18) Il Bodhicitta (Domande e Risposte)  

 

Domanda: Cosa si intende con Bodhicitta? 

Risposta: Dal punto di vista del misticismo buddhista, esso è un tipo di speciale illuminazione in cui l'adepto si è risvegliato al grande potere della Mente. 

D.: Io pensavo che Bodhicitta significasse proprio "pensiero illuminato". 

R.: Sì, certamente, ma quello è solo il significato di senso comune – e non il significato spirituale. 

D.: Quale è l'esperienza di Bodhicitta? 

R.: Riguardo alla sua esperienza attuale, l'adepto ottiene un tipo di illuminazione superessenziale, che emana dalla Mente Universale. Egli godrà al suo interno di un’irradiazione di tipo spirituale che passa completamente attraverso il suo corpo, e che risveglia anche le percezioni sensoriali. 

D.: Questo suona molto come il kundalini-yoga in cui un'energia divina è elevata attraverso i centri spirituali nel corpo. È qualcosa come quella? 

R.: Sì, è qualcosa tipo il kundalini, ma con una differenza. 

D.: Quale è la differenza? 

R.: Prima di Bodhicitta, l'adepto intuisce ciò che è chiamato 'archetipo del Buddha’ noto come il "gotra". Descritto in vari modi, è stato chiamato anche "embrione", "seme", "elemento", "lignaggio" e così via. In realtà, ciò a cui allude il termine gotra è conoscere, tutt’ad un tratto, che cosa è divenuto un oggetto di se stesso. In ogni caso, il gotra col tempo si trasforma in Bodhicitta. 

D.: Non capisco. Potrebbe farmi un esempio? 

R.: Nella nostra vita di ogni giorno, noi siamo abituati a vedere tutto sotto l’aspetto di "oggetto". Ma mai una volta in noi è sorto il caso di cercare di cono-scere se stessi, come se anche il nostro ‘io’ fosse un oggetto! Ora, cominciando con l'intuizione di vedere il ‘sé’ che conosce, chiamato il "gotra", l'adepto riporta questo gotra nell'occhio della sua mente decine di migliaia di volte per molti anni. La continuità di questa attività costringe il gotra ad uscir fuori dal suo stato latente nell'attualità, diventando alla fine il Bodhicitta. È come il coltivare un seme, o la gestazione di un embrione nell'utero di una madre. 

D.: Fin qui, ciò che Lei ha detto è molto interessante. Ma perché prima non ho letto nulla su questo? 

R.: Coloro che non hanno manifestato Bodhicitta, come potrebbero sapere che cos’è? Non è neppure garantito che esso esista nel Canone. Se Lei ha letto della nascita del Bodhisattva dalla Regina Maya, questo è Bodhicitta. L’intera storia della nascita del Buddha, a tal riguardo, è un dramma sulla nascita spirituale che spiega tutto il processo dell’Illuminazione. Io temo che quelli che prendono in un modo letterale la nascita del Buddha, fraintendano il vero insegnamento. 

D.: Io non so proprio cosa dire. La mia comprensione di Bodhicitta è diversa. Non avrei mai immaginato che fosse un qualche tipo di vera trasformazione spirituale. Nella sua spiegazione, sembra tutto più difficile. 

R.: Lo so. Ma chi ha mai detto che la Via fosse facile? 

D.: Dalla prospettiva Zen, come dovrei concepire questo gotra, o quel che Lei chiama "archetipo-Buddha"? 

R.: Immagini, con l'occhio della Sua mente, Bodhidharma che arriva in Cina. Ora, concepisca ciò che, all'interno della Sua mente, sta producendo questa immagine di Bodhidharma che arriva in Cina. 

D.: Ma questo è un giusto koan-? E’ così che si intendeva realmente usarli essi? 

R.: Naturalmente. Ciascun koan ha una parola segreta su cui fissarsi, come per poter concepire la sua origine, prima che la parola scocchi nel cervello. 

D.: Ma io pensavo che i koans fossero illogici, o irrazionali. 

R.: Cerchi il super-logico. 

D.: D’accordo, diciamo che io ho immaginato che Bodhidharma stia andando in Cina. Poi che succede? 

R.: Quando sperimenta questa "cosa", prima dell'immagine mentale di Bodhidhar-ma che va in Cina, in quell’istante, Lei sarà trasportato nella famiglia dei Buddha. Quello è il gotra. Però, devo avvertirLa, questo è solamente l'inizio della carriera del Bodhisattva. Tuttavia, alcuni buddhisti cadono nell’inganno di credere che il gotra sia l’illuminazione finale. Per esempio, i Zenisti che parlano del "non-pensie-ro", o che dicono, "Questo è Quello", stanno solo parlando del gotra. La vera Illu-minazione è ben oltre quello. 

D.: In precedenza, Lei menzionò che il gotra poteva essere chiamato "lignaggio". Pensa che questo sia ciò che si intende con ‘lignaggio Zen’? 

R.: Questa è una buona domanda. Certamente è una possibilità. Nella letteratura Zen è proprio difficile trovare menzionato qualcosa sul Sentiero del Bodhisattva. La maggior parte dei Maestri Zen ne danno appena un cenno come se il Sentiero del Bodhisattva fosse inferiore alla "illuminazione improvvisa". Tuttavia, la mia lettura è diversa. Io credo che il primo Zen insegnasse soltanto il gotra chiamato "Illuminazione improvvisa". Dopo quell'esperienza, l'adepto viveva nei boschi, per così dire, per circa venti anni, padroneggiando il Sentiero del Bodhisattva. 

D.: Chi furono alcuni degli insegnanti che insegnarono quel tipo di pratica? 

R.: Mi viene in mente Tsung-mi. Lui era, io credo, il quinto patriarca della Scuola di Ho-tse. Egli fu un fautore molto forte del Sentiero del Bodhisattva. 

D.: Ma gli insegnanti di oggi non insegnano il Sentiero del Bodhisattva? 

R.: Da ciò che ho visto, sono incline a dire di no. Ma questa è solamente la mia opinione. Diciamo che se non è concepito il gotra, che è la base della pratica del Bodhisattva, come può essere realizzata la Via del Bodhisattva? Inoltre, la Via è insegnata da un Buddha ultrasostanziale, piuttosto che da un insegnante di carne e sangue. Penso di rammentare il Santo Asanga che vola in direzione del cielo di Tushita per imparare da Maitreya! Ancora una cosa, ricordi che solo i Bodhisattva prendono rifugio nel Buddha. 

D.: Cosa si intende con volare in direzione del cielo di Tushita? 

R.: È solo una metafora spirituale. Lo chiami l'aereo delle intuizioni sublimi. 

D.: Ma come può il Buddha insegnare ai Bodhisattva, se lui morì molto tempo fa? 

R.: Chi ha mai detto che morì? Nel Mahavastu, si dice che il Buddha nacque dalla Regina Maya come "corpo spirituale". Ovviamente, esso non è un corpo fisico che deve defecare ogni giorno. La vecchia folaga è ancora in giro. Mi creda. 

D.: Ma il Canone disse che lui fu cremato e che le sue ceneri furono suddivise. 

R.: Anche quella è una metafora spirituale. In effetti, ogni cosa dalla concezione del Buddha nell'utero della Regina Maya al suo susseguente passare nel nirvana è una favola spirituale. In verità, il Buddha è la Mente. Ora, cosa colpisce il mucchio di cenere? Può bruciare? Lasci che le dia un’informazione importante. La nascita del Buddha può aver luogo direttamente in Lei. Lei può vedere la Regina Maya e testimoniare la sua morte dopo sette giorni. Lei vedrà anche le quattro misteriose Divinità che presenziarono alla sua nascita. 

D.: E’ strano. Io mi ero sempre chiesto se la storia della nascita del Buddha fosse vera. A me non sembrò mai umano. Perché è così? 

R.: Spiegandoglielo in breve, la nascita del Buddha rappresenta l'inversione della nascita naturale. La nascita del Buddha è una genesi spirituale. Cosìppure, la maturazione del Bodhisattva (il giovane Buddha) equivale a procedere dal fisico allo spirituale. 

D.: Quindi cosa si ottiene dall'inversione della nascita naturale? 

R.: La libertà dalla re-incarnazione. L'adepto realizza l'abilità di distinguere tra la vera natura della Mente, che è precedente alla totalità dell’essere. Ciò lo riguarda. Se all'improvviso, Lei si trovasse ad essere prima del Suo corpo mortale, come se fosse al di fuori di esso, io penso che sia giusto chiamarla disincarnazione. 

D.: Forse che ciò significa il nirvana? 

R.: Ehi, questa è una buona conclusione per un principiante! Lei è sulla buona strada. Io ho forti sospetti che nirvana e disincarnazione siano sinonimi, anche se alcuni buddhisti a questa idea potrebbero ululare. Ma qual’è l'alternativa? Se la reli-gione ci insegna solo ad aspettare e a far fronte all’estinzione; o aspettare qualche Redentore che scenda da una nuvola giù in terra e risorgere dalla morte, temo che noi aspetteremo la salvezza per un tempo molto lungo. Il Buddha c'insegna che noi possiamo raggiungere il nirvana ora, piuttosto che più tardi.  

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 Il Koan (Domande e Risposte)

 

Domanda: Qual’è lo scopo di base dei koans?

Risposta: Principalmente mettere uno stop al pensiero rappresentativo.

D.: Che cosa precisamente Lei vuol dire con pensiero rappresentativo?

R.: Fondamentalmente, il pensiero rappresentativo è coinvolto con l'uso abituale di immagini mentali ad un livello molto sottile. Il maggior problema con questo tipo di pensiero è che noi crediamo che esso sia identico all'oggetto che tenta di rappresentare. Ma non è così. Dal punto di vista buddhista, nessuna rappresenta-zione potrà mai essere uguale alla nostra Buddha-natura. E finché noi tentiamo di visualizzare questa natura, noi correremo intorno in circolo.

D.: Se mi viene dato un koan, allora io mi aspetto di percepire ciò che non è una mera immagine mentale- spezzando la mia abitudine al pensare rappresentativo –è giusto?

R.: Sì... è giusto. Ma superare questo tipo di pensiero, specie per noi persone moderne, è veramente difficile. Spesso, noi non riusciamo ad arrivare ai limiti del pensiero rappresentativo. Alcuni vanno cosi tanto avanti da rappresentarsi perfino il pensiero non-rappresentativo! E parlano di illusione!

D.: Potrebbe spiegarmi come tutto ciò si adatta al koan "Mu", sul fatto se un cane ha o no la natura di Buddha?

R.: Come Lei sa, Joshu (Chao-Chou) rispose alla domanda con "Mu", che significa "No". Ciò fu un vero colpo per l'interrogante, il quale credeva che tutti gli esseri senzienti, inclusi i cani, avessero il potenziale per realizzare lo stato di Buddha nel futuro. Quanto all'esercizio del koan stesso, come spiegato dal maestro Zen Cine-se Ta-hui, il "Mu" di Joshu è chiamato un ‘hua-wei‘ che significa "coda-di-parola". Per il praticante, pensare "Mu" nel suo occhio della mente, è soltanto un hua-wei, essendo niente più di un'immagine mentale, o più precisamente, un suono menta-le. Nell'esercizio stesso, hua-wei si riferisce principalmente al pensiero rappresen-tativo. Diciamo che "Mu" è la più grande rappresentazione di tutti! Immagini, poi, di cercare di trascendere il "Mu", vedendo la ‘pura antecedenza’ del hua-wei, chiamata il ‘hua-t'ou’, che significa 'testa-di-parola'. Ma questo è ciò che dobbiamo fare. Fondamentalmente, questo significa osservare la ‘talità’ che c’è prima del sorgere di Mu nell'occhio della nostra mente. Se noi guardiamo correttamente, vedremo la prima traccia della Mente di Buddha, comprendendo che la miriade di cose scaturiscono da questa sede che è libera da ogni immagine mentale.

D.: Sta dicendo che il "Mu" che io intono nella mia mente proviene dalla Mente-di- Buddha, la quale non può essere intonata o vista?

R.: Sì. Tuttavia, la maggioranza delle persone è così assuefatta al pensiero rap-presentativo che non è capace di vedere nient’altro oltre la parte hua-wei, in tal caso il "Mu" immaginato, che non è lo stesso come il reale "Mu" antecedente. Continuando così, nessuno potrà mai avere una visione della Mente di Buddha. Potrei dire che, immergendosi realmente nel hua-t'ou di "Mu", si prova un grande evento se è davvero realizzato. Ma la maggior parte dei praticanti non lo fa mai.

D.: Perché è così?

R.: E’ così perché la maggior parte delle persone crede nelle cose viste piuttosto che nell'invisibile. Nel mondo delle costruzioni mentali, noi siamo stati portati a credere che la fonte dei pensieri non sia nulla - che sia un sogno. Ci è stato insegnato a valutare i pensieri, gli schemi, sensazioni, desideri e così via. Mai una volta che i nostri saggi uomini di cultura ci abbiano incoraggiati ad investigare la vera fonte di queste immagini.

Q: Quando Lei vide il hua-t'ou - la "pura-antecedenza" come Lei lo chiama – a che cosa era uguale?

R.: Vidi subito ‘CIO’ che era libero da immagini. Nessun problema sul fatto che prima che l’immagine venisse nella mia mente, io potei vedere il suo hua-t’ou. Era davvero grande! Posso ricordare la mattina successiva, appena vidi il sole sorgere sulle colline orientali e vidi il suo hua-t’ou, e saltai come un matto per la gioia! Poi, quando andai nel bosco a tagliare legna da ardere, io sentii perfino il hua-t’ou del-la legna da tagliare! Anche quando le mie vecchie paure rivennero a galla, io potei vederne il hua-t'ou. Durante il corso degli anni, come la mia pratica si approfondì, io divenni sempre più del hua-t’ou e sempre meno del hua-wei. Appena ciò accadde, mi fu rivelato molto più dell'insegnamento del Buddha. Oh, mi faccia dire questo prima di dimenticarmelo - la pratica Zen comincia realmente dopo che noi vediamo il hua-t’ou, e non prima!-.

D.: Ciò è assai interessante. Quindi, ad un certo punto si arriva davvero a "vedere il hua-t'ou" del "Mu". Giusto?

R.: Sì - esattamente così. Non ci sono né ‘se’ né ‘ma’. Si vede *QUELLO* che nessuna immagine può rappresentare. Insomma, è come un gioiello misterioso che, se ci si rivolge ad esso, col tempo la Sua esistenza diventa più completa. Più si guarda a Lui, e più chiara la Sua conoscenza di Buddha diventa.

D.: Sembrerebbe abbastanza facile. Ma riguardo ai koans maggiori, come la volpe di Hyakujo, cosa può dire? Io ho davvero difficoltà con quello. Come potevano le parole di Hyakujo "L'uomo illuminato è uno con la causalità" liberare i maestri Zen dall'ulteriore rinascita come volpe?

R.: L'insegnante di Ta-hui, il maestro Zen Yuan-wu, disse, "Non cercate sempre qualcosa all'interno del significato della frase". Ciò che egli volle stigmatizzare è che bisogna imparare ad ascoltare chiaramente oltre la frase, nell'esempio: "L'uo-mo illuminato è uno con la causalità". Questo è il hua-t'ou. Ha capito?

D.: Non precisamente. Io ho familiarità con un certo numero di interpretazioni di quel particolare koan. Lei intende dire che esse hanno torto e la sua è corretta?

R.: [ridendo] No, solo la verità ha la risposta corretta. Ma ora cerchiamo di arrivare al punto. Gli insegnanti che si impegnano a cercare i vari significati nelle stesse frasi dei koan, sono fuori strada. Se mille Maestri Zen hanno mille inter-pretazioni diverse della risposta di Hyakujo, quale dovremmo seguire? Questi insegnanti stanno soltanto investigando parole morte. Essi dovrebbero vedere la parola viva che viene prima di ogni parola!

D.: Quindi, qual’è la "parola viva", come Lei dice?

R.: E’ dove è il hua-t’ou. Precisamente là! È la sorgente del mio linguaggio che neanche il Buddha può trovare! [sorridendo].

D.: Bene, devo ammettere che questa è una risposta abbastanza buona. In altre parole, io devo andare oltre il pensiero rappresentativo, come Lei dice, e tentare di fermare il concettualizzare. A proposito, ho molto sentito parlare del "dubbio" nella pratica del koan. Che cosa significa?

R.: Quando Yuan-wu, pioniere dell'esercizio dei koan, usò l’espressione "dubbio", egli intendeva riferirsi agli ostacoli che i praticanti Zen devono superare. Nell'uso di Yuan-wu, fondamentalmente, esso è ciò che ci separa dalla verità.

D.: Ma io da qualche parte ho letto che si suppone che noi coltiviamo il "grande dubbio".

R.: Oh, quella era la comprensione del dubbio di Ta-hui, che era il successore di Yuan-wu. Egli disse che "il grande dubbio è seguito da grande illuminazione", o qualcosa di simile.

D.: Qual è la sua valutazione sul metodo dei koans che è praticato oggigiorno?

R.: Ad essere onesto, non molto buona. È passato molto tempo da Yuan-wu, in cui tutti erano presi ad interpretare le frasi dei koan, tanto che, ironicamente, furono designati dei koans come contro-antidoti. A me sembra che noi non siamo affatto cambiati. Oggi, l'unica differenza è che ora gli insegnanti stanno analizzan-do i koans dalle varie prospettive psicologiche. Trattano i koans come se fossero parabole psico-sociali che, chiaramente, non sono.

D.: Non ci sono risposte ai koans?

A.: Non in un senso mondano, anche se nel Zen Rinzai Giapponese vi sono rispo-ste oppotune. Ma questo è come distribuire ritratti di biscotti per fermare la fame. Per fortuna, nel 1916 alcuni maestri Zen un po’ folli dettero delle risposte al sistema koan di Hakuin e ci risparmiarono tutti i ritratti dei biscotti! Ovviamente, tale Zen fu chiamato "pseudo-Zen".

D.: Quindi, ciò significa che non vi sono risposte?

R.: Non fu mai l'intenzione di Ta-hui, o del suo insegnante, di dare ‘parole in risposta' ai koans, come con gli indovinelli. Quando si penetra il hua't'ou della frase, si conoscerà la corretta risposta spirituale. Se io dico, "Mu", o "L’albero di cipresso nel cortile", o metto le scarpe sulla mia testa - Lei capirà. Se io dico, "Buddha" o recito un mantra, è la stessa risposta. Ciò viene dal vedere il hua-t'ou.

D.: In essenza, Lei sta dicendo che la pratica moderna del koan è sbagliata- è giusto?

R.: Non risponderò certo a questo!. [ridendo] Io sono già a bagnomaria per le mie visioni. Questo è ciò che si ottiene per cercare di essere aderente all'originale. Mi auguro che mi si creda un vecchio Zenista conservatore!

D.: Beh, Lei deve ammettere che ciò che ha detto finora, non si trova nei libri di Zen di oggi. Ad essere onesti, è la Sua versione della tradizione?

R.: Naturalmente, il mio resoconto è tradizionale. D'altra parte i cosìddetti libri Zen di oggi sono, in gran parte, macchinazioni di Zenisti Popolari di che non hanno la minima idea di come lavorare con i koans. Su questo problema, fondamental-mente lo Zen è diviso in due campi, cioè quelli che desiderano andare oltre il pensiero rappresentativo e quelli che usano i koans come un veicolo per risolvere i problemi psicologici.

 

D.: Cosa pensa del fatto che alcuni insegnanti dicono ai loro studenti che la loro stessa vita è un koan?

R.: Lei intende l'idea di Dogen? Dico che essi stanno guardando nella direzione sbagliata. La vita è samsara - non porta da nessuna parte.

D.: Allora Lei non pensa che la nostra vita abbia qualche significato ultimo?

R.: Ciò che ha un significato ultimo è l’immortale hua-t'ou. Diversamente da quello, il nostro corpo è un cadavere ambulante che cerca una tomba. Tuttavia, nonostante questa cupa prospettiva, ognuno di noi ha la capacità di armonizzarsi con la propria natura-di-Buddha e, armonizzandosi con essa, raggiungere la vita eterna. Dopodiché, noi saremo come un cigno, che spicca il volo da un vecchio lago puzzolente, volandosene nel cielo.

D.: Quindi i koans ci aiutano ad andare in cielo? Non posso crederci.

R.: I koans ci aiutano a vedere l'immortale. Ovviamente, ho usato una metafora dal Dhammapada. Sì, il Buddha parla di "cigni" e di "cielo". Spiacente di averla delusa! [ridendo].

D.: Mi ci vorrà del tempo per digerire ciò che Lei ha detto. Per alcuni che hanno passato anni studiando con il loro insegnante, le Sue parole saranno deprimenti. In effetti, Lei sta suggerendo che il mio Zen non è Zen, perché le mie risposte trattano con problemi psicologici.

R.: Se io sto suggerendo qualcosa, è questo: Una volta in Cina lo spirito era enor-memente valutato. Quando la grande mente Cinese sviluppò il Ch'an (Zen) ciò fu allo scopo della trascendenza spirituale - non per imparare come affrontare la vita di ogni giorno e trattare con i bambini. In altre parole, vi era solo un super-cigno che volava nello Zen! [ridendo].

D.: Se lo Zen non può trattare coi comuni problemi di ogni giorno, come può essere qualcosa di buono?

R.: I problemi che le persone si trovano ad affrontare al giorno d’oggi non sono problemi spirituali, ma problemi di desiderio e di eccessi. A tal riguardo, neanche un Saggio può essere di un qualche beneficio. Solo la Natura ed il Fato possono intervenire con tali persone, insegnando loro le loro dure lezioni. Lo Spirito, d'altra parte, dice che se Lei vuole la vera felicità, deve lasciare dietro di sé il Suo mani-comio e muoversi verso un più alto livello di essere. Il koan ci aiuta a fare questo.

D.: Rispondere correttamente ad un koan, rende uno un Buddha?

R.: Assolutamente no. La risposta indirizza solamente nella giusta direzione. Si può vedere appena un pò del nostro Sig. Buddha! Deve ancora essere coltivata l’intuizione (prajna) prima di manifestare lo stato di Bodhisattva. Lei, dopo esser diventato un Bodhisattva, evolverà in tutta una nuova pratica, in cui gli stessi koans saranno come leggere libri per bambini.

D.: Questo spiega il perché il Sentiero del Bodhisattva non è molto menzionato nello Zen?

R.: Si, penso di sì. Ma io dovrei indicare che gli inizi dello Zen, scoperti nei vecchi manoscritti Tibetani, c'erano quattro tipi grezzi di Zen, cioè il Chan Graduale, il Chan Improvviso, il Chan-Mahayoga e il Chan del Tathagata. Il Chan-Mahayoga era fondamentalmente il Sentiero del Bodhisattva, che portava al Chan Tathagata. Io penso che sia accaduto che il Mahayoga e Tathagata-Zen siano stati sostituiti poi dallo Zen-Improvviso. Le forme più alte di Zen, vale a dire il Mahayoga e il Tathagata-Zen rimasero in Tibet, e furono successivamente assorbiti.

D.: Ciò è affascinante. Spero di non averle rubato troppo del Suo tempo.

R.: Non c’è problema. Io sono contento di condividere i miei pensieri con Lei.