[Questa è la traduzione del Ven. Bhikshu Guo-gu, di un discorso fatto dal patriarca Ch'an Xu-Yun (‘Nuvola Vuota’ - 1839-1959).]

Estratto da INTERNET e Tradotto in Italiano da Aliberth Mengoni (Aliberth)

 

MANUALE di MEDITAZIONE CH’AN

Per Praticanti Avanzati

     

 

Prima Parte: L'Essenza della Pratica Ch'an

 

NECESSARI PREREQUISITI E CAPACITA’ DI COMPRENSIONE PER COMINCIARE LA PRATICA CH'AN 

 

1). L'Obiettivo della Pratica Ch'an: 

L'obiettivo della pratica di Ch'an è illuminare la mente sradicando le sue impurità e vedere nella propria vera auto-natura. Le impurità della mente sono i pensieri errati e gli attaccamenti. L’auto-natura è la saggezza e la virtù del Tathagata. La saggezza e la virtù, dei Buddha e degli esseri senzienti, non sono diverse una dall'altra. Per sperimentare saggezza e virtù, bisogna abbandonare ogni tipo di dualità e discriminazione, pensieri errati e attaccamenti. Questo è lo stato di Buddha. Se non si è in grado di fare questo, allora si resta un essere senziente ordinario. 

Poiché tutti noi siamo contaminati, stiamo tutti vagando attraverso il samsara, dispersi e confusi, per illimitati periodi di tempo (kalpa); e perciò non possiamo immediatamente eliminare i pensieri errati, né vedere la nostra natura originaria. Per questa ragione noi dobbiamo praticare il Ch'an. 

Il requisito indispensabile per la pratica Ch'an è saper sradicare il pensare errato. Shakyamuni Buddha insegnò molto su questo argomento. Il suo insegnamento più semplice e più diretto fu la parola "fermare", nell'espressione "il fermare è Bodhi" (Illuminazione). Fin dal tempo in cui Bodhidharma trasmise gli insegnamenti Ch'an a tutt’oggi, i venti del Ch'an hanno soffiato in lungo e in largo, illuminando e scuotendo il mondo. Fra le molte cose che Bodhidharma, ed il sesto Patriarca Hui-Neng, hanno insegnato a coloro che giunsero per studiare con loro, nessuna è più preziosa del detto, “Sopprimere tutte le condizioni coinvolgenti, non lasciare che sorga neppure un singolo pensiero!”. 

Questa espressione è veramente il prerequisito per la pratica del Ch'an. Se voi non siete in grado di applicare questo requisito, allora non solo non riuscirete a raggiungere l'ultima meta della pratica di Ch'an, ma non sarete neanche capaci di entrare nella porta del Ch'an. Come potete parlare di praticare il Ch'an se siete impigliati nei fenomeni mondani, con continui pensieri che all’improvviso sorgono  e poi se ne vanno via? 

 

2). “Sopprimere le condizioni coinvolgenti”

"Eliminare le condizioni coinvolgenti, non lasciare che neppure un singolo pensiero sorga" è un prerequisito indispensabile per la pratica Ch'an. Ora che sappiamo questo, come potremo portarlo a termine? Il miglior praticante, uno con abilità superiori può fermare tutti i pensieri per sempre, può arrivare direttamente alla condizione di non-sorgere, ed immediatamente può esperimentare la Bodhi. Tale persona non è impigliata da nessuna cosa. 

I praticanti più validi usano il principio di sopprimere i fenomeni nella propria mente e comprendono che l’auto-natura è originalmente pura. Illuminazione e oscurità, Nirvana e Samsara – sono tutti falsi nomi che non hanno nulla a che fare con la propria auto-natura. Tutte le cose sono come sogni ed illusioni, come bolle  o riflessi nell’acqua. All'interno dell’auto-natura, il mio corpo, composto dei quattro grandi elementi della terra stessa, è come le bolle del mare, che sorgono e scompaiono, eppure senza mai ostacolare la superficie originaria. Non fatevi incantare dal sorgere, dimorare, cambiare e svanire dei fenomeni illusori che generano piacere ed avversione, attrazione e repulsione. Abbandonate il vostro intero corpo, come se foste morti, nonché i sei organi di senso, i sei sensi della oggettivazione. I sei oggetti di senso e le sei coscienze sensoriali si disperderanno spontaneamente. L'avidità, l’odio, l'ignoranza e il desiderio sensuale saranno distrutti. Tutte le sensazioni di dolore, sofferenza e piacere che toccano il corpo - fame, sazietà, freddo, caldo, gloria, insulto, calamità, prosperità, buona e cattiva sorte, encomio, biasimo, guadagno e perdita, sicurezza e pericolo, nascita e morte, - non saranno più di vostro interesse. Solo questo può essere considerata la vera rinuncia - quando voi eliminerete tutto per sempre. Questo è ciò che si intende con ‘rinunciare a tutti i fenomeni’. 

Quando si rinuncia a tutti i fenomeni, i pensieri errati scompaiono, non sorge più la discriminazione, e l'attaccamento è lasciato da parte. Quando i pensieri non sorgono più, si manifesta totalmente la luminosità dell’auto-natura. A questo punto avrete adempiuto alle condizioni necessarie per la pratica Ch'an. Dopodiché, agevolare il duro lavoro e la sincera pratica vi renderanno capaci di illuminare la mente e vedere nella vostra vera natura. 

3). Ognuno può Divenire Immediatamente un Buddha: 

Molti praticanti di Ch'an fanno domande riguardo al Dharma. Il Dharma che è dato a parole non è il vero Dharma. Appena si tenta di spiegare le cose, il significato più vero è perso. Quando realizzerete che “la mente-unica" è il Buddha, da quel momento non c’è più nulla da fare. Tutto è già completo e perfetto. Ogni discorso fine a se stesso, riguardante la pratica o la realizzazione, è un’inganno diabolico. 

Il “puntare direttamente alla mente, vedendo all’interno della propria natura, e raggiungere la Buddhità" indicato da Bodhidharma, istruisce chiaramente che tutti gli esseri senzienti sono Buddha. Una volta che la pura auto-natura è riconosciuta, uno può armonizzarsi con l'ambiente circostante e rimanere ancora incorrotto. La mente rimarrà unificata per tutto il tempo, sia camminando, stando in piedi, sedendo o stando sdraiati. Questo è già essere un Buddha. A questo punto, non c’è più bisogno di sforzarsi ed essere diligenti. Ogni azione è superflua. Non c’è bisogno di preoccuparsi più per qualsiasi minimo pensiero o parola. Perciò, divenire un Buddha è il compito più facile e meno impedito. Fatelo da voi-stessi. Non cercatelo al di fuori di voi-stessi. 

Tutti gli esseri senzienti- che desiderano in eterno evitare la rinascita nei quattro tipi di forma e nei sei percorsi di esistenza; e che eternamente sprofondano nel mare della sofferenza; e che fanno il voto di raggiungere la Buddhità e le quattro virtù del Nirvana (eterna esistenza, gioia, coscienza di sé e purezza) - possono immediatamente ottenere la Buddhità se credono totalmente nelle sincere parole del Buddha e dei patriarchi, rinuncino a tutto, e non pensino agli esseri, come composti da tutti i Buddha, Bodhisattva o patriarchi, come una vanteria, né che esso sia un voto vuoto e senza senso. 

Il Dharma è esattamente questo. È stato spiegato ancora e ancora dal Buddha e dai patriarchi. Essi ci hanno esortato con la verità e non ci hanno mai ingannato. Sfortunatamente, gli esseri senzienti sono confusi e per infiniti kalpa hanno speri-mentato nascita e morte nel mare della sofferenza, apparendo e scomparendo, assumendo continuamente nuove forme di vita. Storditi e confusi, presi dentro la polvere mondana dei sei sensi, voltando la schiena all’illuminazione, essi sono come l’oro puro gettato in un pozzo nero. A causa della gravità del problema, il Buddha insegnò compassionevolmente le 84,000 porte del Dharrna a seconda delle diverse radici karmiche di ciascun essere senziente, cosicché gli esseri senzienti potessero usare i metodi di guarire loro-stessi dalle 84,000 abitudini e colpe, incluse l’avidità, l’odio, l'ignoranza e il desiderio. 

4). Investigare il Ch'an e Contemplare la  Mente: 

La nostra setta si concentra sull’investigare il Ch'an. Lo scopo della pratica del Ch'an è "Illuminare la mente e vedere nella propria vera natura". Questa investi-gazione è chiamata anche "Realizzare chiaramente la propria auto-mente e percepire completamente la propria natura originaria". 

Fin dal tempo in cui il Buddha tenne un fiore in mano e Bodhidharma arrivò in Oriente, i metodi per entrare attraverso questa porta del Dharma si sono evoluti in continuazione. La maggior parte dei praticanti Ch'an, prima delle dinastie T’ang e Sung, fu illuminata dopo avere sentito una parola o mezza frase di Dharrna. La trasmissione da maestro a discepolo era il sigillo della Mente con la Mente. Non c'era un Dharrna fisso. Le domande e le risposte di ogni giorno risolvevano solo gli obblighi. Era nulla più che prescrivere la giusta medicina per la giusta malattia. 

Dopo la dinastia Sung, tuttavia, le persone non avevano più radici karmiche così buone come i loro predecessori. Così non potevano eseguire quello che gli veniva detto. Ad esempio, ai praticanti fu insegnato di "Rinunciare a tutto” e "Non pensare al bene o al male", ma essi non sapevano farlo. Essi non erano capaci di rinunciare a tutto, e se non stavano pensando al bene, stavano pensando al male. In queste circostanze, i patriarchi non avevano nessun’altra alternativa che usare il veleno per combattere il veleno, così insegnarono loro il metodo di investigare il ‘kung-an’ [ed il ‘hua-t’ou’]. 

Quando si comincia a guardare dentro un ‘hua-t’ou’, ci si deve afferrare ad esso fortemente, senza lasciarlo mai andare. È come un topo che tenta di masticare la sua uscita da una bara. Si concentra su un solo punto. Non cerca luoghi diversi e non si ferma finché non esce fuori. Così, in termini di ‘hua-t’ou’, l'obiettivo è usare un solo pensiero per sradicare altri innumerevoli pensieri. Questo metodo è un’ultima risorsa, proprio come se qualcuno fosse stato trafitto da una freccia con il veleno. Deve venir presa una drastica misura per guarire il paziente. 

Gli antichi usavano i ‘kung-an’, ma più tardi i praticanti cominciarono ad usare  alcuni hua-t’ou, come: "Chi è che sta trascinando in giro questo cadavere?" "Qual’ era il tuo volto originario prima che tu fossi nato?” e "Chi è che sta recitando il nome del Buddha?”. 

Infatti, tutti gli ‘hua-t’ou’ sono uno solo. Non c’è nulla di strano, di non-comune, o di speciale in essi. Se lo voleste, potreste dire: "Chi sta recitando il sutra?" "Chi sta recitando il mantra?” "Chi si sta prostrando davanti al Buddha?" “Chi è che sta mangiando?" "Chi sta indossando questi vestiti?" "Chi sta camminando?" "Chi sta dormendo?" Essi sono tutti lo stesso ‘hua-t’ou’. La risposta alla domanda "chi?” è dedotta dalla propria Mente. La Mente è l'origine di tutte le parole. I pensieri escono dalla Mente; La Mente è l'origine di tutti i pensieri. Innumerevoli dharma (fenomeni) generano dalla Mente; la Mente è l’origine di tutti i dharma. Infatti, l’hua-t’ou è un pensiero. Prima che un pensiero sorga, lì c'è l'origine della parola. Quindi, guardando in un hua-t’ou si sta contemplando la Mente. C'era la Mente prima che i vostri genitori vi partorissero, così quando si guarda nel proprio volto originario che c’era prima di essere nati, si sta contemplando la Mente. 

L’auto-natura è la Mente. Quando ci si rivolge all’interno per sentire la propria auto-natura, uno è rivolto all’interno per contemplare la Mente. Nella frase, "Illu-minare perfettamente la pura consapevolezza", la consapevolezza pura è la Mente e l'illuminazione è la contemplazione. La Mente è il Buddha. Quando si recita il nome del Buddha, si contempla il Buddha. Contemplando il Buddha, si sta contemplando la Mente. 

Investigare il Hua-t’ou, o "guardare chi è che sta recitando il nome del Buddha", è contemplare la Mente. Quindi, contemplare la Mente, è illuminare la pura consa-pevolezza. È anche illuminare la natura-Buddha all'interno di sé. La Mente è auto-natura, pura consapevolezza, il Buddha. La Mente non ha nessuna forma, nessuna caratteristica, niente direzioni; non può essere trovata in nessun particolare posto. Non può essere afferrata. In origine, la Mente è purezza, che abbraccia univer-salmente tutti i reami del Dharma. Non sta ‘dentro’ né ‘fuori’, non viene e né va. Fin dall’origine, la Mente è il puro Dharmakaya. 

Quando investiga il ‘hua-t’ou’, il praticante deve prima chiudere tutti i sei organi di senso e cercare dove sorgono tutti i pensieri. I praticanti dovrebbero concentrarsi sul hua-t’ou finché non vedono la pura mente originaria separata dai pensieri. Se si fa questo senza interruzioni, la mente diventa sottile, quieta e tranquilla, illuminandosi silenziosamente. A quel punto, i cinque skandha si vuotano, corpo e mente si estìnguono, e nulla rimane. Da quel momento, camminare, stare in piedi, sedere e giacere giù, sono tutti fatti senza movimento (mentale). Col tempo, la pratica si approfondirà, e alla fine i praticanti vedranno la propria auto-natura, e diverranno Buddha e la sofferenza cesserà. 

Una volta, un antico patriarca, chiamato Gaofeng (1238-1295), disse: "Dovete contemplare il hua-t’ou come una tegola che cade dal tetto, e che sprofonda senza fine in giù dentro un stagno profondo diecimila piedi. Se in sette giorni non sarete illuminati, io vi darò il permesso di tagliarmi la testa!". Queste sono parole di una persona esperta. Lui non parlò alla leggera. Le sue parole sono vere. 

Anche se, ai giorni nostri, molti praticanti usano il ‘hua-tù’, pochi sono illuminati. Ciò è perché a paragone dei praticanti del passato, i praticanti di oggi hanno radici karmiche inferiori e meno meriti. Inoltre, i praticanti di oggi non hanno chiaro lo scopo e il percorso del hua-tù. Alcuni praticanti vanno in cerca da est ad ovest e da nord a sud fino alla loro morte, eppure non sono riusciti a penetrare neanche un hua-tù. Essi non capiscono mai, né si avvicinano correttamente al hua-tù. Si aggrappano solamente alla forma e alle parole. Essi usano (male) il loro intelletto e si attaccano soltanto alla coda delle parole. 

L’hua-tù è la Mente-Unica. Questa mente non si trova all’interno, né fuori, e né in mezzo. D'altra parte, essa è all’interno, all’esterno, e in mezzo. È come la quiete immobile dello spazio vuoto che pervade in ogni dove. L’hua-tù non dovrebbe essere rilasciato. Né dovrebbe essere trattenuto troppo. Se lo rilasciate, la vostra mente oscillerà e diverrà instabile. Se lo trattenete troppo diventerete assonnati. Questi approcci sono contrari alla natura della mente originaria e non sono per nulla d’accordo con la Via di Mezzo. 

I praticanti sono disturbati dai pensieri vaganti. Essi continuamente pensano che è difficile addomesticarli. Non abbiate paura dei pensieri vaganti. Non sprecate la vostra energia per tentare di reprimerli. Tutto ciò che dovete fare è riconoscerli. Non attaccatevi e non aderite ai pensieri vaganti, non seguiteli, e non tentate di liberarvi di loro. Se non vi collegherete insieme ai pensieri, i pensieri vaganti se ne andranno da soli. 

^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^

 

Seconda Parte: DISCORSI di XU-YUN sui METODI di PRATICA - 

Nella SALA del CH'AN. 

 

1). Introduzione: 

Molte persone vengono a cercarmi per una guida. Ciò mi fa un po’ vergognare. Tutti lavorano in modo così duro – prendendo la legna per il fuoco, zappando i campi e smuovendo la terra, portando i mattoni – eppure da mattina a sera non smettono di pensare a praticare il Sentiero. Una tale determinazione per il Dharma è davvero commovente. Io, Xu-yun sono pentito per la mia inadeguatezza sul Sentiero e per la mia mancanza di virtù. Io non sono in grado di istruirvi e posso usare soltanto qualche sentenza degli antichi, in risposta alle vostre domande. Vi sono quattro prerequisiti indispensabili al metodo di pratica: (1) profonda fede nella legge di causa e di effetto; (2) stretta osservanza dei precetti; (3) una fede inamovibile, e (4) saper scegliere un metodo-porta per la pratica del Dharma. 

2). Essenziali di Pratica Ch'an: 

Le nostre attività di ogni giorno sono eseguite all'interno del Sentiero stesso. C'è qualche posto che non sia il luogo per praticare la Via? Una Sala di Ch'an non è neanche necessaria. Inoltre, la pratica del Ch'an non è solo sedere in meditazione. La Sala del Ch'an e la meditazione seduta-Ch'an sono adatte per esseri senzienti con profonde ostruzioni karmiche e una saggezza superficiale. 

Quando uno siede in meditazione, deve prima sapere come regolare il corpo e la mente. Se questi non sono ben regolati, allora un danno lieve si trasformerà in una malattia e un danno grave porterà ad ostruzioni demoniache. E ciò sarebbe davvero pietoso. Le meditazioni camminata e seduta nella Sala del Ch'an sono fatte apposta per regolare corpo e mente. Vi sono pure altri modi per regolare il corpo e la mente, ma io parlerò solo di questi due fondamentali metodi.  

Quando sedete nella posizione del loto, voi dovete stare naturalmente diritti. Non spingete la pancia in fuori intenzionalmente. Così facendo, aumenterete il calore interno che più tardi potrebbe dar luogo ad una sorta di sabbia all’angolo degli occhi, cattiva e disagevole respirazione, perdita di appetito e nei casi peggiori, fuoriuscita di sangue. Se vi prendesse ottusità o sonnolenza, spalancate gli occhi, drizzate la schiena e muovete dolcemente le natiche da un lato all’altro. L'ottusità svanirà spontaneamente. Se praticate con un’attitudine ansiosa, avrete un senso di fastidio. A quel punto dovreste smettere tutto, inclusi i vostri sforzi di meditare. Riposatevi per alcuni minuti. Gradualmente, dopo aver recuperato, riprendete a praticare. Se non fate così, col tempo svilupperete un carattere nevrotico, o, nel caso peggiore, potreste diventare alienati o cadere in ostruzioni demoniache. 

Vi sono molte esperienze che potreste incontrare quando meditate il Ch’an seduto (zazen), troppe per parlarne. Comunque, se non vi ci attaccate, esse non interferi-ranno con voi. Ecco perché il proverbio dice: "Vedere lo straordinario, eppure non pensare ad esso come se fosse straordinario, così lo straordinario si ritirerà". Se incontrate o percepite un'esperienza sgradevole, non prendete alcuna nota di essa e non abbiate nessuna paura. Se sperimentate qualcosa di piacevole, ugualmente non prendete nota di esso e non date origine all’attrazione. Dice il Surangama Sutra: "Se uno non pensa che ha ottenuto un esperienza ultraterrena, allora ciò è buono. D'altra parte, se uno pensa di aver ottenuto qualcosa di ultraterreno, allora egli poi attirerà i demoni".  

3). Come Iniziare la Pratica: Distinzione Tra Ospitante ed Ospitato: 

Come si deve cominciare la pratica? Nell’Assemblea del Surangama, il Venerabile Kaundinya menzionò le due parole "ospite" e "polvere". Questo è il modo in cui i principianti dovrebbero cominciare la loro pratica. Egli disse, "Un viandante che si ferma in una locanda, può rimanerci solo una notte e trovare qualcosa da mangiare. Quando si è riposato, egli riparte e continua il suo viaggio, perché non ha tempo per fermarsi lì. Se egli fosse stato l'oste, non sarebbe dovuto andare in nessun altro luogo. Perciò, io ragiono così: colui che non resta è chiamato l’ospite, perché il non restare è l’essenza di essere un ospite. Invece, colui che resta è chiamato l’oste (o l’ospitante). Ancora, in un giorno chiaro, quando il sole sorge e la luce del sole entra in una stanza scura attraverso un'apertura, si può vedere la polvere nello spazio vuoto. La polvere si muove, ma lo spazio è immobile. Ciò che è chiaro e immobile è chiamato spazio; ciò che si muove è chiamato polvere perché il muoversi è l’essenza di essere la polvere". ‘Ospite’ e ‘polvere’ si riferiscono ai pensieri illusori, mentre ‘oste’ (o ospitante) e ‘spazio’ si riferiscono all’auto-natura. Il fatto che il permanente-oste non segua l'ospite nel suo andare e venire illustra che l’auto-natura permanente non segue quindi i pensieri illusori nel loro fugace apparire e scomparire. Perciò è stato detto, "Così è stato detto, se uno non è soggetto agli influssi di tutte le cose, allora non ci sarà nessuna ostruzione, anche quando uno è continuamente circondato dalle cose". La mobile polvere non ostacola il chiaro, immobile spazio vuoto; così i pensieri illusori che sorgono e svaniscono da soli non impediscono l’auto-natura della Talità. Perciò è stato detto, "Se la mia mente non sorge, tutte le cose sono irreprensibili". In tale stato di mente, perfino l'ospite non viene attratto dai pensieri illusori. Se egli comprende il significato di spazio e polvere, i pensieri illusori non saranno più degli ostacoli. È detto che quando uno riconosce un nemico, non ci sarànno più nemici nella sua mente. Se uno può investigare e capire tutto questo prima di iniziare la pratica, è improbabile che possa poi commetterà errori seri. 

4). Il ‘Hua-tù’ e il Dubbio 

Gli antichi patriarchi puntarono direttamente alla Mente. Quando uno vede l’auto-natura, raggiunge la Buddhità. Fu questo il caso, quando Bodhidharma aiutò il suo discepolo a calmare la sua mente e quando il sesto Patriarca disse che bisognava solo vedere la propria auto-natura. Tutto ciò che era necessario, era la diretta comprensione e accettazione della Mente, e null’altro. Allora, non c'era una cosa come investigare il hua-tù. Tuttavia, i patriarchi più recenti videro che i praticanti non potevano gettarsi nella pratica con una totale devozione e non potevano vedere istantaneamente la loro auto-natura. Anzi, costoro giocavano al ruolo ed imitavano le parole dei saggi, sfoggiando il tesoro di altre persone ed immaginan-do che fosse il loro. Per questa ragione, i successivi patriarchi furono costretti a preparare scuole ed escogitare specifici metodi per aiutare i praticanti, da quì il metodo di investigare il hua-tù. 

Vi sono molti ‘hua-tù’, come: "Tutti i dharma ritornano all’Uno, e dove ritorna questo Uno?" “Qual’era il mio volto originario, prima che io fossi nato?" e così via. Il più comune, comunque, è "Chi è che sta recitando il nome del Buddha?". 

Cosa si intende con ‘hua-tù’? ‘Hua’ significa la parola detta; ‘tou’ significa la testa o l’inizio, così ‘hua-tù’ significa ciò che è prima della parola detta. Ad esempio, recitare il mantra Amitabha Buddha, è un ‘hua’, e ‘hua-tù’ è ciò che precede quel recitare il nome del Buddha. Il ‘hua-tù’ è quel momento prima che il pensiero sorga. Una volta che sorge il pensiero, è già la coda del ‘hua-tù’. Il momento prima che il pensiero sia sorto è chiamato ‘non-sorgere’. Quando la propria mente non è distratta, non è ottusa, non è attaccata alla pigrizia, o non è presa in uno stato di inanità, è chiamata imperitura. Rivolgersi univocamente all’interno e illu-minare ininterrottamente lo stato di ‘non-sorgere’ e ‘non-perire’, è chiamato ‘inve-stigare il hua-tù, prendersi cura del hua-tù. 

Per investigare il ‘hua-tù', bisogna prima generare il dubbio. Il dubbio è come un bastone d’appoggio per il metodo di investigare il hua-tù. Cosa si intende dire con dubbio? Per esempio, ci si può chiedere: "Chi sta recitando il nome del Buddha?".  Ognuno sa che è egli stesso che sta recitando il nome, ma sta usando la sua bocca o la mente? Se è la bocca, allora dopo che la persona muore e la bocca ancora esiste, come mai la persona morta non è capace di recitare il nome di Buddha? Se è la mente, allora com’è la mente? Non si può sapere. Quindi, c’è qualcosa che non si comprende pienamente, e ciò fa sorgere un certo dubbio riguardo alla domanda "chi?". 

Questo dubbio non dovrebbe mai essere considerato sciocco. Più è sottile e più è eccellente. Ovunque e comunque, uno dovrebbe osservare e mantenere questo dubbio con mente univoca, e lasciarlo fluire come un dolce ruscello. Non siate distratti da nessun altro pensiero. Quando il dubbio è presente, non lo si disturbi. Quando il dubbio non è più presente, fatelo gentilmente sorgere di nuovo. I principianti troveranno che è più efficace usare questo metodo quando stanno fermi piuttosto che quando stanno muovendosi; ma voi non dovreste avere alcun atteggiamento discriminatorio. Che la vostra pratica sia efficace o no, o che voi siate fermi o in movimento, usate sempre solo il metodo e la pratica con mente univoca.    

Nel hua-tù "Chi è che sta recitando il nome del Buddha?", l’enfasi dovrebbe essere messa sulla parola "Chi?". Le altre parole servono ad offrire un'idea generale, pro-prio come nel chiedersi, "Chi si sta vestendo?" "Chi sta mangiando?" "Chi sta muovendo le mie viscere" "Chi sta orinando?" "Chi sta lottando inconsapevol-mente contro l’ego?" "Chi sta cercando di essere consapevole?". Sia che uno stia camminando, stando in piedi, sedendo o giacendo sdraiato, il termine "chi" è diretto ed immediato. Non dovendo fare affidamento su un pensiero ripetitivo, congetture, o attenzione, è facile generare un senso di dubbio.    

Quindi, i hua-tù che comportano la parola "chi?" sono dei meravigliosi metodi per praticare il Ch'an. Ma l'idea non è di ripetere "Chi è che sta recitando il nome di Buddha?" come se si dovesse ripetere il nome stesso del Buddha; né è corretto usare il ragionamento per ottenere una risposta alla domanda, pensando che ciò sia quello che significa avere il dubbio. Vi sono persone che ininterrottamente ripetono la frase "Chi sta recitando il nome del Buddha?". Esse accumulerebbero invece più meriti e virtù se recitassero solo ripetutamente il nome di Amitabha Buddha. Vi sono altri che lasciano le loro menti vagare, pensando che quello sia il significato dell’avere il dubbio, e così finiscono per essere ancora più coinvolti nei pensieri illusori. Questo è come tentare di voler salire e invece si sta scendendo. Siate consapevoli di questo. 

Il dubbio che è generato da un principiante tende ad essere grossolano, intermittente ed irregolare. Davvero ciò non lo qualifica come uno stato di dubbio. Può soltanto essere chiamato un modo di pensare. Poco per volta, dopo che si sono stabiliti pensieri selvaggi ed uno ha più controllo, il processo può essere chiamato ‘ts'an’ (che significa investigare o guardare all’interno). Appena la propria pratica diventa più agile, il dubbio sorge naturalmente senza che uno lo inciti in maniera attiva. A questo punto uno non è più consapevole di dove sta sedendo. Non si è più consapevoli dell'esistenza del corpo, della mente o dell’am-biente circostante. Vi è solamente il dubbio. Questo è un vero stato di dubbio. 

Parlando realisticamente, lo stadio iniziale non può essere considerato pratica. In realtà, la persona sta soltanto coinvolgendosi nei pensieri illusori. Solamente quando il vero dubbio sorge da se stesso, lo si può chiamare vera pratica. Questo periodo è un momento di connessione cruciale, ed è facile che il praticante possa rischiare di deviare dal corretto percorso: 

(1) A questo punto, chi è chiaro e puro sente un senso illimitato di leggerezza e di pace. Tuttavia, se uno non riesce a mantenere pienamente la consapevolezza di sé e l'illuminazione (la consapevolezza è saggezza, non illusione; l'illuminazione è la pace del samadhi, e non il fastidio), precipiterà in un leggero stato di ottundi-mento mentale. Se vicino c'è una persona illuminata, sarà subito in grado di dire che il praticante è in questo stato mentale, e lo colpirà con uno stick di incenso, disperdendo così tutta la nebbia e le nuvole. Molte persone si sono illuminate in questo modo. 

(2) A questo punto, chi è chiaro e puro è vuoto e vacuo. Se non lo è, allora il dubbio è perso. Quindi è "senza-contenuto", cioè non sta facendo più alcun sforzo per praticare. Questo è ciò che si intende con "una roccia con legno secco" o "una pietra immersa in acqua fredda". In questa situazione il praticante deve "elevarsi"  il che vuol dire “sviluppare consapevolezza e illuminazione”. Diversamente dalle prime volte, quando il dubbio era grossolano. Ora deve essere estremamente sottile - un pensiero, ininterrotto ed estremamente sottile. Con assoluta chiarezza, egli è illuminato e quiescente, immobile eppure completamente consapevole. Come il fumo che sta salendo da un fuoco, o un fresco ruscello che fluisce senza interruzione. Quando la pratica giunge a questo punto, è necessario avere un ‘occhio di diamante’ nel senso che uno non dovrebbe più cercare di "elevarsi". "Elevarsi" a questo punto sarebbe come mettere un’altra testa sopra la propria.

Una volta un monaco chiese al maestro Ch'an Zhao-zhou (Chao-chou), "Cosa si dovrebbe fare quando non viene su niente?" Zhao-zhou rispose, "Metterlo giù!"- Il monaco chiese ancora, "Se non viene sù niente, cosa si mette giù?" Zhao-zhou rispose, "Se non può essere messo giù, portatelo su!". Questo dialogo si riferisce precisamente a questo tipo di situazione. Il vero sapore di questo stato non può essere descritto. Come qualcuno che beve l’acqua, soltanto lui sa se è fresca o calda. Se una persona giunge a questo stato, comprenderà spontaneamente. Se invece non è in questo stato, nessun chiarimento sarà adeguato. Ad un maestro di spada dovreste offrire una spada; non disturbate qualcuno che non è un poeta mostrandogli le vostre poesie. 

5). Prendersi Cura del ‘hua-tù’ e Rivolgersi all’Interno per Sentire la propria Auto-natura: 

Qualcuno potrebbe chiedervi, "Com’è considerato investigare il Ch'an, secondo il metodo del Bodhisattva Avalokitesvara di rivolgersi all’interno per sentire l’auto-natura?". In precedenza, ho spiegato che prendersi cura del hua-tù è, momento dopo momento, stare solo con un singolo pensiero, che mostra univocamente la luce interiore su "ciò che non è nato e non si distrugge". L'illuminazione interiore è riflessione. L’auto-natura è ciò che non è nato e non si distrugge. Quando sia il "sentire" e l"illuminare" seguono il suono e la forma nel flusso mondano, sentire non va oltre il suono e vedere non va oltre la forma. Tuttavia, quando ci si rivolge all’interno e si contempla l’auto-natura durante il flusso mondano, e non si segue il suono e la forma, allora il flusso diviene puro e trasparente. A quel punto, "sentire" e "illuminare" non sono due cose diverse. 

Perciò, noi dovremmo sapere che prendersi cura del hua-tù e volgersi all’interno per sentire l’auto-natura non significa usare i nostri occhi per vedere ed i nostri orecchi per sentire. Se noi usiamo i nostri occhi per vedere o i nostri orecchi per sentire, allora noi stiamo inseguendo la forma e il suono. Di conseguenza saremo colpiti da loro. Questo è chiamato sottomissione al flusso mondano. Se uno pratica con un singolo pensiero, dimorando univocamente in ciò che non è nato e non si distrugge, senza inseguire suoni e forme, senza pensieri divaganti, allora uno sta contrastando il flusso. Ciò è anche chiamato prendersi cura del hua-tù, o volgersi all’interno per sentire la propria auto-natura. Questo non vuol dire che voi dovreste chiudere gli occhi o tappare i vostri orecchi. Ma solo che non dovreste generare una mente che continua a cercare suoni e forme. 

6). Essere Determinati a Voler Abbandonare il Samsara, Generando una Mente Perseverante: 

Nell’addestramento Ch'an, la cosa più importante è avere una forte determina-zione nel voler abbandonare nascita e morte e generare una mente perseverante. Se non vi è questa forte serietà nel voler abbandonare nascita e morte, allora uno non può generare il "grande dubbio" e non può praticare in modo efficace. Se non c'è perseveranza nella propria mente, il risultato sarà la pigrizia, come un uomo che pratica per un giorno e resta fermo per dieci. La pratica sarà incompleta e solo quando sorgerà il grande dubbio le irritazioni finiranno da sole. Quando viene il tempo, la mela matura cascherà naturalmente dalla pianta. 

Voglio raccontarvi una storia. Durante la dinastia Ching, nell'anno Geng Ze (1900), quando gli otto più potenti stati del mondo inviarono i loro eserciti a Pechino, l'Imperatore Guang Xu fuggì da Pechino, verso ovest nella provincia di Shanxi. Egli camminava ogni giorno per decine di miglia. Per diversi giorni non ebbe alcun cibo da mangiare. Sulla strada, un contadino gli offrì gambi di patate dolci. Dopo che li ebbe mangiati, egli chiese al contadino cosa fossero, dato che gli erano sembrati così buoni. Si pensi all’abituale comportamento di timore reverenziale-ispirato dall'imperatore e dalla sua arroganza! Quanto tempo pensate che egli avrebbe potuto continuare a mantenere, nel suo atteggiamento imperiale, dopo un così lungo viaggio a piedi? Pensate che non sarebbe mai stato così affamato? Pensate che lui avrebbe mai potuto mangiare gambi di patate dolci? In quel momento, lui rinunciava del tutto al suo aspetto. Dopo tutto, egli aveva così tanto camminato ed aveva mangiato gambi per evitare di morire di fame. Perché in quel momento egli fu capace di abbandonare tutto? Perché gli eserciti alleati volevano la sua vita ed il suo solo pensiero era di salvarsi. Ma quando prevalse la pace e lui ritornò a Pechino, di nuovo divenne orgoglioso ed arrogante. Non doveva più scappare. Non avrebbe più dovuto mangiare alcun cibo che lo avesse scontentato. Perché dopo non fu più capace di abbandonare tutto? Perché gli eserciti alleati non volevano più la sua vita. Se l'imperatore avesse sempre avuto un’attitudine di scappare per la sua vita e se avesse potuto rivolgere quest’attitudine nel sentiero  di pratica, non ci sarebbe stato nulla che egli non avrebbe potuto raggiungere. È un peccato che egli non ebbe una mente perseverante. Non appena le circostanze favorevoli ritornarono, egli riprese le sue vecchie abitudini. 

Cari praticanti! Il tempo scorre sempre in avanti e non ritorna mai indietro. Esso attenta continuamente alle nostre vite. E’ assai più spaventoso di tutti gli eserciti alleati. Il tempo non farà mai compromessi, o la pace, con noi. Perciò, cerchiamo di generare immediatamente una mente perseverante per poter sfuggire da nascita e morte! Il maestro Gaofeng (1238-1295) una volta disse, "riguardo alla pratica, uno dovrebbe agire come un pietra lasciata cadere nella parte più profonda dello stagno - profondo diecimila piedi – che continua persistentemente a cadere senza interruzione verso il fondo. Se uno può praticare così senza mai fermarsi, continuamente per sette giorni, eppure è ancora incapace di estirpare i pensieri illusori e divaganti, nonché le irritazioni, io, Gaofeng, dico che mi cascasse la lingua e venga per sempre mangiata dai buoi". Poi continuò dicendo, "Quando uno pratica il Ch'an, dovrebbe stabilire un certo tempo per il risultato, come un uomo che è precipitato in una buca profonda mille piedi. Tutti i milioni di suoi pensieri  saranno ridotti ad uno solo: - scappare dalla buca. Se uno può realmente praticare così da mattina a sera e dalla notte al giorno seguente senza un secondo pensiero, e se non raggiunge la completa Illuminazione nell’arco di tre, cinque, o sette giorni, io avrò detto una grande bugia, per cui avrò la mia lingua tirata per sempre dai buoi trainanti". Questo vecchio maestro aveva grande compassione. Sapendo che noi probabilmente non saremmo capaci di generare una tale mente perseverante, egli fece questi due grandi voti per garantire il nostro successo. 

7). Illuminazione e Pratica 

Il patriarca, Hanshan (1546-1623), una volta disse, "Vi sono praticanti che prima diventano illuminati e poi avviano la loro emancipazione, e altri che prima pratica-no e poi diventano illuminati. Tuttavia, vi sono due tipi di illuminazione: l'insight tramite la ragione e l'intuizione tramite l’esperienza. Se una persona realizza la Mente seguendo gli insegnamenti del Buddha e dei patriarchi, ciò è considerato intuire tramite la ragione. Uno con una esperienza di questo tipo ne avrà soltanto una comprensione concettuale. In ogni circostanza egli sarà impotente. La mente del praticante e l'ambiente circostante saranno separati  e perciò non giungerà alla totalità. Quindi, la sua esperienza è un'ostruzione. È chiamata Prajna simulata e non è la vera pratica. 

D'altra parte, quelli che sono illuminati attraverso la pratica, si attaccano ai loro metodi in una maniera diretta, finché si troveranno costretti in un angolo. Il loro ultimo pensiero concettuale all’improvviso scomparirà ed essi realizzeranno com-pletamente la Mente. È come incrociare il proprio padre per la strada, non c’è alcun dubbio che lo si riconosca. O anche, è come bere acqua: solo colui che la beve sa veramente se è calda o fredda. Non c'è alcun modo per poterla esprime-re. Questa è la vera pratica e l’illuminazione. Dopo, il praticante dovrà ancora aver a che fare con diversi stati mentali che sorgeranno in accordo alle sue esperienze. Egli dovrà ancora sbarazzarsi di forti ostruzioni karmiche e dei pensieri emotivi e divaganti, lasciando solo la pura Mente. Questa è l’illuminazione tramite la propria esperienza. 

"Riguardo le vere esperienze di illuminazione, ve ne sono di profonde e di poco profonde. Se uno si sforza di seguire il principio fondamentale, distrugge il nido dell'ottava coscienza e spalanca le oscure caverne dell’ignoranza. poi uno si dirige direttamente verso l’illuminazione. Non c'è altro modo. Quelli che realizzano ciò, hanno radici karmiche estremamente acute e sperimentano l’esperienza della  illuminazione profonda.

"Quelli che praticano gradualmente, sperimentano una debole illuminazione. Il caso peggiore è quando qualcuno ottiene poco ed è soddisfatto. Non si dovrebbe prendere per illuminazione le proprie illusioni, come vedere ombre create dalla luce. Perché? Perché costoro non abbattono la radice dell'ottava coscienza. Le esperienze di queste persone sono manifestazioni della loro propria coscienza. Credere che tali esperienze siano vere è come sbagliarsi prendendo un ladro per il proprio figlio. Un antico maestro disse, 'Poiché i praticanti credono che le attività della loro coscienza siano vere, essi non riconoscono ciò che è reale. Questa è la ragione perché essi trasmigrano per innumerevoli kalpa di nascita e morte. Le persone ignoranti prendono la coscienza per il loro vero ‘Sé’. 'Perciò, dovrete prima passare attraverso questa porta. 

“D'altra parte, vi sono coloro che sperimentano l’illuminazione improvvisa e la coltivano gradualmente. Anche se queste persone possono avere esperienze di illuminazione profonda, esse hanno ancora tendenze abituali che non possono immediatamente eliminare. A tal punto, il progresso dipende dalle circostanze. Dipende tutto dalla chiarezza e sincerità della loro pratica nelle varie situazioni. Essi devono usare il loro principio illuminato per illuminare queste situazioni. Mentre le attraversano, possono controllare le loro menti. Se riescono a sciogliere  anche solo l’un percento delle apparenze esterne, allora essi avranno ottenuto l’un percento del loro Dharmakaya. Eliminando l’un percento dei loro pensieri vaganti, si manifesterà l’un percento della loro saggezza originaria. Ecco come uno può rafforzare la propria esperienza". 

Ascoltando le parole di Hanshan, possiamo vedere che non è importante che qualcuno sia o no illuminato. Quelli che comprendono l’illuminazione tramite la ragione o l’esperienza devono continuare la loro pratica e proseguirla. La sola differenza è che quelli che prima si illuminano e poi la coltivano sono come i vecchi cavalli che hanno familiarità con la strada che devono percorrere. Essi non andranno nella via sbagliata. Così è molto più facile che coltivare prima, e poi diventare illuminati. 

Coloro che sono illuminati, sono stabilizzati, e non sono come quelli che capiscono l’illuminazione tramite la ragione. Le persone con il secondo tipo di comprensione sono titubanti. La loro esperienza è superficiale. Coloro che sono illuminati tramite l’esperienza hanno più possibilità di derivare forme di beneficio dalla loro pratica. Perfino all'età di ottant’anni, l’anziano maestro Chao-chou (778-897) ancora faceva pratica. Per quarant’anni, il maestro usò la sua mente senza divagazioni; investigava solo la parola "nulla". Egli fu un grande modello. Si può forse dubitare che il maestro fosse illuminato? Davvero egli ci ricorda di non essere soddisfatti mai quando otteniamo poco, e di non lodarci mai esageratamente. 

Vi sono coloro che, dopo aver letto qualche sutra o raccolte di discorsi dei maestri Ch'an, dicono cose così, "La mente è il Buddha", ed anche, "Essa è nei tre tempi e nelle dieci direzioni". Le loro parole non hanno nulla a che fare con il principio fondamentale. Essi credono fermamente di essere antichi Buddha che sono di nuovo ritornati. Quando incontrano le persone, si lodano e dicono di aver raggiunto la completa illuminazione. Ciechi seguaci li esalteranno perfino. È come sbagliarsi prendendo occhi di pesce per perle. Costoro non conoscono la differenza tra il vero ed il falso e mescolano le cose. Non solo fanno perdere la fede alle persone; ma danno anche origine alla critica. La ragione che il Ch'an non fiorisce è principalmente a causa dei difetti di queste persone matte. Io spero che voi possiate essere diligenti nella vostra pratica. Non date avvio a qualcosa di falso. Non parlate di Ch'an con parole vuote. Dovete solo investigare seriamente e raggiungere la vera illuminazione. In futuro potrete propagare il Dharma e potrete essere un grande maestro, come un dragone o un elefante nel regno animale, e potrete aiutare il buddhismo Ch'an a fiorire. 

8). Investigare il Ch'an e Recitare il Nome di Buddha 

Di solito, coloro che recitano il nome del Buddha criticano quelli che investigano il Ch'an e di solito, coloro che investigano il Ch'an snobbano quelli che recitano il nome del Buddha. Essi sembrano opporsi gli uni agli altri come nemici. Alcuni di essi addirittura desiderano la morte degli altri. E’ terribile che questa cosa debba accadere nel buddhismo. C'è un detto che più o meno dice così: "Una famiglia in armonia riuscirà in tutto, mentre una famiglia in discordia è sicura di distruggersi". Con tutte queste lotte fra fratelli, non c’è da meravigliarsi che gli altri ridano di noi e ci guardino dall’alto in basso. 

Investigare il Ch'an, recitare il nome di Buddha e altri metodi, sono tutti insegna-menti di Shakyamuni Buddha. Il Sentiero originale non è separato da questi metodi. È soltanto a causa delle diverse mentalità e radici karmiche degli esseri senzienti che diversi metodi sono stati insegnati. È come dare differenti antidoti per differenti veleni. Successivamente, i patriarchi divisero gli insegnamenti del Buddha in "nétte diverse corrispondenti a diverse teorie. Poiché le necessità delle persone differiscono in tempi diversi, i patriarchi propagarono il Dharma in diversi modi. 

Se un individuo pratica un metodo che si adatta al suo carattere, allora non importa quale approccio al Dharma egli usa, può penetrare il Sentiero. In realtà, non c’è nessuna porta del Dharma che sia superiore o inferiore. Anzi, tutte le porte del Dharma sono interconnesse. Tutte sono perfette e senza ostruzione. Per esempio, quando uno recita il nome del Buddha tanto da arrivare ad essere fortemente concentrato, questo non è forse investigare il Ch'an? Quando uno investiga il Ch'an fino al punto di non separazione tra colui che investiga e ciò che è investigato, questo non è forse come recitare la vera caratteristica del Buddha? Il Ch'an non è altro che Ch'an all'interno della Terra Pura, e la Terra Pura non è altro che Terra Pura all'interno del Ch'an. Il Ch'an e la Terra Pura si arricchiscono mutualmente, e funzionano insieme. 

Tuttavia, vi sono persone che prediligono una visione piuttosto che un’altra, e da queste distinzioni sorgono le diverse idee ed opinioni, che per disgrazia portano a lodare se stessi e diffamare gli altri. Queste persone sono come il fuoco e l’acqua. Non possono esistere insieme. Esse non hanno perciò compreso l'intenzione dei patriarchi che crearono le diverse "nétte. Queste persone, pur non avendone l’intenzione, sono responsabili di danneggiare, diffamare e mettere in pericolo il buddhismo. Ciò non è forse triste e penoso? 

Io spero che tutti noi, non importa quale approccio al Dharma si pratichi, si possa capire il principio del Buddha di non discriminare e non disputare. Noi dovremmo avere la mente di aiutarci l'un l'altro, così da poter salvare questa nave che sta a galla tra onde violente e pericolose. 

9). I Due Tipi di Difficoltà e Facilità nell’esperienza dei Praticanti

Vi sono due tipi di difficoltà e facilità per i praticanti che affrontano il Sentiero, e ciò che essi sperimentano dipende principalmente dalla superficialità o profondità della loro pratica. Il primo tipo di difficoltà e facilità è associato con i principianti, mentre il secondo riguarda i praticanti avanzati. 

I sintomi della malattia del principiante comune sono: incapacità di liberarsi dai pensieri vaganti, tendenze abituali, ignoranza, arroganza, gelosia, avidità, rabbia, stupidità, desiderio, pigrizia, golosità, e discriminazione tra se stesso e gli altri. Tutti questi difetti riempiono le loro grandi pancie. Come può essere in accordo con il Sentiero, tutto ciò? 

Vi sono altri tipi di persone che sono nate in ambienti ricchi ed in famiglie nobili. Poiché non dimenticano mai le loro abituali tendenze e le cattive influenze, esse non possono sopportare neppure la minima difficoltà né resistere ad alcuna fatica. Come possono queste persone praticare il Sentiero? Esse nemmeno considerano lo status del nostro insegnante originario, Shakyamuni Buddha, quando decise di diventare un monaco, abbandonando ricchezza e potere. 

Vi sono altre persone che conoscono qualche parola, ma non capiscono che gli antichi erano realmente prove per testare il livello di comprensione dei praticanti. Queste persone pensano di essere abili. Ogni giorno esse scrutano registrazioni e scritture, parlano di Mente e Buddha, spiegano e interpretano gli insegnamenti degli antichi. Parlando di cibo ma non mangiandolo, contando il denaro degli altri senza averne possesso, pensano di essere persone straordinarie. E così diventano incredibilmente arroganti. Ma quando queste persone diventeranno seriamente ammalate, grideranno aiuto; ed alla fine della loro vita saranno colte dal panico e dallo sconcerto. A quel punto, ciò che loro hanno imparato e capito sarà inutile, e sarà troppo tardi per pentirsi. 

Vi sono altre persone che non comprendono il detto, "In origine siamo tutti Buddha". Queste persone dicono che il ‘sé’ originario è completo e che non c'è bisogno di rettifica. Tutto il giorno esse bighellonano senza far nulla, seguendo le loro emozioni, e sprecando il loro tempo. Queste persone si lodano come persone eminenti e si adeguano a cause e condizioni. In futuro queste persone soffriranno grandemente. 

Poi ci sono persone che hanno menti determinate per praticare, ma che non sanno da che parte indirizzare i loro sforzi, o che sono impaurite dai pensieri vaganti. Incapaci di sbarazzarsi dei loro pensieri, esse sono sottoposte ogni giorno alle vessazioni emotive, pensandoci sù e costantemente addolorandosi per le loro pesanti ostruzioni karmiche. A causa di ciò, le loro menti determinate ripiombano nel peccato. 

Vi sono anche quelli che vorrebbero combattere a morte coi loro pensieri vaganti. Furiosamente, essi stringono i pugni e spingono in fuori gli occhi ed i loro petti. Sembra come se si sentissero coinvolti in qualcosa di grande. Pronti a morire in battaglia contro i loro pensieri vaganti, essi non comprendono che questi pensieri non possono essere sconfitti. Queste persone finiscono per vomitare sangue o diventare alienati.  

Vi sono persone che temono di precipitare nel vuoto. Esse non sanno che sono sorti dei demoni nelle loro menti. Non possono svuotare le loro menti né possono illuminarsi. E vi sono coloro che cercano fortemente l’illuminazione, non capendo che cercare l’illuminazione e voler ottenere la Buddhità, sono tutti gravi pensieri vaganti. Uno non può cucinare sabbia sperando di mangiare riso. Possono cercare fino all'anno dell'asino, ma non saranno mai illuminati. Talvolta le persone si esaltano allorché occasionalmente si mettono giù per un paio di pacifiche sedute. Queste situazioni sono come una tartaruga cieca alla cui testa accade di passare attraverso un piccolo foro in una tavola di legno che sta a galla nel mezzo dell'oceano. Non è il risultato di una vera pratica. A queste persone, la loro esalta-zione serve soltanto ad aggiungere un'altra ostruzione. 

 

Poi vi sono coloro che indulgono in una falsa purezza durante la meditazione e si rallegrano. Siccome essi non possono mantenere una mente pacificata in mezzo all'attività, evitano luoghi chiassosi e passano i loro giorni a bagno nell’acqua stagnante. Vi sono numerosi esempi di ciò. Per i principianti, è molto difficile trovare l’ingresso al Sentiero. Se c'è illuminazione senza consapevolezza, allora è come sedere nell’ acqua stagnante in attesa di morire. 

Anche se questa pratica è dura, una volta trovato l’ingresso del Sentiero, tutto diventa più facile. Qual’ è il metodo più facile per i principianti? Non vi è niente di speciale se non essere in grado di "deporlo". Deporre che cosa? Deporre tutte le irritazioni che sorgono dall’ignoranza. 

Cari praticanti, una volta che questo nostro corpo smette di respirare, diventa un cadavere. La ragione principale per cui non possiamo deporlo è perché gli diamo troppa importanza. A causa di ciò, noi generiamo l'idea di ‘sé’ e di altro, giusto e sbagliato, amore ed odio, guadagno e perdita. Se avessimo una ferma convin-zione che questo nostro corpo è come un cadavere, senza teneramente curarlo o reputarlo come se fosse noi-stesso, allora cosa c’è che non potremmo deporre? Noi dobbiamo imparare a deporre tutto, sempre, sia camminando, stando in piedi sedendo o giacendo, in movimento o immobili, riposando o stando attivi. Noi dobbiamo internamente mantenere il dubbio del hua-tù, ed esternamente riuscire ad ignorare tutto. Sostenete questo in continuazione, pacificamente e con calma, senza un momento di pensiero estraneo, come una lunga spada che si estende nel cielo. Se qualcosa entra in contatto con la lama tagliente, sarà estinta senza una traccia o un suono. Se uno potesse fare questo, che paura potrebbe mai avere dei pensieri vaganti? Cosa potrebbe mai danneggiarlo? Chi è che saprebbe distinguere tra movimento e calma? Chi mai potrebbe essere attaccato al vuoto o all’esistenza? 

Se c’è paura per i pensieri vaganti, allora avrete già aggiunto un altro pensiero vagante. Se sentite di essere puri, allora vi siete già contaminati. Se siete impauriti di precipitare nel vuoto, allora state già indulgendo nell’esistenza. Se volete divenire un Buddha, allora dovete conoscere il giusto ingresso al Sentiero. Dopodiché, portare l’acqua e raggruppare legna da ardere non è più diverso né separato dal meraviglioso Sentiero. Zappare la terra e piantare alberi sono tutte opportunità di Ch'an (Ch'an-ji). Praticare il Sentiero non vuol dire limitarsi a stare seduti per tutto il giorno a gambe incrociate. 

Quali sono le difficoltà incontrate dai praticanti avanzati? Anche se alcuni avessero praticato fino alla comparsa del genuino dubbio e possedessero la consapevolezza  e l'illuminazione, sarebbero ancora limitati da nascita e morte. Coloro che non hanno né consapevolezza né illuminazione cadrebbero in un falso vuoto. Arrivare ad entrambe queste situazioni è davvero difficile. Dopo essere giunti a questo punto, molti non possono liberarsi ulteriormente. Essi si trovano sulla cima di un palo alto diecimila piedi, incapaci di avanzare. Alcuni, essendo avanzati a questo stadio ed essendosi specializzati nella pratica, ed avendo schivato situazioni che non potevano risolvere, pensano di aver già sradicato l'ignoranza. Essi credono che la loro pratica sia giunta alla fine. In realtà, queste persone stanno vivendo sull'onda dell'ignoranza e neanche lo sanno. Quando queste persone incontrano una situazione che non sanno risolvere – in cui loro stessi devono essere i propri maestri – di fatto l’abbandonano. E ciò è assai penoso. 

Altri, che giungono realmente al grande dubbio, ottengono una minima saggezza dall'esperienza del vuoto, e capiscono anche alcuni antichi kung-an; ma poi essi rinunciano al grande dubbio perché pensano di essere completamente illuminati. Queste persone compongono poemi e strofe, agiscono in modo arrogante e si fanno chiamare virtuosi uomini del Sentiero; non solo imbrogliano loro stessi, ma ingannano anche gli altri. Così si creano anche cattivo karma. In altri casi, vi sono di quelli che fraintendono le parole di Bodhidharma, “Per isolarsi dalle condizioni esteriori, la mente deve internamente essere immobile, come un muro, ed uno può entrare nel Sentiero", o del sesto Patriarca, "Non pensare al bene né al male, a quel punto, qual è il tuo volto originario, venerabile Ming?". Essi pensano che meditare come un ciocco di legno o una grande roccia, sia il principio ultimo. Queste persone prendono la città illusoria come il loro palazzo fatto d’oro. Essi prendono la casa temporanea in cui sono ospiti come la loro vera casa. Questo è il significato del ‘kung-an’ in cui la vecchia donna bruciò la capanna per rampognare quel monaco che viveva come un cadavere.  

Qual’è la Via agevole (il metodo facile) per questi praticanti avanzati? Non essere  orgogliosi e non lasciare a metà l’emancipazione. Nel mezzo di una ben-impostata pratica continua, dovete essere ancor più guardinghi. Mentre praticate in una maniera cauta ed attenta, dovete essere molto accurati. Quando arriva il tempo giusto, il fondo del barile cadrà naturalmente. Se non sapete far così, allora trovatevi un virtuoso insegnante che vi apra il barile con le unghie e vi stacchi le sue giunture. 

Il maestro ‘Montagna-Gelata’ una volta cantò: "Sulla vetta della montagna più alta, le quattro direzioni si espandono all'infinito. Sedendo in silenzio, nessuno sa. La solitaria luna splende sulla fonte ghiacciata. Qui nella fonte non c'è la luna. Essa è alta nel cielo. Sebbene io stia intonando questa canzone, nella canzone non c’è il Ch'an". Le prime due righe di questa canzone rivelano che l’apparenza della reale natura non appartiene a nessuna cosa. Il mondo intero è riempito con la brillante e pura luce senza alcuna ostruzione. La terza riga parla del vero corpo della Talità. Di sicuro, le persone ordinarie non possono saperlo. Perfino tutti i Buddha dei tre tempi non sanno dove io dimoro. Perciò, nessuno può sapere la Via. Il verso che comincia con, "La solitaria luna splende sulla fonte ghiacciata", è un adeguato esempio del livello di pratica del maestro ‘Montagna-Gelata’. L'ultimo verso è menzionato poiché egli teme che noi "confonderemo il dito con la luna". Egli in special modo ci mette in guardia sul fatto che le parole ed il linguaggio non sono il Ch'an. 

10). Conclusioni: 

Io ho parlato troppo e ho interrotto la vostra pratica. È come quando si piantano le viti. Più uno le tira, e più esse si aggrovigliano insieme. Ovunque vi sono  parole, non c'è un vero significato. Quando gli antichi maestri virtuosi guidavano i loro studenti, usavano sia il bastone che le urla. Non c'erano così tante parole. Tuttavia, il presente non può essere paragonato al passato. Uno non ha altra alternativa se non quella di puntare un dito verso la luna. Dopo tutto, qual’è il dito? E qual’è la luna? Investigatelo!