per sfuggire all’oppressione
Conversioni massicce degli Indù di casta più bassa: monaci buddhisti Americani e Inglesi
tengono cerimonie in India-
di Randeep Ramesh, Hyderabad, India – (Tratto da 'The Guardian', 14/10/2006)
Nella piccola casa da una sola stanza, con in mano una tazza di riso Indiano, Narasimha Cherlaguda ci spiega perché si sta preparando ad avere una rinascita come buddhista. Essendo un intoccabile, questo 25enne è all’estremo punto più in basso della gerarchia elitaria Induista. "Il [locale] prete mi dice che se io in questa vita fossi un buon dalit, allora nella mia prossima vita potrei rinascere in una diversa e migliore parte della società. [Io dico] allora, perché aspettare?"
Come decine di migliaia di altri intoccabili paria - o dalits – oggi in giro per l'India, Mr. Cherlaguda si convertirà ritualmente al buddhismo per sfuggire al suo inferiore status di casta. Egli, lavoratore senza fissa dimora, ci poi mostra sul muro un ritratto di Hanuman, il dio-scimmia dell’Induismo, e dice che presto lo toglierà e sarà sostituito da un'immagine del Buddha.
Ma lui non sarà il solo. Più di 70 persone del villaggio di Kumarriguda, a 40 miglia da Hyderabad, capitale dell'Andhra Pradesh nell’lndia meridionale, affermano che lasceranno la religione Indù. Sono stati fatti piani per un tempio buddhista e sono stati accantonati soldi per assumere un monaco buddhista - probabilmente il primo nell'area da almeno 1.500 anni – che possa esercitare cerimonie e rituali, come pure preghiere, matrimoni e riti funebri.
"Noi vogliamo essere uguali alle caste superiori. Essere un dalit nella società indù significa che questo non è possibile. Invece, essere buddhisti, significa che noi saremo separati, ma almeno, uguali", ha detto D. Anjaneyulu; un locale politico dalit che dice di aver già considerato in precedenza l’idea di cambiare religione, quando gli fu fisicamente impedito dai Brahmini locali di alzare la bandiera indiana a causa della sua casta.
La cosiddetta "Intoccabilità" fu abolita dalla Costituzione Indiana nel 1950, ma la pratica rimane tuttora una degradante parte della vita di ogni giorno nei villaggi indiani. I Dalits nelle aree rurali sono spesso intimoriti, e a essi vengono assegnati lavori servili come manovali e spazzini, che devono rimuovere i resti umani e degli animali morti, lavoratori del cuoio, spazzini stradali e calzolai. Nei quotidiani si leggono articoli e rapporti su intoccabili ai quali viene impedito perfino di entrare nei templi.
La violenza a volte anche intensa perpetrata su queste fasce della popolazione, ha portato ad una migrazione verso le città, dove è più facile far restare sommersa la casta. B. Veeraiah, un 42/enne che un anno fa abbandonò il suo villaggio che si trova 160 miglia a nord di Hyderabad, si è messo a lavare i piatti sulle strade. Egli fuggì dal villaggio dopo essere stato legato insieme a sua madre e bastonato per tutta una notte da un vicino di casa di casta superiore, per permettere alla sua capra di brucare nel suo giardino. "Mia madre morì a causa delle ferite. Io dovetti fuggire in città. Qui io sono più al sicuro."
La conversione di massa dei dalits ebbe luogo in occasione dell'anniversario di uno degli eventi religiosi più controversi dell’India. Sessant’anni fa, B.R. Ambedkar, il primo intoccabile che ebbe un alto incarico politico in India, e l'uomo che scrisse la costituzione dell'India, rinunciò all’Induismo, come credenza nel dominio delle caste, e si convertì - con più di 100,000 suoi di seguaci - al buddhismo. Oggi, quasi duplicando quella rappresentazione, abbraccerà la nuova religione e ripeterà i 22 giuramenti che Ambedkar pronunciò con enfasi. Essi mai più includeranno l’usuale adorazione indù a dèi e dèe, mai più inviteranno un Brahmino per i rituali e mai più beveranno alcol. Ad attendere alle loro cerimonie saranno monaci Americani, Inglesi e di Taiwan.
In Hyderabad, la prima persona a convertirsi sarà K.R.S. Murthy, di anni 70, che nel 1959 fu il primo dalit arruolato nel servizio civile dello Stato. Come gli Africani d’America che negli Stati Uniti rifiutano di usare i loro nomi da "schiavi"; molti delle più basse caste hanno sdegnosamente rifiutato i loro ovvi identificatori di casta. Mister Murthy dice che già da tempo lui abbandonò il suo nome di casta - Kondru - ma questo non ha fatto smettere le persone di sentire i segni delle sue origini. "Io ho nascosto le mie radici. Ma spesso, sui treni, le persone chiedono del mio ambiente sociale, quello che faceva mio padre, e da dove io vengo. Quando io rivelo loro la mia casta, essi smettono di fare domande. In realtà, essi smettono di parlarmi. Il buddhismo significa che posso semplicemente dire che io non sono un Indù. E quindi, che io non ho una casta."
Diversi pensatori dalit dicono che ciò che sta accadendo in India è una "ribellione religiosa" contro una gerarchia che li condanna ad una vita di sofferenze. "Guardi che noi siamo almeno 150 milioni di persone dell'India. Eppure, dove sono i Dalits presentatori televisivi, professori, o imprenditori? Noi non siamo né visti né sentiti. Cambiare religione ci rende visibili", dice Chandrabhan Prasad, uno scrittore dalit.
La Destra Indù è diventata sempre più attenta e cauta sulle conversioni buddhiste, vedendo che i suoi proclami per l'uguaglianza esercitano una potente spinta sulle caste più basse. Il Partito Bharatiya Janata (BJP) che governa lo stato occidentale del Gujarat, cercò con abili controversie di proclamare una legge anti-conversione per classificare il buddhismo e il Jainismo come ramificazioni della religione Indù, negando loro lo status di religioni uniche. Non a caso, infatti, Lalit Kumar, che lavora per un'associazione nazionalista Indù di welfare in Andhra Pradesh, dice furbescamente "I Dalits dovrebbero concentrarsi più sull’analfabetismo e sulla povertà, piuttosto che cercare nuove religioni. In effetti noi pensiamo che vi sia ben poca differenza tra buddhismo e Induismo". Ben magra consolazione! -- JJJ