Testimonianze…

Meditazione per recuperare i reclusi

In India, dove la ricerca ha preso il via, i casi di recidiva sono passati dal 70 al 35 per cento. In Calabria, la si sperimenta su detenuti di 'ndrangheta e camorra… il carcere di Rossano, con 220 detenuti, è il primo caso in Europa.

di GIANFRANCO MANFREDI (Tratto da ‘Il Messaggero’ del 6/5/2007)

 

ROSSANO (Cosenza) - La me­ditazione per allentare le tensio-ni e ridurre i condizionamenti esterni. Per superare lo stress e vince­re la depres­sione. La me­ditazione per guardarsi den-tro, in­somma. Fa­cendo riaffiora­re "la mente pura" e au­men-tare il li­vello degli "ormoni del benessere". Ma è possibi­le introdurre tecniche di meditazione in un'istitu­zione totale per eccellen­za com'è un penitenziario, persino dove più si con­torce l'umani­tà avvilita di una sezio­ne di Alta Sicu­rezza? Ci stanno prova­ndo a Rossa­no, in Calabria, con i 220 detenuti del moderno e grande carcere che ospita in regime speciale uomi­ni di 'ndrangheta, camorra, Sacra Corona ed anche qualche affilia­to a Cosa nostra. E' un esperi­mento unico in Italia, anzi in Europa, che se dovesse produrre gli effetti de­siderati porterebbe ad una importante svolta nel processo di risocializzazione dei detenu­ti. E' una sfida e una scommes­sa che un'associazione locale, "Frontiere del possibi­le", lancia insieme a un gruppo di intellettuali, medici, psicologi, nonché con il professor Alfredo Derisio, consulente del Dipartimento di Amministrazione peniten­ziaria e la direttrice del carce­re di Rossano, Angela Parava­ti.

«La tecnica di meditazione che intendiamo proporre – spiega l’avvocato Antonio Sorrentino, presi­dente di Frontiere del possibi­le - non ha niente a che vedere con la preghiera. E' la Vipàssa­na, che consiste nel far riaffiorare la mente pura, e che permette di vedere la realtà così com'è». «Si tratta - aggiunge il profes­sionista - di un metodo scienti­fico e naturale, codificato da Buddha due­milacinquecento anni fa ed oggi praticato da milioni di persone nel mondo con notevoli benefici corpora­li, mentali e sociali».

Inediti, finora, in Italia, gli effetti positivi della meditazio­ne in ambito carcerario, sono stati accertati da tempo in altre par­ti del mondo. Hanno cominciato in India tredici anni fa, in quello che è considerato il più grande penitenziario del mon­do: Tihar, diecimila detenuti di massima sicurezza nei pres­si di Nuova Delhi. Lì, nel 1994 l'esperi­mento è stato avviato da Kiran Bedi, la direttrice del carcere che ha coinvolto oltre mille detenuti. Per la pratica costante della meditazione col­lettiva, prevista dalla metodi­ca Vipàssana, venne apposita­mente innalzato un enorme tendone. «Sono stati così otte­nuti straordinari risultati di reinserimento sociale - sottoli­nea l'avvocato Sorrentino - ­con un quanto mai sorprendente abbattimento della percentuale dei ca­si di recidiva, ridotta dal 70 al 35 per cento». Ma non basta. Una ricerca ufficiale ha accertato nella po­polazione carceraria di Tihar «una riduzione significativa dell'ansia, della depressione, dell'ostilità, e del sentimento di abbandono, unita ad un miglioramento della qualità della vita e delle aspettative per il futuro». Nel 1997, un esperimento analogo è stato condotto anche negli Stati Uniti, in un penitenziario di Seattle, il North Rehabilita­tion Facility, ed anche in questo caso i risultati sono andati ol­tre le più rosee previsioni.

Poco dopo la pubblicazione di questo articolo, il carce­re di Rossano ha ospitato un con­vegno che ha illustrato il progetto di riabilitazione attraver­so la meditazione ai detenuti ed agli agenti di custodia. E’ stato pro­iettato anche il film (premiato al Golden Spire Award di San Francisco) sull'esperienza di Tihar, in India. «L'ho già fatto vedere in anteprima ad un gruppo di detenuti - ammette ancora la direttri­ce del carcere di Rossano, e loro si sono mostrati coinvolti ed interessati. Commenti? "Ci sembra un viaggio interiore" ha detto qualcuno, "un modo diverso di intendere la vita, che ci può interessare"».

L'INTERVISTA: «Quali effetti provoca la Meditazione?»

«La medita­zione può essere una tecnica utile per consentire, a chi la pratica, di entrare in rapporto con se stesso, per superare le proprie ansie, le paure e le negati­vità. Lo consi­dero un inte­ressante strumento di recupe­ro dei detenuti, insieme, ovviamente, alle attività lavorati­ve, a quelle culturali e religiose, e allo stu­dio. Alla Harvard Medical School e al Mit, in America, gruppi di scienziati hanno dimostrato che la meditazione aumenta le dimensioni cerebrali, l'elasticità della corteccia in importanti aree dell'apprendimento, regola i processi emotivi e lo star bene».

Quarantadue anni, re­sponsabile del perso­nale dell'ammini-strazio­ne penitenzaria calabrese, Angela Paravati dirige il carcere di Rossano che è una delle più importanti strutture carcerarie del Sud. Ha diretto per tre anni anche il carcere di Cosenza, intitolato a Sergio Cosmai, un suo predecessore che nell'85 fu fatto assassi­nare da detenuti boss della 'Ndrangheta. Col nuovo slancio della sperimentazione anche le tecniche meditative entrano negli istituti penitenziari, co­sì come in tutti gli altri istitu­ti rieducativi, e pure in Calabria sembra con­cretizzarsi la lettera del dettato costitu­zionale (art. 27, "la pena deve tendere a rieducare il con­dannato"). «Non siamo stati certo con le mani in mano - sottolinea la Parava­ti - qui pratichiamo anche esperienze di collaborazione col volontariato sociale e attività ricreative che hanno finalmente spazi e strutture adeguate, come un confor­tevole teatro».

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COMMENTO di ALIBERTH: Beh, se uno deve aspettare di andare a finire in carcere, per poter conoscere ed imparare la meditazione, ci sembra davvero esagerato e senza speranza. Non si potrebbe, visto ormai il riconoscimento che ad essa si sta dando da tutte le parti, cominciare ad insegnare la meditazioone nelle scuole? Un po’ come si fa con l’educazione fisica, sarebbe molto utile aggiungere come materia di apprendimento ‘l’educazione-mentale’, vale a dire  la meditazione stile-vipassana (o Chan, perché no?). Si potrebbe fare così tanto bene all’umanità ed alle nuove generazioni, da far finalmente sperare che il mondo non sia poi così destinato ad andare sempre peggio, in direzione del suo triste destino che, allo stato attuale dei fatti, anche a causa di altre cause sempre dovute all’uomo, appare ormai ineluttabile ed inevitabile. ---------------------------------------------------JJJ-

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