TESTIMONIANZE-

Un interessante articolo tratto dal ‘Corriere della Sera’ del 20/11/2006 

“Perché dobbiamo vivere come se fossimo eterni…”-  di  FRANCESCO ALBERONI

“Mi trovavo a Lisbona e, alla fine di una conferenza su «sesso e amore», mi si è avvici­nata una signora italiana che, con aria di rimprovero, mi ha detto: «Ma perché lei cerca sempre gli aspetti vitali e non guarda alla miseria del mon­do?». E io le ho risposto con durezza: «E’ perché vedo la mi­seria del mondo, che cerco le fonti della vita, della forza e della speranza». Noi restiamo sani perché il sistema immunitario, non ap­pena un germe arriva nel no­stro corpo, lo distrugge. Ma quando ci colpisce un grande dolore, quando veniamo ingiustamente accu­sati, quando ve­niamo traditi, quando ci ripie­ghiamo vinti, quando perdia­mo la speranza, il nostro sistema immunitario si indebolisce e ci ammaliamo. Perfino per sopravvivere dobbiamo essere positivi, ottimisti, capaci di re­sistere alle più terribili avver­sità. Se i dolori, le frustrazioni, i cedimenti del morale sono tanto dannosi sul pia­no fisico, lo sono anco­ra di più sul piano pro­fessionale, umano, del­le relazioni sociali.

Quale studente si metterebbe a studiare se non avesse la speranza di laurearsi? Chi è che incomincia una impresa se è convinto di non riuscire? Chi ha il coraggio di innamorarsi se è sicuro che nessuno potrà riamarlo? La vita, nella sua essenza, è incertezza, rischio, pericolo, e ciascuno di noi potrebbe mori­re oggi stesso. Ma per fortu­na non ci facciamo paralizza­re da queste paure. Amiamo, ridiamo, viaggiamo, lavoria­mo, facciamo progetti, come se fossimo eterni e ci battiamo anche quando sap­piamo che il compito è difficile. E’ la nostra fede, il nostro amore della vita che ci fa vivere, è la nostra fede, il nostro amore della vita che ci fa vincere. Questo non vuol dire ignora­re il pericolo, non vuol dire non essere vigilanti. Ma an­che per vedere il pericolo, an­che per essere vigilanti, occor­re aver fiducia nei propri oc­chi e nella propria capacità di reagire prontamente. Ed è la stessa fiducia, lo stesso slan­cio vitale che ci consente di agire nella vita sociale, di la­vorare, di costruire. Noi non facciamo nulla da soli, abbiamo sempre bisogno degli altri, ma per avere il lo­ro aiuto, la loro collaborazio­ne dobbiamo dimostrarci all'altezza, non aver paura, esse­re generosi, saper valorizzare le loro qualità migliori, tra­smettere energia ed ottimi­smo. E’ meglio sbagliare ten­tando una grande impresa che restare inerti. È meglio soffrire per amore che non aver mai amato. È meglio saper accettare di morire, piuttosto che non esse­re nati”.
 

COMMENTO di Aliberth – Ciò che Alberoni ha scritto è molto bello, molto speranzoso, ed è proprio ciò che tutti desideriamo sentire per farci forza e poter affrontare a viso aperto questa sfida continua, questo dramma ripetitivo che è la vita, anche se poi lo ha ribadito con durezza. Dal nostro punto di vista Chan, e quindi buddhista, anche noi diciamo che NON bisogna mai arrendersi, né piegarsi al pessimismo, pur riconoscendo, però, a differenza di Alberoni, che la vita è proprio una condizione misera di dolori e sofferenze. Quanto ai mezzi per rimanere saldi e positivi in queste miserie, ognuno reclamizza i suoi metodi. Chi ha seguito l’insegnamento del Chan ha potuto scoprire che c’è un altro modo di adeguarsi all’ineluttabile realtà del nostro NON ESSERE eterni. E’ inutile illudersi, o crearsi false aspettative, nell’idea che CHIUNQUE esegua quanto detto dai positivisti riesca ad ottenere gli stessi risultati infischiandosene delle cause che produssero proprio quelle condizioni. La verità è che non abbiamo tutti le stesse situazioni karmiche. Ed è proprio questo che manca in questa visione ottimista di Alberoni. Il fatto di non riconoscere che non siamo tutti nelle stesse condizioni. E non tutti possono utilizzare i rimedi da lui enumerati con l’idea di ottenerne gli stessi effetti. Questo è il punto più essenziale che si dovrebbe capire. Il Buddhismo si dimostra una panacea mentale per tutti gli esseri perché, se non altro, spiega come e perché le nostre menti vengono colpite dal dolore. Ma lo è ancor di più per quelli che si trovano in condizioni peggiori rispetto ad altri individui che di natura sono più forti psicologicamente. Non a caso, il Buddhismo, nell’India delle caste, ebbe successo tra le classi più derelitte e più umili. Perché seppe dare la vera speranza e la vera forza d’animo anche a coloro che, purtroppo, vedevano il mondo solo dalla parte più oscura ed erano già troppo addentro alla sofferenza, soprattutto mentale, per poter sperare in una visione ottimistica della vita e del modo di viverla… JJJ