praticare la Terapia come metodo di vita.
MILTON ERICKSON
Fin dalla nascita, Erickson fu alle prese con una strana forma di disfunzione che comprendeva cecità ai colori, aritmia, sordità e dislessia. Riusciva a vedere solo il rosso-porpora. Il suo cuore aveva un battito irregolare, in più egli aveva la tendenza a invertire le lettere e le parole. Questi problemi costituzionali rendevano la sua visione del mondo più labile del normale e l'acquisizione di precetti ordinari fu una memorabile intuizione per lui. Per esempio, egli non riusciva a distinguere bene tra un '3' ed una 'M', così un giorno il suo insegnante gli prese la mano e gli fece scrivere prima un '3' e poi una 'M'. erickson, così ce lo ricorda:
"Non potreste mai immaginare quanto sia stato stupefacente per me, ciò che accadde un giorno, quando ci fu un improvviso scoppio di luce atomica. Così vidi bene il '3' e vidi bene la 'M'. La 'M' stava sulle sue gambe ed il '3' le aveva sui lati, in modo evidente… Vi fu un lampo accecante di luce e, al centro di questa esplosione, c'erano ben chiari il '3' e la 'M'!"-
A diciassette anni, Erickson patì un grave attacco di polio che lo costrinse a sforzi oltre il limite umano, per poter sopravvivere. Egli così descrisse la crisi del suo male:
"Quella sera, appena mi distesi sul letto, ascoltai di nascosto ciò che nell'altra stanza i tre dottori stavano dicendo ai miei genitori, cioè che il loro figlio sarebbe morto il mattino seguente. Provai una intensa collera per il fatto che qualcuno dovesse dire ad una madre che il suo ragazzo sarebbe morto l'indomani. Poi mia madre entrò con una faccia più serena possibile. Le chiesi di sistemare il guardaroba e di collocarlo in un angolo contro il lato del letto. Lei non capì il perché e pensò che io stessi già delirando. Io parlavo con fatica, però dallo specchio del guardaroba messo in quella posizione, potevo vedere attraverso la porta ed anche oltre la finestra dell'altra stanza. Infatti, se fossiu morto senza almeno poter vedere ancora una volta il tramonto del sole, mi sarei sentito malissimo. Se avessi avuto una qualche esperienza di disegno, avrei voluto eseguire uno schizzo del tramonto che potei vedere quella sera, per quanto riempiva tutto lo spazio. Dopo aver visto quel tramonto, persi la coscienza per tre giorni…"
Immobilizzato a letto dopo l'attacco, Erickson fu osservatore-partecipe in maniera funzionale, delle interazioni dei suoi otto tra fratelli e fratellastri, i suoi genitori e la nurse, e così cominciò ad afferrare la complessità che c'è nella comunicazione tra individui.
"Benché io conoscessi già qualcosa sul linguaggio del corpo ed altre forme di comunicazione non-verbale, ero nondimeno sorpreso di scoprire le frequenti e, per me, sorprendenti contraddizioni di queste comunicazioni verbali e non-verbali, all'interno di un singolo interscambio. Ciò ridestò così tanto il mio interesse che, in ogni occasione, intensificai le mie osservazioni. La scoperta che le 'prese-doppie' erano percezioni a due diversi livelli di comprensione, spesso basate su associazioni esperienziali totalmente differenti, mi aprì un nuovo campo di osservazione. Poi, quando scoprìi che poteva accadere un 'contatto-triplo', cominciai mentalmente a fare le prove di esprimermi con un'unica comunicazione, fino a causare differenti percezioni, anche contraddittorie, a differenti livelli di comprensione. Questi tentativi mi portarono a riconoscere molti altri fattori che governano la comunicazione, come tonalità, valori temporali, sequenzialità di presentazione, associazioni prossime o remote, contraddizioni inerenti, omissioni e distorsioni, ridondanze, enfasi esposte o sottintese, ambiguità dirette o indirette, rilevanze o irrilevanze - solo per citarne alcune. E ancora, divenne chiaro che vi erano livelli multipli di percezione-reazion, di cui non tutti erano necessariamente al livello conscio e abituale di consapevolezza, ma ai livelli di comprensione non-conosciuti dal <sé> e, molto spesso, descritti popolarmente come 'istintivi' o 'intuitivi'."
Malgrado la prognosi che lo dava per impossibilitato a camminare ancora, Erickson riscoprì la possibilità di muoversi evocando le memorie sulla sua mobilità d'infanzia e portando scrupolosamente nella sua consapevolezza l'ordinario lavorìo inconscio e la relazione dei sistemi psicofisici della mente. Rinforzando così le menomate sensazioni più e più volte con l'energia della sua attenzione, Erickson fece in modo che la funzionalità del suo corpo riprendesse ad agire. Queste pratiche gli produssero una grande sensibilità chinestetica verso la comunicazione non-verbale.
"Ero disteso sul letto, senza alcuna consapevolezza del corpo. Non sapevo neanche la posizione delle braccia e delle gambe. Passavo delle ore a cercare di localizzare una mano o un piede, o le dita, tramite la percezione delle sensazioni e diventavo acutamente consapevole di qualsiasi movimento facessero. Più tardi, quando mi introdussi nella medicina, imparai a conoscere la natura dei muscoli e utilizzai quella conoscenza per sviluppare un adeguato modo di usare i muscoli che mi erano rimasti dopo la polio e per camminare con il minor zoppicamento possibile. Mi ci vollero dieci anni, ma diventai estremamente consapevole dei movimenti fisici e questo è stato straordinariamente di vantaggio. Le persone adoperano questi movimenti compensativi, in quanto essi rivelano se sono o meno avvertibili. C'è così tanta comunicazione nei nostri movimenti corporei, che nemmeno nel linguaggio se ne può trovare altrettanta. Io ho scoperto che posso riconoscere un buon pianista, non tanto dai suoni che produce, quanto dal modo in cui le sue dita toccano i tasti. Il tocco sicuro, delicato e potente dimostra quanto esso sia accurato. Una appropriata esecuzione richiede un simile squisito movimento fisico."
Dopo il suo primo anno all'Università, Erickson completò la sua riabilitazione durante l'estate, andando in canoa su e giù per i fiumi del Mid-West. All'inizio egli era perfino incapace di estrarre fuori dall'acqua la sua canoa, di nuotare per pochi metri e di remare solo per poche miglia lungo il fiume. Le sue risorse erano un sacchetto di fagioli, uno di riso e poco più di due dollari. In compenso, usò la pesca e trovò alcune piante commestibili lungo le rive dei fiumi e, rovistando tra gli scarti gettati dai cuochi dei battelli che attraversavano il fiume, scovò patate e mele intere buttate per sbaglio. Occasionalmente gli capitò di lavorare a giornata e, nel contempo, studiava il Tedesco per preparare la tesi medica. Andò in canoa da Giugno a Settembre, percorrendo diverse miglia. Alla fine dell'estate la sua riabilitazione fu impressionante. Egli poteva trascinare la sua canoa fuori dall'acqua, nuotare per un miglio e pagaiare controcorrente su per il fiume, per almeno quattro miglia dall'alba al tramonto. Nel 1952, Erickson patì un secondo rarissimo attacco di polio, che lesionò notevolmente il suo braccio e fianco destri. Eppure, a distanza di un anno, egli fece ancora una difficile escursione sulle montagne dell'Arizona, aiutandosi con due bastoni. Erickson descrisse i problemi, come 'il grano della vita'. Accettandoli e traendo il massimo dal loro significato, la vita poteva essere completamente gustata.
"Gli psicoterapeuti hanno un'idea sbagliata sulle malattie, sull'handicap e sulla morte. Essi tendono a dare eccessiva enfasi al problema dell'adattamento alla malattia ed al resto. Si dicono un mucchio di stupidaggini sull'assistenza alle famiglie afflitte e penso che si dovrebbe tener presente che il giorno stesso in cui siamo nati, ha avuto origine la nostra morte. Ed anche che alcuni sono più efficienti di altri nel non lasciar trascorrere molto tempo per morire, mentre altri aspettano la morte per lungo, troppo tempo. Io cerco di imprimere nei pazienti il fatto di 'godersi la vita e godersela completamente', perché quanto più senso dell'umorismo si può mettere nella vita, tanto meglio è!"
Erickson morì nel 1980, lasciandosi dietro caso dopo caso una brillante carriera di psicoterapeuta. In un solo drammatico caso egli dedicò più di dieci anni di vita per un uomo paralizzato, che peggiorando, si era poi logorato strada facendo. Questo caso, narrato dallo stesso Erikson, viene riportato qui di seguito.
"Una donna Californiana mi scrisse che suo marito era rimasto completamente paralizzato a causa di un incidente e non poteva neanche più parlare. Ella chiedeva se poteva portarlo da me. Era quel tipo di lettera pietosa a cui non si può fare a meno di acconsentire, così pensai che avrei dovuto essere abbastanza capace di confortare quella donna, da permetterle di accettare la sua difficile situazione. Lei portò a Phoenix suo marito, lo registrò in albergo e poi venne a trovarmi insieme con lui. Dovetti mandar fuori i miei due figli a prendere l'uomo e portarlo in casa mentre io facevo entrare la donna nel mio ufficio per parlarle da soli a soli. Lei mi disse che suo marito, un uomo sulla cinquantina, aveva avuto questo colpo l'anno prima e, per tutto quell'anno, era stato disteso in una corsia di un ospedale, senza alcun aiuto. L'equipe medica, in sua presenza, lo indicava agli studenti come un caso terminale di una persona completamente paralizzata, incapace di parlare, e tutto ciò che poteva essere fatto era di mantenerlo in vita fino all'estremo momento."
"La donna mi disse:- Vede, mio marito è un Tedesco Prussiano, uomo molto orgoglioso, che si è costruito da solo. È stato sempre attivo ed ha letto di tutto. Per tutta la sua vita, è stato un uomo estremamente imperioso ed ora mi tocca vederlo impotente, disteso su quel letto, a cui le persone parlano come ad un bambino e che da un anno viene nutrito e lavato. Io, ogni tanto, andavo a fargli visita all'ospedale e potevo vedere il suo sguardo, a volte addolorato ed a volte totalmente infuriato. I medici mi hanno detto che è un caso terminale e io domandai a mio marito se lo avessero detto anche a lui ed egli mi rispose in maniera affermativa, ammiccando gli occhi, dato che questo è l'unico mezzo di comunicazione che gli resta -. Mentre lei parlava, io realizzai che non c'era semplicemente da confortare la donna; qualcosa doveva venir fatto anche per l'uomo. Mentre stavo riflettendo, mi dissi che qui c'era un Prussiano, irascibile, prepotente, intelligente e competente, che era rimasto vivo per un anno con una furiosa rabbia. Sua moglie, con uno sforzo straordinario, era riuscita a metterlo in macchina, guidando dalla California, estrarlo dalla macchina e portarlo in albergo, quindi riprenderlo e rimetterlo in macchina e alla fine, portarlo a casa mia. Già i miei figli ebbero difficoltà nel trasportarlo dentro casa e questa donna lo ha portato qui attraversando mezza America. Perciò dissi alla donna:- Hai portato qui tuo marito per essere aiutata. Mi darò da fare per darti il miglior grado di aiuto possibile. Voglio parlare con tuo marito, con te presente, ma senza che tu interferisca. Non dovrai capire cosa e perché farò ciò che sto per fare. Ti dico però che hai la mia assicurazione che puoi startene quietamente seduta con la faccia seria, ma senza dir nulla, senza fare nulla, senza interessarti a nulla.- Lei riuscì ad accettare questa cosa; però più tardi, quando stava per interferire, un mio sguardo deterrente la frenò. Mi sedetti di fronte all'uomo, impotente sulla sedia ed incapace di muovere null'altro che le sue palpebre. Cominciai a parlargli press'a poco in questo modo violento:- Sentimi. Tu sei un Prussiano, ma sei proprio uno stupido! Che Dio stramaledica i Nazisti. Essi pensavano di impossessarsi del mondo e hanno finito col distruggere perfino il loro paese. Che razza di orribili animali. Essi veramente non meritavano di vivere. Il mondo sarebbe stato assai meglio se di loro si fosse fatto un mucchio di fertilizzanti!-. Dai suoi occhi si poteva vedere una rabbia che montava in maniera impressionante, ma io imperterrito, continuai:- Tu sei stato messo su un letto solo per pietà, sei stato nutrito e pulito, curato, vestito e ti hanno perfino tagliato le unghie dei piedi. Chi sei tu, per meritarti tanto? Tu non sei simile nemmeno al più misero ritardato mentale o ad un qualunque criminale ebreo!- Continuai in questo modo, dicendo tutte le peggiori cose che potevo, aggiungendo frasi come questa:- Sei un maledetto pigrone, da essere perfino contento di giacere in un letto di carità!- o come quest'altra:- Io non ho molto tempo da dedicare a te né a pensare a tutti gli insulti che tu pienamente ti meriti. Perciò, cerca di tornare qui domani, così potrò dirtene altre quattro. Hai capito? Devi ritornare domani!- Allora egli se ne uscì con un esplosivo:- No!- Poi ripetè ancora:- No, no, no! - Io non sapevo come poteva aver fatto, ma egli riuscì a mettersi in piedi. Dette alcuni colpetti al fianco di sua moglie e, barcollando, uscì dall'ufficio. Lei si precipitò dietro di lui, ma io la fermai, dicendole:- Siediti! Il peggio che può succedergli è di cadere per terra. Se riesce a trascinarsi fino alla macchina, egli sarà praticamente guarito e questo è ciò che tu volevi!-. Non c'è niente di più orgoglioso di un Prussiano; potranno essere autoritari, dittatoriali, ma sono incredibilmente sensibili a ciò che essi considerano insulti. Io avevo già lavorato con dei Prussiani. La loro esigenza di rispetto è immensa e la loro autostima è così superba, unita ad una forte immagine di autogratificazione. Qui ce n'era uno che era stato insultato al di là di ogni sopportazione, ed aveva dovuto sopportare un anno di pietosa compassione. Ma poi, dato che io gli avevo mostrato come veramente si poteva insultarlo, così lui ha reagito. Dissi alla moglie:- Riportalo domani alle undici di mattina. Ora conducilo in albergo, portalo in camera e mettilo a letto, continuando a prenderti cura di lui. Quando sarà ora di andare a dormire e starai per lasciare la sua camera, digli che avrà ancora un appuntamento con me alle undici di domani mattina. Poi, esci pure dalla sua camera. Domattina, vestilo e fagli fare colazione. Poi, alle dieci e mezza, digli: 'Ora dobbiamo andare all'ufficio del Dr. Erickson'- Vai fuori, prendi la macchina, portala all'ingresso e tieni il motore acceso. Aspetta finché vedi girare la maniglia della porta. Poi vai ad aiutare tuo marito ad uscire dall'albergo e ad entrare in macchina!-."
"Il mattino seguente essi arrivarono. Egli camminava con l'aiuto di lei ed entrò nell'ufficio. Noi lo aiutammo a sedere nella sedia. Io dissi semplicemente:- Sai, è stato un bene che ieri tu sia passato per questo inferno, sia stato capace di dire anche una sola parola e poi tu sia stato in grado di andartene. Ma ora, il problema è di permetterti nuovamente di parlare e camminare, di farti godere la vita e farti ancora leggere i tuoi libri. Stavolta non sarò così drastico come ieri, ma tu non avresti dovuto credere a tutto. È stato abbastanza spiacevole costringerti a reagire. Ora spero che si possa diventare amici. Cerchiamo di dare inizio alla tua riabilitazione, almeno per le attività più normali-. Egli, dall'espressione del suo volto, mostrava di essere alquanto preoccupato. Io continuai:- Avrai sicuramente notato che, insultandoti, io ho fatto in modo che tu parlassi. Ora però spero che tu possa rispondere ad una domanda simpatica. Alla luce di ciò che abbiamo ottenuto, dopo questo tuo anno di terribile impotenza, penso che mi permetterai di continuare ad aiutarti. Puoi rispondere 'si' o rispondere 'no'.- Egli si sforzò e riuscì a dire un 'si'."
"Così, dopo due mesi, egli era pronto a ritornare in California. Camminava un po’ zoppicando, aveva ancora limitato l'uso delle braccia ed una certa afasia nel linguaggio, ma poteva leggere i libri, anche se tenendoli sollevati e lontani da sé. Gli chiesi cosa pensasse che poteva averlo aiutato. Egli mi disse:- Mia moglie mi portò da te per essere ipnotizzato. Ho sempre avuto la sensazione che dopo quel primo giorno in cui mi hai fatto arrabbiare, tu mi stessi ipnotizzando, facendomi fare ogni cosa che poi è accaduta. Comunque, io ho potuto avre fiducia in me stesso quando un giorno sono riuscito a camminare nello Zoo di Tucson per più di cinque miglia. Di sicuro, dopo ero assai stanco, ma ce l'avevo fatta!-. Volle anche sapere se sarebbe potuto tornare a lavorare, almeno parzialmente. Io gli dissi che era necessario elencare le cose più semplici che poteva fare al lavoro e contentarsi di eseguiire quelle. Cosa con cui egli fu pienamente d'accordo. In seguito, periodicamente ricevetti da lei e da lui delle lettere, per circa sette anni. Furono anni felici. Poi la corrispondenza via via divenne sempre più intervallata, finché cessò del tutto. Poi, dieci anni dopo la loro visita, la mogli mi scrisse che suo marito aveva avuto un altro colpo ed era di nuovo gravemente handicappato. Mi sarei sentito di vederlo ancora, per riabilitare la sua salute fisica? Considerata la sua età, io non pensavo che fosse possibile farlo. Le scrissi facendole presente che egli ormai aveva passato la sessantina e che era stato abbastanza danneggiato già dal primo incidente. Ora, il secondo lo aveva lasciato incosciente per diversi giorni e quindi, era ancor più impotente di quanto fosse stato prima. Le dissi che non pensavo di poter fare qualcosa in più per lui."-
La genialità nella psicoterapia di Erickson può in parte essere attribuita alla sua fenomenale abilità nella comunicazione verbale e non-verbale. Egli però sostenne la funzione dell'Inconscio, come la cosa più importante ed efficace tanto nella vita che nella terapia. Egli elaborò la 'trance' ipnotica come uno stato di consapevolezza alterato in cui le strutture abituali e le limitazioni dell'Ego venivano depotenziate, e le esperienze nonché le capacità esistenti nell'Inconscio erano usate per risolvere i problemi. Egli scrisse ancora:
"Per una persona è molto importante sapere che il proprio Inconscio è più acuto di quanto non sia essa stessa. C'è una enorme ricchezza di materiale informativo depositato nell'Inconscio. Sappiamo che l'Inconscio può fare tantissime cose ed è importante che il vostro paziente sia certo di poterle fare. Bisogna che essi siano disposti a lasciare che il loro Inconscio faccia le cose e che non dipendano troppo dalla loro mente conscia. Ciò è un grandissimo aiuto per le loro funzioni. Così voi costruirete la vostra tecnica in base alle istruzioni che permetteranno alla loro mente conscia di esimersi dal compito e lasciar fare tutto all'Inconscio. Potrete immergervi ed utilizzare l'autoipnosi, al fine di ottenere certi risultati o acquisire certe conoscenze. E quando, avrete bisogno di quella conoscenza? Quando avrte un problema con un paziente. Allora dalla vostra mente inconscia emergerà il modo in cui dovrete procedere. Poi, due settimane dopo, il paziente arriverà e voi saprete dire la cosa giusta al momento giusto. Ma disinteressandovi di quel problema, prima che sia giunto quel momento, poiché sicuramente non appena comincerete a pensarlo consciamente, lo ingrandirete e lo rovinerete. Al momento attuale, se ho qualche dubbio sulla mia capacità di vedere le cose importanti, entro io stesso in 'trance'. Quando vi è un problema cruciale con un paziente ed io non voglio perdere nessuna traccia, entro in 'trance' e… Ciò avviene in maniera automatica, perché comincio col tenere in conto di ogni cosa, di ogni segnale, di ogni momento o manifestazione comportamentale ritenuta importante. Così, ora, parlandone con voi, la mia visione diventa come un tunnel in cui io vedo solo voi e le vostre sedie. Ciò accade automaticamente, con una tremenda intensità, come se stessi direttamente guardando in voi. Il termine 'tremendo' forse è sbagliato; sarebbe meglio usare 'piacevole'."-
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NICK CUMMINGS
Così come Erickson, anche Cummings è un maestro-terapeuta. E proprio come Erickson, anch'egli dovette superare problemi apparentemente insolubili nella sua vita, dimostrando una creatività nel suo lavoro, che non poteva essere trasferita in una procedura formale. Quanto segue è una trascrizione di sue conversazioni tenute con me ad Honolulu nel 1984, in cui egli descrisse le significative influenze del suo autosviluppo:
"Avevo appena quattro anni quando una notte mi svegliai piangendo e strillando, dopo che mio padre era appena deceduto. Egli aveva solo trentacinque anni. La mia nonna materna entrò nella stanza e disse:- Ora sei tu, l'uomo di casa!- Avevo solo quattro anni, ma ancora mi ricordo quanto fui atterrito da questo fatto. Quando mi capita di leggere di come le persone vengano preparate ad un certo ruolo nella vita, so bene cosa significhi, in quanto mia nonna mi preparò in quel modo ad essere l'unico uomo di casa, quando ero solamente un bambino. Quello che mi insegnò fu di dovermi assumere delle responsabilità, anche se in qualche modo, io potevo ancora manipolarle. Lei non mi chiese mai qualcosa che non potevo fare. Se capiva che potevo fare una certa cosa, non c'era verso che non me la facesse fare."
"Ero senza padre da tre anni. Se mi parlavano di lui, io mi rinchiudevo in me stesso. Ho solo vaghi ricordi di mio padre, ma la sua morte fu qualcosa di tragico. Eravamo in vacanza a Palm Springs e lui si buscò un'appendicite, che non venne diagnosticata. Il dottore del luogo neanche venne, ed al telefono disse di dargli tre cucchiai di olio di ricino. Mio padre li prese ed alle tre del mattino, la sua appendice si ruppe. A quei tempi non vi erano trattamenti per la peritonite e quando questa si sparse attraverso tutto l'addome, di lì a poco, egli morì. In più, era come se non avessi neanche mia madre, perché essa cadde in una terribile depressione. Così fu mia nonna che mi fece da madre e da padre."
"In seguito, mia madre sposò il mio attuale patrigno. Giurai a me stesso che egli non avrebbe mai preso il posto di mio padre, ma ciò durò solo per circa sei mesi, dato che poi divenni totalmente entusiasta di lui. Egli era tuttavia anche estremamente severo ed un impegnativo sorvegliante. Ciò che esigeva da me era incredibile. Mi diceva sempre:- Non importa cosa diventerai. Non mi importa se diventerai uno zappaterra, o un poeta o un uomo d'affari. Basta che tu sia il migliore. Se diventerai uno zappatore, dovrai scavare i fossi più perfetti del mondo. Se farai ciò, io sarò pronto a battere la prima persona che tenterà di umiliarti per il fatto che sarai diventato uno zappatore di fossi. Ma tu dovrai diventare il miglior zappatore del mondo!- Ecco cosa mi diceva, e lo intendeva veramente! Perciò, in tutta la mia vita, ho cercato di attenermi a questo principio."
"Restai paralizzato due volte, nella mia vita. La prima a quattro anni e la seconda a nove. A quattro anni, ero in groppa ad un cavallo. Qualcuno frustò il cavallo che prese furiosamente a galoppare ed io andai ad urtare con il collo su una corda da bucato, e quasi me lo ruppi. Poi, a nove anni, ebbi la polio. Dell'avvenimento di quando avevo quattro anni, ne ho un ricordo sfocato, mentre è molto più dettagliato quello della polio, in quantro ero già abbastanza grande. Mi ricordo dei dottori e delle infermiere che parlavano sopra il mio letto. Uno dei dottori diceva:- Se questo ragazzo sopravviverà, e non credo che possa avvenire, perché secondo me egli morirà entro le prossime ventiquattr'ore, ma se sopravviverà non potrà sicuramente più camminare-. Mi ricordo che mi arrabbiai così tanto che, alla fine, sopravvissi. Ma il dolore era tale che è come se avessi avuto una morsa fissata su ogni giuntura muscolare, non solo ai gomiti ed alle ginocchia, ma anche ai polsi, alle nocche, alle caviglie ed alle dita dei piedi. Il dolore non voleva proprio diminuire. Anzi, per tre giorni peggiorò sempre di più. Però ero determinato a vivere e così, vissi. Ciò accadde durante la maligna epidemia di polio che colpì gli Stati Uniti negli anni 1932 e 1933. mi trovavo all'Ospedale pediatrico di Oakland, in una enorme corsia piena di bambini con la polio. Superati quei primi tre giorni, divenni il ragazzo che riceveva più considerazione di tutti. Rimasi nel polmone d'acciaio per circa sei mesi e, in seguito, a letto per altri tre mesi. Questi mi servirono per risollevarmi e ne approfittai per raccontare delle storielle agli altri bambini. Mia nonna era una grande narratrice di storielle infantili ed aveva un incredibile gusto per la vita, un acuto senso dello humour e io raccontai tutte quelle che avevo ascoltato da lei. I bambini mostravano di gradirle e così io le inventavo a puntate, in maniera di farle continuare il giorno seguente. Durante la notte, mentre ero a letto, mi scrivevo gli episodi successivi, che poi avrei raccontato. La mattina, dopo che i bambini si erano lavati e dopo aver fatto colazione, gli esercizi e tutte le loro cose, venivano da me per sapere la fine delle storie. Ed io raccontavo loro gli episodi successivi. Le infermiere approfittarono di questo per minacciare i bambini:- Se non fate il bagno e gli esercizi, non vi faremo ascoltare le storielle di Nick!-"
"Alla fine venne il tempo di tornare a casa ed io avrei voluto uscire di lì a piedi ma il dottorie mi disse che dovevo andarci in ambulanza. Divenni furioso, così mi misero su una sedia a rotelle e mi spinsero nell'ambulanza. Con me viaggiarono mia madre, il mio fratellastro e lo stesso dottore. Appena giunti, mi portarono al piano di sopra. Il dottore mi esaminò ed io impazientemente aspettavo che tutta quella gente se ne andasse via, così che potessi camminare. Finalmente lasciarono la casa, eccetto mia madre che doveva sbrigare alcune faccende. Mi dissi:- Ora!- ed in qualche modo tentai di alzare le gambe sopra la sponda del letto, sollevandomi con la forza delle braccia. Le mie gambe erano come gelatina. Finìi proprio con la faccia per terra e venni preso dal terrore, rendendomi conto di essere paralizzato dalla cintola in giù. Il terrore mi attanagliava e intanto mia madre, che mi aveva sentito cadere, corse su. In seguito potei udire tutte le notti mia madre che piangeva, parlando con il mio fratellastro. Diceva che non avrei più potuto camminare e si doleva, sentendosi in qualche modo colpevole. Diceva:- Mi sento malissimo. Chiedo perdono a Dioi perché pensavo che mio figlio non avrebbe più potuto vivere, mentre invece vive, e quindi dovrei essergliene grata, ma egli non può camminare!- Io dissi:- Al diavolo! Io riuscirò a camminare!- Arrancavo strisciando e, mentre mia madre era occupata in un'altra parte della casa, io imparai a scendere giù dalle scale, trascinandomi sulla pancia come un serpente, ed arrivando fino al garage. Mi rotolavo spingendomi sui tubi dell'acqua e del gas. Cercai perfino di montare sulla motocicletta, riuscendo a guidarla, spingendola con l'addome, dato che le gambe erano inutilizzabili. Se però avessi urtato su qualcosa o fossi caduto, sarei stato impotente e sarei rimasto steso finché qualcuno non mi avesse rialzato. Armeggiai fino a poter fare quindici miglia con quella moto, arrivando fino alle colline di Piedmont, che era quasi vicino all'aeroporto di Oakland, e ritorno. Mia madre era totalmente atterrita e mi supplicava:- Ti prego, non andartene di nascosto fuori di casa. Non tormentarti se non potrai più camminare!- Disse perfino alla polizia di controllarmi. Mi ci vollero due anni per imparare ad andare in giro con la moto. Talvolta stavo fuori per ore. In seguito, mi diplomai al College e fui accettato alla Scuola Medica, ma intanto si avvicinava la II° Guerra Mondiale e l'Esercito decise qualcosa anche per me. Fui destinato alla fanteria e così, quando mi dissero che si stava formando un nuovo tipo di unità combattenti chiamati 'truppe paracadutate', io mi offrìi volontario. Naturalmente usai la scusa che saltar giù dagli aereoplani era molto meglio che marciare per trentacinque miglia. La verità però era che volevo essere un soldato, dovevo essere il miglior soldato. Così, a diciotto anni diventai paracadutista dell'82° Aerobrigata."
"Nella prima parte della guerra, fui paracadutato sulla Yugoslavia con altri cinquantasette uomini. Ci collegammo con le armate di Tito. Tre giorni dopo il lancio, il mio capitano ed entrambi i luogotenenti furono uccisi. Io ero sergente di squadra e divenni il capo della forza di spedizione Americana in Yugoslavia. Eravamo lì da parecchie settimane, al diretto seguito del Maresciallo Tito. Egli aveva circa cinquant'anni ed era solito andar dritto su una montagna con un fucile automatico Browning e circa cinquanta chili di altro equipaggiamento. Io, a quel tempo, avevo diciannove anni ma faticavo a tenergli dietro. La sola ragione per cui fummo paracadutati lì, combattendo con i partigiani, era di mostrare a Tito che gli Americani sostenevano lui anziché i Cetnici. Di cinquantasette soldati che furono inviati, undici erano già morti. Dovevamo trovare lo sbocco dalle montagne, giù per le linee Tedesche, fino alla costa per prendere contatto con un sottomarino che si supponeva fosse in nostra attesa. Alla fine, soltanto undici di noi arrivarono al sottomarino. Questo era esattamente ciò che ci si aspettava da noi, perché ogni missione dell'82° Aerobrigata era una missione-suicida e, forse, nessuno si aspettava che qualcuno di noi tornasse indietro. La media dell'82° era di tre lanci, prima di questo. Io ne feci undici e, alla fine, fui paracadutato a Bastogne. Più del 40% dei nostri morti in battaglia, lo furono per cause psicologiche. In seguito, io divenni Ufficiale e fui inviato alla Scuola di Neuropsichiatria Militare, ove feci un corso accellerato di sei mesi, in psicoterapia. In quei giorni, si corsero dei rischi tremendi ma il premio fu incredibilmente autentico, quando avvenne la mia prima esperienza terapeutica. Un mio paracadutista si era bloccato congelato prima del salto. Io avevo due scelte: insegnargli il modo giusto aiutandolo a saltare oppure la solita procedura, in cui il sergente incaricato spingeva coi piedi l'uomo fuori dal portello. Di solito, quando accadeva questo, l'uomo prima di toccare terra era in uno stato di agitazione catatonica, che si manifestava appena toccava terra. Esso andava di qua e di là, sparando e gridando senza scopo e spesso, venendo ucciso cinque minuti dopo aver toccato terra. Perciò, io avevo letteralmente pochi secondi per farlo saltare di sua spontanea volontà, prima che il sergente intervenisse a buttarlo di sotto. Questa fu la più breve forma di terapia della mia carriera, e con i risultati migliori. Posso onestamente dire di non aver mai lasciato nessun paracadutista alla mercè della psiconeurosi, in tutto quel periodo."
"Purtroppo, in quel periodo, ho dovuto anche uccidere, diverse volte. È stata una cosa molto sofferta. Riandando indietro con la memoria, penso che uccidere sia stato per me più duro che morire io stesso. Ho dovuto veramente sforzarmi per farlo, ma l'ho fatto perché doveva essere fatto. I miei sensi di colpa… la vita ha un certo modo di prendersi cura delle cose, dato che dopo che fui ferito con tre pallottole 'calibro-50' nell'addome ed una nel ginocchio, rimasi steso nella neve per tre giorni e per me la guerra avrebbe dovuto essere finita. Ma poi venni a sapere che la mia compagnia era stata scelta per liberare Buchenwald. Poiché gli Alleati non entrarono abbastanza in fretta nella Germania, Hitler aveva dato ordine di sterminare tutti gli Ebrei prima che gli stessi Alleati avessero raggiunto i campi di concentramento. A quell'epoca ero capitano, così quando udìi che la mia compagnia sarebbe stata paracadutata su Buchenwald, mi precipitai fuori dell'ospedale. Dissi al colonnello che il solo modo di impedirmi di guidare la compagnia a Buchenwald era quello di mandarmi alla Corte Marziale. Così, quando ci lanciammo su Buchenwald, i Nazisti stavano uccidendo gli Ebrei così in fretta, che non avevano neanche il tempo di sotterrarli. Vi erano fosse enormi in cui essi spingevano dentro i cadaveri con dei bulldozer. Si poteva sentire il fetore dei corpi in putrefazione che ammorbava l'aria. Quando arrivammo noi, tutti i sopravvissuti sembravano degli scheletri. Così persi tutti i miei sensi di colpa. Abbiamo dovuto sterminare i soldati tedeschi per poter salvare la vita a quelle altre persone. Se Hitler avesse vinto la guerra, vi sarebbero state molti milioni di persone uccise in più, perché egli avrebbe ucciso tutti quelli che non gli piacevano, storpi, Ebrei e chiunque fosse in qualche modo handicappato."
"Diplomarmi a scuola fu per me un'impresa ardua. Ero abituato a stare seduto ascoltando le argomentazioni intellettuali dei miei compagni. Mi dicevo:- Vecchio mio, che errore hai fatto! Non ruiscirai mai ad essere uno psicologo. Io non la penso come questi tipi e nemmeno parlo come loro, che sputano sentenze. In questa mia decisione c'è qualcosa di sbagliato!- Tuttavia, ero anche arrivato alla conclusione che dovevo essere ciò che ero. Se questo non si fosse risolto positivamente, avrei lasciato la psicologia e caercato qualcos'altro. Ma la cosa andò. Dopo la scuola di specializzazione, cominciai il lavoro di analisi e fui sorpreso di constatare che prima ancora di ricevere i miei primi clienti, in me vi era una preparazione che ne aveva determinato l'idoneità e un'altra che ricavava tutta la storia sintomatica, poi un esame medico nonché uno neurologico. Quando poi vedevo il cliente, avevo già sulla mia scrivania il carteggio pronto da leggere. Mi era stato detto che quella era la giusta usanza, mentre il modo in cui avevo lavorato da militare, aveva fatto più danni che beneficio. Lavorai diversi anni con l'erronea idea che la psicoterapia breve non fosse il metodo giusto e quindi diventai un analista ortodosso, specializzato e pratico, il tipo che è abituato a considerare trecento ore di psicoterapia solo come fase di riscaldamento. Quando iniziai la pratica di specializzazione analitica, fui abbastanza fortunato da avere come istruttore Erick Erickson (non Milton, di cui si è parlato dianzi, N.d.T.) che però a quel tempo non era così valutato nel Movimento di Analisi. I Neo-Freudiani non lo riconoscevano come simile a loro ed i Tradizionalisti lo reputavano un Neo-Freudiano, e la cosa andò sempre in questo modo. Anche se ora tutti lo reclamano. Io ebbi con lui un trattamento per circa dieci mesi. Un giorno egli mi disse:- Bene, la terapia è finita!- Io saltai giù, furente, e dissi:- Che significa? Questa è solo la fase di riscaldamento. Non ho ancora cominciato con l'analisi vera e propria!-. Egli ribattè:- Sei un eterno bambino. Se finiamo adesso, potrai conservare tutto ciò e farai grandi cose nella vita. Se continuiamo ad andare avanti, ti trasformerai in un noioso pallone gonfiato. Se non ti fermo ora, mi dovrò vergognare in seguito di averti fatto questo, perciò è meglio che ci fermiamo!-. Io replicai ancora:- Mi rifiuto. Troverò un altro analista.- Egli disse:- Bene, vai pure da un altro analista, se vuoi, però la colpa non sarà più mia. Puoi rimanere in contatto con me.- Così ci accordammo. Ricordo i commenti dei miei compagni di analisi, a quel punto:- Oh, il povero Nick non approderà a nulla, dato che non è riuscito a farsi analizzare dal terribile Erik Erickson!-."
"Durante il mio addestramento analitico, conobbi anche Frieda Fromm Reichman. Era una ragguardevole persona e solitamente vestiva un liso soprabito bianco; dato che, a quel tempo, tutti i dottori di un certo calibro ne indossavano uno di ugual colore. Aveva sempre in tasca delle caramelle, che regalava a tutti gli schizofrenici che incontrava. Da lei imparai che le illusioni occupano tempo e spazio e che esiste una sola stanza per una persona. Perciò, se vi entra il terapista, il paziente deve uscirne. Questo succedeva prima che arrivassero i tranquillanti, ed i pazienti erano soliti fare brutte cose, come defecare in mezzo alla stanza, o altro. Essa aveva trovato un paziente che giocava con le proprie feci e aveva dovuto indossare guanti di gomma, sdraiarsi sul pavimento e mettersi a giocare anch'essa con le feci del paziente. In questo modo il paziente smetteva e non faceva più niente. Lei era proprio una persona appassionata e diceva sempre che non c'era cosa più forte di un paziente disperato; che c'erano solo tecniche da disperati e che noi avremmo dovuto scoprire nuove tecniche."
Uno dei casi di particolare considerazione di Cummings riguardò una donna che, a causa della somatizzazione, stava lasciandosi morire. Allora Cumming, le offrì una capsula di cianuro. Egli racconta ancora:
"Feci questa cosa per tre volte. Tutte e tre le persone stavano uccidendosi per auto-psicosomatizzazione. Sicuramente molte persone mi accusarono di volermi ritenere un dio, ma non fu esattamente così. Non vi so dire quanto dovetti sudare. Queste persone sono così determinate che fanno in modo di lasciarsi morire ben più di quanto voi possiate metterle di fronte alla morte e molto più rapidamente di quanto le si possa portare a voler vivere. Dovete assumervi il rischio della loro morte e devo ammettere che la terza volta non fu così facile come la prima. Ciò che mi lasciò felice fu il fatto che lo psicologo a cui riferìi il terzo caso, alla fine mi disse:- Debbo dire che è una cosa fantastica, ma io non sarei capace di farlo!- Io dissi:- E' una tua referenza; non mi criticherai per il fatto che lo faccio io?- e lui rispose:-No, Nick, perché lei sta comunque morendo in ogni caso!-. Quella volta fu l'unica in cui ebbi un certo supporto di un collega. Nelle altre due occasioni, mi sentìi e fui molto solo. Qui c'era una donna che aveva tanti precedenti medici da riempire uno scaffale di libri. Tutti i dottori l'avevano visitata ed era entrata ed uscita da diversi ospedali psichiatrici. La sua mente era abbastanza chiara e si lasciò convincere lucidamente. Ma la sua schizofrenìa stava producendo un'azione somatica. Lei era certa e sicura che all'interno del suo corpo stavano accadendo i peggiori cambiamenti e così aveva sviluppato una serie di eruzioni molto dolorose in tutto il corpo. Presto non potè neanche più sedersi né sdraiarsi. La sola cosa che poteva fare era di stare in piedi ma, alla fine, le eruzioni crebbero anche sotto la pianta dei piedi, così che non poteva neanche più stare in piedi. In seguito, le si svilupparono nella trachea e nei polmoni e poiché cominciò ad ansimare, i medici le infilarono dei tubi in gola. Questa donna stava veramente uccidendo se stessa. Aveva questa tremenda testardaggine e questa cocciutaggine schizofrenica l'aveva portata a far soffrire anche il suo coniuge. Ciò che io decisi di fare, fu di metterla in isolamento. Le spiegai che si stava uccidendo da sola. Le dissi:- So che non lo accetti e che non credi a niente di ciò che ti dico. Anzi adesso nemmeno mi ascolti, ma l'azione della tua psicosi è così massiccia che ti sta uccidendo. Ti stai uccidendo da sola!-. Predisposi con l'ospedale di non farla più coinvolgere nelle visite mediche, nella terapia di gruppo, insomma in nessuna cosa. A parte le persone che dovevano entrare per lavarla e cose del genere, la sola persona che poteva vederla ero io. Sarei venuto ogni venerdì e, un giorno, portai con me una capsula di cianuro. Questa capsula era uno dei miei souvenirs di guerra che avevo preso ad un Ufficiale Tedesco che la teneva pronta per se stesso. Entrai e dissi alla donna:- Sono stanco di quest'andazzo. Questo fatto di voler morire un po’ alla volta, di volersi suicidare lentamente, è una merdata. Eccoti del cianuro. Ora io uscirò da qui. Hai quindici minuti per ingoiarla. La morte arriverà quasi istantaneamente. Sentirai solo un lieve dolore e sarai morta. Tu stai cercando di ucciderti. Io ti do la possibilità di farlo!-"
"Tornai dentro esattamente quindici minuti dopo. Se lei non avesse ingerito il cianuro, avrei riposto nella mia borsa la capsula e le avrei detto:- Sei una maledetta imbrogliona. Tu non hai il fegato per ucciderti e così ti lasci morire lentamente, mettendo in crisi la tua famiglia e tutti quanti intorno a te!-. Ed infatti così accadde. Io letteralmente l'assillai. Lei mi disse:- Sono arrabbiata con te. Non hai il diritto di parlarmi così-. Io dissi ancora:- Bene. Quando ritornerò il venerdì prossimo, non dovrai imbrogliarmi. Ti lascerò nuovamente sola con il cianuro per quindici minuti-. Dopo sei o sette settimane, la sua tracheite cominciò a migliorare. Siccome poteva ancora rischiare di voler morire, io impedìi che le fossero messi ancora i tubi nella gola. Così, ogni venerdì le parlavo per una quindicina di minuti. Poi me ne andavo fuori e lei aveva i suoi quindici minuti per restare sola con il cianuro. Quindici minuti dopo, la rimproveravo per essere una dannata ipocrita. Dopo circa otto mesi, iniziò a riprendersi e, con molto sentimento, mi disse:- Non voglio più che tu mi proponga quella cosa!-. Io le dissi:- Ok. Non lo farò più, perché ho capito che tu non vuoi più morire ed ora sei decisa-. Comunque, lei mi disse ancora:- No, voglio essere onesta con te. Io ho deciso di non morire, ma non ho ancora deciso se voglio vivere!-. La guardai a, a mia volta, dissi:- Va bene. Accetto questo proposito, che comunque è una cosa migliore di prima. Però, voglio dirti che il mio lavoro con te è di cercare di farti decidere a vivere-. Lei allora concluse:- E' più che giusto!-. Quindi accettammo il compromesso ed io non le diedi più la compressa di cianuro. Lei oggi sta conducendo una vita normale."
Non importa quanto possano essere sofisticati, ma di sicuro non possoino venir trascurati questi modelli di terapia. Essi, sviluppati dal lavoro di questi due terapeuti, cioè Erickson e Cummings, ebebro una forte influenza dalle circostanze di vita che forzarono il loro auto-sviluppo. In definitiva, l'auto-sviluppo è la chiave dell'abilità e del successo.
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L'ADDESTRAMENTO CORPO-MENTE
L'addestramento corpo-mente consiste di quattro pratiche fondamentali: Zazen, Sviluppo dell'Hara, Circolazione dell'Energia Vitale e Comunicazione. Esse possono essere tutte usate per trasformare quotidianamente la vita in un metodo di auto-sviluppo.
ZAZEN
Lo Zazen (ossia la 'seduta-zen') è la pratica di base, in quanto provvede a facilitare le condizioni in cui si sperimenta il Samadhi. Lo Zazen può essere reso operativo come perfezionamento dell'immobilità e della quiete. È una replica della forma applicata da Shakyamuni Buddha sotto l'albero della Bodhi. Lo Zazen permette la consapevolezza da controllo consapevole e facilita la lucidità e la sensibilità che producono lo sviluppo continuativo in ogni qualsiasi altra pratica possibile. In termini di psicodinamica si può dire che per coltivare l'energia vitale è necessario realizzare le strutture del più alto livello, insite nell'Inconscio. Tutti i grandi Maestri Zen hanno praticato lo zazen. Bisogna però pure ricordare che Nan-yueh derise gli sforzi di Ma-tsu che insisteva nel sedere in zazen per diventare un Buddha, sarcasticamente mostrandogli che lui stesso intendeva creare uno specchio da un mattone, a forza di lucidarlo con le maniche della sua tonaca.
Significativi cambiamenti psicologici avvengono in una persona che pratica lo zazen. Ciò include cambiamenti nelle onde cerebrali da 'beta' ad 'alfa', fino alle onde 'theta', un abbassamento del tasso respiratorio anche se con un accrescimento del volume dello stesso, diminuzione dell'assuefazione e ridotti tempi di reazione agli stimoli avulsi, aumento della stabilità fisica e diminuzione della tensione muscolare. Si ritiene anche che l'incentramento e la pressione sul basso addome stimolino favorevolmente il sistema nervoso autonomo e facciano circolare meglio il sangue immagazzinato nel fegato e nella milza, agendo quindi effettivamente come un secondo cuore.
Le seguenti istruzioni per applicare bene lo zazen, sono tratte da 'Introduzione per il Discepolo Zen' di Omori Sogen.
DISPOSIZIONE DEI CUSCINI (Fig.1)
"Per sedere bene, si devono armonizzare mente, corpo e respiro. Soltanto quando questi tre sono realizzati come un'unica unità, sarà possibile avere successo nella stabilizzazione e tranquillità degli stessi corpo e mente. Ognuna di queste tre entità è inseparabilmente collegata alle altre due. Se la posizione del corpo è di per sé corretta, la mente ed ilo respiro saranno ragionevolmente corretti in sé e per sé.
È molto importante indossare abiti che siano abbastanza allentati o sbottonati, per poter avere una buona circolazione. È anche importante non apparire sciatti e disordinati, cosicché vi sia un aspetto di dignità e la sensazione di stabilire un appropriato atteggiamento per la seduta.
Scegliete un cuscino largo con sotto un altro più piccolo, ameno che non abbiate il vostro 'zafu' personale, in maniera che possano funzionare da cuneo. Sedetevi sul bordo, con le natiche appoggiate precisamente al centro del cuneo.
LE POSIZIONI DEL LOTO E DEL MEZZO-LOTO (figura 2)
Per adottare la posizione del loto intero, come mostrato nella figura 2, porre il piede destro accanto alla base della coscia sinistra ed il piede sinistro sulla coscia destra. Mentre, per la posizione del mezzo-loto, mettere semplicemente il piede sinistro sulla coscia destra, oppure il piede destro sulla coscia sinistra. ---------------------------------------------
LA POSIZIONE DELLE MANI (figura 3)
Nella posizione 'a canestro', mettere la mano sinistra col palmo all'insù e con le dita congiunte sul palmo della mano destra. I lati interni delle punte di entrambi i pollici si toccano e formano una ellisse. Visti da sopra, i pollici devono essere in linea con i diti medi.
Nella posizione alternativa, afferrare le estremità del pollice sinistro e chiuderlo tra il pollice e l'indice della mano destra. Formare un pugno allentato con la mano destra e circondarlo con la sinistra.
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STABILIZZARE IL CORPO (figure 4 e 5)
Il corpo, quando è seduto in modo corretto e stabile, ha la forma di una piramide. La base è un triangolo immaginario formato dalle linee che collegano le due ginocchia ed il coccige. Le linee della diagonale dorsale si estendono dalle due ginocchia ed il coccige fino in cima alla testa e completano la piramide. Dondolare il corpo da destra a sinistra ed ancora da sinistra a destra. L'ampiezza di queste oscillazioni dovranno essere all'inizio più larghe e successivamente diminuire finché il corpo si stabilizza e diventa spontaneamente immobile e fermo.
A) Raddrizzare perpendicolarmente la spina dorsale, inclinando la parte superiore del corpo in avanti. Spingere poi le natiche all'indietro senza muoverle, sollevando la parte superiore del corpo in modo graduale come se si spingesse verso il cielo con il retro della nuca. Questa azione raddrizzerà la spina dorsale in una posizione naturale.
B) Tendere in avanti la parte bassa dell'addome per raddrizzare le anche. Sollevare la parte alta del corpo finché diventi verticalmente perpendicolare al collo e con le mascelle ritirate in dentro. Il centro di gravità 'Tanden' (in Cinese, tan-tien) coinciderà adesso con il centro geometrico del piano del triangolo.
C) Soffermarsi ad osservare che le mascelle inferiori siano tirate in dentro ed il retro del collo sia diritto. Se tutto è in posizione corretta, le orecchie e le spalle dovranno cadere sullo stesso piano perpendicolare.
D) Bloccare pure la posizione della parte bassa dell'addome e le anche. Se l'addome è teso correttamente in avanti e le anche sono perpendicolari, il naso e l'ombelico verranno a trovarsi allineati.
E) Fare in modo che la parte estrema e superiore della lingua tocchi la parte del palato corrispondente alla mascella superiore, cosicché i denti si trovino in contatto gli uni con gli altri.
F) Ora, sedete rilassati, in una vigile e severa dignità, come il Monte Fuji, che si erge maestoso nel cielo e soprassiede ai Mari Orientali.
ADATTARE LA VISIONE (figura 6)
Adattare la visione significa aggiustare e focalizzare l'attenzione per impedire che venga distratta e presa dalle stimolazioni interne o esterne.
A) Gli occhi dovrebbero guardare dritti in avanti e la visuale del campo dovrebbe estendersi per 180 gradi. Indi, abbassare lo sguardo fino ad una posizione fissa sul pavimento, approssimativamente distante in avanti circa tre piedi. Gli occhi dovrebbero essere semichiusi, tranquillamente distaccati, senza che si abbia la sensazione di vedere, o non vedere, qualcosa.
B) Non chiudere completamente gli occhi. Per poter entrare nello stato della concentrazione Zen ed elevare al massimo il vostro potere interiore è importante tenere gli occhi socchiusi, anche se con lo sguardo diretto verso il basso. Se si restasse quietamente con gli occhi chiusi, come acqua inanimata, non si potrà giammai essere utili alla società. Potrebbe sembrare più facile unificarci spiritualmente tenendo gli occhi chiusi, ma questo sarebbe uno 'zazen inerte'. Interpretandolo in una maniera più luminosa, il tenere gli occhi socchiusi ci impedisce di addormentarci durante la meditazione e di cadere in stati privi di coscienza.
(Nota del Traduttore: Su questa questione degli occhi chiusi o aperti, sono stati versati fiumi di inchiostro, da parte di esperti della meditazione, pro o contro l'una o l'altra delle due posizioni. Secondo il Ch'an più antico, quello dei Patriarchi Cinesi, si accetta la meditazione ad occhi socchiusi, ma solo per i principianti e per le fasi iniziali del processo meditativo e proprio per i motivi spiegati sopra dall'autore di questo testo, che verosimilmente sono molto più adeguati a praticanti che si affacciano alle prime esperienze. Di conseguenza, quando l'adepto diventa sempre più esperto ed intenzionato a far sparire dalla sua mente tutte le tracce dell'oggettività mondana allora, ovviamente, la chiusura completa dell'organo della vista, come pure di tutti gli altri organi sensoriali, facilità il viaggio della coscienza negli spazi profondi della vacuità priva di soggetto ed oggetto. Comunque, la cosa migliore da fare, specie per i neofiti, è di seguire alla lettera le raccomandazioni del maestro ed applicare le regole imparate direttamente nella sala di meditazione).
RESPIRAZIONE PROFONDA INIZIALE (figura 7)
La respirazione profonda armonizza la mente ed il corpo.
A) Espirare lentamente attraverso la bocca, come se si volesse collegare tutta l'atmosfera con la parte bassa dell'addome. Svuotare tutta l'aria stantìa con una certa forza, creata mentalmente dalla concentrazione sul basso-addome. Alla fine dell'espirazione, rilassare la parte bassa dell'addome.
B) A causa della pressione atmosferica, nuova aria entrerà naturalmente attraverso le narici e riempirà lo spazio vuoto dentro i polmoni.
C) Dopo aver completamente inspirato, fate una breve e leggera pausa e, con tutto il Koshi esteso in avanti, spingete dolcemente l'aria inalata nel basso addome in un movimento riempitivo (Koshi e Hara, si riferiscono entrambi alla parte bassa dell'addome, alle anche, al posteriore ed alle natiche, in un insieme funzionante come un tutt'uno. Koshi enfatizza il corpo fisico, mentre Hara ha un significato più spirituale). La chiave per tutto questo movimento è la contrazione dello sfintere anale.
D) Ripartire ancora con l'espirazione, prima che vi accada di sentirvi a disagio. Ripetete questo tipo di ciclo respiratorio da quattro a dieci volte.
RESPIRAZIONE DURANTE LA MEDITAZIONE (fig. 8)
A) Quando la respirazione si è normalmente adattata, iniziate a respirare attraverso le narici e con la bocca chiusa. L'inspirazione risulterà più naturale attraverso il naso. L'aria inalata arriverà così, naturalmente, ai polmoni e, col rilassamento dei muscoli che sono intorno allo stomaco, potrete veramente sentire che l'aria riempie tutta la cavità dell'area al di sotto dell'ombelico.
B) Espirare attraverso le narici. Ciò dovrebbe essere fatto in un modo prolungato e diretto verso il 'tanden', grazie al potere dei muscoli addominali. Contrarre i muscoli intorno all'ano e spingere perpendicolarmente e leggermente in avanti le natiche. Si dovrebbe poter percepire una sensazione di potenza che deriva dall'area tutt'intorno all'ombelico. Nel processo di espirare con forza, la pressione sul basso ventre fa rientrare lo stomaco ed attenua la pressione che c'era intorno allo stesso stomaco. La concentrazione sulle estremità più basse del corpo dovrebbe far rilassare le spalle e tutte le parti superiori del corpo.
C) L'inspirazione dovrebbe essere fatta avvenire in modo naturale, così che nuova aria possa entrare e riempire lo spazio cavo dei polmoni.
D) I principianti dovrebbero praticare la respirazione con lo scopo di vivificare il 'tanden', ma anche affinché diminuisca gradatamente lo sforzo conscio, così che la frequenza dei respiri possa diminuire anch'essa in modo naturale. Nella espirazione ed inspirazione, si cerchi di concentrare verso il basso addome la pura e semplice energia, piuttosto che la potenza fisica personale. Quando l'energia vitale si posizione nel 'tanden' ed è delimitato nell'Hara, questa forza spirituale e la stessa energia vitale si irradieranno attraverso tutto il corpo.
E) Contate i vostri respiri, con tutto il vostro potere spirituale, come se cercaste di penetrare all'interno del centro stesso della Terra. Contate fino a dieci le espirazioni e le inspirazioni, sillabando mentalmente, per tutta la durata del ciclo respiratorio, U..…NO, DU..…E, T…..RE, e così via. Fate in modo che il vostro occhio mentale segua l'esalazione dell'aria, mentre state contando. Se perdete il conto, o se vi sbagliate nel contare ed andate oltre i dieci, ricominciate da capo col numero uno.
F) Per evitare interferenze ed incongruenze tra il conteggio ed il vostro respiro, è essenziale concentrare la vostra mente sul conteggio, anziché sulla respirazione in quanto tale, così da sentire che state respirando in accordo col vostro contare.
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PRECAUZIONI
I principianti tendono a sovraffaticare l'area del basso addome, a causa della eccessiva enfatizzazione messa in quest'area. Ogni individuo è differente dagli altri, nella propria struttura fisica e, quindi, deve guidare se stesso in modo appropriato. Ci si dovrebbe quietamente sedere in maniera da causare che la nostra energia possa pervadere l'intero corpo, piuttosto che sforzarsi a generare delle pressioni fisiche sul basso addome. Soltanto dopo una lunga esperienza nella pratica zazen, si potrà comprendere la differenza tra potere spirituale e potenza fisica. La verità risiede soltanto nello stato di MU (Vacuità, in Cinese: WU) e si potrà irrompere nello stato della Vacuità solo grazie ad una diligente concentrazione del potere, che è raccolto nel corpo, e dirigerlo verso il 'tanden', mentre simultaneamente il corpo si infonde di energia vitale che si irradia dallo stesso 'tanden'. Poiché lo Zazen non è una prova di resistenza all'acquietamento, non ha alcun senso sedersi per lunghi periodi, senza che ci si concentri all'unificazione di mente e corpo. Venti o trenta minuti, che è il tempo richiesto perché un bastoncino di incenso bruci completamente, sono più che sufficienti per i principianti. Ovviamente, anche solo cinque o dieci minuti basteranno, se sapremo sedere in modo serio e coscienzioso. Il punto cruciale è il grado di concentrazione, piuttosto che la durata della seduta.
SVILUPPO DELL'HARA
Fondamentalmente, la disciplina dello sviluppo dell'Hara, consiste nella corretta postura e respirazione, durante le attività quotidiane. Il perfezionamento di postura e respirazione potenzia l'energia vitale e rende più intenso il Samadhi. È possibile l'ottenimento di un livello estremamente alto di perfezione. Sato Tsuji, un filosofo Giapponese contemporaneo ci presenta le seguenti linee-guida:
"Per ottenere una giusta postura si deve inviare nel Koshi, cioè la parte bassa del ventre, tutta la forza del corpo. Riempire il Koshi (alla base del tronco) con l'energia vuol dire, tendere i muscoli addominali. Se li tendiamo nel modo giusto, come risultato di questa tensione, scopriremo che sotto l'ombelico sorge e si rivela un punto di concentrazione, che è il centro energetico dell'uomo, nella sua unità di corpo umano. Esso è chiamato 'Tanden' (Cinese: Tan-tien). L'arte di attivarlo si determina facendo concentrare in quel punto, la forza di tutte le altre parti del corpo…
Il riempimento con la forza del Koshi, va naturalmente di pari passo con la respirazione. Mentre si inspira si deve ritirare la forza dall'addome e, al tempo stesso, mantenere la giusta condizione del Koshi. Quindi, l'aria entra da sola e riempie la parte alta della pancia. Al termine dell'inspirazione, la parte bassa, cioè l'Hara, diventa da sola spontaneamente forte e si può, quindi, abbastanza naturalmente e agevolmente dare il cambio con l'espirazione. Il cambio da inspirazione ad espirazione e viceversa, deve essere completamente scorrevole ed uniforme…
Quando tutti i muscoli del corpo raggiungono il loro giusto bilanciamento, la regione dello stomaco diventa concava durante l'espirazione e la parte bassa del ventre si curva lievemente verso l'esterno... In questo esercizio, l'inspirazione è corta, mentre l'espirazione è prolungata, in quanto l'Hara si sta rinforzando…
La forza che colma e riempie il Koshi dovrebbe in effetti essere una forza che agisce come se la parte superiore del corpo non esistesse per niente. Il Koshi sostiene la parte superiore del corpo con la forza che si espande ascensionalmente dal basso… Questa esatta postura, che permette al corpo di mantenere la sua appropriata posizione perpendicolare, è il solo modo di ottenere quel livello di forma che dimostra l'unità della vita al di là del dualismo. Dobbiamo rifuggire da quell'imprigionamento nell'ego che ci causa crampi e tensioni in varie parti del corpo, cosicché possa sorgere una nuova condizione di assenza di egoismo. Tanto, quando si è sull'orlo dell'abisso, la vita ritorna da sola in se stessa…
Se il Koshi è la regione più importante per ottenere una giusta postura, si potrebbe dire che la successiva parte più importante, è il collo… Moltissime persone hanno la mandibola inferiore pendente in fuori, in un modo quasi abbandonato ed indolente… Perciò i Maestri insegnano che si dovrebbero tenere le vertebre cervicali diritte e mettere una certa forza dentro il collo, di fatto dovremmo spingere il mento tanto in dentro, da far dolere il retro delle orecchie. Nella giusta postura, la forza che si spinge nel Koshi e la forza che preme nel mento, sono strettamente collegate. Se uno perde la forza del Koshi, allora il mento cadrà troppo in fuori… Se uno cerca soltanto di premere il mento in dentro senza mettere attenzione al Koshi ed alla cavità dello stomaco, il torace involontariamente si spingerà in avanti. E quando il torace si protende, i muscoli addominali si indeboliscono bloccandosi e l'intera muscolatura del corpo va fuori posto… Si deve creare nell'Hara, la forza che tiene in ordine il collo… Quando la forza del collo penetra in quella del 'tanden', la testa si sente come se stesse lievemente fluttuando, non importa in quale modo ci si stia muovendo…"
In Giapponese, 'postura' si indica con un termine che, letteralmente, significa "La forza nella quale si regge il Respiro". Quando la respirazione è concentrata sul 'tanden', ogni esalazione rilascia la tensione nella parte superiore del corpo e raduna la forza del corpo nell'Hara. Questo fatto produce l'energia che si irradia attraverso il corpo e ne perfeziona la forma. Un maestro disse. "Un respiro dopo l'altro, con nel corpo tutta la forza del 'tanden' – è come un cesello che gradualmente forma e compone interamente e organicamente tutti i muscoli del corpo!"
I limiti nel perfezionare la respirazione e la postura, tramite l'addestramento della muscolatura, dipendono dalla propria personale sensibilità kinestetica. Questa sensibilità può essere straordinariamente aumentata per mezzo delle sedute di zazen, che eliminano i fortuiti movimenti grossolani che normalmente mascherano e dissipano l'energia necessaria a sperimentare le sensazioni più sottili del corpo. Esempi di tensioni possono essere rintracciati nel corpo, dalla cima della testa fino alla punta dei piedi; il flusso del sangue e l'energia possono essere armonizzati con la pulsazione dell'Universo e, in seguito sperimentati personalmente nell'immobilità della pratica di zazen.
Itzhak Bentov, un tecnico che inventa e sviluppa strumenti medici, descrive le seguenti dinamiche tra movimento del corpo, battito cardiaco e ritmo respiratorio. Questo è un esempio di un possibile unico meccanismo nel creare un risonante ritmo nel corpo attraverso la respirazione.
"Quando il ventricolo sinistro del cuore espelle il sangue, l'aorta essendo elastica, si gonfia proprio al di là della valvola e causa una pressione che pulsa per viaggiare giù lungo l'aorta… Quando la pulsazione raggiunge la biforcazione nel basso addome (dove l'aorta si biforca in due per andare nelle gambe) una parte della pressione-pulsazione rimbalza e riprende a ritornare in su nell'aorta. Se nel frattempo il cuore emette più sangue e nuova pressione pulsa per viaggiare in giù, questi due fronti di pressione, alla fine, entreranno in collisione da qualche parte lungo l'aorta. Questa è …la ragione per il modello irregolare del (normale) movimento del corpo… Tuttavia, quando si ferma la respirazione, sembra come se una qualche comunicazione sia stata messa in moto tra il cuore e la biforcazione. Sembra come se un qualche tipo di segnale viaggi dalla biforcazione fino al cuore, dicendogli:- Cuore, sostieniti. Mantieni la tua pulsazione fino a che l'eco dalla biforcazione ritorni a te - soltanto dopo dovresti emettere la successiva quantità di sangue! - Quando ciò accade, e l'eco di ritorno insieme con la pulsazione si muovono dal cuore, ed essi continuano a muoversi su e giù in sincronia, allora un tale sistema è detto essere in risonanza. Ciò costringe il corpo a muoversi armoniosamente su e giù circa sette volte al secondo, che quindi si conforma al piacevole, regolare e vasto moto oscillatorio del petto… Un'altra caratteristica del comportamento di risonanza è che esso richiede per il suo mantenimento, soltanto una quantità minima di energia…".
In definitiva, il risonante ritmo del corpo può essere messo in parallelo con il ritmo dell'Universo, quando si è raggiunto il "respiro-embrione". Nell'ipertecnologico ambiente della società moderna, a meno che non si eseguano lavori manuali, è improbabile che le persone soddisfino i loro bisogni per una stimolazione fisica obbligata dall'evoluzione. La maggior parte di esse deve fare un ulteriore sforzo per integrare l'esercizio fisico, nelle loro abitudini di vita. Se ciò viene fatto in accordo ai principi della respirazione, postura e consapevolezza, sviluppati nei vari Sentieri Spirituali, allora l'esercizio condurrà allo sviluppo dell'Hara, la coltivazione dell'energia vitale ed alla trasformazione in positivo della personalità. Qualunque esercizio potrà essere praticato in questo modo. Uno dei più seguiti, che idealmente è come una pratica quotidiana, in quanto è tranquillo e richiede poco spazio, senza un necessario bisogno di un partner, è il "T'ai-Chi".
Questa è una sofisticata arte marziale Cinese, praticata per mezzo di movimenti lenti e garbati, che riflettono il naturale flusso del Tao. Steven Kow, istruttore di T'ai-Chi a Chozenji, elenca le seguenti aree di sviluppo, interessate ed enfatizzate dall'arte in questione: 1) Concentrazione della mente. 2) Pratica delle varie forme. 3) Controllo della respirazione interna, che coordina il ritmo del respiro con i movimenti del corpo. 4) Sviluppo del Tanden; e, 5) Raggiungimento di un livello di Vacuità, in cui il piccolo<sé> della persona si immerge e si mescola nel Tao.-
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LA CIRCOLAZIONE DELL'ENERGIA
Il "Ben-essere" consiste in tre flussi di energia vitale che attraversano il corpo e mettono in contatto quest'ultimo con l'intero universo. La circolazione dell'energia è la pratica di dissolvere le aberrazioni del corpo, che deteriorano il flusso dell'energia. Questa è la mèta della Terapia Zen nei riguardi del corpo, un metodo di lavoro sul corpo, sviluppato da Dub Leigh in unione con Tanouye Roshi. Leigh è una delle due sole persone al mondo addestrate personalmente da Ida Rolf e Moshe Feldenkrais. Egli descrive la Terapia Zen del corpo, come la manipolazione manuale dei modelli "random"(casuali) dell'energia vitale. Egli dice, tra l'altro:
"Dopo il mio addestramento nella strutturazione, da parte di Ida Rolf, e nel funzionamento, da parte di Moshe Feldenkrais, il lavoro con Tanouye Roshi a Chozen-ji fu come un corso di post-specializzazione nell'energia e nel significato della vita e della morte. Adesso sembra chiaro che noi siamo una cosa sola con tutta l'energia dell'Universo e siamo veramente una cosa sola con tutto ciò che è."
"La struttura, la funzione e l'energia del corpo non possono essere cambiate se non vengono cambiate tutte insieme. Essendo tutte e tre intercompenetranti, esse hanno bisogno di essere portate allo stesso livello di allineamento ed armonico equilibrio. La struttura ed il funzionamento dei corpi ben-trattati sono riuniti dai sistemi Rolfing, Feldenkrais e Terapia-Zen, anche se i rispettivi processi sono alquanto differenti. I metodi di trattamento del corpo di Ida Rolf, hanno una leggerezza ed un sollievo che mi ricordano le movenze dei toreri. Quelli di Feldenkrais hanno maggior mobilità ed appaiono fluidi in ogni configurazione. I metodi Zen sono collegati alla terra e sembrano quasi impassibili ed inamovibili da qualsiasi forza esterna e, benché abbiano un moto lieve e scorrevole, non sembrano mai perdere la loro fondatezza con l'universo. Tutti i corpi ben-trattati, come sopra descritto, danno luogo ad apparati psichici, che sono molto più emozionalmente maturi ed ottimistici di quelli non ben trattati. Le persone che possiedono questi corpi ben trattati, conducono una vita maggiormente entusiastica, allegra, piena di interessi e soddisfazioni. Quando trovano un adattamento, esse possono far diminuire l'ostilità, la rabbia, il risentimento, l'odio, la paura e la disperazione. Solo raramente, in determinate e non usuali condizioni, possono anch'esse cadere in afflizioni, autoabbattimento o apatia. Quando lo fanno, però, possono riprendersi velocemente. Insuccesso, vergogna o colpe presunte, non esistono per queste persone dai corpi ben trattati. Esse non si gingillano in nessuna emozione negativa. Ancor più importante, è che la viat di ciascuno vada per il meglio, 'sia che a loro piaccia o no', come cita Moshe. Tutto questo avviene proprio durante il trattamento. Ida lo chiama 'il pranzo-gratuito'-"
"Ora, questo è ciò che avviene alle menti dei corpi così trattati con gli addestramenti psicofisici. Nell'addestramento Zen si può notare qualche differenza. Le menti degli "addestrati-Zen" si trovano su un piano più elevato. Dato che essi puntano a trascendere la dualità e diventare una cosa sola con "tutto ciò che è", la terapia corporea Zen include una dimensione in più: Preparare il corpo alla sua inevitabile morte. Questo processo coinvolge la ricerca ed il raggiungimento del subconscio e dell'inconscio, all'interno della persona, per poter permettere la "liberazione" dai traumi repressi e repressivi, sia fisici che emozionali, che hanno generato le aberrazioni nel corpo. Queste cicatrici fisiche ed emotive lasciate dai traumi passati, impediscono la transizione agevole dell'energia vitale, dal momento in cui sono apparse, in poi. La detergente purificazione psicofisica della terapia corporea Zen facilita il naturale rilascio dell'energia vitale, fino al momento della morte."
Una persona può facilitare il rilascio dei blocchi intasati, per mezzo dell'uso delle visualizzazioni e della respirazione, onde generare e focalizzare l'energia necessaria a risolvere i blocchi del corpo. Il filosofo Cinese Chang Chung-yuan esprime queste idee sulla respirazione Taoista:
"Si deve avere una genuina idea mentale riguardo al movimento del respiro. Inspirando, bisogna lasciar scendere questa idea, dalla regione del cuore giù fino alla regione dei reni, che sono l'oceano del respiro. Espirando, bisogna far risalire l'idea dall'estremità posteriore della colonna spinale fino alla regione del cuore. Poi si deve perfezionare la circolazione minore. Naturalmente il respiro non può passare realmente attraverso la spina dorsale e l'addome, ma l'invio della "idea" lungo il percorso della circolazione minore è assai somigliante al percorso del respiro, che si spinge in queste aree. Possiamo forse far riferimento a questo movimento come ad una corrente termica, che si propaga lungo la circolazione minore, spinta dalla nostra forza mentale. La stessa cosa accade per la circolazione maggiore; si guida la corrente della nostra ideazione, dalla punta della spina dorsale, per tutto il tragitto, su verso la cima del capo e da lì, la si lascia ridiscendere attraverso il viso ed il torace, giù nell'addome. L'abilità a far muovere questa corrente ideale è acquisita con l'addestramento. Dopo un breve periodo di concentrazione, si può sentire che diventa più facile poter inviare la propria idea mentale verso qualsiasi punto prestabilito…Questa genuina idea può generarsi soltanto dallo stato di non-pensiero, o 'non-essere', che non è affatto un pensiero, né tantomeno un'idea nel senso convenzionale. Essa è una consapevolezza interiore della propria concentrazione sui centri di energia nel corpo e la si fa muovere lungo i percorsi della circolazione"
Quando una persona ha sviluppato l'abilità di generare e dirigere la corrente termica coscienziale, può concentrare questa energia per dissolvere i blocchi del corpo, dall'interno verso l'esterno, così come fece Hakuin nella sua pratica chiamata "naikan". Combinata con le semplici tecniche della Terapia corporea Zen, questa pratica forma un metodo estremamente efficace nel rilassare e tonificare la naturale e luminosa forma del corpo.-
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COMUNICAZIONE
Poiché la Comunicazione è l'ambiente-dei-media in cui viviamo, non è considerata generalmente come un'esperienza da poter imparare. Tuttora vi sono errori formali, come eliminazioni e dimenticanze, incongruenze e generalizzazioni, ridondanze e concettualizzazioni, che sono alquanto comuni e che possono venir corretti. Ancor più fondamentali, comunque, sono i valori. Quando i valori vengono repressi, l'interazione interpersonale resta in qualche modo insoddisfacente. Ma quando il valore primario è l'autorealizzazione, allora la comunicazione porta ad un contatto che arricchisce tutto il complesso.
Il combattimento con la spada può servire come paradigma per la comunicazione. In un combattimento, due uomini armati di spada e di concentrazione, affinate insieme alla lama più tagliente, combattono a morte. Nella scherma all'inizio si evidenzia una sensibilizzazione alla reciproca uccisione, cioè di togliere la vita all'avversario anche a costo della propria. Ma al livello più elevato, la cosa cambia; c'è comunione e non confronto-scontro. Il maestro di spada si avvicina ad incontrare la vita e la morte con una attitudine psicofisica chiamata 'apertura su tutti i lati'. Privo di un qualche atteggiamento autodifensivo e senza attaccamenti, egli è completamente rilassato e concentrato nello spazio-tempo presente (qui ed ora). Dato che è così centrato, è capace di movimento infinito e, quindi, non ha un'apertura sola. Egli risponde in accordo ai modelli che avvolgono l'ordine implicato. Quando due maestri così si incontrano, il risultato è una approvazione reciproca. Alla fine, le interazioni diventano sempre più raffinate fino a che il sentire, l'interpretare ed il rispondere, avviene naturalmente in una comunione al di là delle parole. Takuan paragonò la prima Trasmissione dello Zen al combattimento con la spada, nel seguente modo:
"Quando un maestro incrocia la punta della sua spada con quella di un altro e non pensa minimamente in termini di vittoria o sconfitta, ci fa rammentare la Tradizione, quando il Bodhisattva Kasho (Mahakashyapa, il Secondo Patriarca Indiano) sorrise nel momento in cui il Buddha Shakyamuni sollevò un fiore con le mani, come suo insegnamento."
Il resoconto di Odagiri Ichiun, riguardo al suo addestramento con Hariya Sekiun, il fondatore della scuola chiamata 'La Spada della Mente Non-Permanente', illustra bene il commento di Takuan. Sekiun padroneggiò la tecnica della scherma, essendosi addestrato in precedenza anche sotto il maestro Zen Kohaku.
"Alla fine, Sekiun giunse a questa conclusione: nessuno dei grandi maestri di scherma che egli aveva conosciuto finora, inclusi il suo stesso maestro Genshin e l'insegnante di questi, Kamidzumi, potevano essere chiamati reali Maestri dell'Arte. In quanto essi non riuscivano assolutamente a capire il principio fondamentale della vita; senza questa comprensione, anche se la loro abilità nella tecnica era avanzata, essi rimanevano schiavi dei pensieri illusori, senza veri valori. Essi non sapevano andar oltre queste tre alternative: 1) Sconfiggere il nemico più debole; 2) Venir sconfitti da un nemico più forte; e 3) Con uno di pari livello, finire in un reciproco atterrarsi ed uccidersi (ai-uchi)."
"Ora, Sekiun stava impegnandosi nell'apprendimento di come perfezionare l'arte della scherma, secondo la linea della Ragione Celeste, o Natura Primordiale, nello stato del 'così-è'. Egli era convinto che un tale principio fosse applicabile all'arte e così, un giorno, ebbe un grande risveglio. Egli scoprì che, nell'arte della spada, non era necessario fare ricorso al cosiddetto 'tecnicismo'. Quando uno è insediato nella Regione Celeste, si sente assolutamente libero e indipendente e, da questa posizione, può far fronte più prontamente ad ogni sorta di frodi professionali. Quando Sekiun, mio insegnante, provò la sua scoperta con il suo insegnante Osgasawara Genshin, lo sconfisse facilmente, anche se Genshin aveva dato fondo a tutte le sue arti segrete. Fu come far bruciare una canna di bambù tra le fiamme di un rabbioso fuoco."
"Sekiun aveva già passato la sessantina quando io, Ichiun, giovane di ventotto anni, giunsi da lui come allievo. Durante i cinque anni di apprendistato sotto Sekiun, mi applicai molto seriamente ed assiduamente nell'arte della scherma, che veniva ora insegnata dal vecchio maestro nella forma, da poco sintetizzata, con i princìpi e la pratica dello Zen. Quando pensavo di essere finalmente pronto per comprovare al maestro il mio raggiungimento, lo sfidai ed in ciascuno dei tre incontri in cui fummo impegnati, l'esito fu ciò che è chiamato 'ai-nuke' (reciproca approvazione)… Poco dopo questo evento, il mio insegnante scomparve ed io fui lasciato a me stesso. Per i successivi sei anni rimasi in ritiro, in quieta contemplazione della Regione Celeste, non avendo nessuna idea di come propagare la mia arte recentemente imparata. Non a caso, mi dedicai ad una vita di introspezione, tanto che mi dimenticavo perfino di avere fame e freddo."
" Un fatto significativo da ricordare, riguardo ai miei incontri con l'insegnante è che, dopo la terza prova, il maestro mi diede un rotolo di pergamena in cui vi erano scritte parole di testimonianza ed in cui egli riconosceva pienamente la realizzazione del suo discepolo, nei princìpi dell'arte della scherma. Successivamente, il maestro prese un rosario dal taschino del suo giubbetto e, facendo bruciare dell'incenso, si girò verso di me, prostrandosi nel modo che solitamente i buddhisti fanno verso il loro oggetto di riverenza. Io, in realtà, non sapevo che cosa avesse voluto significare il maestro con questo gesto religioso. Tuttavia, non c'era dubbio che egli, con questo atto, intendesse corrispondere al suo giovane allievo il più elevato complimento che un mortale possa mai dare ad un altro individuo".-
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RITIRI DI ADDESTRAMENTO
I Giapponesi hanno sei parole per definire l'addestramento, ognuna con un proprio significato sempre più profondo che circoscrive maggiormente la pratica. L'ultima è 'shugyo'. Perfezionare il proprio <sé> in shugyo è come forgiare una spada fuori dal metallo grezzo. Fuoco, acqua e ferro sono coivolti tutti insieme nel battere ancora e ancora il martello sul metallo, al fine di creare la lama tagliente. Se una persona si applica per acquisire l'illuminazione come finalità, la frustrazione sarà inevitabile, dato che la Via è senza un limite. Ma se si prende la vita, come pratica addestrativa, si riesce a vedere attraverso la buona e la cattiva sorte, riconoscendole entrambe come effetti del karma e si userà qualsiasi cosa possa capitare, per l'ulteriore sviluppo, allora dopo ci si potrà godere la vita in modo completo e totale. Come fu detto da Dogen:- La pratica addestrativa <è> l'illuminazione, e l'illuminazione è pratica addestrativa!-
I Ritiri di Addestramento, sono periodi di pratica addestrativa intensiva e continuata utili per ricompattare la consapevolezza dissipata nella vita ordinaria. Questo tipo di sforzi concentrati sono necessari per interrompere gli schemi mentali ordinari e le limitazioni preconcette. I ritiri di addestramento ruotano intorno alle Quattro Pratiche Fondamentali e sono basate sulle 'sesshin' Zen. 'Sesshin' letteralmente significa 'riunificare la mente' e sta ad indicare un periodo di tempo di ininterrotta pratica, dalla durata di circa cinque giorni. Benché la maggior parte del tempo della sesshin consista nel praticare 'zazen', vi sono pure dettagliate forme di comporta-mento, raffinate in centinaia di anni, che vengono fatte osservare per favorire l'attenzione e la vigilanza, in ciascun momento ed in ogni situazione. Ciascuna attività può essere portata nella pratica, perfino il mangiare. I partecipanti si dispongono su due file; ogni fila dispone di una serie di cinque scodelle smaltate, incassate una dentro l'altra e involte in una tovaglia insieme alle bacchettine inserite in cima. Le scodelle devono venir disvolte velocemente senza rumore, nel mentre che viene eseguita la recitazione del Sutra del Cuore. Ciò viene eseguito meglio dando dei leggeri colpetti, sopra e sotto, alla scodella più grande, che è stata rimossa dall'incastro. Poi, a seconda che si tratti di colazione, pranzo o cena, vengono recitati diversi salmi mentre vengono serviti i pasti. L'inserviente allungherà entrambe le mani verso la persona, con le palme aperte e la mano sinistra in avanti. Il praticante dovrà posare la giusta scodella nel palmo della mano sinistra dell'inserviente, senza perdere tempo, in maniera che l'azione sia aggraziata e senza precipitazione. Mentre vengono serviti, i partecipanti tengono le loro mani con le palme giunte, davanti al proprio petto. L'aver avuto la giusta quantità viene indicato dal muovere la mano destra in avanti; se invece se ne desidera un po’ di più, si stropicciano le mani unite. Il mangiare procede velocemente e, tutto ciò che è mangiabile, va mangiato. Un secondo o terzo giro di somministrazione può venire offerto e quando la persona vicina è stata servita, le bacchette e le scodelle devono essere deposte. Vi è un motivo di efficienza ed uyna capacità di grazia e bellezza in tutto ciò, tuttavia i principianti si sentono così impegnati da non farli nemmeno sentire di essere a pranzo. Alla fine del pasto, gli inservienti passano gli strofinacci sopra la tavola, raccogliendo le scodelle lasciate sopra. Queste dettagliate e precise forme unite alla richiesta di efficienza, permettono alle persone di non perdere la loro concentrazione.
I ritiri di addestramento possono anche non essere rigidamente strutturati come 'sesshin' e possono essere adattati secondo le necessità individuali; tuttavia, se sono sesshin, lo sono con lo scopo di ricollegare la consapevolezza per mezzo di uno sforzo esteso e concentrato. Si tratta di ristabilire l'omeostasi psicofisica necessaria per continuare lo sviluppo e la crescita. Insieme con la pratica regolare, servono intensi periodi di addestramento, per poter aprire una breccia nelle limitazioni dell'Ego. Nello Zen, le <Dieci Tavole del Bue e del Mandriano> illustrano la maturazione dell'uomo adulto. Nella prima, il mandriano cerca vanamente il bue disperso, che rappresenta il suo <vero Sé>. Nella seconda, egli ne scorge le tracce e, nella terza, finalmente vede il bue stesso. Nella quarta, egli cattura il bue, il quale però è ancora selvaggio. Nella quinta, egli si esercita al massimo per addomesticarlo. Nella sesta, suonando il flauto (senza buchi), egli ritorna a casa cavalcando il bue. Nella settima, il bue è svanito ed egli, finalmente a casa, siede serenamente da solo. Nell'ottava, un cerchio vuoto rappresenta la trascendenza dal dualismo. Nella nona, vi è un naturale ed armonioso paesaggio fluviale, che rappresenta la trascendenza dalla stessa vacuità. Nella decima e ultima, un uomo sorridente e grassoccio, scalzo ed a torso nudo, gira per un mercato con le mani che distribuiscono la beatitudine. Egli è il Saggio, che irradia energia vitale e, ovunque egli si trovi, ivi il Samadhi predomina!- (Vedi Articolo su questo stesso sito – N. d. T.)
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TUTTE LE VIE SONO UNA, ALLA FINE!
Abbiamo ormai raggiunto un punto in cui la debolezza e le limitazioni umane devono essere indirizzate verso la possibilità che la Società e la Cultura avanzino. Lo sviluppo della persona umana è più importante di qualsiasi tecnologia. È detto che quando una persona giusta usa i mezzi sbagliati, questi operano nel modo giusto; ma quando le persone sbagliate utilizzano i mezzi pur giusti, questi ultimi operano nel modo sbagliato. Tutte le Vie sono Una, alla fine, in quanto l'efficacia e la creatività alla fine arrivano dall'auto-sviluppo e rafforzano l'auto-sviluppo. Il fine di tutte le Vie è di vivere liberamente e serenamente nel Samadhi.
Miyamoto Musashi disse:- Tutte le Vie sono Una, alla fine!- Egli fu senza pari nella scherma, ed alcune delle sue opere di pittura, calligrafia, sculture in legno ed in metallo, sono tesori nazionali del Giappone. Non a caso, un suo libro sull'arte della spada, 'Il Libro dei Cinque Anelli', è stato comunemente proclamato come la 'vera arte dell'amministrazione Giapponese'. Miyamoto era nato nel 1584 in una famiglia di minimo livello tra quelle di alto rango dei Samurai. Da bambino era svelto, forte ed ostinato. Era costantemente intento a giocare a scherma con una stecca di legno e imparò velocemente tutte le tecniche conosciute da suo padre. A tredici anni accettò una gara aperta da uno spadaccino detentore di un notevole record di vittorie, e lo uccise. A ventuno, lasciò la sua città natale e si recò a Kyoto per gareggiare nella prestigiosa scuola di scherma Yoshioka. Il capo della scuola, tale Genzaemon, anziché respingere Miyamoto ritenendolo indegno, si accordò con lui per un incontro con spade di legno alle cinque del mattino. Genzaemon arrivò in tempo, ma dopo due ore Miyamoto non era ancora arrivato. Pensando che Miyamoto si fosse dileguato per paura, Genzaemon si trattenne dall'impulso di ridicolizzarlo ed ordinò ai suoi discepoli di arrestarlo nella locanda ove lo stesso pernottava. Quando questi ritornarono, riferirono che Miyamoto stava ancora dormendo. E che, una volta svegliato, era stato così impertinente da dire:- Purtroppo non mi sono svegliato in tempo, ma arriverò subito. Portate i miei omaggi al vostro maestro!-. Genzaemon si infuriò, ma passarono altre due ore prima che Miyamoto apparisse. Urlando di rabbia, Genzaemon lo attaccò immediatamente. Miyamoto sembrava freddo e assai composto. Essi incrociarono le spade tre volte ed entrambi furono colpiti alla fronte. All'improvviso, Miyamoto lanciò il suo attacco. Genzaemon non potè sostenerlo e cadde per terra privo di sensi. Il suo braccio destro era stato spezzato. In seguito a ciò, Genzaemon si fece poi prete.
Allora, il fratello minore di Genzaemon, Denshichiro, sfidò Miyamoto per ripristinare il buon nome della famiglia. Denshichiro superava di gran lunga Genzaemon nella scherma. Ancora una volta, malgrado la sua promessa, Miyamoto arrivò in ritardo all'appuntamento della sfida, simulando indifferenza nei confronti del tempo. Non appena il duello ebbe inizio, Miyamoto si mosse come un fulmine e, fatalmente, colpì Denshichiro, falciandolo.
La fama di Miyamoto cominciò ad allargarsi proprio mentre i seguaci della scuola Yoshioka fremevano per vendicarsi. Decisero quindi di sfidare a duello Miyamoto, in nome del giovane figlio di Genzaemon, Matashichiro, nonché di attaccarlo tutti insieme non appena egli si sarebbe presentato. Pur sapendo ciò, Miyamoto accettò la sfida e non permise a nessuno dei suoi fedeli seguaci di accompagnarlo. All'alba del giorno del duello, a differenza delle altre volte, Miyamoto si trovò sul posto molto prima di quanto avrebbe dovuto. Dopo aver esaminato i dintorni del luogo, Miyamoto si nascose per osservare gli sviluppi. Circondato dagli uomini della Yoshioka, Matashichiro arrivò sul posto. Erano tutti armati con lance e frecce, oltre che con le spade. Aspettandosi che Miyamoto venisse ancora in ritardo, essi si rilassarono e depositarono per terra le loro armi e si distesero per terra anch'essi. Non appena ebbero abbassato la guardia, Miyamoto saltò fuori e gridò:- Ho atteso abbastanza! Tirate fuori le vostre spade!-. Sfruttando la sua velocità, egli colpì a morte Matashichiro sulla fronte. I seguaci Yoshioka furono presi alla sprovvista e restarono di stucco. Essi avevano progettato di circondare Miyamoto ed attaccarlo tutti assieme. Invece, egli con rapidi ed affilati colpi li obbligava a stare in fila presso di lui e li ammazzava in rapida successione. Soltanto quando i restanti Yoshioka si raggrupparono per contrattaccare, Miyamoto si girò rapidamente e corse via più veloce che poté. Ancora sconcertati e scombussolati, gli Yoshioka riuscirono solo a scalfire con una freccia la manica del kimono di Miyamoto.
Dopo questa vittoria, Miyamoto viaggiò attraverso il Giappone per otto anni, in cerca di avversari. Egli stilò una lista di diciannove punti sull'auto-disciplina, di cui alcuni sono: 'Non addolorarsi mai per le separazioni;- Riverire gli Dèi ed i Buddha, ma non far preghiere per nessuna cosa;- Non possedere una casa propria';-. Durante questo periodo egli combattè almeno sessanta duelli, una media di più di uno ogni due mesi. Il suo più valente avversario fu Sasaki Ganryu. Costui era famoso per un colpo di incontro, fulmineo e veloce, basato sui movimenti della coda di una rondine in volo. Perfino un signore ospitale come Miyamoto poteva capire che in un duello, Sasaki avrebbe vinto. Tuttavia, il duello fu stabilito su un'isola, per le otto del mattino seguente. Sasaki arrivò con puntualità, vestito finemente e con una lunga spada non-convenzionale, fatta apposta da un famoso fabbro-ferraio. Miyamoto, una volta ancora, mancò l'appuntamento. Gli ufficiali di gara lo trovarono ancora addormentato. Malgrado le loro sollecitazioni, egli si alzò senza fretta, perse altro tempo con la colazione e, dal remo di una barca, fabbricò una lunga spada di legno. Alla fine salì a bordo della barca, si legò in basso le maniche del kimono con una fascia e salpò verso l'isola. Quando la barca raggiunse l'isola, Miyamoto saltò giù e si legò un'asciugamani in testa come fermacapelli. Sasaki, alquanto irato, gridò:- Sei così impaurito da aver dovuto infrangere la tua promessa di stare qui alle otto?-. Miyamoto lo ignorò e compostamente, quasi spensieratamente, cominciò a misurare la distanza tra lui e Sasaki. Le onde del mare lambivano i suoi piedi e Miyamoto ne tenne conto. Poi, Sasaki estrasse la sua lunga spada e gettò il fodero sulla spiaggia. Miyamoto si fermò, fissò attentamente Sasaki e poi il fodero, scuotendo lievemente la testa per l'incredulità. Poi sorrise sprezzantemente e disse:- Sasaki, hai segnato il tuo destino!-. -Cosa?- rispose Sasaki, -Io sconfitto? Impossibile!-. E Miyamoto:- Quale vincitore in terra avrebbe mai abbandonato il suo fodero al mare?-. Sasaki sollevò la sua spada e, veloce come la luce, colpì con forza la fronte di Miyamoto. Era totalmente potente e sicuro di sé. Ma, contemporaneamente, anche Miyamoto aveva sferrato il suo colpo di spada. L'asciugamani che Miyamoto portava sul capo fu squarciata in due, ma fu Sasaki che barcollò e cadde in terra. Miyamoto si fermò, pronto ad andare avanti, mentre Sasaki da terra cercò ancora di colpirlo, rimettendosi intanto in piedi. Il colpo tagliò il kimono di Miyamoto, il quale balzò avanti e gli sferrò un colpo mortale. Dalla bocca di Sasaki schizzò un fiotto di sangue ed, alla fine, egli si accasciò e morì. Miyamoto lo fissò, si inchinò verso gli incaricati ufficiali e infine se ne andò. Dopo il duello con Sasaki, Miyamoto ritornò a Kyoto, dove aprì la sua prima scuola di scherma, cominciando anche a studiare le altre arti, comprese la calligrafia, la cerimonia del tè e la pittura. Alla fine egli creò dei capolavori che, come detto prima, sono stati proclamati tesori di Stato del Giappone.
Miyamoto lasciò Kyoto nel 1614, dovendo andare a combattere le due grandi guerre civili, per poi riprendere i suoi vagabondaggi. Diversi nobili signori cercarono di trattenerlo, ma egli rifiutò. Durante questo periodo perfezionò la sua scherma, mediante l'uso di due spade e si convinse che nessuno poteva sconfiggerlo. Una volta, egli fu sfidato da uno schermidore spaccone che aveva una spada di legno decorata con nastri cremisi. Miyamoto ordinò ad un paggio di andare a prendere alcuni chicchi di riso bollito e di mettersene uno sulla propria testa. Il paggio se ne stette ritto impalato. Non appena Miyamoto estrasse la sua spada e la sollevò, tutti i presenti trattennero il fiato. Miyamoto roteò la spada sulla testa del ragazzo senza minimamente toccarlo, ma ad una più ravvicinata osservazione si vide che il chicco di riso era stato tagliato a metà. Miyamoto ripetè la stessa impresa per altre due volte poi, rivolgendosi con aria di sfida allo spadaccino, disse:- Tu e la tua pomposa spada. Puoi davvero sperare di superarmi, con i tuoi nastri appesi?-.
All'età di quarantotto anni, Miyamoto si recò a Edo (l'attuale Tokyo), che era diventata il centro della 'shogunate' (la casta dei nobili guerrieri shogun). Egli intendeva sfidare Yagyu Munenori, che era l'istruttore dello Shogun Imperiale e, quindi, ritenuto il migliore di tutti. Miyamoto aveva fatto su di lui delle approfondite indagini ed aveva concluso che poteva sconfiggerlo. Tuttavia, per ben due volte, abbastanza inspiegabilmente, Miyamoto si defilò dalla possibilità di affrontarlo. A cinquantaquattro anni, Miyamoto lasciò Edo, per partecipare alla repressione di una rivolta messa in atto da alcuni contadini ribelli. Alla fine di questa rivoluzione contadina, nel 1638, Miyamoto fu insistentemente implorato da Lord Hosokawa di diventare un suo capitano d'armi. Per ben due anni, Hosokawa mandò messaggeri ogni due o tre mesi, finché Miyamoto alla fine acconsentì. Quando Miyamoto arrivò al castello, osservò che i guerrieri di Hosokawa erano seduti allineati in stile formale e impeccabilmente acconciati. Egli li scrutò con attenzione, mentre passava tra di loro per recarsi nella sala interna, dove poi si inchinò per rendere omaggio a Lord Hosokawa. Accettando gli omaggi, Hosokawa chiese, con un certo buonumore, a Miyamoto:- Cosa ne pensi dei miei samurai?-. Miyamoto rispose:- Ve ne sono di eccellenti, ma uno più di tutti ha attratto la mia attenzione!-. Hosokawa ne fu sorpreso e chiamò i suoi armigeri, uno per uno. Entrarono prima quelli di rango più elevato, ma Miyamoto non ne scelse neppure uno. Alla fine, sorridendo con un certo imbarazzo, Hosokawa disse:- Questa manovra sta diventando fastidiosa. Ora, ti prego di andare tu a chiamare colui che hai in mente!-. Miyamoto andò e tornò con Toko, un samurai di livello minore, poco appariscente. Hosokawa guardò Miyamoto con un certo imbarazzo misto a curiosità.
Miyamoto si girò verso Toko e disse:- Il tuo Signore ti ordina di eseguire il 'seppuku' (autouccisione). Perciò, vai a prepararti!-. Senza il minimo cambiamento di espressione, né la minima esitazione o titubanza, Toko si inchinò al suo Signore e uscì per prepararsi ad eseguire l'ordine. Miyamoto si girò verso Hosokawa e disse:- Ecco, è lui ciò che tu hai visto!-. Hosokawa fece un cenno con la testa. Miyamoto aggiunse:- Che ammirevole samurai. Egli è pronto ad accettare la morte in qualsiasi momento!-. Richiamando indietro Toko, Hosokawa chiese a Miyamoto che cosa di lui avesse attirato la sua attenzione. Miyamoto disse:- Costui mi ha attirato perché era superiore a tutti gli altri in vigilanza ed acutezza di corpo e mente. Una simile attenzione totale è posseduta soltanto da coloro che hanno completamente interiorizzato lo spirito del Samurai!-.
Miyamoto ed Hosokawa furono amici molto intimi, fino alla morte del Lord, diversi anni più tardi. A Miyamoto sarebbe piaciuto eseguire il 'seppuku' per poterlo seguire, ma la pratica ormai era stata messa al bando. Inoltre, se lo avesse fatto Miyamoto che era solo un paladino ospitato, tutti gli altri sarebbero stati costretti a fare la stessa cosa. In ogni caso, la salute di Miyamoto all'improvviso si deteriorò ed egli fu costretto a rimanere a letto ammalato per diverso tempo. Infine, egli si ritirò in una caverna di montagna, dove visse ancora altri due anni, giusto il tempo di comporre 'Il Libro dei Cinque Anelli', che è diviso in cinque parti: Terra, Acqua, Fuoco, Aria e Vacuità. Miyamoto chiamò i suoi insegnamenti 'Nitten Ichi' (La Via della Strategia), anche se letteralmente, 'Nitten-ichi' significa 'Due Cieli in Uno'. A seguire, si presentano alcuni brani estratti da questo libro.
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'IL LIBRO DEI CINQUE ANELLI'
"Quando raggiunsi i trent'anni, riandai con la mente al mio passato. Le vittorie che avevo in precedenza accumulato non erano affatto merito dell'aver imparato la strategia. Forse c'era una naturale abilità, oppure il volere del Cielo, o anche che gli altri fossero inferiori. Dopodiché io studiai da mattina a sera, alla ricerca del 'princìpio' finché, all'età di cinquant'anni, arrivai a realizzare la Via della Strategia."
"Fin da allora, ero vissuto senza seguire particolari Vie. Ma, con la virtù della Strategia ho praticato molte arti ed eseguito prove di abilità, e tutto senza istruttori. La Via per l'uomo che vuole imparare la mia Strategia, è questa:
1) Non bisogna pensare in maniera disonesta.
2) Il buon esito della Via sta nell'addestramento.
3) Occorre diventare edotti in qualunque arte.
4) E' conveniente conoscere i metodi di tutte le professioni.
5) Nelle faccende mondane, saper distinguere tra guadagno e perdita.
6) Sviluppare un giudizio ed una comprensione intuitiva per ogni cosa.
7) Avere sempre una percezione per tutto ciò che non si può vedere.
8) Mettere attenzione anche per le cose che sembrano da nulla.
9) Non fare nessuna cosa che non sia veramente utile.
E' importante che si cominci a sistemare nel proprio cuore questi chiari princìpi… Se non si impara ad osservare le cose su vasta scala, sarà difficile poter padroneggiare la strategia. Se si impara e si acquisisce questa strategia, non si potrà mai perdere, neanche davanti a venti o trenta nemici. Più che qualcosa da cui partire, bisogna stabilire il proprio cuore nella strategia ed introdursi urgentemente nella Via (il Tao). Accadrà che si sarà in grado di battere gli avversari negli scontri e nelle questioni e di essere realmente capaci di vincere, grazie alla propria attenzione. Attraverso l'addestramento si sarà anche in grado di controllare liberamente il proprio corpo, affascinare le persone con il proprio comportamento e, tramite un addestramento adeguato, si potranno sconfiggere perfino dieci persone con la sola forza del proprio spirito… Ed inoltre, applicando la strategia su vasta scala, la persona superiore comanderà assai abilmente tutti i subalterni, comportandosi egli stesso in modo assai corretto, governando il territorio e incoraggiando il popolo, ed infine preservando la disciplina perfino del monarca.
La 'Via della Strategia' (Nitten Ichi), per questo motivo, è una valida testimonianza del 'Libro della Vacuità'. Ciò che nella Vacuità è chiamato mente/spirito, si trova là ove vi è la Non-forma, e cioè in ciò che è inconoscibile. Questa è la Vacuità. Le persone del mondo guardano alle cose in maniera errata e pensano che la Vacuità sia ciò che esse non comprendono. Questa non è la vera Vacuità. Tutto ciò è ancora Illusione, e la Vacuità non è l'illusione… Giorno e notte, mantenete lucida la mente/spirito e affilate la duplice percezione (quella grossolana e quella sottile); inoltre abbiate sempre chiara la vostra intuizione e la vostra visione. Quando non ci sarà più nemmeno un minimo granello della polvere dell'illusione, allora questa sarà la vera Vacuità… Mettete ampiamente in atto la Strategia, in maniera corretta ed aperta. In tal modo, arriverete ad avere un'idea delle cose in un significato più ampio e, prendendo la Vacuità come la vostra Via, vedrete la vostra Via come Vacuità. Nella Vacuità vi è Virtù e non danneggiamento. Vi è la Saggezza con i suoi princìpi e, in definitiva, vi è la sola Via…"-