LA PRATICA TSO-CH'AN (zazen)

ossia la "CONTEMPLAZIONE" nell'INSEGNAMENTO CH'AN

Conferenza diAlberto Mengoni ( Aliberth)  tenuta nel 1997.

 

Ciò che nell'insegnamento Ch'an occorre sapere (ed imparare bene) è lo scopo della pratica di meditazione seduta chiamata tso-ch'an (zazen).Vale a dire che, ad una eventuale domanda: <A che serve la meditazione seduta (tso-ch'an)?> si dovrà rispondere con una adeguata convinzione dell'esatto significato di questa formale pratica che, nel Ch'an (a differenza di altre forme di Zen), ha una importante valenza sia pur relativa e periferica, ma non certo marginale ed inutile. Prima di tutto bisogna considerare che l'apparato psicofisico chiamato in causa con la pratica della meditazione seduta (cioè la pratica di tso-ch'an) è tutto quanto noi umani ignoranti crediamo di essere. Per questo motivo se non applicassimo agli inizi la cosiddetta pratica formale della meditazione seduta, non sapremmo proprio su quale base cominciare a praticare. Inoltre, poiché quando cominciamo ad interessarci alle dottrine orientali la nostra volontà è ancora molto debole e volatile, l'obbligo di restare seduti ed in tal modo controllare le nostre reazioni nervose ed emotive è quantomeno imprescindibile oltreché doveroso.

Da questa premessa, possiamo ora spaziare sulle varie applicazioni metodologiche e gli inevitabili effetti che questa pratica seduta (tso-ch'an) comporta e sulla corretta esecuzione di essa, al fine di ottenerne i maggiori vantaggi in funzione della nostra successiva ed auspicabile emancipazione mentale.

La condizione di meditazione autentica (dhyana, ch'an, zen) è quella di osservare la totalità del processo della vita, aprendo e liberando la nostra mente da tutte le forme di condizionamento relative a memorie e ricordi del passato, conflitti interni ed esterni, opinioni personali e proiezioni convenzionali. Essa non è tanto un metodo di concentrazione fisica o di immaginazione mistica, ma è una precisa realizzazione del fatto che tutti i fenomeni esterni e tutti i contenuti interni della coscienza sono, in ogni istante, costantemente impermanenti e interdipendenti e, in quanto tali, essenzialmente vuoti ed irreali.

La meditazione approfondita (samadhi) è caratterizzata sia da una profonda calma mentale (shamata) che da una chiara consapevolezza (vipashyana) ed è sostenuta tanto da un osservato silenzio che da un interrogarsi cosciente. Nella vera meditazione si generano, in modo naturale e spontaneo, amicizia, gioia, equanimità e compassione illimitata verso tutti gli esseri viventi. Queste qualità sono basate sul silenzio e sulla capacità intuitiva della mente naturale e non possono essere sviluppate tramite il volitivo pensiero personale. Con l'apertura della pura energia benefica, ci avviciniamo allo stato di puro 'essere', proprio non decidendo di voler risolvere qualcosa e non tentando di voler acquisire qualcosa.

Il segreto di questo progresso, ci viene dal comprendere e rivelare la nostra propria coscienza del "qui ed ora", senza avere l'aspettativa di sentirci trasfondere da alcunché di meraviglioso. La vera rivoluzione interiore può avere inizio solo quando siamo consapevoli; consapevoli di essere condizionati, consapevoli di vedere la casualità soggettiva dei nostri pensieri. Solo allora potremo raggiungere l'equanimità e la modestia spirituale, comprendendo l'importanza che, cambiando noi stessi in modo reale e profondo, se ne avrà vantaggio per noi stessi e per gli altri, perché non potranno più esistere maschere che nascondano il nostro vero volto e, con l'acquisizione di questa responsabilità etica e morale, potremo realmente considerarci entrati nel Sentiero spirituale.

DURATA E APPLICAZIONE PRATICA DEL TSO-CH'AN

Il periodo temporale della meditazione seduta varia da scuola a scuola ma, nelle scuole del Ch'an, spesso è articolato in tre fasi di 10, 20, o 30 minuti ciascuna; queste possono anche distinguersi in fasi di meditazione seduta, camminata e ancora seduta, a seconda dello spazio e del tempo a disposizione.

La posizione per la meditazione seduta può essere di vari tipi: quelle sedute sul cuscino a gambe incrociate (posizioni del 'loto' e 'mezzo-loto'), quella del 'diamante', ovvero in ginocchio, e quella dell'imperatore o di Maitreya, cioè seduti su una sedia a gambe e schiena diritte. Nella posizione a terra, è importante che le ginocchia siano poggiate sul terreno, fuori dal cuscino, il quale deve mantenere sollevato il bacino che fa da sostegno per il tronco. In tutti i casi, la colonna vertebrale deve essere ben eretta, il capo leggermente inclinato in avanti. Le mani possono restare in grembo, oppure appoggiate sulle ginocchia, mentre spalle e braccia sono rilassate. Gli occhi possono essere chiusi o semichiusi. In quest'ultimo caso lo sguardo deve essere fisso a terra, con la perpendicolare della punta del nostro naso diretta circa ad un metro davanti a noi.

Da queste posizioni, respiriamo dolcemente e tranquillamente attraverso il naso, con la lingua mollemente appoggiata al palato, ad impedire che la saliva arrivi fino alle labbra, le quali saranno morbidamente chiuse, ma non serrate, come pure i denti. Mettiamoci tranquilli ad osservare il processo del respiro che entra ed esce dalle narici e scende verso un punto che si trova due dita sotto l'ombelico (il tantien). Senza intervenire su di esso, lasciamo che il respiro vada su e giù naturalmente e spontaneamente, restando soltanto in attenta osservazione ed essendo aperti a ciò che sta accadendo in questo stesso momento.

E' assai più facile applicare la contemplazione meditativa stando seduti a gambe incrociate, ma dobbiamo tener presente che l'autoosservazione deve continuare anche quando stiamo in piedi, camminiamo, lavoriamo, mangiamo, ecc. ovvero durante tutte le nostre attività quotidiane. Dobbiamo essere consapevoli di noi stessi, dei nostri pensieri e delle nostre azioni, in ogni istante della nostra vita. La mente deve essere in sintonia con la non-mente; ciò significa che anziché aderire ai nostri pensieri egoici attaccandoci ad essi, noi semplicemente li lasciamo andare come le nuvole nel cielo. La trinità della solida e stabile postura, tranquilla respirazione e mente chiara ed aperta, ci permette di svuotare la coscienza la quale, quindi, diventa come un infinito spazio libero completamente aperto e consapevole di ciò che sta accadendo, qui ed ora. Dalla mente unica (non frammentata) deriva la non-mente, cioè una mente vuota che non dimora in nessun luogo. La mente silenziosa è libera dall'egocentrismo e, come è stato già detto, è più facilmente riempita da amicizia, gioia, compassione ed equanimità.

All'inizio, quando la mente è ancora irrequieta, possiamo osservare il respiro, seguendo con attenzione il processo di inalazione ed esalazione. Ma, in seguito, con l'aumento della capacità di pratica, possiamo lasciar andare il respiro, lasciandolo al suo moto spontaneo e libero, espandendo e approfondendo l'attenzione, in maniera tale che essendo alla fine consapevoli di tutto ciò che è naturale, senza scelta, senza un oggetto fissato, ci sentiamo liberi, assoluti e uniti con la totalità.

CONTEMPLAZIONE DELLA TALITA'

Contemplazione significa studiare la mente ed imparare a vedere la realtà esattamente così come è, senza opinioni personali e discriminazioni fantasiose. La realtà, qui ed ora, è 'Talità' (in Sanscrito: tathata), vale a dire, "ciò che è" in e da se stesso. Da milioni di anni l'essenza della nostra mente è stata oscurata, velata dall'ignoranza, dall'avidità e dalla collera. Dunque, la chiara consapevolezza dissiperà questi pesanti veli della nostra ignoranza. Osservando la mente, potremo vedere come e quanto siamo stati condizionati da educazione, religione, idea di nazionalità, tradizioni, cultura e abitudini, nonché dalle nostre personali opinioni, ecc. e di conseguenza riconosceremo che le nostre reazioni ad ogni problema non possono che essere condizionate.

La rivoluzione interiore può iniziare quando saremo consapevoli di essere condizionati, quando comprenderemo la soggettività dei nostri pensieri. Allora potremo osservare liberamente la vita, abbandonando tutti i nostri pregiudizi e le credenze irrazionali, con una mente aperta, onesta e spontaneamente umile. Potremo dimenticare tutto ciò che prima pensavamo di noi stessi, degli altri e del mondo, come nostra idea di realtà. Ricominceremo tutto daccapo, come se non avessimo mai saputo niente. Così potremo studiare e conoscere l'enigma profondo e misterioso dell'esistenza.

Perciò, lasciamo andare ogni sforzo e lasciamo la mente nel suo stato puro: quieta, senza ostruzioni. Restiamo aperti alle "dieci direzioni" e non cerchiamo di controllare la coscienza. Questa è la vera "contemplazione; possiamo chiamarla anche "consapevolezza non selettiva", "serena chiarezza" oppure "contemplazione della Talità". Essa, include inseparabilmente due aspetti: 1) SERENITA', ovvero cessazione del chiacchiericcio interiore e, 2) CHIAREZZA, ovvero la mente che riflette le cose come uno specchio pulito e chiaro ed illumina l'oscurità mentale come la luce di una lampada radiante che illumina se stessa e tutto intorno a sé. La serenità è la lampada della mente. La chiarezza è la luce della lampada.

Quando sediamo in CONTEMPLAZIONE, cerchiamo di non pensare a nulla, ma non tentiamo di evitare il pensiero. Se qualcosa entra nel campo della coscienza, lasciamolo pure entrare senza sforzi e poi lasciamolo tranquillamente uscire, senza aderire o identificarci con esso. Muoviamoci seguendo il flusso della vita cosicché arriveremo ad uno stato di 'osservazione non-reattiva'. Con l'attitudine della "non-mente" (Cinese: wu-hsin, Giapponese: mu-shin), cerchiamo di guardare i contenuti della coscienza come se fossero "nuvole nel cielo o onde sulla superficie dell'immenso oceano". Tutti questi, come gli stessi pensieri, compaiono e scompaiono. Lasciamo perciò che i pensieri si sciolgano nel silenzio e che la mente diventi uno spazio vuoto ed infinito, in cui i suoi movimenti e quelli dell'ambiente circostante si manifestino spontaneamente momento per momento. Potrà accadere che, nel silenzio, i pensieri si fermino da soli, in modo naturale. In questo caso, potremo riposare tranquillamente nella "shunyata" del vuoto mentale. Questa è una esperienza purificante e, benché non significhi ancora l'estrema realizzazione della verità ultima, in essa vi può essere la naturale propensione a poter percepire finalmente la comprensione della natura vuota dell'universo.

LA CONTEMPLAZIONE "UNIVERSALE"

La contemplazione non è una mera tecnica di concentrazione o un tipo particolare di autoipnosi. I metodi di concentrazione restringono e limitano la mente. Invece nella contemplazione siamo aperti e vigili; siamo consapevoli di ciò che stiamo facendo, di ciò che pensiamo, diciamo ed ascoltiamo. Osservando "ciò che naturalmente è", possiamo capire con sempre maggior profondità la natura energetica della materia, la relatività dei fenomeni condizionati, l'impermanenza delle emozioni, l'illusorietà dei pensieri limitati, l'inconsistenza del concetto di "ego", ecc. Siamo finalmente in grado di realizzare che i fenomeni sono "essenzialmente vuoti", in quanto in verità, essi sono temporanei, impermanenti e interdipendenti, e perciò vuoti di una esistenza intrinseca. Le passioni e le emozioni negative si dissipano e scompaiono quando comprendiamo profondamente la loro natura insostanziale

Questa contemplazione è "universale" e non dipende da nessuna cultura in particolare. E' stata realizzata ed insegnata specialmente dal Buddha e da tanti altri maestri di Dhyana, ma anche occasionalmente da qualche mistico di altre religioni e da liberi pensatori come Shamkaracarya, Krishnamurti, ed altri. Significative guide per la meditazione contemplativa sono, per esempio, gli scritti lasciati dagli antichi maestri Patriarchi Cinesi (come Hui-neng, Huang-po, Lin-chi, ecc.)

Cosicché tutto ciò che esiste nell'universo, emancipato dallo spostamento sistematico sul piano della gestione concettuale, si manifesterà finalmente come un continuo koan vivente che aspetta la nostra viva risposta. Accadrà dunque che, (pur continuando a vivere la nostra vita ordinaria che ci è stata riservata dal karma), noi stessi raggiungeremo il livello mentale del nomade che esiste  senza aspettative o punti di riferimento, oppure del saggio illuminato che si siede sulla riva del fiume ed aspetta che le cose giungano da sole, senza la sua personale interferenza.

Questo è il vero scopo della pratica "TSO-CH'AN", altro che mettersi giù a gambe incrociate e lasciar così passare il tempo, fantasticando o sognando, e lasciando aperta la porta ai nostri illusori pensieri umani ed alle nostre fantasiose congetturazioni. Il tempo è molto prezioso, per la nostra emancipazione finale. Di conseguenza, sarà bene fare in modo che tutte le nostre illusorie immaginazioni, le fantasticherie della mente, nonché le nostre inquietitudini, le angoscie e tutti i nostri pensieri negativi, possano quindi disperdersi nella vacuità universale, vale a dire nella TALITA'. E ricordiamo che "essere in grado di rinnovarsi continuamente nel VUOTO, significa sapersi rinnovare nella innocenza originaria della nostra autentica e vera natura.             --------- ------------JJJ

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