DHARMA e PASSATEMPI…(Articoli di Aliberth)
Ci sembra interessante valutare tutto ciò che viene pubblicato sui giornali e sulla stampa in genere, riguardo al buddhismo. Possiamo cogliere, in questo, un notevole e crescente interesse per questa Dottrina (o Religione), anche se nella maggioranza dei casi esso resta confinato alla sfera eruditiva e saggistica. Al massimo, esso può arrivare a toccare l'aspetto che riguarda la salute ed il benessere, come vediamo in numerosi inserti o riferimenti su Internet. Però, è assai difficile, anzi addirittura pressoché impossibile, che il semplice conoscere questa valida filosofia dell'Essere possa coinvolgere qualcuno verso un interesse più profondo, un interesse che sia precipuamente rivolto alla salvezza mentale e spirituale.
Questo è il motivo per cui la nostra scuola di Ch'an, pur essendo piuttosto segreta e poco conosciuta, non raggiunge i risultati di adesione ed affluenza tipici di altre espressioni del buddhismo di massa. Il Ch'an è una disciplina trasformativa, vale a dire che l'interessarsi ad essa solo a scopo eruditivo non porta nessun immediato vantaggio pratico. Anzi, spesso esso è così apparentemente metafisico da sembrare addirittura inconcepibile e contraddittorio. Le persone ordinarie, se non si sentono veramente motivate a trasformare la propria mente, lo rifiutano a priori, etichettando la conoscenza del Ch'an come 'assurda ed improponibile'.
Poi però, ovviamente e di conseguenza, le persone continuano tranquillamente a rimanere condizionate dai loro pensieri negativi e dalle loro vecchie abitudini nell'interpretare le cose del mondo, continuando spesso anche a denigrare quei rari praticanti che eseguono scrupolosamente le istruzioni del Ch'an per modificare in meglio la propria mente.
Non a caso, le persone cosiddette ordinarie, anche quando ritengono di praticare una via spirituale, continuano imperterrite a saltellare di qua e di là, tra il bene ed il male (nella loro idea mondana di bene e di male…), e minimamente non vengono sfiorate dall'intuizione che proprio questo loro modo di giudicare è una delle cose che bisogna necessariamente abbandonare.
Ho conosciuto tantissime persone in numerosi Centri di Dharma (e di Meditazione) e vi assicuro che la maggioranza di esse, pur ritenendo di applicarsi con coscienza alla pratica spirituale, non è ancora riuscita a guardarsi dentro, né tantomeno a vedere il mondo così come realmente è, cioè situato nella loro propria mente che lo immagina…. Ma, purtroppo, tutte queste persone ragionano ancora in termini di dualità e persistono nel dipendere dall'apparenza esteriore dei fenomeni.
Quindi, il fatto di ‘vedere il mondo come realmente esistente al di fuori’ di esse, le costringe ineluttabilmente a continuare ad interpretare la realtà come un qualcosa di veramente e inerentemente esistente, proprio lì fuori, ed in più le costringe a dare giudizi ed opinioni, come quando ancora non avevano iniziato la pratica del Dharma. Per cui, per esse, a che serve frequentare Centri di Meditazione? A che serve essere seguaci o discepoli di grandi Maestri e Venerabili Lama?
Ma, la cosa più ardua, e spesso impossibile, è che le persone arrivino proprio esse stesse al punto in cui possano farsi queste dolenti domande. Perché soltanto questo sarebbe il vero <momento magico>, cioè l'inizio della loro autentica e vera trasformazione spirituale, così come auspicato dal Buddha nei suoi insegnamenti, e non il loro approdo presso questo o quel Centro di Dharma, magari solo per una malcelata curiosità personale o per una temporanea esperienza emotiva.
Più passa il tempo, più mi addentro nella comprensione del Dharma e più capisco perché l’umanità soffre e non è mai veramente felice… Il vero problema è che le persone cercano la felicità nel modo sbagliato. Esse si lasciano convincere dai media che la felicità si ottiene comprando questo o quello, o viaggiando in tale o tal’altro luogo, oppure frequentando quella tale persona che è così alla moda… Dunque, se vuoi essere felice, non preoccuparti, ci pensiamo noi…
E così, l’ingenua mente della gente viene turlupinata ed ancora una volta illusa. Purtroppo, non è così semplice ottenere una vera felicità, soprattutto una felicità che sia duratura e costante. Perché, sovente, per un briciolo di gioia apparente, si deve amaramente pagare con altri periodi di disagio e sofferenza. Questa è la verità del KARMA… e non conoscendo questa inesorabile ‘legge’, le persone restano ignoranti e continuano ad illudersi di poter… comprare la felicità.
Solo la vera conoscenza e pratica di un Sentiero illuminante come il Dharma, può far cambiare le cose; ma quante sono, nel mondo contemporaneo di oggi, le persone che sinceramente si affidano alla spiritualità per modificare la loro mente e l’opinione che esse hanno circa la verità dell’esistenza? Lo stesso Gesù Cristo le aveva chiamate ‘Gente di poca fede’, perché esse si convertivano solo di fronte ai miracoli. Ma, una volta che l’effetto-miracolo era cessato, le persone ritornavano ai loro abituali sistemi di vita. Ed è così anche al giorno d’oggi, in cui impera la cultura ignorante e materialista che conquista la mente degli stolti umani, specie quelli in giovane età, che neanche immaginano cosa sarà di loro, allorché questa breve esperienza nel corpo umano sarà terminata.
Nel dedicarmi anima e corpo alle traduzioni degli scritti lasciati dagli antichi maestri del Chan (ed anche qualcuno di più moderno) la cosa che più mi ha colpito, ma neanche tanto, visto l’andazzo dei giorni nostri, è stata la continua ripetizione della descrizione della difficoltà delle persone comuni nel poter capire la ‘verità nascosta’ della vera Mente. Anche nei sutra vi sono continui riferimenti al fatto che la maggioranza delle persone che vivono nel mondo samsarico non hanno affatto menti idonee per saper prendere la ferma decisione di voler seguire il sentiero spirituale del Dharma. Esse quindi, proprio non possono squarciare il velo che ottenebra le loro menti, e non possono vedere chiaramente come stanno le cose, senza la nebbia dei propri concetti, né quale sia la vera funzione del nostro essere qui in questo mondo di apparenze. In effetti, il problema è proprio quello; cioè che quasi tutti gli umani proprio non vedono quel velo ostacolante che c’è nella loro mente e non potranno vedere, di conseguenza, nemmeno la loro stessa mente, in cui c’è quel velo ottenebrante.
Ecco perché ai più la verità resta celata, soprattutto perché ben pochi sono portati a credere che vi sia una verità celata da dover ricercare e scoprire. Siccome il mondo offre ai loro sensi quanto gli stessi sensi vanno cercando, la mente che da ciò viene ottenebrata, non manda assolutamente altri stimoli per una ricerca invero più approfondita all’interno, dove i sensi servono a poco. E quindi le persone non sentono i morsi della fame interiore dello spirito, se non forse negli ultimi istanti della loro vita. Ma allora è troppo tardi, e bisogna fare un altro giro di giostra: bisognerà rinascere per vedere se si potrà avere un’altra chance, un’altra occasione per poter svelare quella VERITA’!-
A questo proposito, sarà utile conoscere questo aneddoto di Meister Eckart:- ‘Un giorno, qualcuno domandò ad uno gnostico, che viveva in modo austero mentre avrebbe potuto vivere ben altrimenti: - “Perché, e come avete fatto a rinunciare al mondo?”- Egli rispose: - “Non sono io ad aver rinunciato al mondo ma, poco a poco, è il mondo che ha rinunciato a me!”.-
Ecco perché noi ci siamo rinchiusi nella nostra caverna (cioè la mia stanzetta…), perché da qui possiamo verificare e constatare come il mondo sia davvero ILLUSORIO. Infatti, standocene qui da soli, nessuna persona fisica ci cerca più, ed è quindi sufficiente che noi non si vada più verso il mondo per far sì che il mondo, a sua volta, non venga più verso di noi. E se questa non è una prova di vacuità delle persone e degli oggetti del mondo, almeno per la nostra mente, allora non si sa proprio che altra prova fornire ai coriacei credenti della sostanzialità degli illusori fenomeni mondani-
A seguito di quanto sopra, ne risulta che ormai chi si è rinchiuso nella sua stanzetta (più o meno cavernosa), ed ha generato al suo interno il vero Maestro della profonda Verità del Dharma, ovviamente non ha più necessità di andare a sentire altri insegnanti. Soprattutto quando questi insegnano il Dharma alle persone ordinarie (cioè con insegnamenti di base e obbligatorie ripetizioni dei rudimenti spirituali).
Per tale ragione, pur ringraziando calorosamente i Centri che ci inviano il loro materiale programmatico, siamo veramente felici di aver lasciato il nostro vecchio posto, di quando siamo stati per tanti anni seduti davanti ai nostri vecchi maestri, a qualche nuova leva che dovrà farsi le ossa, così come per oltre venti anni ce le siamo ben fatte noi stessi. D’altronde, se qualcuno ha raggiunto la mèta segreta, l’ottenimento dello scopo, non importa a nessuno. Tanto, l’illuminazione è un fatto personale ed il miglior effetto che le altre persone possono riceverne, è che colui che ha capito come stanno le cose, e che si è fatto da parte, di sicuro NON potrà più danneggiare gli altri. E questo, se me lo permettete, è già la miglior prova del fatto che il bersaglio è stato centrato!
ALCUNI BREVI CORSIVI STRALCIATI DA NIRVANA NEWS….
(…Considerazioni di Aliberth)
Credo sia opportuno spendere due parole riguardo a come viene intesa la politica, nei rari casi in cui viene affrontata da parte del Dharma buddhista. Fatti salvi alcuni brani del Canone Theravada, in cui il Buddha in persona dà alcune delucidazioni idonee per i vari governanti di quell'epoca, e pochi altri consigli e suggerimenti dati dai grandi filosofi del Mahayana (come Nagarjuna in 'Lettera ad un amico'), non troviamo molti argomenti in appoggio al perseguimento della politica, nella vita di un vero ricercatore della Liberazione (dal Samsara). Oggi si fa un gran parlare di utilizzo della politica come contraltare della spiritualità e possiamo vedere come la maggior parte delle forze fresche e consolidate della umana "intelighenzia" moderna, viene rivolta ai fini politici, pretendendo di ritenere associazioni politiche e movimenti progressisti-ambientalisti, quali ideali portavoce di una spiritualità cosiddetta "laica" che, però, di veramente spirituale ha ben poco e forse nulla. Vi era qualche tempo fa, un gruppo di seguaci di OSHO, facenti capo a Majid Valcarenghi ("Re Nudo") che avevano organizzato un programma di lotta proletaria e progressista, chiamato "Politica e Zen". Confesso, senza alcuna remora, di averne fatto parte anch'io, nei primi anni novanta. Ma, col passar del tempo, avendo preso coscienza della realtà dello Zen, mi sono convinto sempre più che i due termini (politica-e–zen) non potevano proprio combinarsi insieme. La politica è ed è sempre stata una ideologia contrapposta ad un'altra ideologia, una visione parziale dell'esistenza, una teoria temporale di uomini che si oppongono ad altri uomini, con un mezzo o con un altro, per portare alla vittoria la propria idea rispetto a quella di qualcun altro. E, qualunque possa essere questa idea, essa fa sempre riferimento ad un benessere relativo e momentaneo, parziale e temporaneo, dell'essere vivente; nient'altro che una ricerca di miglioramento delle sue condizioni di vita attuale, senza minimamente tener conto delle cause e dei motivi karmici che imposero quelle condizioni, da cui si vuole testardamente e gratuitamente sfuggire. Anzi, sembra che il suo effetto, terribile e malefico, sia proprio quello di non permettere che le menti umane possano rivolgersi verso la più autentica conoscenza spirituale. Prospettando personali e illusorie forme di affrancamento da condizioni di miseria e di povertà, tutte le ideologie politiche (specialmente quelle che coinvolgono le masse) impediscono le più profonde insorgenze del dubbio esistenziale, sui motivi per cui, queste stesse menti umane, furono e sono costrette a trovarsi in tali situazioni.
Vien da pensare al Riformismo Comunista di Mao-Tse-Tung che, dopo aver praticamente eliminato il buddhismo dalla Cina e tentato di farlo in Tibet, con la regola che "La religione è l'oppio dei popoli", se n'è poi andato via sul Grande Fiume, insieme al suo fondatore. Esso, senza preoccuparsi di come il miliardo e mezzo di Cinesi avrebbero poi vissuto il trauma della perdita di valori, tentò soltanto di generare in loro una dottrina sociale autonoma, alimentando l'odio per il Capitalismo, il quale (beffa delle beffe) si è poi preso la sua rivincita, occidentalizzando la Cina attuale con il suo comunismo "capitalista".
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Tutto ciò si spiega con il naturale riconoscimento, da parte del Ch'an, che la mente umana, pur essendo molto vicina alla capacità di comprensione dell'insegnamento sottile, ne è tuttavia maggiormente impedita proprio a causa delle concettualità e idee personali. Accade perciò, che l'uomo (dato che non vuole) di solito non riesce a comprendere realmente il significato del vero Insegnamento. O, ancora più spesso, lo fraintende e lo interpreta come fa comodo a lui. E, allora, quant'è meglio insegnare il Dharma a se stessi, allo spazio, agli animali, agli spiriti! Ricordo il Lama Tibetano del Centro Milarepa di Torino, il buon Lama Cianciub, che ogni sera faceva il giro del giardino accendendo fuochi e pronunciando mantra. Poiché egli agitava le braccia e guardava nel vuoto, io gli chiesi cosa stesse facendo. Lui, più tardi, mi rispose che pregava per gli spiriti, cercando di farli avvicinare per insegnar loro il santo Dharma.
Perciò, quello che facevano i solitari adepti del Ch'an, non è del tutto inusuale. Ogni vero realizzato sa che, nel mondo che ci circonda, non ci sono solo esseri mentali di natura umana. La natura umana è solo uno stadio delle varie fasi di esistenza delle coscienze mentali. Di conseguenza, visto che vi sono tanti maestri che si preoccupano per le masse di individui umani, non ritenete giusto che vi sia qualche insegnante più modesto che si interessi ad insegnare il Dharma alle creature più umili e sfortunate? Anche se, poi, alla vista ed all'aspetto potrebbe sembrare che uno stia insegnando il Dharma allo spazio vuoto. Questo, i cosiddetti praticanti umani, i praticanti di massa, potrebbero non capirlo e potrebbero facilmente avere da ridire. Ma, se i loro insegnanti NON si preoccupano di insegnare la Verità di come stanno le cose, nel mondo dei fenomeni, oppure se lo fanno, ma non controllano se i loro discepoli lo capiscono o meno… bèh, allora, noi non possiamo farci nulla.
Quando ero anch'io un solerte discepolo dei vari maestri con cui ho avuto relazione, a volte mi è capitato di trovarmi insieme a tantissime altre persone. Raramente facevo parte di piccoli gruppi. Bene, ora posso proprio dire che i risultati migliori, in termini di intuizioni profonde e visioni dirette della mente, li ho avuti quando meditavo nei gruppi più piccoli, anche se l'insegnante non era di grido. Quando l'uditorio era composto da decine o centinaia di individui, o qualche volta addirittura da migliaia, spesso si creava soltanto un parossismo di collettiva esaltazione mistico-emotiva che, in qualche modo, contagiava anche me. In queste occasioni, veniva a crearsi una sorta di atmosfera festosa e insieme misteriosa che, però, rimaneva totalmente dualistica e veniva rafforzata proprio dal fatto che tutti ci cercavamo con lo sguardo, con la voglia di sentirci tutti partecipi della stessa esperienza.
Forse è per questo motivo che, nel periodo in cui praticavo le meditazioni dell'Ashram Vidyà di Raphael, ho potuto apprezzare molto il fatto che si meditasse tutti in una sala oscurata e senza luce, così che ci si sentisse isolati e ognuno con l'attenzione rivolta obbligatoriamente solo verso se stesso, pur essendoci comunque un discreto numero di partecipanti. Ora, con questo non voglio dire che tutti coloro che si trovano a praticare in gruppi numerosi stiano, per così dire, sprecando il loro tempo. Ma di sicuro sarebbe opportuno, per essi, provare a fare un'esperienza diversa. Trovarsi in un piccolo gruppo di dieci o quindici meditanti, con un insegnante sconosciuto, che fa vita ritirata, il quale però indirizza continuamente l'attenzione dei praticanti verso la loro propria coscienza, mentre tenta di impedire sul nascere i giudizi, pensieri ed opinioni personali che dovessero manifestarsi inconsapevolmente nella loro mente, beh, è sicuramente una esperienza da provare. Da provare in silenzio. Soprattutto nel silenzio della propria mente, cosa che non sempre riesce, quando i gruppi sono numerosi e l'insegnante famoso potrebbe generare emozioni attrattive incontrollabili.
Se, alla fine degli incontri, si esce dalla sala di meditazione con una gran voglia di comunicare e chiacchierare, dovremmo proprio chiederci se la nostra pratica è corretta o se stiamo soltanto cercando emozioni. Perché se così avviene (cioè che si ha molta voglia di comunicare e chiacchierare) e non ci si rende conto né ci si domanda se la nostra pratica è corretta, allora sì che si sta veramente perdendo tempo. Se nella nostra mente frullano opinioni e giudizi, più o meno soddisfatti, di come siamo stati, di quanta gente c'era, di come ha parlato bene il maestro, ecc. e noi non siamo presenti e soprattutto, consapevolmente distaccati da questo chiacchiericcio mentale, allora è meglio che ci dedichiamo a qualcos'altro. La vera meditazione non fa per noi. Almeno per il momento. Dovremo aspettare che la nostra mente sia un po’ più matura ed il nostro ego un po’ più debole, prima di ritentare con la pratica del vero Dharma.
C'è poi da dover dire qualcosa riguardo a come vengano considerati altri praticanti che non siano del "nostro" gruppo. Vi sono persone che, sentendosi nel giusto perché appartengono a gruppi o associazioni dirette spiritualmente da un vero e saggio maestro, operano nella loro mente una sorta di valutazione giustizialista sulle caratteristiche spirituali di qualche altro individuo, solo perché questi è stato criticato, non dal loro maestro (che altrimenti non sarebbe così vero e saggio) ma da componenti verosimilmente "ordinari" della stessa associazione. Ho già detto, in altra occasione, che se la nostra mente si trova ancora nella illusa condizione di "giudicare" il male ed il bene in tutto ciò che sta "fuori" di noi, senza poter vedere il male ed il bene che è dentro noi stessi, allora si cade nel dramma di vedere la 'pagliuzza' nell'altrui occhio, ma non la trave che è nel nostro. Ed è proprio il non vedere questa "nostra" trave, che ci impedisce di comprendere veramente il Dharma, anche se fossimo discepoli del più grande tra i maestri viventi. J J
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Corsivo… di Aliberth
A quanto ci risulta, leggendo qua e là sugli organi di informazione, viene data conferma a quanto da lungo tempo andavamo dicendo… E cioè, che per la gente di oggi, lo Zen non è altro che una… disciplina corporea. Anzi, addirittura esso viene avvicinato a ginnastiche igienistiche, tipo aerobica e body-building. L'immagine della persona in meditazione, ad occhi chiusi e gambe divaricate, serve soltanto a dare quella misteriosa patina di esoticità che non guasta mai, quando si vuole far presa sul grosso pubblico. Pertanto, unendo il sacro con il profano, si fa di tutta un erba un fascio e si getta nella mischia (del businness) la parte scenografica e rilassante della meditazione Zen. "Meditate, gente, meditate… tra una lezione e l'altra di aerobica, tra un passo e l'altro di zumba-dance, tra una corsetta e l'altra di jogging!". Ecco così che una disciplina mentale trasformativa come lo Zen, dopo lo scempio già effettuato negli anni ottanta dai cultori di Arti Marziali, diventa una attrattiva di massa. E, quindi, può succedere, anzi succede, che molte persone si presentano casualmente presso alcuni Centri Zen, col solo scopo di verificare se "quello-Zen" che si insegna in questi luoghi, sia poi simile a quello che viene impartito, anzi servito, in queste altre palestre dove le persone vanno, alla fine di una giornata di lavoro, e pagando fior di bigliettoni di retta mensile, a sgranchire la loro noia ed a smaltire i loro chili di troppo (anche mentali)…
Di conseguenza, queste persone, pagano un sacco di soldi e credono di praticare delle discipline autentiche, con i loro nomi altisonanti (Yoga, Zen, Tantra, ecc.); mentre, nella realtà, esse al massimo stanno solo equilibrando la loro salute fisica, magari anche quella psichica, ma di certo questo sarà solo un beneficio temporaneo. In più, e questa è l'unica cosa certa, esse arricchiscono i falsi mercanti della speculazione, i quali a loro volta, forse avevano frequentato dei veri Centri Spirituali, col solo scopo di trarne vantaggi economici, utilizzando la conoscenza delle pratiche fisiologiche per insegnarle (solo quelle…) a persone ignoranti e sprovvedute, che si contenteranno solamente di questa indoratura superficiale di spiritualità.
E così il Samsara continua a prosperare. Gli esseri umani che vengono in contatto con queste nozioni di sapienza, ma le usano solo per scopi temporanei e palliativi, non si rendono conto che, proprio utilizzando così stupidamente la conoscenza, stanno facendo il gioco della terribile Maya. Vale a dire il gioco di quel potere misterioso ed arcano che intende lasciare le menti degli esseri senzienti in una eterna ignoranza metafisica. E' questa ignoranza (avidyà) che fa credere loro di essere singoli individui limitati nel tempo; per cui alla singola persona che attualmente si trova karmicamente ad usare quella mente, risulta obbligatorio pensare a salvaguardare soltanto la propria salute fisiologica, ma non la malattia della sua stessa mente. Peraltro, questa considerazione nemmeno sfiora la mente di coloro che… ignorano di essere malati proprio nella mente. Ed ecco invece che se queste persone avessero usato correttamente lo Zen, avrebbero proprio scoperto questa verità. E, curando adeguatamente, sotto la guida di un valido istruttore, la loro mente malata, le stesse persone, con pochi soldi e molta sincera determinazione riuscirebbero conseguentemente ad ottenere una buona salute corporale ed una forte volontà psichica determinata al successo mentale.
Noi, d'altra parte, lo andiamo dicendo da tempo. Ma pochi ci ascoltano, ed ancora meno persone ci credono. Tuttavia, questi pochi arditi, se continueranno la loro opera senza dubitare né traballare, sicuramente nel tempo ne riceveranno i più efficaci risultati. L'unica cosa che essi debbono veramente fare, oltre a lavorare sulla loro mente, è stare attenti alle false sirene ed alle illusorie promesse di vantaggi immediati. Bisogna sapere che la nostra malattia della mente è vecchia di millenni, per cui è altamente improbabile, se non impossibile, eliminarla in un colpo solo. Bisogna applicarsi con cura e determinazione, assolutamente evitando speranze di rapidi vantaggi e false aspettative di risultati immediati. Non è imparando a respirare bene che si eliminano millenni di ignoranza e karma negativo. Tuttavia, imparando a respirare bene, e contemporaneamente tenendo sotto controllo la propria mente, si può facilmente arrivare ad invertire la tendenza della Legge di Causa e di Effetto. Cosìcché, eliminando dalla nostra mente l'ignoranza fondamentale, il ripristino di una Saggezza Primordiale senza limiti guarirà in breve la nostra malattia mentale, rendendoci individui illuminati in un tempo abbastanza veloce.
Con il Ch'an quest'opera è possibile. Se le persone si sottopongono con coscienza al "vero-lavoro" dello Zen, per esse il Sentiero della Liberazione è spalancato. La Via verso l'Illuminazione può anche essere alquanto lunga, ma ineluttabilmente destinata a raggiungere il bersaglio, per coloro che ci si impegnano sinceramente. Basta solo aver... orecchie per intendere e buoni occhi per vedere all'interno di se stessi. Non lasciatevi quindi intrappolare dai falsi mercanti del benessere. Il vero benessere è quello che non cessa i suoi effetti, mai, neanche dopo anni che si è terminata la cura. Né è pensabile che le persone possano seguire per tutta la vita queste spicciole pratiche salutistiche, spacciate per puro Zen. E, se pure lo facessero, chi può garantire loro una mente serena al momento della morte? Quindi, il benessere mentale di queste persone ad un certo momento cesserebbe comunque. E allora, a cosa sarebbero serviti anni di strenui esercizi e di faticose pratiche psico-fisiche, oltre al gran dispendio di denaro, se poi obbligatoriamente tutto dovrà comunque finire, senza continuativi e durevoli effetti positivi? Ecco su cosa è importante riflettere, prima di restare abbindolati da allettanti titoli di quotidiani e da pubblicità di bassa lega.
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di ALIBERTH
Qualche decennio fa (quando ancora ero interessato all'aspetto fisico della mia persona mortale) mi accorsi che stavo perdendo i capelli. Abbastanza preoccupato, come lo sono d'altronde quasi tutti i maschi che tengono al loro aspetto giovanile, mi recai dal mio medico, il quale mi consigliò di rivolgermi ad un suo amico dermatologo, convincendomi ad affidarmi alle sue cure. Così feci e, un bel giorno, mi recai speranzoso da questa persona. Ma, quale fu la mia delusione allorché, vedendo il dermatologo in questione, vidi un uomo con la testa completamente calva. Ne rimasi alquanto scioccato, tant'è che quando lui mi chiese in che cosa poteva essermi utile, io risposi, "Niente, grazie!" e me ne andai.
Si, proprio così. Ero rimasto allibito nel vedere che, proprio l'uomo su cui dovevo riporre la mia fiducia per evitare di restare prematuramente calvo, era egli stesso completamente privo di capelli. Non me la sentii proprio di affidarmi a lui, per quel mio problema di quel momento.
Bene, lo stesso identico problema (non quello della calvizie, ovviamente, bensì quello della fiducia), si ripropone allorché prendiamo la decisione di affidarci ad un insegnante spirituale, soprattutto tenendo presente la diversa e maggiore importanza della cosa. Un insegnante che possa darci le istruzioni sulla meditazione e sull'insegnamento della dottrina, allo scopo di non coltivare più i difetti e le negatività mentali. In questo caso, bisogna essere ancor più attenti e estremamente guardinghi nel non affidarsi ciecamente ad individui, che pur dichiarandosi "maestri spirituali", siano ancora così tenacemente attaccati ai valori mondani ed alle percezioni ordinarie del bene e del male. Costoro potrebbero dipendere ancora, pressoché totalmente, dalla propria valutazione personale riguardo al comportamento morale degli altri individui. Dato che questa è la chiave di volta per comprendere se una determinata persona ha fatto il grande passo, cioè il famoso "salto giù dal palo alto cento piedi", occorre verificare se l'insegnante sia un "essere speciale", cioè un individuo che abbia saputo superare e trascendere le proprie opinioni personali ed i propri giudizi prettamente ancorati alla mente umana.
In sintesi, se qualcuno di questi insegnanti ancora "vede", con gli occhi della mente, il male intorno a sé, ciò vuol dire che la sua mente non si è ancora purificata. Di conseguenza, se questa persona giudica gli altri come "buoni o cattivi", in base alla propria presunzione, di sicuro essa NON è ancora una persona "liberata" ed emancipata e, quindi, dal punto di vista dell'autentico "Dharma", non può essere considerata un valido insegnante.
Sicuramente codesti esimi personaggi, dal punto di vista della cultura, della morale e dell'educazione terrena, potranno essere delle validissime persone, tanto che la maggior parte di loro sono arricchiti col titolo di "professori, o dottori" e, ancor più sicuramente, essi sapranno dar sfoggio di abile e vasta dialettica, essendo assai frequentemente chiamati a dirigere rinomati Istituti o Associazioni, nonché a disquisire finemente in dibattiti e conferenze di alto livello. Insomma, di fronte a giudizi e valutazioni umane, nel più schietto spirito della relatività del mondo, queste persone sono senz'altro al primo posto, nella fila degli eruditi e dei colti esponenti della massima cultura accademica e sociologica contemporanea.
Ma, dal punto di vista dell'Imparziale e Assoluta Verità (cioè l"Essere-Vacuità"), chi di loro potrà veramente dare garanzie di pensare, di valutare e di esprimersi in maniera "libera e spiritualmente disinibita"? Quanti di loro stanno veramente seguendo le orme ed i dettami dei Grandi Maestri Illuminati del passato? E quanti di loro possono essere realmente in grado di insegnare il vero Dharma, non come pseudo-maestri supplenti velocemente infarinati della materia, bensì come effettivi e originali testimoni della loro stessa comprensione?
Noi, di conseguenza, non possiamo (né vogliamo) estrarre la nostra bilancia personale e metterci a pesare (o a soppesare) tutti questi numerosi pretendenti ad un ruolo riconosciuto di "maestro", e perciò il consiglio che ci permettiamo di dare a tutti gli onesti e sinceri ricercatori della Verità è più che mai chiaro: <abbiate serenamente cura di "sentire" se l'insegnante, che karmicamente avete incontrato, appartiene al tipo di "esperto in base alla notevole cultura", oppure al più modesto, ma più genuino, "testimone della propria coscienza">. Se avete avuto la fortuna di incontrare un insegnante del secondo tipo, tenetevelo stretto, perché soltanto costui (o costei) potrà veramente aiutarvi a "vedere" le vostre tendenze karmiche, mettendovi in grado di "realizzare" la vostra stessa mente e permettendovi di passare sull'altra sponda del fiume samsarico. Volendo metterlo alla prova, basta che chiediate il suo parere ed il suo giudizio su altri meditanti o su altri insegnanti, ovviamente non appartenenti alla medesima congrega. Sia esso (o essa) un monaco od un laico, di semplice aspetto o di grande carisma, quello che veramente conta è che egli (o ella) non abbia pregiudizi su chicchessia, sia sincero ed amorevole, avendo a cuore molto di più l'emancipazione mentale di tutti gli esseri, che non la propria appagante gratificazione e la propria personale reputazione.
Con questo non si vuole assolutamente dire che una persona, presentatasi ai vostri occhi come un maestro di Dharma, anche se vi ha maltrattato, vi ha offeso o ha parlato male di voi, non possa essere un validissimo insegnante. Anzi, il Buddha diceva che il nostro miglior amico è qualcuno che si presenta come …un nemico. Però, perché una simile persona possa esserci utile come un maestro, occorre che noi stessi si sia…già pronti. Anche perché non c'è alcuna certezza che quella persona lo abbia fatto con quello scopo, cioè a fin di bene per la nostra emancipazione. Chi può dirci se quella persona è realmente consapevole dei suoi pensieri e delle sue azioni? Se così fosse, costui sicuramente <è> un maestro, altrimenti se egli non fosse consapevole di se stesso, ma la sua azione riesce a far diventare consapevoli noi, allora questa persona funge da maestro, mentre il vero maestro sta manifestandosi nel nostro stesso cuore.
Perciò, senza più gridare "Al lupo, al lupo!", cerchiamo di far scaturire il miglior risultato da tutte le cose e da tutte le persone, così da ottenere la pace della nostra mente. In questo modo, tutte le persone e tutto ciò che esiste in questo mondo, potranno veramente funzionare come attivatori del nostro effettivo maestro interiore!.
OM MANI PADME HUM!========================= J
Sto scrivendo questo articolo per Nirvana News, la notte stessa dell’attacco Americano in Iraq. Ho dovuto stralciare un articolo di Dharma, gia inserito, per far posto a queste considerazioni che, forse in questo momento, potrebbero essere più utili, di sicuro più attuali, di quell’altro articolo sostituito, che verrà comunque riproposto in seguito.
In questi ultimi tempi si è fatto un gran parlare di pace e di guerra. Anzi, a dir la verità, è da circa cinquemila anni che se ne parla. Niente di nuovo sotto il sole. Se non ché, da cinquemila e più anni, si continua a credere ingenuamente che la guerra possa venir fermata da estemporanee manifestazioni pacifistiche. Purtroppo, le società umane che si susseguono, da almeno cinquemila anni vanno ripetendo sempre gli stessi errori, reiterando sempre gli stessi automatismi. Ci si attiva a rispondere all’altro ed alle sue posizioni ritenute ingiuste (il povero contro il ricco, il nero contro il bianco, il cristiano contro il musulmano, la vittima contro il carnefice, ecc.) tramite l’ideologia politica e si presume che questa sia l’unica possibilità di supremazia per l’una o l’altra posizione, in cui si è schierati. Si dimentica totalmente che, proprio perché la politica è la massima espressione della conflittualità dualistica, essa è se non la causa prima, di sicuro una forte componente in generale delle cause che portano le menti umane a combattersi ed a cercare di sopraffarsi vicendevolmente.
Fermo restando che è sempre meglio una manifestazione pacifistica, piuttosto che una guerra, resta tuttavia il fatto che qualunque manifestazione di volontà popolare, anche pacifica, quando è guidata e attivata da processi politici, non può assolutamente portare ad una vera pacificazione. Questo, perché ciascuno dei contendenti difende strenuamente la propria posizione, credendola giusta e buona, contro quella dell’altra, ritenuta sbagliata e cattiva. Da sempre il cosidetto ‘Bene’ combatte il cosiddetto ‘Male’. Il quale, a sua volta, è chiamato ‘Il Male’, proprio perché combatte a modo suo una posizione, che si è autodefinita ‘Il Bene’. Ma, se tanto il Bene quanto il Male si combattono vicendevolmente e, allo stato dei fatti, ognuno si appropria della personale e più conveniente etichettatura, dove può mai essere la …Vera Pace? Ed a CHI può essere ascritto il ruolo di pacificatore se, per imporre la pace, il più delle volte qualcuno decide di scatenare una guerra, tanto sul piano militare-effettivo quanto sul piano ideologico e dialettico?
Quando si arriva ai limiti delle conflittualità tra gli esseri umani, ciò che scaturisce nella mente e nelle azioni è una rivalsa umanitaria, più o meno giustificata, a cui si dà il nome di … giustizia, che però in tutta sincerità, non è altro che una diversa prospettiva della guerra. E, spessissime volte, la si definisce perfino …santa. Dunque, come ci si può illudere di sentirsi nel giusto, arrivando perfino a scomodare <Dio>, per giustificare la propria assoluta intolleranza alle decisioni altrui ed il bisogno di ricorrere ad una azione estrema come la guerra?. D’altra parte, anche chi è contrario alla guerra, si è mai veramente domandato perché sta sbandierando la propria contrarietà ad un effetto ormai inevitabile, che il karma umano ha portato a maturazione, come risultato di precedenti atti di intimidazione, ingiustizia e/o provocazione?
Secondo la Conoscenza delle leggi che governano i segreti dell’esistenza umana, (che il buddhismo chiama ‘Il Dharma’), tutte le cose e gli avvenimenti che accadono sulla faccia di questo pianeta (ovvero nella nostra manifestazione) sono messi in moto e portati in essere dalla Legge di Causa ed Effetto. Vale a dire che, quando una causa irrefrenabile è stata messa in moto, non si potrà più impedirne l’inevitabile effetto, qualechessia. Vediamo addirittura che, come nel caso di questa sciagurata guerra, che si combatte tra l’Iraq di Saddam Hussein e gli Stati Uniti d’America di Bush, ciascuno di essi chiama a testimone il proprio ‘Dio’ per assicurarsi la validità e la legittimità di azioni negative e perverse, tanto da una parte che dall’altra. Non solo, ma quando perfino il Papa, il Santo Padre del Cattolicesimo, dice che nessuno deve attribuirsi la convinzione che Dio sia schierato dalla propria parte, ma che anzi, per questo dovrà proprio risponderne a Dio, ci si dimentica totalmente che, se Dio è TUTTO ciò che esiste, allora è vero che entrambi stanno combattendo proprio …in suo nome. Peraltro, nella religione Musulmana, proprio l’asserzione ‘Inshallah’ (‘Dio lo vuole’) giustifica e convalida il fatto che il Dio degli umani (quindi non quello vero) non è affatto assolutamente pacifico… anzi.
Se leggiamo la Storia, possiamo vedere quante guerre sono state dichiarate e portate avanti nel …nome di Dio. Ma questo Dio, tanto evocato e portato al proprio fianco, è il Dio degli uomini, perciò è l’UOMO stesso, con la sua mente e la sua volontà e, soprattutto, con la sua non-conoscenza di sé e con l’enorme ignoranza riguardo alla verità dei fenomeni. Ed anche chi parla di pace, essendo sovente intossicato dalla stessa visione irreale ed illusoria del mondo e dei fenomeni, non può sapere di quale pace sta parlando. Perché la Vera Pace (quella senza guerre e senza aggressività mentale) non è di questo mondo. Come si può invocare la pace, provando avversione verso altri esseri umani, sia pure nella loro negativa veste di massacratori e guerrafondai, e augurandosi che accada loro ciò che essi, sciaguratamente, stanno già facendo ad altri, come vittime della loro propria estrema negatività mentale? Questi pacifisti dovrebbero prima di tutto chiedersi CHI sono realmente questi ‘nemici’, presenti oggi su questo piano di esistenza e forniti di coscienza nell’aspetto umano, Ed anche, CHI erano, costoro, prima di incarnarsi in queste vesti di aguzzini sanguinari e massacratori di gente inerme. Con meraviglia, potrebbero scoprire che i massacratori di oggi sono i massacrati di ieri (in termini di vite precedenti), così come i cacciatori di ieri, sono le prede in questa vita attuale. Questa è la verità, anche se indimostrabile, dal punto di vista pragmatico e tangibile. D’altra parte, il fatto che da più di cinquemila anni le cose siano sempre andate in questo modo, senza poter mai trovare soluzioni, la dice lunga su quali verità si possano conoscere con le nostre menti limitate, e che cosa sia possibile dimostrare realmente o meno, in questo mondo.
La Vera Pace è la pace della mente. La pace della mente si ha solo quando si è compresa la verità dell’esistenza e dei fenomeni. La pace della mente si ottiene soltanto quando si è finalmente diventati illuminati. Vale a dire quando si è capito che questa stessa vita, con tutte le sue ingiustizie, le guerre, le angoscie e i dolori, gli apparenti nemici, le vittime ed i loro carnefici, non sono altro che l’effetto-boomerang, sperimentato in un sogno irreale, che subiamo e ci ritorna a causa del nostro stesso cattivo pensare e del male effettuato a nostra volta, testimoniato dalla nostra primordiale ignoranza della verità metafisica (conosciuta come “il peccato originale”).
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SESSO O NON SESSO, QUESTO E’ IL PROBLEMA
(Di Aliberth)
In merito agli articoli sui “TANTRA”, recentemente pubblicati su Nirvana News, qualcuno potrebbe incorrere nel pensiero che un certo tipo di buddhismo, non-ufficiale e segreto, possa rendersi promotore di esaltare le passioni e stimolare l’incentivazione di pratiche mistico-sessuali, nei ricercatori ancora desiderosi di esperienze appagatorie. Siccome questo è un argomento molto serio, è bene chiarire subito la vera posizione del Dharma, anziché lasciarsi andare ad ipocriti e fanatici slanci di puritanesimo moralista ed intransigente. Bisogna sapere che nell’arco di tempo in cui il buddhismo si estese per tutta l’Asia, dovette interrelarsi e fondersi com’è ovviamente immaginabile, con numerose altre culture indigene, le quali avevano i loro usi e costumi ben radicati nelle popolazioni. Ciò comportò che, quantomeno in superficie, anche il buddhismo dovette fare i conti con tradizioni e pratiche popolari imperanti, tanto nell’originaria India quanto nei successivi paesi, in cui si espanse (Tibet, Cina, Giappone, Corea, Sud-Est Asiatico, ecc). Di conseguenza, poiché nelle consorterie segrete dell’Induismo e nelle società sciamaniche dell’Himalaya, le pratiche mistico-sessuali andavano per la maggiore, ecco che il buddhismo, dovendo farci i conti, non ci mise molto ad inglobarle ed a farle diventare una sua stessa caratteristica, anche se con propri punti di vista.
Questo è quello che, nel libro di S.Dasgupta, Professore dell’Università di Calcutta, è puntigliosamente descritto. Io mi sono soltanto limitato a tradurlo, in primo luogo, ed a valutarlo, al solo scopo di poter capire meglio cosa volesse significare la famosa frase, nota a tutti i veri praticanti: “Le passioni sono la Bodhi!”. Dopo aver letto TUTTO il libro ed aver capito il contesto, in cui si vorrebbero inserire queste pratiche tantriche dette "della-mano-sinistra” (per distinguerle dalle meno provocatorie pratiche della “mano-destra" o del Tantra Bianco), ho compreso l’errore di valutazione. Infatti, al giorno d’oggi, quel contesto non è più rappresentabile e, quindi, non più proponibile. Se oggi, qualche ingenua persona avvicinasse il buddhismo per soddisfare le sue subconscie e pruriginose smanie, pensando di poter santificare le sue necessità sessuali, sbaglia di grosso! Tuttavia, ritengo che molti saranno obbligati a passare per queste malintese esperienze, prima di capire il vero scopo del Tantra e solo allora il significato della frase di cui sopra diventerà chiaro! Diceva un’antica massima che ‘per rialzarsi, bisogna prima esser caduti’. Perciò, solo con l’esser passati attraverso le bassezze umane si può sperare di risollevarsi. Anzi, dopo aver consapevolizzato che questi tentativi di soddisfare i propri desideri si sono dimostrati inutili, avendo aumentato il disagio e la sofferenza dell’animo, può prendere finalmente avvio la spinta del Buddha interiore, quando finalmente potranno essere presenti ben aperte ‘orecchie per intendere’.
Il cammino del Dharma è lungo e duro, ma inizia in modo morbido e suadente. Quando i Bodhisattva gettano l’amo per salvare gli esseri, la loro esca, spesso, è attraente e gratificatoria. Poi, se il karma spirituale è maturo per sbocciare, la strada si fa più crudele ed il sentiero diventa una dura salita, piena di volontarie rinuncie e di pazienti privazioni, per sottostare alla purificazione della mente. Che, come ogni purificazione, richiede un salubre bagno che deterga tutte le impurità egoiche, comprese le necessità sessuali, prima ritenute così importanti e ‘naturali’, mentre dopo, con la spontanea caduta del desiderio, vengono coinsiderate alla stregua di vecchi giocattoli, non più attraenti per l’individuo in crescita.
Si è veramente “adepti”, solo quando le nostre esigenze ‘umane’, mentali e corporali, si saranno affievolite, limitandosi solamente al minimo indispensabile, come il bere, il mangiare ed il dormire (purché con la dovuta morigeratezza). Se non si diventa ‘come morti’, non si può ritenere di essere sul giusto cammino. Questo è il vero significato della frase “Le passioni sono la Bodhi!”, perché grazie alla rinuncia ad esse, dopo averle capite e ritenute le cause del dolore, si è “nel mondo, ma non del mondo!”- J
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Resoconto di una conversazione tramite messaggini tra un aspirante ed un insegnante-Zen che gli rivela la sua incapacità ad essere Zen. Almeno per questa vita…
Verso la fine di giugno di quest’anno, un ragazzo di nome Filippo, dopo aver chiamato al cellulare e chiesto di poter partecipare ai nostri incontri, è arrivato al Centro Nirvana un lunedì sera (in verità un po’ tardino, dopo circa una mezz’ora che si era già tutti seduti…) ed è rimasto per tutto il tempo in atteggiamento misto di curiosità nonché di una certa circoscritta attenzione alla situazione ambientale. Alla fine della serata, come solitamente accade all’arrivo di un nuovo partecipante, l’insegnante offre a questa persona le consuete locandine di spiegazione del metodo Chan, come viene applicato presso il Centro Nirvana.
Questo ragazzo, gentilmente, ha salutato e se n’è andato, apparentemente contento di aver fatto quell’esperienza e, piuttosto timidamente, ha accennato ad un suo probabile ritorno il lunedì successivo. Ovviamente l’insegnante, ormai ben avvezzo a come vanno queste cose, gli ha detto di pensarci su e di tornare solo se fosse stato veramente convinto.
Un paio di giorni dopo, tramite cellulare, questa persona si è sentita in dovere di mandare un messaggio all’insegnante Aliberth, che più o meno, diceva così:
“Mi dispiace, ma non credo di venire la prossima settimana… Comunque, grazie lo stesso e auguri!”.
Aliberth, che in realtà non aveva molto creduto a quella sua prima promessa, ed anche perché ormai conosce bene le persone e sà chi è idoneo al Chan e chi no, per cortesia ha risposto, sempre tramite SMS: “Ok. Tanti auguri anche a te, ma credo che tu non avrai ancora una opportunità come questa!”.
Il giovane ha quindi perentoriamente inviato un altro SMS, “Va bene. Non mi interessa. Grazie lo stesso e buona giornata!”.
Aliberth, che come tutti i Bodhisattva cerca fino all’ultimo di risvegliare la coscienza delle persone, ha di nuovo risposto: “Ok. Tu sei morto, ma se conosci qualcuno che intende vivere, mandalo qui. Sarà la tua opera buona almeno in questa vita!”. Del tutto ignaro di cosa ciò volesse significare, e sconcertato da ciò che lui credeva di aver capito, il buon Filippo ha poi mandato un altro messaggio: “Mi stupisce che tu mi chieda di mandare qualcuno a partecipare ad un gruppo Zen che è alla deriva, come anche la sua guida. Spero apprezzerai la mia sincerità!”.
Aliberth allora ha ritenuto opportuno concludere: “Non hai capito proprio niente… Finché esisterà Filippo, Tu sei morto. Ora però basta, vai per la tua strada e lasciami in pace!”.
Credete che egli abbia potuto veramente capire il profondo significato di ciò che gli è stato riferito? Io temo proprio di no e, sinceramente, credo che il 99% dell’umanità non possa proprio capire il significato di quanto detto sopra.
Il mondo è pieno di persone come Filippo…, che possono anche essere molto intelligenti su questo piano di esistenza ed avere una mente adeguata per un utilizzo in questa realtà condizionata, ma che non riescono assolutamente a vedere l’apparenza illusoria dei fenomeni, e pertanto si credono persone reali che vivono in un mondo ritenuto reale.
E voi che ora state leggendo, fatevi un esame di coscienza. Siete anche voi come Filippo? State solo cercando uno Zen mondano? E allora, quando risveglierete la vostra mente? Quando smetterete di credere di essere ciò che ritenete di essere? Seppure voi credete di star percorrendo il Sentiero, non avete alcun dubbio del fatto che giudicando ciò che vi appare davanti, state solo cadendo nel tranello della vostra mente?
Lo Zen autentico non è quello che voi immaginate… non è quello che state cercando. Non importa chi è colui che ve lo insegna. Può essere un maestro importante sul piano mondano ma, per voi, potrebbe essere addirittura assai scarso sul piano spirituale. E viceversa….
Perciò, state solo attenti a ciò che pensate. Siate in guardia per cogliere la vostra mente cogitante. Ascoltate solo colui che vi dice di guardarvi dentro in continuazione e… poi fatelo! Più troverete difficoltà nel capire e più dovreste diventare interessati! Ma, per carità, smettetela di aderire al vostro giudizio di cui non conoscete l’origine. Cessate di agire in conformità di ciò che pensate voi! Aprite l’orecchio interno, la vista interna, il pensiero interno. Siate consapevoli che questi veri elementi interni non appartengono alla vostra persona, ma all’essere profondo che rimane sempre dov’è, anche quando Filippo, o chiunque altro, non esisterà più!. Aliberth JJJ
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Ciò che NON ci piace, nell’uso dei NOMI Sacri per eventi e situazioni esclusivamente MONDANI…
Abbiamo più volte parlato della nostra <idiosincrasia> per l’utilizzo dei nomi sacri, anche se esotici e quindi allettanti, nelle circostanziali situazioni mondane. Perciò, vogliamo ritornarci sopra, anche se la cosa va avanti da tempo, dato che nomi indianeggianti e di matrice religiosa orientale sono stati usati a profusione nelle varie presentazioni musicali o spettacolistiche date in pasto al giovane pubblico new-age.
Circa una decina di anni fa, da parte dei soci fondatori del nostro Gruppo di Meditazione, fu preso il nome di “Gruppo Ch’an Bodhidharma”, anche perché eravamo in stretto contatto con un monaco di una Scuola Coreana. Poi, le nostre strade si sono divise e, essendo rimasto quel nome al gruppo che restò seguace del monaco Tae-Hyè, io e la mia compagna Cristina, praticanti laici, decidemmo di dare il nome ‘Centro NIRVANA’ al nostro Gruppo di Autocoscienza. Questo nome fu scelto, non tanto per l’accattivante risonanza che poteva aprire visioni e aspetti di pace e serenità, quanto perché già allora noi stavamo cominciando a capire che “Nirvana e Samsara, dal punto di vista ultimo, sono la stessa cosa!”. Quindi, ci sembrò opportuno far riferimento al fatto che le persone, entrando a far parte del Gruppo, e pur restando sostanzialmente le stesse, con la trasformazione mentale potevano modificare in meglio la loro vita, facendo coincidere la visione samsarica con quella, piena di saggezza e compassione, del più puro NIRVANA.
Per quanto possiamo saperne, può anche darsi che coloro che hanno usato, usano ed useranno questi santi nomi, nelle loro attività e scopi mondani, vogliano avere gli stessi risultati; e cioè portare un po’ di pace e serenità nelle loro menti, anche se seguendo una insensata scorciatoia, invece di farsi il loro autentico bel training spirituale. Perciò, questo può anche sembrare positivo e meritorio ma, attenzione, a non ESAGERARE! Va bene usare i sacri nomi per sperare in risultati positivi, ma farlo per riuscire ad ottenere solo successi personali di fama e ricchezza, non è certo un buona opera di Dharma. Meglio tornare ad usare questi nomi per le attività prettamente spirituali. In questo modo, non si rischia di contaminarli e li si mantiene adatti allo scopo originario.(A.M.)
“COME ALCUNI DIVENTANO…MAESTRI CHAN, …e altri NO!” - Corsivi di ALIBERTH)
= LA VERITA' DELLA VACUITA'=
Oggigiorno, si ha un bel leggere libri di grandi Saggi antichi ed ascoltare discorsi di attuali Guru moderni, … Alla fine, malgrado l'eventuale disponibilità messa in campo, certe verità restano incognite e sconosciute alla maggioranza dei profani interessati (solo superficialmente) agli insegnamenti segreti del Dharma buddhista.
Ciò che è più rimarchevole è il fatto che perfino alcuni praticanti 'ufficiali', i quali spesso sono considerati guide spirituali da numerosi seguaci, non avendo seguìto a puntino le ingiunzioni e non avendo, perciò, rivoluzionato il loro pensiero personale, non sono in grado di insegnare il 'vero ed autentico Dharma' a questi loro seguaci.
Resta da dire che, tuttavia, vi sono anche adepti sinceri che hanno creduto fin dall'inizio, e credono tuttora, alle verità stravolgenti dei grandi Saggi del passato, i quali fecero l'esperienza diretta sulla loro mente e ne tramandarono i segreti.
Certo, questi adepti idonei sono invero pochini. Ma, come è sempre stato, il vertice della piramide è ben più piccolo della base. E solo i predestinati, che hanno fatto il grosso del lavoro nelle loro vite precedenti, possono sperare di comprendere 'veramente' il Dharma e la sua verità principale, vale a dire la VACUITA'!
Spesso si domanda ad alcuni adepti quale sia stata la loro linea di trasmissione e quale il loro maestro. Premesso che senza maestri è assai difficile arrivare alla comprensione della mente, tuttavia alcuni rari individui possono, magari dopo aver ascoltato per decenni vari maestri di varie tradizioni, "sentire" dentro di essi il richiamo "ufficiale" di un lignaggio autentico (come il Ch'an). I Patriarchi del passato si mettono direttamente in contatto con la sua mente, trasmettendo l'antica Dottrina proprio nel modo migliore in cui il Ch'an si trasmette: e cioè da … mente a mente!.
La natura umana, si sa, è assai volubile ma anche alquanto permalosa e tignosa. Allorché una persona si fissa su una propria opinione, specie quando questa opinione è accompagnata da interessi personali, non c'è proprio verso di farle vedere l'altra faccia della verità. Tutto ciò, purtroppo, accade anche a persone che dovrebbero fare di questa loro caratteristica, proprio la base per il loro lavoro spirituale. E invece, si assiste ad incancrenite situazioni di mantenimento delle proprie ostinate posizioni, fortemente ostili ed avverse a chi, senza tanti complimenti, è stato danneggiato con azioni di corpo, parola e mente. Tutto questo a dispetto di ciò che il Dharma ripetutamente ci ammonisce. Ora, se questo tipo di comportamento è in qualche modo comprensibile quando messo in atto dalle cosiddette persone 'ordinarie', ovvero da parte di chi non ha avuto l'opportunità di conoscere il Dharma, esso risulta oltremodo inspiegabile ed incomprensibile quando eseguito da persone che, a detta di tutti, sono alquanto avanti nella scala evolutiva della coscienza spirituale. Dal canto nostro, noi stiamo auspicando da molto tempo una completa revisione ed un ritratta-mento di questi atteggiamenti. Siamo del tutto propensi a riallacciare buoni rapporti con chiunque senta l'animo di fare altrettanto. Dimostrare di aver compreso e, ancor più, di saper praticare le "Perfezioni" con spirito fraterno, riaprendo il proprio cuore ai presunti vecchi 'nemici' è la migliore prova di essere veramente 'persone speciali', veri e propri 'bodhisattva' che fanno onore alla dottrina del Buddha. Vogliamo provarci insieme? Noi siamo qui, seduti sulla riva del fiume ad aspettare, non più il cadavere del nostro nemico, bensì la fragile barchetta del nostro stesso essere, l'essere-senziente simile a noi, che sappia perdonare ed essere a sua volta perdonato. OM Shanti! - J
= VERITA’ VERA e VERITA’ FALSA=
Quando ci troviamo nella condizione di cercare di capire se una certa situazione, una dichiarazione, un evento, o qualsiasi altra cosa, siano veri o falsi, di solito siamo portati a farlo basandoci sul nostro presumibile giudizio, nonché appellandoci fideisticamente al nostro intuito. Dato che in questa manifestazione universale non esiste nessun punto di riferimento definitivo ed assoluto a cui potersi appellare, il crisma di verità assoluta non può essere dato a nulla che non sia dimostrabile e dimostrato come tale. E poiché la prassi della dimostrazione ricade anch’essa nell’alea della possibilità ma non della certezza, siamo di nuovo al punto di partenza. Non c’è nulla, in questo mondo oggettivo, che possa sostenere un esame inquisitorio, applicato al fine di stabilire la sua verita effettiva.
Pertanto, quando poi veniamo attratti da filosofie e speculazioni dottrinarie che trattano dello spinoso problema di una Verità soggiacente, la nostra povera mente umana, incapace di cogliere una immediata certezza dell’assioma appreso, si adagia utilitaristicamente su una presunta verità di comodo che, almeno, mette fine momentaneamente al dilemma. In questo modo, la maggior parte degli individui è stata portata a credere a verità più o meno trascendenti, imponendo loro un atto di fede senza opposizione, anche perché per poter negare una certa verità rivelata occorre averne un’altra pronta e dimostrabile, e ancor più palese della precedente. Cosa che non solo non è sempre possibile, ma addirittura, spesso la faccenda apre interminabili spirali di irrisolubilità logica, cosicché la speranza di cogliere una verità definitiva si rivela, il più delle volte, un’impresa assolutamente impossibile.
Ecco perché lo Zen (e nella fattispecie il Ch’an, cioè lo Zen originario) trova il modo di appianare questa problematica, tentando di mettere d’accordo le contrastanti opinioni e dichiarando che la Verità Assoluta non può mai essere dimostrata se viene portata all’esterno della nostra vera natura originaria, dove essa fatalmente risiede. Quindi, la soluzione del problema è stata ottenuta proprio con l'eliminazione dello stesso. Non si può assolutamente parlare di una Verità esprimibile che sia la stessa per tutti, quando questa viene estratta e portata fuori dalla sua sede naturale e cioè la mente, quando è in assoluto silenzio ed immobilità…
Voglio qui rammentare la parabola, anche se non serve ripeterla interamente, dei quattro ciechi che un giorno, a modo loro, decisero di voler conoscere com’era fatto un elefante. Basterà ricordare che ciascuno dei ciechi, avendo toccato con le mani ognuno una parte diversa, arrivò alla conclusione che l’elefante era simile a qualcosa che assomigliava a quella determinata parte. Quindi la verità di ciascuno, pur sperimentata personalmente, non collimò e non si dimostrò essere uguale a quella di tutti gli altri. Anche se, nell’attimo intimo e silenzioso in cui ognuno ebbe la propria esperienza, la vera verità si era manifestata nella mente di ciascuno, mandando il suo luminoso riflesso coscienziale. Perché quell’immediata consapevolezza e la consapevolezza di esserne istantaneamente consapevoli, ERA LA VERA VERITA’. Ma purtroppo, non appena essi vollero farla fuoriuscire per comunicarla e per confrontarla con quella degli altri, immediatamente la persero, cominciando a questionare e la verità divenne personale, falsa ed erronea.
Allora, avendoci il Ch’an rivelato come poter conoscere la Verità, bisognerà imparare a riconoscerla ed a custodirla nel silenzio della propria mente, aiutati in questo dai Buddha e Bodhisattva, dai compassionevoli antichi maestri e dagli eterni instancabili amici del Dharma. I quali, ancora oggi, si danno da fare per aiutare gli esseri ad arrivare a questa Verità, tentando così di far loro raggiungere la realizzazione dell’illuminazione. Di conseguenza, è assai importante che le persone che credono in ciò che è stato detto, si affrettino ad arrivare allo studio dell’auto-consapevolezza secondo il metodo del Ch’an, o di un qualunque altro metodo simile, finché ci è data la possibilità di potercisi avvicinare. Invece, coloro che non ci credono dovranno purtroppo correre più in fretta, perché il Ch’an non si fermerà ad aspettarli, e ciò significa che costoro potranno avere di nuovo questa possibilità, se saranno fortunati e se lo meriteranno, probabilmente soltanto fra molte, molte vite. JJJ
FILTRARE LA …PULA!
Anticamente, ma anche oggigiorno in alcuni siti agricoli, per passare al vaglio cereali e legumi, si usava un grosso strumento circolare col fondo composto da una retina. Con esso (il vaglio) si dividevano i chicchi buoni da quelli marci, o da altre impurità presenti nel raccolto, come sassolini, pulviscolo, ecc. Tutte queste impurità, che poi erano naturalmente gettate via, formavano la PULA. Orbene, anche nel nostro Centro Nirvana, si fa questo lavoro al vaglio. Apertamente dichiarando le stravolgenti verità del Dharma, si filtrano le menti valide da quelle non idonee all'insegnamento segreto. E queste menti, (con i rispettivi proprietari), vengono lasciate andar via, o spinte a farlo da gentili ma inconfondibili provocazioni. Queste persone, non ancora mature per l'Insegnamento Ultimo, sono la PULA della Spiritualità. Bisogna rigettarle nel mondo samsarico, anche se con un immenso dolore, perché devono ancora acquisire meriti e capacità di comprensione. Tra l'altro, queste persone, essendo pienamente convinte di decidere da se stesse, nella fattispecie, non capiscono nemmeno che vengono estromesse da un particolare stato-sottile di coscienza, che sta oltre lo spazio-tempo, e si illudono di poter andare da qualche altra parte a cercare ciò che illusoriamente credono possa essere un qualcosa da trovare. Come ho già detto in un'altra occasione, esse non sanno che qualsiasi cosa stanno cercando, se la portano sempre dietro con se stesse! Perciò, anche quest'anno, aspettiamoci pure un ridimensionamento, anche se potrebbe darsi che qualche raro praticante, perché nò, avendo concluso il ciclo, si sia un po’ …illuminato e quindi senta di dover proseguire il cammino da solo, senza più appoggiarsi (finalmente) a nessuna altra persona fisica! OM - SHANTI! ---
PENSIERI CHE VAGANO SENZA PASSAPORTO!-
Da anni, ormai, ci troviamo a far considerazioni esplicative sul tipo di pensieri che devono passare nella mente delle persone, allorché si trovino casualmente ad imbattersi negli Insegnamenti del Chan. Poiché è presumibile che nessuno sappia in partenza ciò che verrà ad ascoltare quando si troverà di fronte ad un insegnate Chan, ma è ben noto invece cosa queste persone immaginano o sperano di trovare, vorremmo almeno sapere perché nessuna di esse provi a farsi la classica domanda, “Cosa sto cercando? E chi è che cerca qualcosa?”. Se soltanto qualcuno si facesse questa domanda, prima di andare qua e là a saltellare da un centro all’altro, forse troverebbe meglio ciò che è necessario per sé. Se soltanto si capisse che mentre andiamo alla ricerca di un qualitativo miglioramento della nostra esistenza, questa è una ammissione di incapacità di dirigere da soli la nascosta entità che c’è dentro di noi. Tuttavia, se poi ciò che troviamo non ci aggrada, o non viene capito, senza domandarci chi è che prende quella decisione, di colpo cambiamo destinazione ed abbandoniamo quel posto in cui abbiamo trovato difficoltà di comprensione. Perciò, in qualche modo, si dà valore, responsabilità e credito a ‘quella entità nascosta’ che ci dà gli ordini, ma purtroppo senza che noi la si conosca. E, sempre purtroppo, proprio abbandonando l’insegnamento che ce l’avrebbe fatta conoscere, col tempo e con la necessaria pazienza e il dovuto lavoro. Allora, come la mettiamo? Se da dentro ci giunge la spinta verso la ricerca, perché poi non abbiamo la dovuta pazienza di saper aspettare di esser in grado di arrivare alla vera conoscenza di noi-stessi?- J
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Un curioso articolo di LUCA ARCHIBUGI tratto dal MESSAGGERO del 7 Gennaio 2006, con commento di Aliberth…
«Buddha? Un realista terra terra»
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(Nella foto: La statua del Buddha nel tempio di Aluvihara Rock, in Sri Lanka)
Serio, ma spiritoso. Deciso, ma non precettistico. Sintetico, ma non superficiale. Ecco una forma di alta divulgazione, quella che manca sempre in Italia. La divulgazione, nel nostro paese, ha sempre un sapore contorto: Giulio Cesare Giacobbe riesce invece a parlare in modo semplice e non intellettualistico, scrive in modo tale da raggiungere chiunque, senza alcuna pretesa di verità assoluta. Il libro Come diventare un Buddha in cinque settimane (Ponte alle Grazie, 134 pag., 12 euro), sin dal titolo dichiara le proprie intenzioni sarcastico-ironiche. Primo requisito essenziale per un buddhista è, per Giacobbe, non prendersi troppo sul serio. D'altronde, su questo punto dovrebbero convenire quasi tutti, indipendentemente dalla loro attività. Un altro vizio nazionale, da paese del melodramma quale siamo, è quello di vivere ciò che è serio in modo serioso. Ci conforta Ennio Elaiano, con una celebre battuta: «La situazione è tragica, ma non seria».
Riferendosi alla presentazione del volume, avvenuta a Roma, Giacobbe ci ha raccontato: «È intervenuta Barbara Alberti, che ha fatto un intervento in difesa del libro, contro dogmi e oscurantismi. Sapete com'è la Alberti, no? Qualcuno del pubblico si è sentito vilipeso e ha detto che così lei offendeva altre confessioni diverse da quella buddhista. Se avessi saputo che scrivendo questo libro sarebbe successo questo casino, non l'avrei scritto». Giacobbe è un tipo assai pacifico: è genovese, ha quella freschezza e spontaneità da cittadino di mare, la sua città d'elezione è Napoli, e scherza sempre con improbabile accento napoletano e in partenopeo si lancia persino in barzellette. Sostiene che il Buddha e Napoli hanno molto in comune. In che senso? «La religione buddhista nasce come risposta a quella che era la religione dominante dell'epoca, la filosofia vedica. Per i Veda, tutto era Spirito. Noi siamo particelle della realtà cosmica spirituale. Il Buddha, anzitutto, riafferma l'importanza della materia, del dato sensoriale».
Giacobbe è un epicureo, e si dichiara in piena armonia con la filosofia buddhista: «Il buddhismo è anzitutto una filosofia pratica, un manuale di sopravvivenza, diremmo oggi. Insegna a superare ogni forma di sofferenza, con esercizi specifici, che ho sintetizzato e riportato nel libro. Il Buddha era un realista molto terra terra. Un empirista, diremmo noi. Il Primo Potere è il controllo della mente. Ma è solo il primo passo, quantunque difficilissimo. Qui lo Zen si ferma. Ma il Buddha è andato oltre. Scopo del libro è il raggiungimento dello stato di buddhità, punto a cui può arrivare chiunque, in cinque settimane. È una condizione psicologica di serenità, non altro. Per esempio, nell'amore, occorre accettare l'altro per quello che è, senza pretendere di cambiarlo. Così, di questo passo è possibile arrivare all'amore universale».
A proposito, giacché - in ogni caso - lo Zen è pur sempre l'unica scuola fedele al buddhismo delle origini, in esso vi è una meravigliosa sentenza: «Se sei attaccato a una parete di roccia, non devi pensare, altrimenti cadi». Continua Giacobbe: «Io non penso quasi più. Di mestiere faccio l'intellettuale, parlo in continuazione, scrivo libri, ma non penso più. Il pensiero si fa da solo. Non esiste l'anima, non esiste Dio, non esiste vita oltre la morte. La verità è inafferrabile. Occorre smetterla di vivere dentro la mente, o nel pensiero, e vivere nella realtà. Noi non siamo consapevoli di quanto automatismo ci sia nel nostro pensiero». Giacobbe spinge sull'acceleratore: «Nella visione del Tantra, ad esempio, sono le donne che insegnano agli uomini il piacere e il dolore, ed essi non hanno limite: sono due abissi senza fine che ci permettono di avvicinarci alla divinità. Il corpo è come uno strumento, per esempio un pianoforte, e noi è come se ci suonassimo sopra il motivetto di S. Martino campanaro. E’ l'azione che uccide il pensiero. Se uno avesse sempre a disposizione una donna con cui andare a letto, non si scriverebbero più poesie».
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Oggigiorno è invero molto difficile capire, e soprattutto accettare, una visione filosofica della Realtà così come viene insegnata dal Chan. Anche le persone che pure si sono avvicinate ad esso, hanno tutte manifestato una reazione alquanto diversa da come la stessa sarebbe probabilmente avvenuta mille o più anni fa in Oriente, e segnatamente in Cina, Tibet, Corea o Giappone. Non è per nulla facile per le menti Occidentali, con l’imperante educazione culturale e religiosa delle nostre società materialiste basate sulla visione ariana dell’esistenza, riuscire a comprendere il sottile ed ostico messaggio derivante dalla filosofia Buddhista delle rinascite e del karma, cioè la Legge di Causa ed Effetto.
Ricordo un film francese degli anni 70 o 80 dal titolo ‘Il mondo di Pierrot’, in cui il regista descrive il mondo come un sistema di menti collegate al comune modo di percepire la realtà. E ciò era così condizionante anche per quei rari individui che, stranamente e casualmente, avessero la ventura di percepire il mondo in modi diversi, da far loro credere di essere fenomeni estranei e alieni e quindi, obbligarli a ricredersi circa la loro (presunta) errata percezione. Va da sé che, se la verità della realtà e della modalità di esistenza fosse proprio quella che questi rari esseri liberi percepivano in modo spontaneo, alla fine essi erano costretti ad accettare la menzogna imposta e credere quindi al mondo illusorio propinatogli dal comune modo di intendere.
In un certo senso, la stessa cosa accade (anche se in maniera inversa) a coloro che vengono a contatto con le profonde verità metafisiche del Buddhismo, e del Chan in particolare. Malgrado il grande impegno dell’insegnante che, ovviamente, almeno lui dovrebbe aver compreso il significato di ciò che ha imparato e che insegna agli altri, per gli occasionali discepoli, o presunti tali, che càpitano nei vari centri con lo scopo di imparare la conoscenza spirituale (cioè il Dharma), la cosa non è affatto facile. Abituati come sono al comune modo di intendere, a causa dell’educazione ed istruzione di tipo mondano-materialista della contemporanea cultura sociale Occidentale, la rivelazione delle sconcertanti verità che riguardano l’illusorietà del mondo e dei fenomeni, nonché le dinamiche della Legge di Causa-Effetto e la retribuzione karmica con discesa negli inferni e risalita nei piani umani e divini in una incessabile continuità di rinascite, ad essi risulta particolarmente difficile e incredibile.
Anche i più motivati, o almeno quelli che alla loro motivazione ci credono, restano ingarbugliati di fronte all’incapacità di accettazione nel profondo di questa totale inversione di dati e conoscenze. E, non riuscendo a fare, o non volendo-fare, questa rivoluzione completa del modo di vedere e percepire, e dei punti di vista circa la comprensione della realtà oggettiva e soggettiva, alla fine essi creano solo un’ulteriore ipotesi mentale che pienamente li può soddisfare sul piano eruditivo-culturale, ma che in realtà non riesce a scalfire assolutamente la loro erronea visione del mondo.
Ecco perché, parafrasando il titolo del film, ho intitolato questo articolo ‘Il mondo di Piero’. Perché un ipotetico ‘Piero’, sempre presente in ogni gruppo spirituale, rappresenta bene la reazione mentale di quei personaggi, come descritti sopra. E’ pur vero che varianti e differenze allo stereotipo descritto ci sono tutte ma, alla fin fine, esse non si discostano di molto, e tutto è riconducibile alla descrizione di cui sopra. Questo mondo attuale è pieno dei vari ‘Piero’ che, allorché approdano ad una scuola di esperienza spirituale, si illudono di ‘aver capito’ le ingiunzioni e di esserne padroni, ma poi evitano accuratamente di metterle in pratica e, quando i nodi giungono al pettine, dimostrano con le loro irritate reazioni piene di orgoglio e di egocentrismo, di non esser stati per nulla interessati a cambiare la loro mente ed il loro punto di vista sulla realtà del mondo e delle persone.
Chiaramente, avrei potuto chiamare il mondo di Piero con qualunque altro nome e cioè, il mondo di Giovanni, o di Francesco, ecc. ma mi è piaciuto accostare il titolo del film a quest’articolo. Per cui, eventuali persone con questo nome, non devono prendersela, anche perché se se la prendono, alla fine dimostrano ampiamente la verità di questo articolo, che quindi, tutto sommato, ben si addice a descrivere la mentalità di questo tipo di persone prettamente mondane e non spirituali. - JJJ
(Considerazioni di Aliberth, su eventi e fatti del mondo…)
Nel nostro “NOTIZIARIO – n. 36 - MARZO 2005” dal titolo: LA TRAGEDIA ASIATICA, che potete trovare nella sezione ‘Notiziari di N.N.’, avevamo già parlato dell’enorme catastrofe dello ‘tsunami’ che, nel dicembre dell’anno 2004, si era abbattuta sui paesi del Sud-Est Asiatico e, in special modo, in Indonesia…. Poiché anche questa tragedia, come quella, si è verificata in luoghi che sono abitati da popolazioni che una volta erano di fede buddhista, e poi sono state obbligate a convertirsi all’Islam (certo, non da oggi, ma da qualche secolo) ci lascia alquanto perplessi. Avevamo già espresso il nostro dubbio sul fatto che proprio in quella parte del mondo in cui l’Islam predomina, o almeno sta tentando di farlo, siano potute accadere così tante disgrazie, tragedie, catastrofi, guerre civili, guerre totali con bombardamenti, sì da lasciarci addirittura pensare se tutte queste non siano forme di punizione divina… Stavolta, con il terremoto a Giava, siamo ancora più perplessi, dopo aver letto che nella zona di Borobudur (dove esite il più grande e antico tempio buddhista dell’Indonesia), sono crollate tutte le costruzioni, case, scuole, perfino i templi induisti, mentre il solo tempio buddhista è rimasto in piedi incolume. Ed allora siamo andati con la memoria a quando i talebani dell’Afghanistan fecero saltar in aria le statue del Buddha a Bamiyan. Ed allora abbiamo capito. All’ineluttabile legge del Karma non si può sfuggire… O, come si dice da noi, ‘Chi la fa, l’aspetti’, o anche, ‘Dio non paga il sabato’. Certo, chi ne paga il prezzo non sono solo coloro che direttamente furono colpevoli di quel sacrilego scempio, ma si sa bene che la Legge del karma non è solo individuale, bensì spesso collettiva. Ecco perché bisognerebbe conoscerla e capirla bene. Ma, alle persone ed alle culture di oggi, tutto questo non interessa. Anzi, si ha una certa forte tendenza a rifiutare tutto ciò che non si accetta. E allora, quindi, poi se ne dovranno pagare le conseguenze. Ed i veri colpevoli dovranno poi pagare anche le conseguenze del fatto che altri innocenti hanno pagato per causa loro. Questa è la Legge dell’interdipendenza dei fenomeni. Ed anche questa non solo non è conosciuta, ma se un Bodhisattva per compassione la comunica agli altri esseri umani, tramite gli insegnamenti del Dharma, essa non viene accettata se non da pochi e rarissimi individui. Allora, come saggiamente è stato detto in passato, chi ha orecchie per intendere, intenda… Tutto ciò che accade sulla faccia di questo pianeta è un ‘Insegnamento’. Tutto ciò che accade, più che per ‘punizione’, deve essere compreso come una ‘redenzione’. Redenzione dall’ignoranza. Redenzione dalle colpe della mente, che pècca pensando che vi siano esseri separati e divisi, i quali non hanno nessuna colpa dei peccati fatti da altri… Nessuno può essere esente da colpa. Tutti siamo un’unica mente. E se in questa mente accade qualcosa, nel bene e nel male, tutti ne siamo contagiati e contaminati. Ricordiamocelo, dunque, e purifichiamo perciò la nostra mente! -
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