CENTRO NIRVANA- PER LA MEDITAZIONE CHAN E ZEN

 
MANUALE DI MEDITAZIONE

QUESTO MANUALE,  ESTRATTO QUI E LA DA ALTRI LIBRETTI, SERVE A VERIFICARE SE LA VOSTRA INTENZIONE DI VOLER MEDITARE E’ SINCERA O SOLO APPARENTE. LEGGENDOLO, OGNUNO POTRA’ FARSI UN’IDEA DI CIO’ CHE DOVRA’ AFFRONTARE SE VORRA’ AVANZARE NEL SENTIERO ZEN DELLA EMANCIPAZIONE DI MENTE,  SPIRITO E CORPO.

SOLO DOPO AVER LETTO TUTTO IL MATERIALE PRESENTATO, E SOPRATTUTTO, AVENDOLO TROVATO DI VOSTRO GRADIMENTO, POTRETE ASPIRARE ALLA VIA DELLA MEDITAZIONE.

A QUEL PUNTO, BUSSATE ANCORA  E VI SARA’ APERTO.

AUGURI DI PROFICUA LETTURA E SANA COSCIENZA!

 

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Una breve introduzione alla meditazione Zen 

 (Bodhidharma, e la semplicità dello Zen…)

In questa foto, c’è una strana rappresentazione di Bodhidharma, che però soddisfa il canone a cui siamo abituati: sopracciglia cispose, l'aria irritata, il vestito lungo. In effetti, Bodhidharma non ama che lo si disturbi, soprattutto quando medita. Da qui, forse le sue risposte enigmatiche ed incisive. Lo si dice indiano, figlio di un principe.

Ormai anziano, si imbarca per la Cina del Sud. Il viaggio dura tre anni. Finalmente sbarca sulle coste cinesi, risale verso il nord ed arriva a Lo-yang, la capitale del Wei. Siamo negli anni 520 d.C. L'imperatore è un appassionato buddhista e si informa su questo monaco. Egli ha fatto costruire tempi e monasteri, innalzare dei sutra, dare dei sermoni. Che cosa ne pensa il barbaro dagli occhi blu? E Bodhidharma laconicamente risponde: - "Non hai fatto alcunché di sacro!" 

La discussione prende la piega di un dialogo tra sordi. Alla fine, l'imperatore gli chiede: - "Ma chi ho di fronte a me? "

- "Non lo so!”, risponde Bodhidharma che lascia immediatamente il palazzo. 

Poco dopo, l'imperatore racconta il colloquio al suo consigliere. Questi gli chiede: - "E Voi sapevate chi era costui?"  - - "No!"...- risponde l’imperatore.  - "Si trattava del bodhisattva Avalokitesvara, colui che porta il sigillo dello spirito del Buddha!". 

Niente di meno! L'imperatore allora vuole mandare una scorta per ricuperarlo, ma il consigliere lo dissuade. È sicuro che non ritornerà. 

Durante questo tempo, Bodhidharma si reca a Shaolin, non lontano dalla capitale imperiale. Là, si dice, che si installi in una grotta dove resta nove anni a contem-plare il muro. Un giorno, un giovane di nome Eka, che ubbidisce alle ingiunzioni di una divinità, arriva fino a lui per essere istruito nella pratica del buddhismo. 

Quel giorno, sta nevicando a grossi fiocchi. Bodhidharma è seduto in silenzio, come sua abitudine, faccia al muro nella sua grotta. Eka resta in piedi all'esterno, nella neve, ma il burbero Bodhidharma non gli rivolge parola. Alla fine, il giovane prende la sua spada, si taglia un braccio e lo offre al Maestro, implorandolo: 

- "Maestro, la mia mente non è ancora pacificata, ve ne prego, pacificatela!". 

- "Portami qui la tua mente ed io la pacificherò" risponde Bodhidharma di getto. 

- "Ma io sto cercando la mente, e tuttavia non posso afferrarla!" 

- "Allora, come vedi, essa è già pacificata!". 

Bodhidharma, (Bodaidaruma o Daruma in giapponese), è considerato il fondatore del Ch’an Cinese. In effetti, questi aneddoti sono posteriori di parecchi secoli alla sua presunta esistenza e oggi sembra assai difficile credere al loro carattere storico. Allora, è esistito Bodhidharma? Tuttavia, qualunque laconica risposta va ancora di più a forgiare la storia dello Zen. 

Secondo la leggenda, le gambe di Bodhidharma si spaccarono a forza di meditare, durante i nove anni che passò nella grotta di Shaolin in Cina. In Giappone, i pupazzi di neve che non hanno più le gambe, sono chiamati degli yuki-daruma, dei "Bodhidharma in neve", dunque. 

Nantembô (1839-1925), un Maestro zen della scuola Rinzai, dipinse numerosi yuki-daruma come questo. Sistematicamente, in queste pitture, egli vi calligrafava una poesia di Tesshû Yamaoka (1815-1901): 

Daruma di neve ammucchiata, 

I giorni passano, dove è andato? 

Non ne restano più tracce. 

  Un'altra leggenda vuole che Bodhidharma sia morto avvelenato - senza apparente motivo. Poiché il giorno stesso della sua morte, un emissario del Wei orientale si trovava in Pamir. Sulla strada verso la Cina, ancora lontana, incrociò Bodhidharma che si dirigeva verso l'ovest e che gli disse: "Il sovrano del tuo paese è morto proprio oggi". Al suo ritorno, raccontò il suo incontro ai discepoli di Bodhidharma, i quali allora aprirono la bara del Maestro. Non vi trovarono dentro che un semplice sandalo. Dove era andato? 

Al tempo del suo arrivo in Cina, l'imperatore avrebbe dovuto sospettare che una simile rozzezza in un santo uomo nascondeva qualcosa che meritava di essere esaminata più da vicino, ma si accontentò di mostrargli la porta e così sprofondò nella perplessità.  

Quando, circa mille anni più tardi, il missionario Francesco Saverio sbarcò a Kagoshima, fu ricevuto nel modo più gentile dai bonzi del tempio zen che dominava la città. Gli si fece visitare il quartiere dei monaci e lo zendô, la sala di meditazione, dove i novizi si erano seduti nella posizione del Buddha sul loto, con gli occhi fissi davanti a sé, assolutamente immobili. Alla domanda "Ma che stanno facendo"? il suo amico, il bonzo Ninjitsu, rispose: "Alcuni contano mentalmente ciò che hanno ricevuto dai fedeli il mese scorso; altri pensano ancora al loro tempo libero, in breve, ognuno di essi pensa a qualsiasi cosa che abbia un certo senso". 

Una risposta assolutamente onesta. Francesco Saverio si sarebbe dovuto chiedere se, dalle persone di cui ammirava il carattere, una simile rozzezza non nascondesse qualcosa di importante. Ma egli non ebbe questa accortezza e si accontentò di constatare in seguito che, nella discussione, i monaci zen erano degli avversari formidabili e che, malgrado la loro mente viva ed aperta, non c'era stato mezzo di convertirne uno solo.  

E alla domanda: "Che cos’è lo zen"? vi sono due tipi di risposte. La prima, di una deliberata villania; la seconda, di una piattezza così abituale che la nostra mente occidentale innamorata di concetti e categorie si chiede come diavolo associarci il più piccolo brandello di "sacro."   -

Se si crede all'esempio del Buddha, ecco ciò che vi occorre per meditare: 

Prima, un albero detto ‘ficus religiosa’. È vero che una volta il Saggio del clan dei Sâkya si acontentò di un ombrello formato dalle sette teste di un dio-serpente. Ci si può ritirare anche in un eremo di montagna. Ma una semplice stanza sarà altrettanto adatta per l'affare. In questo caso, la si prevedrà silenziosa, né troppo calda l'estate, né troppo fredda l'inverno, né troppo illuminata di giorno, né troppo oscura di sera. Secondariamente, un cuscino di erbe ‘kusha’. Il Buddha utilizzava anche un seggio di diamante. Ma si può ben accontentarsi anche di un cuscino ordinario. In questo caso, lo si prevederà sufficientemente spesso per incrociare le gambe senza difficoltà. 

Terzo, un corpo. Questo è l'elemento più importante, perché i maestri e gli altri yogin non hanno previsto gran ché di alternativo. Poco importa del resto che sia rivestito dai trentadue segni maggiori di un Risvegliato o che si tratti meramente di una volgare borsa di pelle intorno alle ossa, come dicevano i maestri ch’an. Affliggetevi dunque solo se siete un robot che sta leggendo queste note: perché sinceramente non potrete sperimentare questa meditazione. Perciò, ho un kôan di consolazione: sotto l'albero si mette il cuscino, sul cuscino si pone il corpo, sul corpo si pone la mente, ma sulla mente che cosa si pone? 

Riprendiamo, per gli altri. Consolidate i glutei sul cuscino, incrociate

le gambe in posizione del loto o mezzo-loto. Raddrizzate il busto e tenete la testa diritta, gli occhi socchiusi, lo sguardo diretto verso

la punta del naso ed il suolo. Ponete poi le mani nel grembo. La respirazione viene fatta passare naturalmente dal naso. E voi accontentatevi solo di essere seduti. 

Se seguite questa prima istruzione, verosimilmente non avrete null’altro che la sensazione di essere banalmente seduti. Restare in questa posizione per una mezz'ora potrà sembrarvi perfino interminabilmente lungo. Allora bisogna forse saper utilizzare un metodo. Per esempio, seguire il movimento della respirazione: che passa dal naso, riempie i polmoni, e riparte per il suo giro. Ma una volta che la mente è unificata, dovrete abbandonare pure questa tecnica. 

Perché alla fine ci si trova a star bene semplicemente seduti, senza preoccuparsi del vero e del falso, della tecnica o dell’assenza di tecnica. Con la mente unificata, si entra allora in un stato di profondo acquietamento. Acquietamento non è esat-tamente la parola giusta, perché la pace è ancora qualcosa che si oppone al turbinìo, alla difficoltà. In questo stato di abbandono, una tale opposizione non ha neanche più senso. Cercate di non pensare: "Perché devo meditare?". Perché adesso si tratta precisamente di imparare a godere di uno stato senza perché. A dire tutta la verità, la meditazione Zen è proprio una perdita di tempo. Chi potrebbe mai raccomandarla?  E tuttavia...

Che cos’ è questo Zen? 

Lo Zen è una via di autenticità e di risveglio nata dall'esperienza del Buddha Shâkyamuni. L'uomo che si chiamava Siddharta Gautama viveva nell'India del nord alcuni secoli anteriormente a Gesù Cristo. Egli apparteneva al clan dei Shâkya, della casta dei guerrieri. Lo si diceva destinato ad essere un grande re. Tuttavia, una notte, toccato dagli sconforti del mondo, egli lasciò il suo palazzo e diventò un asceta errante. Dopo sei anni di macerazioni, decise di rinunciare alle austerità. Riunì alcune erbe e se ne fece un seggio. Allora si sedette diritto, le gambe incrociate nella posizione del loto. Dopo una notte di meditazione, siccome contemplava la stella del mattino che impallidiva nel cielo, la realtà gli apparve estremamente chiara. Allora esclamò: "Io e tutti gli esseri sulla grande terra abbiamo realizzato simultaneamente il risveglio". Era diventato il Mahâmuni, "il Grande Saggio", o più comunemente il Shâkyamuni, "il Saggio dei Shâkya". Dopodiché si alzò ed insegnò il Dharma agli uomini per quarantacinque anni. 

Lo Zen, in quanto scuola indipendente, apparve in Cina, con il nome di Ch’an, verso il sesto e settimo secolo d.C., e si inscrisse nella corrente detta del Grande Veicolo (Mahayana). Due o tre secoli prima, un misterioso monaco indiano, il bizzarro Bodhidharma, era giunto in Cina e, dopo aver insegnato il Dharma a pochi, si ritirò in una grotta a Shaolin avendo portato, si dice, il fiore dello Zen in queste terre orientali. A lui è attribuita questa poesia: 

In origine, sono venuto su questa terra 

                                  Per trasmettere l'insegnamento e salvare gli esseri smarriti. 

Un fiore si apre in cinque petali, 

Ed il frutto matura naturalmente. 

Infatti cinque scuole Ch’an fiorirono in Cina nelle ere T’-ang (618-907) e Song (960-1127). Le scuole Lin-ji e So-dong, Rinzai e Sôtô nella pronuncia giapponese, sono le più conosciute. Lo Zen fu trasmesso poi in tutti i paesi di influenza Cinese, in Corea, nel Viet-nam e anche in Tibet. Insieme ad altri monaci giapponesi, Dôgen (1200-1253), visitò i grandi monasteri della costa della Cina e riportò a sua volta i semi dello Zen nel suo proprio paese. Alcune generazioni dopo di lui, lo Zen diventava una delle principali scuole buddhiste del Giappone. 

Lo Zen non è né una ginnastica né una tecnica di benessere. Per tutti coloro che imboccano la via dello Zen, si tratta di vivere totalmente, col corpo e la mente, di impegnarsi a prendersi cura di sé-stessi e del prossimo, di impegnarsi ad affrontare le proprie paure come pure le proprie nevrosi. 

Se ci si attiene ad una formula classica, la pratica dello Zen consiste nel "risolvere il grande affare della vita e della morte" (Sûtra del Loto). Siamo messi di fronte alle domande fondamentali: quelle sulla sofferenza, sull’angoscia e sulla morte, di noi stessi come degli altri. Sono questi problemi, in fondo, gli unici che ci rodono veramente, e che il buddhismo prende a cuore. Per vivere con dolcezza e risveglio. 

L'esperienza dello Zen si rivela nell'approfondimento congiunto di meditazione, di intelligenza e di etica morale, che corrispondono ai termini sanscriti di dhyâna, prajñâ e shîla. Insegnare il silenzio interiore, far tacere le lotte ed i conflitti, fu il grande disegno del Buddha per gli uomini. La meditazione è la pratica di questo silenzio. Il Buddha Shâkyamuni ha dichiarato: "Io e tutti gli esseri sulla grande terra abbiamo realizzato simultaneamente il risveglio". Ciò significa che tanto il mondo intero che noi stessi, in origine siamo in pace. Praticare la meditazione, è realizzare e vivere questa pace. 

Misteriosamente, la meditazione non porta niente e tuttavia cambia tutto. Sconvolto dalla scoperta di questa pace, ognuno si reinveste dei propri atti con intelligenza. Una tenerezza, una bontà ed una bellezza ne vengono naturalmente liberate. L'etica, una parola che esprime tutta l’accortezza dei nostri atti, manifesta questa intelligenza. Si avvera totalmente nell'amore e la compassione. La vera etica è quella del bodhisattva: ‘non fare il male, fare il bene, e aiutare tutti gli esseri senzienti!’. Princìpi belli, semplici e tuttavia così difficili da mettere in pratica... 

I semi dello Zen sono già stati seminati in Occidente da una cinquantina di anni. E già numerosi fiori si sono aperti. Sta a noi di saperli cogliere.   ***
 

Cos'è la meditazione? 

Il cuore della pratica del Dharma è la meditazione. Il suo scopo è quello di rendere la mente calma e pacifica. Se la mente è pacifica, saremo liberi da preoccupazioni e disagi mentali, e così potremo provare la felicità vera; ma se la mente non è pacifica, troveremo molto difficile essere felici, anche se stessimo vivendo nelle migliori condizioni. Se ci addestria-mo nella meditazione, la nostra mente diverrà gradualmente sempre più pacifica e noi sperimenteremo una forma di felicità sempre più pura. Alla fine ci sarà possibile rimanere in uno stato continuo di felicità, anche nelle circostanze più difficili.

Di solito troviamo difficile controllare la nostra mente, che sembra essere come un palloncino nel vento, spinta qua e là dalle circostanze esterne. Se le cose vanno bene, la mente è felice, ma se vanno male, diventa immediatamente infelice. Se per esempio riusciamo ad avere ciò che vogliamo, un oggetto o un'amicizia nuova, diventiamo eccitatissimi e ci aggrappiamo con forza a queste cose; ma dal momento che non possiamo avere tutto quello che desideriamo, e poiché ci dovremo inevitabilmente separare dagli amici e dagli oggetti di cui godiamo attualmente, questa vischiosità mentale, o attaccamento, serve solo a causarci dolore. D'altra parte, se non riusciamo ad avere ciò che vogliamo, o se perdiamo qualcosa che ci piace, ci abbattiamo o ci irritiamo. Se, ad esempio, fossimo costretti a lavorare con un collega non gradito, probabilmente ci scopriremmo nervosi e risentiti, col risultato di non riuscire a lavorare insieme in modo effi-ciente, e di rendere il tempo speso sul lavoro stressante e non remunerativo.

Queste oscillazioni di umore sorgono perché siamo coinvolti troppo da vicino dalle situazioni esterne. Siamo come un bambino che costruisca un castello di sabbia, che si senta eccitato appena lo ha terminato, ma rimanga sconvolto vedendolo distruggere dal sopraggiungere della marea. Per mezzo dell'addestramento nella meditazione, creiamo uno spazio interiore e una chiarezza che ci rendono capaci di controllare la mente senza essere più influenzati dalle circostanze esterne. Gradualmente sviluppiamo un equilibrio mentale, una mente stabile che è felice in continuazione, anziché una mente non equilibrata che oscilla fra gli estremi dell'eccitazione e dello scoraggiamento.

Se ci addestriamo in modo sistematico nella meditazione, saremo capaci, alla fine, di sradicare dalla mente tutte le perturbazioni mentali, che sono la causa dei problemi e delle sofferenze che abbiamo. In tal modo giungeremo a provare la pace interiore permanente, conosciuta come 'liberazione' o 'nirvana', e quindi, sia di giorno sia di notte, in tutte le nostre esistenze future, sperimenteremo solo pace e felicità.

La meditazione è un metodo per familiarizzare la nostra mente con la virtù; è una mente che analizza o si concentra su un oggetto virtuoso. Un oggetto virtuoso è quello che produce lo sviluppo di una mente pacifica quando lo analizziamo o ci concentriamo su di esso. Se contempliamo un oggetto ed esso ci causa invece lo sviluppo di una mente non pacifica, come la rabbia o l'attaccamento, questo indica che quell'oggetto è non virtuoso. Ci sono anche molti oggetti che non sono né virtuosi né non virtuosi, ma neutri.

Esistono due tipi di meditazione: analitica e collocata. La prima consiste nella contemplazione del significato delle istruzioni del Dharma che abbiamo ascoltato o letto. Contemplando profondamente queste istruzioni, alla fine raggiungeremo una conclusione definitiva, o sorgerà in noi uno specifico stato mentale virtuoso. Questo è l'oggetto della nostra meditazione collocata. A questo punto ci concentriamo univocamente su questa conclusio-ne, o su questo stato mentale virtuoso, il più a lungo possibile, in modo da svilupparne con esso una profonda familiarità. Questa concentrazione univoca è la medita-zione collocata. Spesso con il termine di 'contemplazione' ci riferiamo alla meditazione analitica, e con quello di 'meditazione' alla medita-zione collocata. La meditazione collocata dipende dalla meditazione analitica, e la meditazione analitica dipende dall'ascolto o dalla lettura delle istruzioni e degli insegnamenti di Dharma.

Il primo stadio della meditazione è frenare le distrazioni e rendere la nostra mente più chiara e più lucida. Tale stadio può essere portato a compimento per mezzo della pratica di una semplice meditazione sul respiro. Scegliamo un posto tranquillo per meditare, e quindi sediamoci in una posizione comoda. Possiamo usare la posizione tradizionale a gambe incrociate o qualsiasi altra che per noi sia confortevole; se vogliamo possiamo sederci su di una sedia. La cosa più importante è mantenere la schiena diritta per impedire che la mente diventi pigra o assonnata. Sediamoci tenendo gli occhi parzialmente chiusi e dirigendo l'atten-zione verso il respiro. Respiriamo in modo naturale, preferibilmente dalle narici, senza tentare di controllare il respiro, e quando l'aria entra ed esce attraverso le narici, cerchiamo di diventare consapevoli della sensazione che il respiro produce. Questa sensazione è il nostro oggetto di meditazione. Concentriamoci su di essa escludendo qualsiasi altra cosa.

All'inizio la nostra mente sarà occupata da molti pensieri, e potremmo avere l'impressione che con la meditazione si stia riempiendo ancor di più; ma in realtà stiamo solamente diventando più consapevoli di quanto affollata effettivamente essa sia. Saremo fortemente tentati di seguire i diversi pensieri che sorgono, ma dovremmo resistere a questo, e rimanere focalizzati univocamente sulla sensazione del nostro respiro. Se scopriamo che la mente sta vagando e segue i pensieri, dovremmo immediatamente farla ritornare sul respiro. Possiamo ripetere questo processo per tutto il tempo necessario, fino a che riusciremo a farla posare sul respiro.

Praticando pazientemente in questo modo, i pensieri distraenti gradualmente diminuiranno, e noi proveremo una sensazione di pace interiore e di rilassamento. La mente si sentirà lucida e spaziosa e noi ci sentiremo rinvigoriti. Quando il mare è mosso, i sedimenti vengono agitati e l'acqua s'intorbidisce, ma quando i venti calano, il fango si deposita gradualmente sul fondo, e l'acqua diventa chiara. Allo stesso modo, quando il flusso incessante dei pensieri che ci distraggono si calma, attraverso la concentrazione sul respiro, la mente diventa insolitamente lucida e chiara. Dovremmo rimanere allora in questo stato di calma mentale per un pò di tempo.

Anche se la meditazione sul respiro è solo uno stadio preliminare della meditazione, può essere molto efficace. Possiamo vedere che con essa è possibile provare pace interiore e appagamento solo controllando la mente, senza dover dipendere per nulla da condizioni esterne. Quando la turbolenza dei pensieri che distraggono si affievolisce e la mente si calma, sorgono spontaneamente in noi una profonda felicità e appagamento. Questa sensazione di appagamento e di benessere ci aiuta ad affrontare le attività e le difficoltà della vita di ogni giorno. Gran parte dello stress e della tensione che proviamo normalmente sorge dalla nostra mente, e molti dei problemi che sperimentiamo, inclusa la malattia, sono causati o aggravati da questo stress. Anche solo facendo meditazione sul respiro per dieci o quindici minuti al giorno, potremo ridurre questo stress. La nostra mente sarà pervasa da una sensazione di calma e di spazio, e molti dei nostri problemi consueti svaniranno. Le situazioni difficili diventeranno facili da affrontare, proveremo spontaneamente del calore verso gli altri e saremo ben disposti nei loro confronti, cosicché le nostre relazioni miglioreranno.

Dovremmo addestrarci in questa meditazione preliminare fino ad ottenerne qualche esperienza; ma se vogliamo acquisire una pace interiore permanente e immutabile, e diventare totalmente liberi dai problemi e dalla sofferenza, è necessario andare oltre la semplice meditazione sul respiro e intraprendere forme di meditazione più vicine alla vita quotidiana, come il ciclo delle ventuno meditazioni del Sentiero Graduale (Lamrim). Quando facciamo queste meditazioni, iniziamo calmando la mente con la meditazione sul respiro, e quindi passiamo agli stadi della meditazione analitica e collocata secondo le specifiche istruzioni di ciascuna meditazione.

Così facendo, ci abitueremo ad avere una mente riflessiva e automaticamente meditativa. In questo modo, anche quando saremo di fronte alle circostanze della vita quotidiana, come il lavoro, la promiscuità relazionale e gli stati di agitazione, la nostra mente sarà in grado di farvi fronte spontaneamente e serenamente. Non avremo più di che preoccuparci, perché la nostra mente, divenuta ormai il nostro maestro interno, ci guiderà e ci proteggerà, aprendoci orizzonti di pace e di gioia simpatetica con tutti gli esseri e con tutto il creato.                          JJJ

 

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TAVOLE PER IL CAMBIAMENTO

(…per i principianti che iniziano…)

 

ESERCIZIO A – SILENZIO, CHIAREZZA E TRANQUILLITA’

 

  Questo esercizio dona rilassamento al corpo e rinfresca il flusso dell’attività mentale, essendo d’aiuto specialmente quando vi sentite confusi o pigri. Esso crea un soffice strato di consapevolezza, concentrazione ed energia rinnovatrici, che aguzza il “focus” concentrativo e rende stabili i vostri sforzi, sostenendovi in tutto ciò che dovete fare.

   L’esercizio può essere praticato quando volete, ed è composto di tre aspetti, collegati al respiro, al corpo ed alla mente. Per rendervelo consueto, praticate l’esercizio tre volte al giorno, concentrandovi sul corpo al mattino ed alla sera e sul respiro, durante il pomeriggio. Non appena l’esercizio vi sarà divenuto familiare, il passaggio sull’attività mentale si svilupperà naturalmente. Più avanti potrete praticare maggiormente l’aspetto correlato soltanto alla mente, due o più volte al giorno.

   In questo esercizio la postura è molto importante. Sedetevi su un cuscino o su una sedia, in maniera che la spina dorsale sia dritta ma non rigida. Posate le mani sulle ginocchia e piegate leggermente il mento in avanti in modo, però, che il collo resti ben dritto. Rilassate gentilmente le spalle, né troppo spinte in basso e né mantenute rigide, in maniera che il collo e le spalle formino una curvatura naturale come una stampella per abiti. Lasciate la bocca leggermente socchiusa con i denti non contratti. Rilasciate i muscoli della mascella superiore come se stessero cominciando a sorridere. Socchiudete gli occhi verificando che non vi siano tensioni e cercate di mantenerli rilassati senza attivare la visione di nessuna cosa in particolare.

IL RESPIRO

 Prestate una lieve attenzione al respiro, facendo in modo che esso scivoli con calma attraverso il naso e/o la bocca. Questo modo di respirare non è usuale e potrebbe essere all’inizio non molto naturale, ma poiché esso ha un effetto salutare, assai presto vi apparirà più agevole e piacevole da mantenere.

   Una volta che avete trovato più confortevole questo modo di respirare, sperimentate il flusso del respiro seguendolo giù lungo il corpo e durante il suo ritorno in superficie. Potete immaginarlo come lo scorrere lento di un fiume che fluisce orizzontalmente lungo una pianura e poi immaginatelo che ritorna indietro verso la sorgente. Alternativamente, il flusso del respiro che esce sembra formare una dolce curva che diventa un moto circolare completo rientrando attraverso l’inspirazione. In entrambi i movimenti, seguite gentilmente il respiro per l’intera lunghezza del suo itinerario. Consapevolizzando il vostro respiro, potete cogliere che il suo percorso ha una lunghezza prefissata dal naso fino a tre dita sotto l’ombelico. Non sforzatevi ma siate solo sensibili al processo dall’inizio alla fine di ogni singolo respiro. All’inizio potrebbe esservi una leggera tensione nel seguire su e giù il respiro. Ma, continuando a respirare, la tensione diminuirà e il movimento diverrà semplice e fluido spontaneamente, per cui non vi sarà più bisogno di dirigerlo. Non appena il corpo si abitua e si distende, il respiro comincia a diventare naturalmente più calmo e leggero.

IL CORPO

   Quando sentirete che il respiro fluisce tranquilla-mente su e giù per il corpo, diventerete gradualmente consapevoli di una tenue sensazione di calore nella gola e nel collo. Compiacetevi per questo morbido calore, immergendovi consapevolmente in esso e lasciando che diventi più intenso e profondo. Gradatamente, lasciate che il calore si espanda alle spalle, al centro del cuore e su per la testa. Da qui, prendete coscienza della sua espansione in tutto il corpo, fin nel più intimo strato dei tessuti, dei muscoli e degli organi, come pure dentro ogni cellula. Questo stesso dolce calore può allargarsi nello spazio immediatamente circostante al vostro corpo. Immaginate che questo spazio diventi esso stesso soffice, tiepido, mite, calmo e tranquillo. La qualità dello spazio è pacificante e piacevole e induce il corpo a sentirsi protetto e in totale relax.

   Sperimentando questo quieto silenzio con consapevolezza, potete sentire la sua calda morbidezza espandersi diversi centimetri oltre la vostra pelle. Siate sensibil-mente vigili mentre constatate questa calda sensazione, che è tutta intorno a voi. Essa può espandersi ancora di più, fino ad allargarsi ben oltre il vostro corpo, creando un alone di protezione e sicurezza. All’interno, il corpo è tranquillo e quieto; all’esterno tutto è sereno e calmo. I sensi riescono felicemente ad apprezzare queste sensazioni, immergendosi totalmente, dentro e fuori, in questo spazio silenzioso e pacificante.

   Più completo è questo silenzio percepito dalla mente e più profondo è il rilassamento. Non appena cesseranno queste istruzioni, il corpo diventerà più stabile e si unirà con lo spazio tutto intorno, assorbendo energia positiva che fluisce liberamente sia all’interno che in superficie. Questa interazione tra l’interno e l’esterno si stabilisce allo stesso modo come se si stesse nuotando gioiosa-mente, in una sera d’estate, dentro un limpido e quieto laghetto meraviglioso e magico. Tutti i nostri organi, a partire dalla gola, la testa, la pancia ed il cuore sono liberi e rilassati; il silenzio ci circonda e ci culla come il sonno di un bimbo.

LA MENTE

   Seppure qualche tensione rimane, essa è dovuta all’attività mentale. Comunque, adesso la tranquillità ed il silenzio del respiro e del corpo rallentano e rilassano tutti i nostri sensi, compresa la mente. Immagini vivide, memorie e proiezioni possono apparire velocemente nella mente, ma voi lasciatele pure andare. Non dovete trattenere nulla, perfino queste istruzioni, che diventeranno sempre più sottili e sciolte, man mano che vi abbandonerete alla sensazione di essere come cera fusa che cola da una candela. Anche le parole “lasciare andare” e “non trattenere” devono essere abbandonate e non trattenute. A questo punto non c’è più bisogno di nessuna istruzione né di alcun altro aiuto. Siate completamente immersi nella pace e nel silenzio.

   Sommersa da questo silenzio, la coscienza mentale si abbandona e si arrende al relax; essa coglie direttamente i pensieri, ma non crea più immagini. La con-catenazione dei pensieri, uno dietro l’altro, diventa meno densa e la velocità dei pensieri che generano altri pensieri rallenta. Gradualmente cessano movimenti e impulsi interni, aprendo la mente verso il completo silenzio della contemplazione. Non vi sono più riferimenti per costruire immagini, l’unica immagine esistente è lo stesso vostro silenzio.

   Non c’è più passato, presente o futuro, nessuna induzione al pensiero – solo completa sensazione di silenzio e isolamento. E più aumenta questo senso di quiete, più ci sentiamo quasi di toccare e percepire questo silenzio. Totalmente immersi in questo silenzio, siamo tuttavia diventati completamente consapevoli.

TRASFORMAZIONE INTERIORE

   Praticando questo esercizio, potrete facilmente vedere voi stessi così come siete, in qualsiasi luogo vi troviate e qualsiasi cosa stiate facendo. Nel mezzo del suono scoprirete che esiste il silenzio; al centro dell’impulso, l’energia è quieta e silenziosa. Questo silenzio induce un essenziale rilassamento che ringiovanisce sia l’energia che la consapevolezza. L’energia può utilizzare il tempo per ricaricarsi, restaurando un libero flusso che dissolve i blocchi emotivi e rivitalizza i pensieri. Un senso di piena apertura produce la disponibilità di uno spirito nuovo e ci fa diventare persone diverse.

   Questo esercizio viene facilitato quando vi è qualcuno che sia già esperto. La semplice rammemorazione dell’esperienza avuta con questo esercizio vi aiuterà a rilassarvi mentre state lavorando. Quando questa esperienza vi sarà più conge-niale e familiarizzata, anche solo il richiamarla alla memoria potrà facilmente riattivare quella sensazione.

   Nonostante vi siano livelli più elevati di meditazione e contemplazione, questo primo livello di rilassamento è tutto ciò che vi serve per avere proficui vantaggi nella vostra vita lavorativa. Ulteriori istruzioni correlate ad una pratica successiva potranno variare in base al tipo di lavoro che state facendo, agli scopi cui vorrete dirigere la vostra consapevolezza, la concentrazione e l’energia, nonché al singolo temperamento individuale.  

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L'ADDESTRAMENTO CORPO-MENTE (secondo lo ZEN)               = Prima Parte =

Nello Zen, l'addestramento corpo-mente consiste di tre pratiche di base: Zazen, Sviluppo dell'HARA e Circolazione dell'energia vitale (Prana, Ki). Esse possono essere utilizzate quotidia-namente per trasformare la vita in un metodo di autosviluppo.

ZAZEN - Lo Zazen (in Cinese: Tso-ch'an) è la pratica fondamentale, in quanto provvede a facilitare le condizioni in cui si sperimenta il SAMADHI. Lo Zazen può essere reso operativo come perfezione dell'immobilità e della quiete. È una replica della forma applicata da Shakyamuni Buddha quando si sedette sotto l'albero della Bodhi. Lo Zazen permette l'aprirsi della consapevolezza, tramite un consapevole controllo della propria mente, e facilita la lucidità e sensibilità, che producono il continuato sviluppo di ogni altra pratica possibile. In termini di 'psicodinamica', si può dire che per coltivare l'energia vitale (prana- ki) è necessario realizzare le superiori strutture insite nell'Inconscio. Tutti i grandi maestri Zen hanno praticato zazen, anche se bisogna pure ricordare che Nan-yueh derise gli sforzi di Ma-tsu che sedeva in zazen con l'intenzione di divenire un Buddha, mostrandogli sarcastica-mente, sfregando continuamente una pietra, la sua intenzione di volerla fare diventare uno specchio lucente.

Significativi cambiamenti psicologici avvengono in una persona che pratica lo zazen. Ciò include cambiamenti nelle onde cerebrali da 'beta' ad 'alfa', fino alle onde 'theta', un abbassamento del tasso respiratorio, ma con un accrescimento del volume dello stesso, diminuzione dell'assuefazione e ridotti tempi di reazione agli stimoli avulsi, aumento della stabilità fisica e diminuzione della tensione muscolare. Si pensa anche che l'accentramento della pressione respiratoria sul basso addome, stimoli favorevolmente il sistema nervoso autonomo e faccia meglio circolare il sangue immagazzinato nel fegato e nella milza, agendo quindi effettivamente ed efficacemente come un secondo cuore.

Le seguenti istruzioni, per praticare al meglio lo zazen, sono tratte dall'opera - "Introduzione per i Discepoli Zen " - del maestro Omori Sogen.

DISPOSIZIONE DEL CUSCINO (Figura 1)

         Per sedere bene, si devono armonizzare mente, corpo e respiro. Soltanto quando questi tre sono realizzati come un'unica unità, sarà possibile avere successo nella stabilizzazione e tranquillità degli stessi corpo e mente. Ognuna di queste tre entità è inseparabilmente collegata alle altre due. Se la posizione del corpo è di per sé corretta, la mente ed ilo respiro saranno ragionevolmente corretti in sé e per sé.

È molto importante indossare abiti che siano abbastanza allentati o sbottonati, per poter avere una buona circolazione. È anche importante non apparire sciatti e disordinati, cosicché vi sia un aspetto di dignità e la sensazione di stabilire un appropriato atteggiamento per la seduta.

Scegliete un cuscino largo con sotto un altro più piccolo, ameno che non abbiate il vostro 'zafu' personale, in maniera che possano funzionare da cuneo. Sedetevi sul bordo, con le natiche appoggiate precisamente al centro del cuneo.

LE POSIZIONI DEL LOTO E DEL MEZZO-LOTO (figura 2)

         Per adottare la posizione del loto intero, come mostrato nella figura 2, porre il piede destro accanto alla base della coscia sinistra ed il piede sinistro sulla coscia destra. Mentre, per la posizione del mezzo-loto, mettere semplicemente il piede sinistro sulla coscia destra, oppure il piede destro sulla coscia sinistra.

LA POSIZIONE DELLE MANI (figura 3)

Nella posizione 'a canestro', mettere la mano sinistra col palmo all'insù e con le dita congiunte sul palmo della mano destra. I lati interni delle punte di entrambi i pollici si toccano e formano una ellisse. Visti da sopra, i pollici devono essere in linea con i diti medi. Nella posizione alternativa, afferrare le estremità del pollice sinistro e chiuderlo tra il pollice e l'indice della mano destra. Formare un pugno allentato con la mano destra e circondarlo con la sinistra.

STABILIZZARE IL CORPO

(figure 4 e 5)

Il corpo, quando è seduto in modo corretto e stabile, ha la forma di una piramide. La base è un triangolo immaginario formato dalle linee che collegano le due ginocchia ed il coccige. Le linee della diagonale dorsale si estendono dalle due ginocchia ed il coccige fino in cima alla testa e completano la piramide.

Dondolare il corpo da destra a sinistra ed ancora da sinistra a destra. L'ampiezza di queste oscillazioni dovranno essere all'inizio più larghe e successivamente diminuire finché il corpo si stabilizza e diventa spontaneamente immobile e fermo.

A) Raddrizzare perpendicolarmente la spina dorsale, inclinando la parte superiore del corpo in avanti. Spingere poi le natiche all'indietro senza muoverle, sollevando la parte superiore del corpo in modo graduale come se si spingesse verso il cielo con il retro della nuca. Questa azione raddrizzerà la spina dorsale in una posizione naturale.

B) Tendere in avanti la parte bassa dell'addome per raddrizzare le anche. Sollevare la parte alta del corpo finché diventi verticalmente perpendicolare al collo e con le mascelle ritirate in dentro. Il centro di gravità 'Tanden' (in Cinese, tan-tien) coinciderà adesso con il centro geometrico del piano del triangolo.

C) Soffermarsi ad osservare che le mascelle inferiori siano tirate in dentro ed il retro del collo sia diritto. Se tutto è in posizione corretta, le orecchie e le spalle dovranno cadere sullo stesso piano perpendicolare.

D) Bloccare pure la posizione della parte bassa dell'addome e le anche. Se l'addome è teso correttamente in avanti e le anche sono perpendicolari, il naso e l'ombelico verranno a trovarsi allineati.

E) Fare in modo che la parte estrema e superiore della lingua tocchi la parte del palato corrispondente alla mascella superiore, cosicché i denti si trovino in contatto gli uni con gli altri.

F) Ora, sedete rilassati, in una vigile e severa dignità, come il Monte Fuji, che si erge maestoso nel cielo e soprassiede ai Mari Orientali.

ADATTARE LA VISIONE (figura 6)

         Adattare la visione significa aggiustare e focalizzare l'attenzione per impedire che venga distratta e presa dalle stimolazioni interne o esterne.

A) Gli occhi dovrebbero guardare dritti in avanti e la visuale del campo dovrebbe estendersi per 180 gradi. Indi, abbassare lo sguardo fino ad una posizione fissa sul pavimento, distante in avanti approssimativamente tre piedi. Gli occhi dovrebbero essere semichiusi, tranquillamente distaccati, senza che si abbia la sensazione di vedere, o non vedere, qualcosa.

B) Non chiudere completamente gli occhi. Per poter entrare nello stato della concentrazione Zen ed elevare al massimo il vostro potere interiore è importante tenere gli occhi socchiusi, anche se con lo sguardo diretto verso il basso. Se si restasse quietamente con gli occhi chiusi, come acqua inanimata, non si potrà giammai essere utili alla società. Potrebbe sembrare più facile unificarci spiritualmente tenendo gli occhi chiusi, ma questo sarebbe uno 'zazen inerte'. Interpretandolo in una maniera più luminosa, il tenere gli occhi socchiusi ci impedisce di addormentarci durante la meditazione e di cadere in stati privi di coscienza.

(Nota del Traduttore: Su questa questione degli occhi chiusi o aperti, sono stati versati fiumi di inchiostro, da parte di esperti della meditazione, pro o contro l'una o l'altra delle due posizioni. Secondo il Ch'an più antico, quello dei Patriarchi Cinesi, si accetta la meditazione ad occhi socchiusi, ma solo per i principianti e per le fasi iniziali del processo meditativo e proprio per i motivi spiegati sopra dall'autore di questo testo, che verosimilmente sono molto più adeguati a praticanti che si affacciano alle prime esperienze. Di conseguenza, quando l'adepto diventa sempre più esperto ed intenzionato a far sparire dalla sua mente tutte le tracce dell'oggettività mondana allora, ovviamente, la chiusura completa dell'organo della vista, come pure di tutti gli altri organi sensoriali, facilità il viaggio della coscienza negli spazi profondi della vacuità priva di soggetto ed oggetto. Comunque, la cosa migliore da fare, specie per i neofiti, è di seguire alla lettera le raccomandazioni del maestro e, perciò, applicare le regole imparate direttamente nella sala di meditazione).

RESPIRAZIONE PROFONDA INIZIALE (figura 7)

La respirazione profonda armonizza la mente ed il corpo. Eseguire le varie fasi della resoirazione nel modo seguente.

A) Espirare lentamente attraverso la bocca, come se si volesse collegare tutta l'atmosfera con la parte bassa dell'addome. Svuotare tutta l'aria stantìa con una certa forza, creata mentalmente dalla concentrazione sul basso-addome. Alla fine dell'espirazione, rilassare la parte bassa dell'addome.

B) A causa della pressione atmosferica, nuova aria entrerà naturalmente attraverso le narici e riempirà lo spazio vuoto dentro i polmoni.

C) Dopo aver completamente inspirato, fate una breve e leggera pausa e, con tutto il Koshi esteso in avanti, spingete dolcemente l'aria inalata nel basso addome in un movimento riempitivo (Koshi e Hara, si riferiscono entrambi alla parte bassa dell'addome, alle anche, al posteriore ed alle natiche, in un  insieme funzionante come un tutt'uno. Koshi enfatizza il corpo fisico, mentre Hara ha un significato più spirituale). La chiave per tutto questo movimento è la contrazione dello sfintere anale.

D) Ripartire ancora con l'espirazione, prima che vi accada di sentirvi a disagio. Ripetete questo tipo di ciclo respiratorio da quattro a dieci volte.

RESPIRAZIONE DURANTE LA MEDITAZIONE (fig. 8)

A) Quando la respirazione si è normalmente adattata, iniziate a respirare attraverso le narici e con la bocca chiusa. L'inspirazione risulterà più naturale attraverso il naso. L'aria inalata arriverà così, naturalmente, ai polmoni e, col rilassamento dei muscoli che sono intorno allo stomaco, potrete veramente sentire che l'aria riempie tutta la cavità dell'area al di sotto dell'ombelico.

B) Espirare attraverso le narici. Ciò dovrebbe essere fatto in un modo prolungato e diretto verso il 'tanden', grazie al potere dei muscoli addominali. Contrarre i muscoli intorno all'ano e spingere perpendicolarmente e leggermente in avanti le natiche. Si dovrebbe poter percepire una sensazione di potenza che deriva dall'area tutt'intorno all'ombelico. Nel processo di espirare con forza, la pressione sul basso ventre fa rientrare lo stomaco ed attenua la pressione che c'era intorno allo stesso stomaco. La concentrazione sulle estremità più basse del corpo dovrebbe far rilassare le spalle e tutte le parti superiori del corpo.

C) L'inspirazione dovrebbe essere fatta avvenire in modo naturale, così che nuova aria possa entrare e riempire lo spazio cavo dei polmoni.

D) I principianti dovrebbero praticare la respirazione con lo scopo di vivificare il 'tanden', ma anche affinché diminuisca gradatamente lo sforzo conscio, così che la frequenza dei respiri possa diminuire anch'essa in modo naturale. Nella espirazione ed inspirazione, si cerchi di concentrare verso il basso addome la pura e semplice energia, piuttosto che la potenza fisica personale. Quando l'energia vitale si posizione nel 'tanden' ed è delimitato nell'Hara, questa forza spirituale e la stessa energia vitale si irradieranno attraverso tutto il corpo.

E) Contate i vostri respiri, con tutto il vostro potere spirituale, come se cercaste di penetrare all'interno del centro stesso della Terra. Contate fino a dieci le espirazioni e le inspirazioni, sillabando mentalmente, per tutta la durata del ciclo respiratorio, U..…NO, DU..…E, T…..RE, e così via. Fate in modo che il vostro occhio mentale segua l'esalazione dell'aria, mentre state contando. Se perdete il conto, o se vi sbagliate nel contare ed andate oltre i dieci, ricominciate da capo col numero uno.

F) Per evitare interferenze ed incongruenze tra il conteggio ed il vostro respiro, è essenziale concentrare la vostra mente sul conteggio, anziché sulla respirazione in quanto tale, così da sentire che state respirando in accordo col vostro contare.

PRECAUZIONI

I principianti tendono a sovraffaticare l'area del basso addome, a causa della eccessiva enfatizzazione messa in quest'area. Ogni individuo è differente dagli altri, nella propria struttura fisica e, quindi, deve guidare se stesso in modo appropriato. Ci si dovrebbe quietamente sedere in maniera da causare che la nostra energia possa pervadere l'intero corpo, piuttosto che sforzarsi a generare delle pressioni fisiche sul basso addome. Soltanto dopo una lunga esperienza nella pratica zazen, si potrà comprendere la differenza tra potere spirituale e potenza fisica. La verità risiede soltanto nello stato di MU (Vacuità, in Cinese: WU) e si potrà irrompere nello stato della Vacuità solo grazie ad una diligente concentrazione del potere, che è raccolto nel corpo, e dirigerlo verso il 'tanden', mentre simultaneamente il corpo si infonde di energia vitale che si irradia dallo stesso 'tanden'.

Poiché lo Zazen non è una prova di resistenza all'acquietamento, non ha alcun senso sedersi per lunghi periodi, senza che ci si concentri all'unificazione di mente e corpo. Venti o trenta minuti, che è il tempo richiesto perché un bastoncino di incenso bruci completamente, sono più che sufficienti per i principianti. Ovviamente, anche solo cinque o dieci minuti basteranno, se sapremo sedere in maniera adeguata.

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L'ADDESTRAMENTO CORPO-MENTE - (secondo lo Zen)  = Seconda Parte =

 

SVILUPPO DELL'HARA

         Fondamentalmente, la disciplina dello sviluppo dell'Hara, consiste nella corretta postura e respirazione, durante le attività quotidiane. Il perfezionamento di postura e respirazione potenzia l'energia vitale e rende più intenso il Samadhi. È possibile l'ottenimento di un livello estremamente alto di perfezione. Sato Tsuji, un filosofo Giapponese contemporaneo ci presenta le seguenti linee-guida:

         "Per ottenere una giusta postura si deve inviare nel Koshi, cioè la parte bassa del ventre, tutta la forza del corpo. Riempire il Koshi (alla base del tronco) con l'energia vuol dire, tendere i muscoli addominali. Se li tendiamo nel modo giusto, come risultato di questa tensione, scopriremo che sotto l'ombelico sorge e si rivela un punto di concentrazione, che è il centro energetico dell'uomo, nella sua unità di corpo umano. Esso è chiamato 'Tanden' (Cinese: Tan-tien). L'arte di attivarlo si determina facendo concentrare in quel punto, la forza di tutte le altre parti del corpo…

         Il riempimento con la forza del Koshi, va naturalmente di pari passo con la respirazione. Mentre si inspira si deve ritirare la forza dall'addome e, al tempo stesso, mantenere la giusta condizione del Koshi. Quindi, l'aria entra da sola e riempie la parte alta della pancia. Al termine dell'inspirazione, la parte bassa, cioè l'Hara, diventa da sola spontaneamente forte e si può, quindi, abbastanza naturalmente e agevolmente dare il cambio con l'espirazione. Il cambio da inspirazione ad espirazione e viceversa, deve essere completamente scorrevole ed uniforme…       

Quando tutti i muscoli del corpo raggiungono il loro giusto bilanciamento, la regione dello stomaco diventa concava durante l'espirazione e la parte bassa del ventre si curva lievemente verso l'esterno... In questo esercizio, l'inspirazione è corta, mentre l'espirazione è prolungata, in quanto l'Hara si sta rinforzando…

         La forza che colma e riempie il Koshi dovrebbe in effetti essere una forza che agisce come se la parte superiore del corpo non esistesse per niente. Il Koshi sostiene la parte superiore del corpo con la forza che si espande ascensionalmente dal basso… Questa esatta postura, che permette al corpo di mantenere la sua appropriata posizione perpendicolare, è il solo modo di ottenere quel livello di forma che dimostra l'unità della vita al di là del dualismo. Dobbiamo rifuggire da quell'imprigionamento nell'ego che ci causa crampi e tensioni in varie parti del corpo, cosicché possa sorgere una nuova condizione di assenza di egoismo. Tanto, quando si è sull'orlo dell'abisso, la vita ritorna da sola in se stessa…

         Se il Koshi è la regione più importante per ottenere una giusta postura, si potrebbe dire che la successiva parte più importante, è il collo… Moltissime persone hanno la mandibola inferiore pendente in fuori, in un modo quasi abbandonato ed indolente… Perciò i Maestri insegnano che si dovrebbero tenere le vertebre cervicali diritte e mettere una certa forza dentro il collo, di fatto dovremmo spingere il mento tanto in dentro, da far dolere il retro delle orecchie. Nella giusta postura, la forza che si spinge nel Koshi e la forza che preme nel mento, sono strettamente collegate. Se uno perde la forza del Koshi, allora il mento cadrà troppo in fuori… Se uno cerca soltanto di premere il mento in dentro senza mettere attenzione al Koshi ed alla cavità dello stomaco, il torace involontariamente si spingerà in avanti. E quando il torace si protende, i muscoli addominali si indeboliscono bloccandosi e l'intera muscolatura del corpo va fuori posto… Si deve creare nell'Hara, la forza che tiene in ordine il collo… Quando la forza del collo penetra in quella del 'tanden', la testa si sente come se stesse lievemente fluttuando, non importa in quale modo si stia muovendo…"

In Giapponese, 'postura' si indica con un termine che, letteralmente, significa "La forza nella quale si regge il Respiro". Quando la respirazione è concentrata sul 'tanden', ogni esalazione rilascia la tensione nella parte superiore del corpo e raduna la forza del corpo nell'Hara. Questo fatto produce l'energia che si irradia attraverso il corpo e ne perfeziona la forma. Un maestro disse. "Un respiro dopo l'altro, con nel corpo tutta la forza del 'tanden' – è come un cesello che gradualmente forma e compone interamente e organicamente tutti i muscoli del corpo!"

         I limiti nel perfezionare la respirazione e la postura, tramite l'addestramento della muscolatura, dipendono dalla propria personale sensibilità kinestetica. Questa sensibilità può essere straordinariamente aumentata per mezzo delle sedute di zazen, che eliminano i fortuiti movimenti grossolani che normalmente mascherano e dissipano l'energia necessaria a sperimentare le sensazioni più sottili del corpo. Esempi di tensioni possono essere rintracciati nel corpo, dalla cima della testa fino alla punta dei piedi; il flusso del sangue e l'energia possono essere armonizzati con la pulsazione dell'Universo e, in seguito sperimentati personalmente nell'immobilità della pratica di zazen.

In definitiva, il risonante ritmo del corpo può essere messo in parallelo col ritmo dell'Universo, allorché si sia raggiunto il "respiro-embrione". Nell'ambiente ipertecnologico della società moderna, a meno che non si eseguano lavori manuali, è improbabile che le persone soddisfino i loro bisogni per una stimolazione fisica obbligata dall'evoluzione. La maggior parte di esse deve fare un ulteriore sforzo per integrare l'esercizio fisico, nelle loro abitudini di vita. Se ciò viene fatto in accordo ai principi della respirazione, postura e consapevolezza, sviluppati nei vari Sentieri Spirituali, allora l'esercizio condurrà allo sviluppo dell'Hara, la coltivazione dell'energia vitale ed alla trasformazione in positivo della personalità. Qualunque esercizio potrà essere praticato in questo modo. Uno dei più seguiti, che idealmente è come una pratica quotidiana, in quanto è tranquillo e richiede poco spazio, senza un necessario bisogno di un partner, è il "T'ai-Chi". Questa è una sofisticata arte marziale Cinese, praticata per mezzo di movimenti lenti e garbati, che riflettono il naturale flusso del Tao. Steven Kow, istruttore di T'ai-Chi a Chozenji, elenca le seguenti aree di sviluppo, interessate ed enfatizzate dall'arte in questione:-1) Concentrazione della mente. 2) Pratica delle varie forme. 3) Controllo della respirazione interna, che coordina il ritmo del respiro con i movimenti del corpo. 4) Sviluppo del Tanden. 5) Raggiungimento di un livello di Vacuità, in cui il piccolo<sé> della persona si immerge e si mescola nel Tao.-

 

LA CIRCOLAZIONE DELL'ENERGIA

Il "Ben-essere" consiste in tre flussi di energia vitale che attraversano il corpo e mettono in contatto quest'ultimo con l'intero universo. La circolazione dell'energia è la pratica di dissolvere le aberrazioni del corpo, che deteriorano il flusso dell'energia. Questa è la mèta della Terapia Zen nei riguardi del corpo, un metodo di lavoro sul corpo, sviluppato da Dub Leigh in unione con Tanouye Roshi. Leigh è una delle due sole persone al mondo addestrate personalmente da Ida Rolf e Moshe Feldenkrais. Egli descrive la Terapia Zen del corpo, come la manipolazione manuale dei modelli "random"(casuali) dell'energia vitale. Egli dice, tra l'altro:

         "La struttura, la funzione e l'energia del corpo non possono essere cambiate se non vengono cambiate tutte insieme. Essendo tutte e tre intercompenetranti, esse hanno bisogno di essere portate allo stesso livello di allineamento ed armonico equilibrio.

La struttura ed il funzionamento dei corpi ben trattati sono riuniti dai sistemi Rolfing, Feldenkrais e Terapia-Zen, anche se i rispettivi processi sono alquanto differenti. I metodi di trattamento del corpo di Ida Rolf, hanno una leggerezza ed un sollievo che mi ricordano le movenze dei toreri. Quelli di Feldenkrais hanno maggior mobilità ed appaiono fluidi in ogni configurazione. I metodi Zen sono collegati alla terra e sembrano quasi impassibili ed inamovibili da qualsiasi forza esterna e, benché abbiano un moto lieve e scorrevole, non sembrano mai perdere la loro fondatezza con l'universo.

Tutti i corpi ben trattati, come sopra descritto, danno luogo ad apparati psichici, che sono molto più emozionalmente maturi ed ottimistici di quelli non ben trattati. Le persone che possiedono questi corpi ben trattati, conducono una vita maggiormente entusiastica, allegra, piena di interessi e soddisfazioni. Quando trovano un adattamento, esse possono far diminuire l'ostilità, la rabbia, il risentimento, l'odio, la paura e la disperazione. Solo raramente, in determinate e non usuali condizioni, possono anch'esse cadere in afflizioni, autoabbattimento o apatia. Quando lo fanno, però, possono riprendersi velocemente. Insuccesso, vergogna o colpe presunte, non esistono per queste persone dai corpi ben trattati. Esse non si gingillano in nessuna emozione negativa".

Ora, questo è ciò che avviene alle menti dei corpi ben trattati con gli addestramenti psicofisici. Nell'addestramento Zen si può notare qualche differenza. Le menti degli "addestrati-Zen" si trovano su un piano più elevato. Dato che essi puntano a trascendere la dualità e diventare una cosa sola con "tutto ciò che è", la terapia corporea Zen include una dimensione in più: Preparare il corpo alla sua inevitabile morte. Questo processo coinvolge la ricerca ed il raggiungimento del subconscio e dell'inconscio, all'interno della persona, per poter permettere la "liberazione" dai traumi repressi e repressivi, sia fisici che emozionali, che hanno generato le aberrazioni nel corpo. Queste cicatrici fisiche ed emotive lasciate dai traumi passati, impediscono la transizione agevole dell'energia vitale, dal momento in cui sono apparse, in poi. La detergente purificazione psicofisica della terapia corporea Zen facilita il naturale rilascio dell'energia vitale, fino al momento della morte.

Una persona può facilitare il rilascio dei blocchi intasati, per mezzo dell'uso delle visualizzazioni e della respirazione, onde generare e focalizzare l'energia necessaria a risolvere i blocchi del corpo. Il filosofo Cinese Chang Chung-yuan esprime queste idee sulla respirazione Taoista:

         "Si deve avere una genuina idea mentale riguardo al movimento del respiro. Inspirando, bisogna lasciar scendere questa idea, dalla regione del cuore giù fino alla regione dei reni, che sono l'oceano del respiro. Espirando, bisogna far risalire l'idea dall'estremità posteriore della colonna spinale fino alla regione del cuore. Poi si deve perfezionare la circolazione minore. Naturalmente il respiro non può passare realmente attraverso la spina dorsale e l'addome, ma l'invio della "idea" lungo il percorso della circolazione minore è assai somigliante al percorso del respiro, che si spinge in queste aree. Possiamo forse far riferimento a questo movimento come ad una corrente termica, che si propaga lungo la circolazione minore, spinta dalla nostra forza mentale. La stessa cosa accade per la circolazione maggiore; si guida la corrente della nostra ideazione, dalla punta della spina dorsale, per tutto il tragitto, su verso la cima del capo e da lì, la si lascia ridiscendere attraverso il viso ed il torace, giù nell'addome. L'abilità a far muovere questa corrente ideale è acquisita con l'addestramento. Dopo un breve periodo di concentrazione, si può sentire che diventa più facile poter inviare la propria idea mentale verso qualsiasi punto prestabilito…Questa genuina idea può generarsi soltanto dallo stato di non-pensiero, o 'non-essere', che non è affatto un pensiero, né tantomeno un'idea nel senso convenzionale. Essa è una consapevolezza interiore della propria concentrazione sui centri di energia nel corpo e la si fa muovere lungo i percorsi della circolazione"

Quando una persona ha sviluppato l'abilità di generare e dirigere la corrente termica coscienziale, può concentrare questa energia per dissolvere i blocchi del corpo, dall'interno verso l'esterno, così come fece Hakuin nella sua pratica chiamata "naikan". Combinata con le semplici tecniche della Terapia corporea Zen, questa pratica forma un metodo estremamente efficace nel rilassare e tonificare la naturale e luminosa forma del corpo.-

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LA MEDITAZIONE ZEN-TAOISTA DEL  'NAIKAN' E DEL RESPIRO ENERGETICO

 

Hakuin era una persona macilenta e malaticcia. Alla fine, la ricerca di una cura lo condusse da Hakuyu, un saggio Taoista che viveva in un remoto ed etereo ambiente montano. Commosso dalle persistenti suppliche di Hakuin, Hakuyu lo istruì nel naikan (letteralm.'sguardo-interno'), un metodo di circolazione dell'energia vitale nel corpo, basato sull'alchimia Taoista. Ecco, qui di seguito, alcuni brani da queste istruzioni:

"…. anche questo è Zen. E' essenziale mantenere fresche le parti superiori del corpo e calde le parti basse. Devi sapere che, per nutrire il corpo, è obbligatorio che l'energia vitale venga prodotta per colmare le parti basse. Spesso la gente dice che il divino elisir è la distillazione dei cinque elementi, ma essa ignora che i cinque elementi (acqua, fuoco, legno, metallo e terra) sono associati con i cinque organi dei sensi (occhi, orecchie, naso, lingua e corpo). Come si possono unire questi cinque organi allo scopo di distillare il divino elisir? Per questo, abbiamo la legge dei cinque sensi che non escono fuori (cioè, quando gli occhi non guardano, le orecchie non odono, la lingua non gusta, il naso non odora, il corpo non prova emozioni) e, infine, quando la coscienza non emette pensieri sconsiderati, allora l'originaria turgida energia si accumula nei vostri stessi organi di senso. Questa è la vasta 'energia-fisica' di cui parla Mencius. Se tu attiri questa energia e la concentri nello spazio sotto l'ombelico, la distilli per anni, la proteggi al massimo e la nutri costantemente, allora prima ancora che tu lo riconosca come fonte di energia, l'universo stesso diventerà una massa circolante di questo enorme elisir. Dopo, potrai risvegliarti al fatto che tu stesso sei un saggio divino con una vera immortalità, uno che è 'non-nato' prima ancoar che la terra ed il cielo fossero formati, e che non morirà nemmeno dopo che lo spazio vuoto sarà svanito."

"Se il praticante, durante la sua meditazione, si rende conto che i quattro grandi elementi (acqua, fuoco, terra, aria) sono in disarmonia, e mente e corpo sono stanchi, egli dovrebbe scuotersi e fare questo tipo di meditazione. Dovrebbe visualizzare la corona del suo capo, con sopra il celestiale unguento, grande come un uovo d'anatra, di aroma puro e di colore trasparente. (Ciò forse è già sufficiente per immaginare questo 'unguento' come la pura energia vitale). Egli dovrebbe sentirne l'essenza ed il suo sapore squisito mescolarsi e filtrare giù, attraverso la sua testa, con un flusso che permea verso il basso e che inondi le spalle ed i gomiti, il petto o le mammelle, fin all'interno del torace, dei polmoni, stomaco e fegato, e tutti gli organi interni, nonché i sei sensi rivoltati all'interno che seguono la mente verso il basso. Bisogna sentire come un suono di acqua sgocciolante. Filtrando e colando attraverso tutto il corpo, questo flusso scende dolcemente fino alle gambe, fermandosi alla punta delle dita dei piedi. Proprio come un esperto fitoterapista mette insieme erbe di rara fragranza e le mette a bollire in una pentola, così il praticante sente che dal profondo dell'ombelico egli sta facendo bollire in sé questo elisir di pura energia mentale. Quando questa meditazione è stata eseguita, vi saranno esperienze psicologiche di una immediata e squisita sensazione di benessere in tutto il corpo, ed una indescrivibile sensazione di fragranza sulla punta del naso. Mente e corpo diventeranno armonizzati e miglioreranno la loro consueta condizione, verso il massimo del benessere e della gioventù… Gli organi saranno pacificati e la pelle impercettibilmente comincerà a risplendere. Se la pratica viene portata avanti senza interruzione, ogni malattia sarà guarita, ogni potere mentale sarà acquisito e sarà raggiunta la perfezione della Via. In più, gli "addestrati-Zen" si trovano su un piano perfino più elevato. Dato che essi puntano a trascendere la dualità e diventare una cosa sola con "tutto ciò che è", la terapia corporea Zen include una dimensione in più: Preparare il corpo alla sua inevitabile morte. Questo processo coinvolge la ricerca ed il raggiungimento del subconscio e dell'inconscio, all'interno della persona, per poter permettere la "liberazione" dai traumi repressi e repressivi, sia fisici che emozionali, che hanno generato le aberrazioni nel corpo e nella mente. Queste cicatrici fisiche ed emotive lasciate dai traumi passati, impediscono la transizione agevole dell'energia vitale, dal momento in cui sono apparse, in poi. La detergente purificazione psicofisica della terapia corporea Zen facilita il naturale rilascio dell'energia vitale, fino al momento della morte. Una persona può facilitare il rilascio dei blocchi intasati, per mezzo dell'uso delle visualizzazioni e della respirazione, onde generare e focalizzare l'energia necessaria a risolvere i blocchi del corpo. Il filosofo Cinese Chang Chung-yuan esprime queste idee sulla respirazione Taoista:

         "Si deve avere una genuina idea mentale riguardo al movimento del respiro. Inspirando, bisogna lasciar scendere questa idea, dalla regione del cuore giù fino alla regione dei reni, che sono l'oceano del respiro. Espirando, bisogna far risalire l'idea dall'estremità posteriore della colonna spinale fino alla regione del cuore. Poi si deve perfezionare la circolazione minore. Naturalmente il respiro non può passare realmente attraverso la spina dorsale e l'addome, ma l'invio della "idea" lungo il percorso della circolazione minore è assai somigliante al percorso del respiro, che si spinge in queste aree. Possiamo far riferimento a questo movimento come ad una corrente termica, che si propaga lungo la circolazione, spinta dalla nostra forza mentale. La stessa cosa accade per la circolazione maggiore; si guida la corrente della nostra ideazione, dalla punta inferiore (coccige) della spina dorsale, per tutto il tragitto, su verso la cima del capo e da lì, la si lascia ridiscendere attraverso il viso ed il torace, giù nell'addome. L'abilità a far muovere questa corrente ideale è acquisita con l'addestramento. Dopo un breve periodo di concentrazione, si può sentire che diventa più facile poter inviare la propria idea mentale verso qualsiasi punto prestabilito…Questa genuina idea può generarsi soltanto dallo stato di non-pensiero, o 'non-essere', che non è affatto un pensiero, né tantomeno un'idea nel senso convenzionale. Al contrario, essa è una consapevolezza interiore della propria concentrazione sui centri di energia nel corpo e la si fa muovere con la volontà lungo i percorsi della circolazione"

Quando una persona ha sviluppato l'abilità di generare e dirigere la corrente termica coscienziale, può concentrare questa energia per dissolvere i blocchi del corpo, facendoli fuoriuscire dall'interno verso l'esterno. Questa pratica forma un metodo estremamente efficace nel rilassare la mente, tonificare la naturale salute e rigenerare la forma smagliante del corpo.-

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LA VIA DELLA REALIZZAZIONE…

  

      ….CERCARE AL PROPRIO INTERNO, INDAGARE LA MENTE,  TROVARE LA SEDE DEI PENSIERI.

LA VIA NON E' DIFFICILE, MA OCCORRE L'IMPEGNO, LA FIDUCIA IN SE STESSI, NELLA DOTTRINA   E NELL'INSEGNANTE …                                                                           (Detto Zen)