15) CRITICA DELLO ZEN MODERNO
Lo Zen moderno assomiglia o no, allo Zen (Ch'an) della antica Cina? Sembrerebbe proprio di no. Benché molti praticanti dei nostri tempi, che frequentano i centri Zen americani, credano che sia così, al contrario non c’è nessuna evidenza storica che lo attesti. Primo, è un errore pensare che l’antico Zen fosse una scuola di meditazione (Sancr. dhyana, Cin. Ch'an, Giap. Zen). La parola ‘Ch'an’ fu reinter-pretata nel periodo Sung per significare "Illuminazione", e non la meditazione. Infatti, i seguaci del Ch'an di quel periodo negano che la loro tradizione insegnas-se la meditazione. Essi dichiararono che lo Zen era sinonimo di Mente-Buddha, che una tradizione di illuminazione trasmise al di fuori dell'insegnamento comune; ed aveva poco o nulla a che fare con il praticare la meditazione (hsi-ch'an). Anche un esame ravvicinato della parola ‘dhyana’, alla luce delle tradizionali pratiche buddhiste, rivela che la meditazione seduta non è suggerita dal significato di questa parola. In Sanscrito, la parola esprime solo l’idea di contemplazione, riflessione, e concentrazione mentale, essendo più simile al significato Greco di ‘theoria’. Ciò che si è perso di vista nelle odierne pratiche moderne di Zen, è che la tradizionale mèta dello Zen è la realizzazione della Mente di Buddha. Di conseguenza, tutte le forme di meditazione devono essere subordinate alla mèta a portata di mano, cioè l’Illuminazione. Le forme di meditazione non possono mai essere la mèta stessa. Storicamente parlando, molti preti Zen divennero illuminati durante il lavoro, piuttosto che durante la meditazione seduta; o leggendo, come avvenne al grande Hakuin (1685-1768).
Lo Zen Moderno, la sua pratica, è per lo più Soto. Ma più specificamente, esso gira intorno agli strani insegnamenti di Dogen Zenji. Le scritture spesso oscure di Dogen, si appellano ad un certo tipo di Zen; ma quello che Dogen dice sullo Zen, nondimeno, deve essere esaminato e testato contro la cultura storica e spirituale dello Zen. Lo Zen Giapponese ha un'altra tradizione oltre a quella di Dogen Zenji, essendo il padre di quel lignaggio Bu'nan Shidoo (Munan), la cui visione generò il grande Hakuin Zenji. Bu'nan, per non cambiare il soggetto, si legge diversamente da Dogen. Per un certo verso, lui è piuttosto chiaro che oscuro.
Per illustrare la stranezza delle “metodologie sedute” del Soto, sono sicuro che tutti voi ricordate l'aneddoto in cui Nan-yueh paragona lo zazen del suo discepolo Ma-tsu alla futilità di levigare una mattone per farne uno specchio, indicando così il limite della meditazione seduta (conoscendo se frustare il carro o il cavallo). Così cosa dice il genio Dogen Zenji su questo particolare aneddoto? Egli dichiara infatti, che l'atto di levigare crea uno specchio da un mattone! Proprio come, sedendo su uno zafu, uno crea un Buddha vivente! Invero, ecco le parole di Dogen: "Noi sappiamo veramente che quando facciamo uno specchio levigando un mattone, Ma-tsu diviene un buddha. Quando Ma-tsu diviene un buddha, immediatamente Ma-tsu diviene Ma-tsu. Quando Ma-tsu diviene Ma-tsu, lo zazen immediatamente diviene zazen". Forse il precedente spiega l'irrazionalità generale dei più moderni templi Zen (con l'eccezione delle tradizioni Ch'an). Sembrerebbe anche che Dogen sia alquanto ignorante di buddhismo. Generalmente parlando, i Cinque Aggregati (skandha), costituenti il corpo fisico, inclusi i sensi e la coscienza (vijnana), non sono considerati essere veicoli (yana) con i quali è realizzata l’Illuminazione. La reale questione per lo Zen ortodosso era CHI sostiene questo cadavere mezzo-vivo? E CHI è fissato ai Cinque Aggregati, che costituiscono l'ego-forma? L’enfasi estrema, nei moderni centri Zen, solo sulla meditazione seduta non farà avanzare uno studente di buddhismo al livello di saggezza che il Buddha raggiunse sotto l'albero della Bodhi. Senza un esteso studio dei Sutra e l’istruzione corretta nel Dharma, nessun vero approdo può essere fatto sull'altra riva della saggezza intuitiva. È anche piuttosto curioso che la maggior parte dei centri Zen fa poco o niente menzione degli “Stadi del Bodhisattva”, né vi è alcuna menzione di ciò che davvero costituisce le credenziali di un genuino Bodhisattva; che, infatti, il rango di Bodhisattva giunge soltanto nell'estasi di ‘bodhicitta’. Eppure, il tradizionale Zen non si discostò mai dal Sentiero dei Bodhisattva e si sforzò per soddisfare le richieste della Via. Ora, lo Zen moderno è precipitato in un anti-intellettualismo riguardo allo studio del Dharma ed il Sentiero Bodhisattvico. Alcuni sostengono perfino che è un merito non leggere la letteratura buddhista tradizionale. Inoltre, alcuni praticanti credono che agire in modo irrazionale sia una virtù, come se l'alienazione mentale fosse il marchio dell’Illuminazione. Alcuni buddhisti, come me ed altri, sono molto rattristati da questo nuovo trend. Comunque, noi non biasi-miamo i praticanti. È piuttosto colpa dei loro insegnanti che soffrono di ignoranza religiosa.
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Studenti della Via. Molti di voi sembrano perplessi riguardo all'idea della Natura di Buddha. Io so che un certo numero di voi, venuti da altri centri Zen che insegna-no la dottrina di Dogen Zenji, credono che "tutti gli esseri hanno la natura-di-Buddha". E forse, usando le parole di Dogen, anche voi credete che "le mascelle di un asino sono la Buddha-natura".
Stasera, io vi illuminerò con la verità della Buddha-natura. Poi potrete accantonare la credenza che la mascella di un asino sia la Buddha-natura, arrivando con ciò ad imparare, per la prima volta, dove cominciare la vostra ricerca per la autentica natura-di-Buddha che è dentro di voi.
Prima, dovreste comprendere che il termine "Buddha-natura" si riferisce alla vera mente del Buddha. Poi, è importante capire che tutti gli esseri senzienti hanno la potenzialità di raggiungere la natura-di-Buddha, ma non tutti l'hanno ancora attu-alizzata.
Per quanto riguarda il potenziale, è il suo attualizzarsi nell'esempio di una ghianda che ancora deve svilupparsi in un albero di quercia. Però, ricordatevi che la piccola ghianda, probabilmente, potrà essere mangiata da un scoiattolo o sarà portata via da un picchio. Ciò a cui vi sto portando, è che molti di voi non attualizzeranno la loro Buddha-natura, anche se hanno il potenziale senziente per poterlo fare. Con buona speranza, io posso aiutare molti di voi a diventare alberi di quercia!
Per realizzare la nostra Buddha-natura devono essere soddisfatte due condizioni generali. Prima, noi dobbiamo essere esseri senzienti. Guardando intorno, penso che tutti noi siamo qualificati! Il Buddha chiamò questa "la causa diretta". Essa è analoga al latte da cui può derivare la panna. In seguito, è importante sapere cos’è un essere senziente.
Un essere senziente è, parlando rozzamente, uno "spirito". Non confondetevi presumendo che un essere senziente sia solo un animale o una pianta, o anche i cinque aggregati. Non è così. I vostri pensieri, per esempio, sono esseri senzienti - ma non semplici punti di appoggio.
La seconda condizione che dovete adempiere per realizzare la Buddha-natura è la "causa indiretta". La causa indiretta si riferisce alle Sei Paramita, secondo il Mahaparinirvana Sutra. Per mezzo delle Sei Paramita voi supererete i confini del corpo mortale, oltre a tutti i livelli di conseguimenti, inclusi quelli degli Uditori (sravaka) e dei Buddha Solitari (pratieka).
Cosa significa il termine "causa indiretta"? Significa una causa che viene dall’e-sterno per fare il suo lavoro sulla causa diretta. Questo, secondo il Buddha, è analogo a quando si aggiunge al latte il succo dell'albero p'o-chiu, che causa che si formi subito la panna.
Tornando alla causa indiretta, cioè le Sei Paramita, delineerò brevemente il loro significato che consiste nella pratica spirituale Dark-Zen.
Secondo il nostro fondatore Bodhidharma, le Paramita sono i mezzi per arrivare all'altra sponda, cioè la Buddha-natura. Significa che esse ci aiutano a superare i sei sensi, che Bodhidharma chiama i "sei ladri".
La prima Paramita è la carità. Dominandola, noi oltrepassiamo il ladro del mondo della vista e con ciò diventiamo spiritualmente ricchi. Questa Paramita distrugge il nostro desiderio di aggrapparsi alle cose viste, come farebbe un avaro che si aggrappa alla sua proprietà.
La seconda Paramita è la disciplina. Dominandola, noi superiamo il ladro del mondo dell’udito ed acquisiamo buone pratiche spirituali e concentrazione. Essa distrugge il nostro desiderio di aggrapparsi alle cose sentite, divenendo così liberi da distrazioni, essendo capaci di dimorare nella calma.
La terza Paramita è la pazienza. Dominandola, noi superiamo il ladro del mondo degli odori ed acquisiamo la pace interna, sia per noi stessi che per gli altri. Essa distrugge il nostro desiderio a indagare su ciò che è piacevole e ciò che è sgra-devole, come l'esempio di un cane che annusa gli odori. Così, noi arriviamo a accettare indifferentemente ciò che è piacevole e ciò che è sgradevole.
La quarta Paramita è la forza. Dominandola, noi superiamo il ladro del mondo del gusto ed acquisiamo la devozione. Essa distrugge il nostro desiderio per gli appetiti e le varie forme di adulazione che provengono dal linguaggio. Acquisendo questa Paramita, noi sviluppiamo stati spirituali salubri.
La quinta Paramita è la meditazione. Dominandola, noi superiamo il ladro delle sensazioni tattili. Essa elimina tutte le distrazioni sensoriali. Acquisendo questa Paramita, noi siamo capaci di concentrare la mente su un oggetto sublime.
La sesta Paramita è la saggezza. Dominandola, noi superiamo il ladro della coscienza. Questa Paramita elimina tutte le false prospettive dell'Assoluto. Acquisendo questa Paramita, noi saremo capaci di distinguere la nostra Buddha-natura da ciò che è privo di essa.
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Da ciò che è stato detto finora, l'attualizzazione della nostra Buddha-natura non è facile da portare a termine. Erbe e montagne, è evidente, non possono attualizza-re la Buddha-natura. E in più, erbe e montagne non sono nemmeno Bodhisattva, che sono gli unici esseri idonei ad attualizzare la Buddha-natura.
Io vedo un certo pericolo per i buddhisti Occidentali, i quali sono stati fuorviati da insegnamenti devianti, che insistono sul fatto che le condizioni temporali sono la stessa Buddha-natura. Cercate di non commettere questo errore, perché fiumi, montagne, e la terra non sono la Buddha-natura. Un fiume è un fiume, e non è Buddha-natura, non avendo mai completato le sei Paramita. La montagna è una montagna e non la Buddha-natura. E anche la terra non è Buddha-natura. Se la terra fosse Buddha-natura, avendo completato le sei Paramita, allora nulla con un corpo fatto di terra mai potrebbe soffrire o perire. E, chiaramente, non è questo il caso.
Vedere la Buddha-natura richiede straordinarie azioni. Le ostruzioni che impedi-scono la nostra visione suprema della Buddha-natura devono essere rimosse usando le Paramita. A tal riguardo, la Buddha-natura non arriva facilmente o automaticamente.
Io vi prego di superare i sei sensi che sono privi di Buddha-natura. Non fate l’errore di immaginare che la Buddha-natura possa essere vista. Non cercatela come se fosse un suono. Non andatele dietro come un cane che localizza un profumo. E né immaginate che la lingua possa assaggiarla o parlare di essa. Non crediate che possa essere toccata o essere sentita. Non siate fuorviati prendendo la Buddha-natura come una rappresentazione mentale. Superate tutti i sensi. Lasciatevi tutto dietro, così da potervi risvegliare a ciò che è la vera Sorgente di tutte le cose.
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Il Sutra del Cuore della Saggezza.
Il Bodhisattva, il Nobile Avalokitesvara, mentre praticava la profonda Perfezione della Saggezza, guardò in giù. Egli vide che i Cinque Aggregati erano vuoti di natura assoluta.
“O Sariputra, la forma è vuota; il vuoto è precisamente la forma. La forma è indistinguibile dal vuoto e il vuoto è indistinguibile dalla forma. Lo stesso vale per la sensazione, il concetto, la volizione e la coscienza. O Sariputra, tutti i fenomeni sono caratterizzati dal loro essere vuoti di non-produzione, non-annichilimento, di non esser puri né impuri, senza diminuzione né incremento. Quindi, Sariputra, nel vuoto [di tutti i fenomeni] non c'è nessuna forma, nessuna sensazione, nessun concetto, nessuna volizione, nessuna coscienza; nessun occhio, né orecchio, né naso, né lingua, né corpo o sensazione; nessuna forma, suono, profumo, gusto, tatto od oggetti di pensiero; nessun elemento costituente di visione, fino ad arrivare a nessun elemento costituente di percezione mentale; non c'è ignoranza, né la distruzione dell'ignoranza fino ad arrivare a nessuna vecchiaia e morte, né l'estinzione della vecchiaia e morte. Non c’è nessuna sofferenza, né originazione, estinzione, o sentiero. Non c’è conoscenza né possesso, né testimone o testimo-nianza.
Quindi, Sariputra, poiché non c’è nessuna conoscenza, nessun possesso, né testimone o stati testimoniati, il Bodhisattva si affida solamente sulla Perfezione della Saggezza, con la sua Mente libera da ostruzione. Poiché non c'è ostruzione nella sua Mente, non c'è paura; e trascendendo ogni errore, il Nirvana è ottenuto.
Tutti i Buddha dei tre tempi si sono risvegliati alla perfetta ed insuperabile Illuminazione facendo affidamento sulla Perfezione della Saggezza.
Quindi dovrebbe essere riconosciuto che il Sutra del Cuore della Saggezza è il grande Mantra, è il Mantra che dona la Grande Luce, il Mantra più eccellente, il Mantra incomparabile, capace di allentare ogni sofferenza; ed è la verità perché esso non è in errore.
Perciò noi ripetiamo il Mantra del Sutra del Cuore –
Om, Gate, Gate, Paragate, Parasamgate Bodhi Svaha!.
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Il Commento di Zenmar,
Domanda: Cosa dice realmente il Sutra del Cuore?
Risposta: L'intenzione del Sutra è di provocare un tipo di intuizione speciale, rivelando che i Cinque Skandha (gli aggregati del corpo) sono privi di auto-natura, ovvero della nostra natura fondamentale. Secondo i buddhisti Cinesi, il Sutra del Cuore, parlando del vuoto, non intende mai riferirsi propriamente alla nostra natura fondamentale. Il vuoto di cui parla il Sutra è soltanto la mancanza di segni. Dobbiamo capire che, aldifuori di questo vuoto, ciò che è lasciato da parte è la nostra natura fondamentale.
D.: Non crede che la maggior parte delle altre tradizioni considera che il vuoto sia la nostra natura fondamentale, piuttosto che esso non sia ciò che la nostra natura fondamentale è? Non è così?
R.: Sì, è vero. Ma nel far così, essi cadono in errore. Lo prova il Pali-Nikaya, quando dice che il vuoto non riguarda la nostra natura fondamentale. Esso significa proprio che noi dobbiamo svuotare la Mente dalle immagini sensoriali, inclusa la coscienza; e alla fine dimorare nella pienezza di Mente stessa che non è il vuoto. Mettiamola così: Il Vuoto è un certo tipo di pratica. Per giungere alla stessa Mente noi dobbiamo negare i fenomeni della Mente.
D.: Ciò che Lei sta dicendo è diverso da ciò che io sono stato portato a credere. L'insegnamento di base del buddhismo non ci dice forse che non c'è una natura fondamentale, tipo un Sé? Un Maestro moderno di Zen, infatti, ha detto che i fenomeni sono l’assoluto, poiché la sua comprensione era che il vuoto è l’assoluto buddhista. Se il Sutra del Cuore implica che la forma è vuoto, allora la forma deve essere l’assoluto. Giusto?
R.: Temo che ciò non sia corretto. Il vero insegnamento del buddhismo non dice che non vi sia una natura fondamentale, o nessun "né in maniera categorica. Simili interpretazioni del buddhismo equivalgono a falso-buddhismo. Nel buddhismo, la nozione di un’essenza è ammessa. Pensi a questo. Se non vi fosse una natura fondamentale, allora come potrebbe chiunque essere in grado di prendere rifugio nella Triplice Gemma, che comprende il Buddha, il Dharma, ed il Sangha? Riguardo al Sé, se non vi fosse alcun Sé, allora perché i Buddha dichiararono che il Sé è come una lampada che guida? Anche il grande Nagarjuna, il fondatore della scuola Madhyamaka del II° secolo, disse che il Buddha insegnò il "né a coloro che capivano l'implicazione dedotta del nome.
D.: Così, sarebbe esatto dire che noi dovremmo capire che il vuoto è come la via negativa dei mistici?
R.: Sì, sarebbe la comprensione migliore. Nel Sutra del Cuore, Avalokiteshvara rappresenta l'idea della saggezza universale che ci insegna come comprendere la nostra vera natura che trascende i Cinque Aggregati. Per raggiungere l'altra sponda noi dobbiamo negare i Cinque Aggregati vedendoli, invece, come vuoti. D'altra parte, se noi affermiamo i Cinque Aggregati, come potremmo raggiungere l'altra sponda? Saremmo sempre legati al limitato ed all'imperfetto. Infine, ricordate che l'assoluto è aldisopra e aldilà del vuoto ed anche della via negativa. Nella perfezione della saggezza noi passiamo oltre tutte le cose buone e cattive. E ciò include anche gli stati elevati dell’essere. In realtà, noi stiamo solo tentando di rimuovere la nostra natura fondamentale da tutte le cose, condizioni e concetti, che non sono adeguate ad essa.
D.: Come dovrei praticare la perfezione della saggezza? Voglio dire, cosa dovrei fare adesso per cercare di andare verso l'altra sponda, come diceil Sutra?
R.: Questa è una buona domanda. Dimostra che Lei è pronto a mettere il suo piede nell'acqua fredda del mare della sofferenza! Il miglior modo di cominciare è proprio e solo di esaminare i Suoi pensieri e tentare di vedere la loro sostanza. Pensi che i Suoi pensieri siano come immagini sulla superficie di un specchio. Ora, tenti di vedere la sostanza (il mercurio) dello specchio! Provi, e cerchi di separare le immagini dal mercurio stesso. Allo stesso modo, distingua e separi i pensieri dal loro puro contenuto. Vedrà, in effetti, ciò di cui sono vuoti questi pensieri ed immagini mentali. Alla fine, col tempo, Lei ci riuscirà, e forse scoprirà anche chi è quello che lo specchio-creatore crea e nega!