“Perché dobbiamo vivere come se fossimo eterni…”- di FRANCESCO ALBERONI
“Mi trovavo a Lisbona e, alla fine di una conferenza su «sesso e amore», mi si è avvicinata una signora italiana che, con aria di rimprovero, mi ha detto: «Ma perché lei cerca sempre gli aspetti vitali e non guarda alla miseria del mondo?». E io le ho risposto con durezza: «E’ perché vedo la miseria del mondo, che cerco le fonti della vita, della forza e della speranza». Noi restiamo sani perché il sistema immunitario, non appena un germe arriva nel nostro corpo, lo distrugge. Ma quando ci colpisce un grande dolore, quando veniamo ingiustamente accusati, quando veniamo traditi, quando ci ripieghiamo vinti, quando perdiamo la speranza, il nostro sistema immunitario si indebolisce e ci ammaliamo. Perfino per sopravvivere dobbiamo essere positivi, ottimisti, capaci di resistere alle più terribili avversità. Se i dolori, le frustrazioni, i cedimenti del morale sono tanto dannosi sul piano fisico, lo sono ancora di più sul piano professionale, umano, delle relazioni sociali.
Quale studente si metterebbe a studiare se non avesse la speranza di laurearsi? Chi è che incomincia una impresa se è convinto di non riuscire? Chi ha il coraggio di innamorarsi se è sicuro che nessuno potrà riamarlo? La vita, nella sua essenza, è incertezza, rischio, pericolo, e ciascuno di noi potrebbe morire oggi stesso. Ma per fortuna non ci facciamo paralizzare da queste paure. Amiamo, ridiamo, viaggiamo, lavoriamo, facciamo progetti, come se fossimo eterni e ci battiamo anche quando sappiamo che il compito è difficile. E’ la nostra fede, il nostro amore della vita che ci fa vivere, è la nostra fede, il nostro amore della vita che ci fa vincere. Questo non vuol dire ignorare il pericolo, non vuol dire non essere vigilanti. Ma anche per vedere il pericolo, anche per essere vigilanti, occorre aver fiducia nei propri occhi e nella propria capacità di reagire prontamente. Ed è la stessa fiducia, lo stesso slancio vitale che ci consente di agire nella vita sociale, di lavorare, di costruire. Noi non facciamo nulla da soli, abbiamo sempre bisogno degli altri, ma per avere il loro aiuto, la loro collaborazione dobbiamo dimostrarci all'altezza, non aver paura, essere generosi, saper valorizzare le loro qualità migliori, trasmettere energia ed ottimismo. E’ meglio sbagliare tentando una grande impresa che restare inerti. È meglio soffrire per amore che non aver mai amato. È meglio saper accettare di morire, piuttosto che non essere nati”.
COMMENTO di Aliberth – Ciò che Alberoni ha scritto è molto bello, molto speranzoso, ed è proprio ciò che tutti desideriamo sentire per farci forza e poter affrontare a viso aperto questa sfida continua, questo dramma ripetitivo che è la vita, anche se poi lo ha ribadito con durezza. Dal nostro punto di vista Chan, e quindi buddhista, anche noi diciamo che NON bisogna mai arrendersi, né piegarsi al pessimismo, pur riconoscendo, però, a differenza di Alberoni, che la vita è proprio una condizione misera di dolori e sofferenze. Quanto ai mezzi per rimanere saldi e positivi in queste miserie, ognuno reclamizza i suoi metodi. Chi ha seguito l’insegnamento del Chan ha potuto scoprire che c’è un altro modo di adeguarsi all’ineluttabile realtà del nostro NON ESSERE eterni. E’ inutile illudersi, o crearsi false aspettative, nell’idea che CHIUNQUE esegua quanto detto dai positivisti riesca ad ottenere gli stessi risultati infischiandosene delle cause che produssero proprio quelle condizioni. La verità è che non abbiamo tutti le stesse situazioni karmiche. Ed è proprio questo che manca in questa visione ottimista di Alberoni. Il fatto di non riconoscere che non siamo tutti nelle stesse condizioni. E non tutti possono utilizzare i rimedi da lui enumerati con l’idea di ottenerne gli stessi effetti. Questo è il punto più essenziale che si dovrebbe capire. Il Buddhismo si dimostra una panacea mentale per tutti gli esseri perché, se non altro, spiega come e perché le nostre menti vengono colpite dal dolore. Ma lo è ancor di più per quelli che si trovano in condizioni peggiori rispetto ad altri individui che di natura sono più forti psicologicamente. Non a caso, il Buddhismo, nell’India delle caste, ebbe successo tra le classi più derelitte e più umili. Perché seppe dare la vera speranza e la vera forza d’animo anche a coloro che, purtroppo, vedevano il mondo solo dalla parte più oscura ed erano già troppo addentro alla sofferenza, soprattutto mentale, per poter sperare in una visione ottimistica della vita e del modo di viverla… JJJ