PRATICA ZEN PER PRINCIPIANTI
di Roshi Robert Aitken, [Ultimi aggiornamento: 30 marzo 1992] - Copyright (c) di Robert Aitken e Centro Zen Sydney- 251 Young St., Annandale, Sydney, NSW 2038, Australia.
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Presto anche voi comincerete le vostre sesshin. La parola sesshin è un termine sino-giapponese ed è composto di due ideogrammi, setsu e shin. Shin significa mente. Setsu ha molti significati - toccare, ricevere, portare. Di solito sesshin è tradotto letteralmente ‘toccare la mente’, ma si può intendere anche ‘ricevere la mente’, ‘portare la mente’. Tutti questi significati sono inclusi in quell'espressione unica, sesshin. È un momento per mettere tutto da parte, dimenticare tutto e focalizzare tutto di sé investigando lo spirito tramite lo strumento della pratica, contando i respiri o lavorare con i koan.
Chiaramente, toccare la mente implica un'azione individuale. Ricevere la mente e portare la mente, dimostra come l'azione della realizzazione non sia ego-centrata. Infatti, voi siete semplicemente l'agente della realizzazione. Se praticate la sesshin con lo spirito, "devo diventare realizzato", allora state già stabilendo un conflitto col fatto basilare. Fondamentalmente, io, il cielo e la terra, siamo un solo spirito. Io, e tutte le cose siamo un unità. Dogen Zenji disse, "Che cos’è la mente? La mente è le montagne, i fiumi e la grande terra, il sole, la luna e le stelle". Ed essa è, ovviamente, tutte le persone, tutte le cose, tutte le piante, tutti gli animali. Ed è particolarmente in questo esempio, i fratelli e le sorelle nel dojo. Il vostro proprio sforzo individuale è molto importante ma, a meno che non sia uno sforzo con lo spirito che voi siete l'agente della realizzazione, è ego-centrato.
Talvolta, dopo una sesshin, sento le persone dire, "Beh, io ho certamente lavorato su un sacco di cose durante questa sesshin", ed io penso, "Questa non è stata una buona sesshin per te". La sesshin non è un momento per lavorare sulle cose. Durante la pratica, si può pure lavorare sulle cose, ma se vi mettete solo a vedere le vostre cose, cioè passando in rassegna i vecchi traumi, allora non state usando il vostro tempo in maniera efficace. La sesshin è uno spazio per poter concentrarsi pienamente su una sola cosa, solo quel punto, solo quel koan, null’altro. In quella pratica dovete dimenticarvi di voi e allora le cose potranno essere davvero viste.
Yasutani Haku'un Roshi all'inizio di ogni sesshin era solito avvisarci che vi sono tre regole di base per la sesshin. Queste regole non sono stabilite allo scopo di rituali o cerimonie. Esse sono regole per cui si è lavorato empiricamente molte centinaia di anni durante i ritiri di Zen. La prima di queste regole è di non parlare e di non bisbigliare. Nella voce umana vi è una energia che fa distrarre. Le vostre orecchie vi si appuntano sopra e la concentrazione è persa. Non parlate affatto. Mentre state sul vostro lavoro, potete anche chiedervi, "Dove sta la scopa?". O forse non dovete neanche chiedervelo. Forse se prendete voi l’iniziativa, potete guardarvi intorno e trovarla da soli. Se c’è un’emergenza, allora potete parlare privatamente alla vostra guida, in una maniera succinta. Ricordatevi che il vostro maestro sta anch’egli facendo la sua propria pratica. Se vi lamentate troppo o avete troppe emergenze, questo avrà un cattivo effetto sull’intera sesshin.
Ricordatevi che ogni crisi personale può essere una grande opportunità in zazen. La sola emergenza che può allontanarvi dalla sesshin viene quando ad uno arriva un telegramma in cui si dice che qualcuno a casa è seriamente malato, o qualcosa di questo tipo. Altre emergenze dovrebbero essere verificate. Durante la sesshin si diventa molto sensibili, e magari si è convinti che un vicino stia contorcendosi solo per distrarci o che il controllore che batte l’asta sulle spalle stia colpendomi troppo duramente, o che i pasti non contengono abbastanza proteine o che loro sono troppo salati o non abbastanza salati, o che non riesco a prendere sonno, o che le mie gambe mi fanno troppo male, e così via. Bene, tutte queste cose, salvo l’ultima, possono proprio essere messe da parte come illusioni. Se poi le gambe facessero veramente troppo male potreste sedervi su una sedia. Ma ricordate che proprio lavorando così in una palestra, non potrete certo stirare le gambe al punto di star comodamente seduti, a meno che non vi sia una certa dose di vero dolore. Non potrete ottenere un valido sviluppo, senza diventare un pò stanchi o dolenti. Quindi spingete. Lo Zen è un metodo intermedio ed è importante di non diventare spenti così da arrivare al punto in cui semplicemente non vorrete fare più zazen. Quindi, trovate la via mediana tra gli estremi e, se proprio lo dovete, sedetevi su una sedia.
La seconda regola è di non guardarsi intorno. Riguardo a ciò, voglio raccontarvi una storia. Il primo Roshi negli Stati Uniti fu un uomo chiamato Sasaki Shigetsu, noto anche come Sasaki Soku-an Roshi. Egli stabilì la Società buddhista Americana che più tardi divenne la prima Istituzione Zen di New York, e fu sua moglie, Ruth Fuller Sasaki che scrisse ‘Polvere di Zen’ con Miura Roshi. Un certo Emanuel Sherman divenne discepolo di Sasaki Roshi. Il Roshi gli diede un tunica nera da zazen. Poi, venne la guerra, Sasaki Roshi fu internato e più tardi morì, e Sherman smise di praticare zazen. Successivamente, nel 1957, quando io e mia moglie Anna eravamo insegnanti in Ojai, California, Nakagawa Soen Roshi venne a tenere una sesshin commemorativa dopo la morte del suo amico Sensaki Nyogen Sensai a Los Angeles. Io convinsi Sherman, che in quel periodo stava anche lui vivendo ad Ojai, a venire con noi alla sesshin, e lui portò il suo manto nero. Il Roshi chiese a lui prima della sesshin, "Dove ha trovato quel manto?" e Sherman gli disse, "Mi è stato dato da Sasaki Shigetsu Roshi a New York, quando io studiai con lui prima della guerra". Lui girò il risvolto del manto in cui c’era scritto qualcosa in caratteri cinesi e disse, "Io mi sono sempre chiesto cosa questo volesse dire". E Soen Roshi lesse l'iscrizione e chiese, "Lo scrisse Sasaki Roshi questo?" Sherman disse, "Sì, lui lo ha scritto". Soen Roshi allora disse, "Che gran Roshi lui era!" E Sherman disse, "Che cosa dice, che cosa dice?" Soen Roshi disse, "Dice: 'non guardarti intorno'!". Vedete, se state cercando di toccare la mente, il contatto visivo è molto distraente da questa pratica. Voi state cercando una comunicazione fondamentale e distrarvi dall’ordinaria interazione sociale può essere distruttivo.
La terza regola è "no ai convenevoli sociali". Essa deriva naturalmente dalle prime due. L’originale Giapponese dice qualcosa come "nessun segno sociale". In altre parole, se due persone arrivano alla porta allo stesso momento, non c'è bisogno che una di esse faccia segno all'altra di entrare prima. Prima entra una persona e poi le fa seguito l’altra, come due gocce di acqua nel ruscello, in modo molto naturale. Voi non usate convenevoli sociali in una folla di persone, ma se state camminando in mezzo ad una folla di persone voi potete andare per la vostra via senza toccare nessuno, senza fare alcun segno, senza nessuna parola. Le persone si muovono in maniera naturale e anche voi vi muovete naturalmente. Questo è il modo come dovrebbe essere la sesshin. Se seguite queste tre regole, non parlando, non guardando all’intorno e non facendo convenevoli sociali, voi potrete avere una buona sesshin.
Ora, voglio dire qualche parola sul dojo. Dojo è un termine con cui siete piuttosto familiarizzati perché è usato nell’akido, karate, judo e così via. Si trova anche nel dizionario inglese. È un termine sino-giapponese composto da due ideogrammi. "Do" è la pronuncia giapponese di Tao, come in Tao-te-ching o nel Taoismo. "Jo" significa semplicemente luogo. Il luogo del Tao. Il ‘Tao’ significa "La Via". Arthur Whaley traduce il Tao-te-Ching come ‘La Via ed il suo Potere’. Ma il “Tao” non significa soltanto una via per… - non significa semplicemente un mezzo. Le parole con cui si apre il Tao-te-Ching sono, "La via che può essere seguita non è la vera Via". Quindi dovremmo capire bene ciò che significa Tao.
Quando Kumara-jiva e gli altri grandi traduttori iniziarono a tradurre il Sanscrito buddhista in Cinese, dovettero trovare parole cinesi che fossero state equivalenti alle particolari espressioni Sanscrite. Essi usarono la parola Tao non solo per significare il Sentiero, ma anche la sua realizzazione. Essi usarono Tao anche per tradurre la Bodhi. Quindi il Tao non solo è il sentiero verso la realizzazione, ma è la realizzazione stessa. Così, Dojo è una traduzione della parola Sanskrita Bodhi-Mandala. Bodhi è l’illuminazione, Mandala è il posto o il luogo della Illuminazione e si riferisce al luogo sotto l’Albero della Bodhi, dove il Buddha sedeva quando vide la stella del mattino ed ottenne la sua grande realizzazione.
Quindi, la vostra sala di meditazione, il vostro dojo, è il vostro luogo sacro. I vostri cuscini sono il vostro proprio dojo personale, il vostro personale Bodhi Mandala, il vostro luogo personale di realizzazione. Perciò, è molto importante ritenere il dojo come un luogo sacro di realizzazione. Deve essere sempre pulito, sempre in un perfetto ordine con una immagine del Buddha o di un Bodhisattva, come punto focale della devozione. Davanti al Buddha o Bodhisattva, dovrebbero esservi fiori o incenso, ed una candela. La candela rappresenta l’illuminazione, l'incenso è un'offerta al Buddha, mentre i fiori rappresentano la compassione, tutti simboli di ogni genuina esperienza religiosa.
Di fronte ad ogni monastero di Zen Rinzai in Giappone c'è un segnale che porta il nome del tempio, il nome della montagna, perché tutti i templi hanno il nome della montagna su cui sorge l’edificio. C'è anche il nome della setta ed il nome del Ramo, come setta Rinzai e Ramo-Myoshinji, e poi le parole Semon Dojo. Il nome Semon vuole dire "speciale". Così, è un luogo speciale per l’illuminazione. Quando io sento qualcuno dire, "Io non ho bisogno di un luogo speciale di illuminazione, io posso fare zazen ovunque", sento che questa persona non è pronta a fare zazen. La mente è proprio così tanto ingannevole che se voi dite di far zazen ogni giorno, ciò vuol dire che non state mai facendo veramente zazen. Voi avete bisogno di un angolo speciale, anche se è solo la vostra camera da letto, per renderlo sacro. Il processo della pratica religiosa è di un incisivo fuoco acuto. È di tutta devozione. Questo non significa andare in giro ogni giorno della vostra vita quotidiana con una faccia lunga e scura ma significa che quando praticate, state solo praticando. In quella pratica, voi state includendo cose che contribuiscono alla pratica, ed escludete le altre cose. In questo modo, voi coltivate il vostro proprio Semon Dojo.
Ora, riguardo al praticare senza un insegnante. Questo è estremamente difficile, così per favore, mantenetevi all'interno dei confini e seguite l'orientamento più da vicino che potete. Quando per prima cosa vi sedete, per favore, fate un paio di profondi respiri, inspirate e trattenete e poi espirate e trattenete. Questo potete farlo attraverso la bocca, benché questa sia l'unica volta che si deve respirare attraverso la bocca. Poi dopo aver fatto due o tre profondi respiri, rollate avanti e indietro, prima estesamente e poi in archi decrescenti fino a che potrete restare eretti. E poi piegatevi in avanti e tirate indietro la parte bassa dei fianchi e restate seduti così. Ora siete pronti per il conteggio dei respiri. A meno che non abbiate già lavorato con un Roshi, penso che dovreste rimanere al conteggio dei respiri. Se voi avete preso il koan Mu e vi avete lavorato su per un po’ di tempo, allora ciò sarà del tutto corretto. Ma vi prego di non trastullarvi ora con il Conteggio dei respiri, ora con il Mu, ora con il Suono di Una Sola Mano, ora con il Vostro Volto Originario prima i Vostri Genitori Nacquero. Sarebbe troppo confuso.
Quindi se state contando i respiri, rimanete solo sul contare i respiri. Ma se avete preso il koan Mu, allora contate i respiri per una o due sequenze e poi cominciate con la pratica del Mu. Adattate il Mu ai vostri respiri nello stesso modo in cui avete adattatto il conteggio alla vostra respirazione. Verrà il momento che perfino vi dimenticherete di respirare e farete solo il Mu. In quel momento il vostro respiro sarà assai sottile. La vostra pratica non è soltanto di concentrarvi su qualcosa. Voi dovrete divenire quella cosa stessa. Se state contando i respiri, allora contate "uno" per l'inalazione, "due" per l'esalazione e così via, ma lasciate che sia il conto a fare il conteggio. In altre parole, lasciate che sia l’uno a contare uno, che sia il due a contare due, che sia il tre a contare tre e così via, fino a dieci e poi si ripeta. È come il musicista che cerca di lasciare che la musica suoni la musica, ma lui deve fare una lunga pratica prima che possa accadere questo. Quindi voi dovete praticare lasciando che il conto stesso faccia il conteggio.
Mumon, riguardo al koan Mu disse, "Portatelo con voi giorno e notte". In termini pratici, nella sesshin che cosa significa questo per lo studente? Significa che voi dovreste far sì che sia il Mu a contare i vostri respiri, dalla mattina alla sera, e che dovreste mettervi a letto con esso. Per esempio, se state tagliando le verdure, voi dovreste concentrarvi soltanto sul tagliare. In quel momento, non potete pensare a contare il respiro, altrimenti vi taglierete il pollice. Perciò, se state facendo un lavoro molto esigente, concentratevi su quello. Non potete concentrarvi sul Mu se state spiegando i verbi irregolari Francesi. Non potete concentrarvi realmente sul contare i vostri respiri, mentre state guidando una macchina. Quindi concentratevi completamente su ciò che state facendo, se il compito richiede molta attenzione, ma non ci sono molti compiti così esigenti nella sesshin. Il tagliare e cucinare le verdure può essere uno tra i compiti più esigenti. Quindi, trattenetevi sempre dal contare il respiro o dal vostro koan Mu, ma quando andate a dormire, mettetevi a letto e poi mantenete leggermente il Mu, o tenete il vostro conteggio dei respiri, e addormentatevi in questo modo, così la vostra seduta zazen continuerà in qualche modo durante il sonno.
Ci sono due modi di praticare una sesshin. Il primo è di concentrarsi sulla vostra sopravvivenza ed il secondo è di concentrarsi su ogni momento così come viene. Entrambi i modi vi porteranno ad applicare la sesshin. Ma soltanto con il secondo modo voi avrete una sesshin efficace. Se vi concentrate sulla sopravvivenza, poi sarete delusi dalla vostra sesshin, perché capirete di aver solo sprecato il tempo a pensare su come applicarla. Dimenticatevi di come applicarla, ma concentratevi solo su ciò che è uno, su ciò che è due, ciò che è tre, questo è tutto – nient’altro. Vi auguro una buona sesshin! --- Fine del file – JJJ (Trad. Italiana di Aliberth Meng)
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Autore: Robert Aitken Roshi. [Ultimi aggiornamento: 19 maggio 1993] -Sangha del Diamante - Associazione buddhista Zen, Koko An Zendo,- 2119 Kaloa Way, Honolulu, Hawaii 96822, Stati Uniti
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(Questo articolo evidenzia alcuni dei più fondamentali e delicati problemi religiosi. Perciò, dovrebbe essere letto, citato e analizzato in un modo attento. Esso è stato pubblicato in origine su ‘Moon Mind Circle’, estate 1987, pp.1-5. Il copyright è di Robert Aitken e Zen Center di Sydney- 251 Young St., Annandale, Sydney, NSW 2038, Australia).
Shila è il rammemoramento dei precetti, e per estensione è il Vinaya stesso, il metodo morale. Il Vinaya è il primo dei "Tre Canestri" o ‘Tripitaka’, il Canone buddhista; gli altri due sono Sutra e Abhidharma, gli insegnamenti e i commentari. Per divenire formalmente buddhisti occorre accettare i precetti in una cerimonia che ha nome Jukai. Forse, per capire come moralità e buddhismo vadano insieme, sarebbe meglio presentare in breve l'insegnamento buddhista stesso:
L'insegnamento fondamentale del Buddha è che non c'è nessun ‘sé’ dimorante. Il nostro essere è composto e dipende continuamente da altre cose, come persone, animali, piante, suolo, acqua, aria, il pianeta terra, gli altri pianeti, il sole, la luna e le stelle. I nostri stessi geni sono programmi a noi forniti dai nostri antenati e da fonti ignote fin dalla più lontana materia verde e prima ancora. Nulla e niente è davvero mio e tutto fu creato da me: i miei genitori, gli avi - il canto degli uccelli, i ritratti di Rembrandt, il profumo del Puakenikeni e la risata di un amico. Ed a formare il mio essere c’è anche una morte in famiglia, il pericolo di un olocausto biologico, i malintesi, ed il pettegolezzo malevolo.
Questa formazione che è ‘Me’, fluendo, mangiando, adattandosi ed adottando è la stessa che è ‘Voi’, con variazioni assai minime nella nostra combinazione di geni ed esperienze che dà a tutti noi la nostra unicità. Questa unicità è il nostro stesso potenziale personale, e noi dipendiamo l'un l'altro per sostenerci a completarlo.
Ciascun centro nel nostro universo multi-centrico è dipendente in questo modo. Nulla permane, e vediamo che tutto è fondamentalmente inconsistente e vuoto – cioè, shunyata, vacuità. Non è un vacuo vuoto che noi percepiamo, ma l'assenza di un ‘sé’ fisso in noi stessi e nelle numerosissime cose dell'universo. Con questa percezione, o con una comprensione che una tale esperienza è invero possibile, noi osserviamo il Dharma: la pace di un’incommensurabile vacuità e l'armonia dei numerosi centri, così come essi fluiscono intorno e attraverso l'un l'altro - come là fuori e in questo 'io'.
Noi percepiamo purtroppo anche il cattivo uso dell'armonia, come nella distruzione dell’ habitat, la minaccia alle nazioni, l’abuso sulle donne e i bambini, e le calunnie agli amici.
I Dieci Grandi Precetti che per lo studente Zen costituiscono Shila, sono dieci metodi per attivare la nostra consapevolezza del Dharma, la pace e la grande armonia di vita e morte, che è il nostro universo. Essi non solo incitano la nostra consapevolezza, ma sono espressioni della perfezione nel Dharma. Ogni precetto è una ‘Paramita’.
I DIECI GRANDI PRECETTI.
I Dieci Grandi Precetti sono:
1. Io faccio il voto di Non Uccidere.
2. Io faccio il voto di Non Rubare.
3. Io faccio il voto di Non Usare male il sesso.
4. Io faccio il voto di Non Parlare in modo falso.
5. Io faccio il voto di Non Usare alcool o droghe.
6. Io faccio il voto di Non Discutere i difetti altrui.
7. Io faccio il voto di Non Lodare me stesso abusando degli altri.
8. Io faccio il voto di Non Sciupare le qualità del Dharma.
9. Io faccio il voto di Non Indulgere nella rabbia.
10. Io faccio il voto di Non Calunniare i Tre Tesori.
1) “Io faccio il voto di Non-Uccidere”. Questo Primo Precetto richiama il primo dei nostri Grandi Voti per Tutti, "Benché gli stessi esseri siano innumerevoli, io faccio il voto di salvarli". Il Precetto è specifico ed ha una valenza proibitiva; il Voto è universale e positivo. L'enfasi nel Precetto è di proteggere e nutrire: l'enfasi nel Voto è all’incoraggiamento spirituale. Entrambi sono espressioni di perfezioni: entrambi migliorano il processo di perfezione.
Di norma, nutrire un’essere specifico è anche, chiaramente, un modo per salvare l’universo, ma talvolta scelte di abortire, spruzzare DDT agli insetti ed intrappolare topi sembrano offrire forme di mantenere pulito e sano l'organismo del mondo. Tali scelte possono però diventare strazianti e dure, e si sta tentando di prendere decisioni sulla base di argomenti persuasivi che siano più semplici e riduttivi. Essi sono koans e devono essere affrontati con un più chiaro senso della proporzione.
Decisioni circa l’assai più grave problema della guerra e la pace sono stati acclarati da una capacità tecnologica senza precedenti per uccidere che la scienza abbia mai realizzato. Non c’è più un motivo per una "guerra giusta", o per il "deterrente sicuro". Incredibili armi criminali sono state preparate per distruggere pressocché tutta la vita umana e animale e di tutte le piante. Qui, il koan è come parlare in modo adatto e fare un’azione che sia istruttiva in opposizione a tali armamenti e alla loro cosiddetta base razionale.
Meno ovvia, ma non meno pericolosa, è la probabilità di un disastro biologico, per tramite della distruzione di foreste, praterie, stagni, laghi, fiumi, mari e l'aria stessa. Quindi, io faccio il voto di modificare il mio stile di vita e di ridurre le mie pretese, e di incoraggiare tutti gli altri a fare lo stesso, per la protezione di tutti gli esseri nelle loro infinite varietà.
2) “Io faccio il voto di Non-Rubare”. Questo e tutti i Precetti successivi sono delle varianti del primo, "Non-Uccidere". Esso significa che io rispetterò l'ordine delle cose – la ‘Paramita’ dell'armonia.
I contadini che occupano i terreni privati inusati in America Centrale dimostrano la loro visione dell'ordine fondamentale. "Noi stiamo giustamente prendendo ciò che è nostro", dicono. I proprietari terrieri invece dicono che essi stanno rubando. La domanda è, quale visione è quella che uccide? E quale quella che dà la vita?
3) “Io faccio il voto di Non Usare male il sesso”. Un rapporto sessuale è mal usato quando si dimostra una dipendenza, piuttosto che l’apice di un’esperienza d’amore fra due persone coinvolte. Tutti i Precetti fanno risaltare ogni comportamento che crea dipendenza, come il rubare, mentire, usare alcool o droghe, calunniare, ed anche uccidere. La dipendenza rivela una mancanza di fiducia, un bisogno verso qualcosa che è di altri, essendo invertita l'interdipendenza di tutte le cose per una sola. Non è bene condannare la promiscuità come un comportamento immorale, in quanto essa è solo un sintomo di generale immaturità. Come chiunque altro, il dipendente ha bisogno di una guida per trovare un modo di dimenticare il ‘sé’.
4) “Io faccio il voto di Non Parlare in modo falso”. Anche dire falsa testimonianza è un modo di uccidere, e specificamente, uccidere il Dharma. La bugia è detta per difendere l’idea di un'entità fissa, un’immagine di ‘sé’, un proprio concetto, o una istituzione. Io voglio essere noto come caloroso e compassionevole, così io nego di essere crudele, anche se ho fatto del male a qualcuno. Talvolta io devo mentire per proteggere qualcuno, o molte persone, animali, piante e cose dal farsi male, o almeno credo di doverlo fare. Qual è il grande ritratto? "La natura di Buddha che pervade l'intero universo" (1).
5) “Io faccio il voto di Non Usare alcool o droghe”. Questo può essere esteso a qualsiasi cosa che ottenebri la mente: una conversazione sciocca, una musica chiassosa, certi programmi Tivù. Però, il buddhismo non è assoluto. Un po’ di vino o birra può scaldare le mie ossa e rilassare le mie inibizioni, e una conversazione casuale migliorerà la mia umanità e l’umanità degli altri. Questo Precetto mette in guardia contro la dipendenza e la degenerazione. Quando sono totalmente onesto ed attento all’origine stessa dei miei pensieri, qual’è mai il sentiero del Buddha?
6) “Io faccio il voto di Non Discutere i difetti altrui”. Anche questo Precetto tratta con un aspetto dell’uccidere. A molte persone si fa più del male col pettegolezzo che con una pistola. Il punto è che nessuno ha un carattere fisso. Ognuno ha le sue tendenze, e quelle tendenze possono essere usate bene o male, capite bene o essere fraintese. La tendenza ad essere accomodanti può essere negativamente considerata come passività, oppure positivamente come pazienza. Incoraggiate la tendenza, ed essa troverà la vostra propria perfezione.
7) “Io faccio il voto di Non Lodare me stesso abusando degli altri”. La ragione per cui io lodo me stesso e abuso degli altri è che cerco di giustificare e difendere me stesso, presentandomi come un certo tipo di essere piuttosto superiore.
In realtà, io non sono superiore né inferiore. Le mie azioni e parole o sono idonee o improprie alle necessità delle persone, animali, piante e cose, incluso me stesso. Se io sono autoritario e metto me stesso in alto e gli altri sotto, allora non sto per nulla soddisfacendo il loro bisogno di crescere e maturare, o il mio di ascoltare ed imparare. Il Buddha-Dharma è oscurato. Il mondo soffre.
8) “Io faccio il voto di Non Sciupare le qualità del Dharma”. Le qualità del Dharma sono tutti i fenomeni nella loro preziosa unicità, l'interdipendenza di ogni cosa in perfetta armonia, e l'assenza di qualunque ‘sé’ permanente. Quando io non sono avaro verso le qualità del Dharma, mi comporto e dico cose che migliorano la mia propria comprensione dell'unicità, l'armonia, la pace - e la comprensione da parte degli altri, così che i membri della mia famiglia, gli amici, tutti e ciascuno possano mantenere il loro sentiero di perfezione. Detto in altro modo: Io mi comporterò così che la perfezione originale diventi sempre più chiara a tutti gli esseri.
9) “Io faccio il voto di Non Indulgere nella rabbia”. Nella sesshin, io e voi abbiamo avuto l’esperienza di aver provato la rabbia. Qualcosa di irragionevolmente piccolo magari, forse qualcosa che voi non avete neanche notato, adirati per le sgradevoli punture in una bolla di gas, e voi là seduti a recitare scene di castigo. Forse avete biasimato voi stessi per questa condizione, ma è un biasimo inutile, che aggrava solo la vostra confusione.
Perfino un tale incubo di rabbia non è una violazione di questo Precetto, perché se
siete sinceri, tornerete alla pratica ogni volta che ne avrete la possibilità. La rabbia
è il campo stesso della vostra pratica, e su quel campo voi inseguirete il piccolo folletto ‘Mu’. E Blake dice, "Le tigri della collera sono più sagge dei cavalli della istruzione". A volte, perfino lo stesso Kwan-yin (Avalokiteswara) lancia un fulmine di rabbia. Però, l'indulgere nella rabbia è dipendenza, e vi fa rimanere nel dolore. Che cos’è che vi agita?
10) “Io faccio il voto di Non Calunniare i Tre Tesori”. I Tre Tesori sono il Buddha, il Dharma, ed il Sangha. Questi sono il Buddha Storico, il suo insegnamento, e la comunità dei suoi seguaci - nonché la realizzazione, il sentiero alla realizzazione e l'armonia di tutti gli esseri. Calunniare questi Tesori significa disprezzarli, ed il più grave tipo di disprezzo è l’analisi concettuale che riduce e quantifica - ignorando la
fonte ignota ed inconoscibile, la meravigliosa sottigliezza delle parole del Buddha e quelle dei suoi grandi seguaci, la sincronicità e la simmetria dell’esperienza, e la preziosa natura e aspirazione di ogni persona individuale, animale o pianta.
“Io sostengo i Dieci Precetti dei discepoli di Shakyamuni Buddha, e io vi invito ad unirvi a me!”.
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Note: 1) Tratto dalla classica dedica dei sutra, tradotta da Nakagawa Soen Roshi,
ed usata nel Sangha del Diamante ed al Centro Zen di Los Angeles.
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Autore: Robert Aitken Roshi. [Ultimi aggiornamento: 19 maggio 1993] - Sangha del Diamante - Associazione buddhista Zen, Koko An Zendo, 2119 Kaloa Way, Honolulu, Hawaii 96822, Stati Uniti
(Traduzione Italiana di Aliberth Meng)