Di Aliberth (INCONTRO del 16/2/2000 al Centro Nirvana di Roma)
Esiste forse qualcuno che può dire di essere venuto al mondo per sua precisa volontà? Oppure
qualcuno che può decidere di non morire mai? Chi potrebbe mai rispondere affermativamente a queste domande? Ciò può farci capire come il nostro dominio sulle cose è assai limitato, almeno per quanto riguarda l’influenza sulla nostra esistenza personale. Dobbiamo per forza ammettere che la volontà del nostro ‘Io’ è soltanto temporanea ed essa, il più delle volte, deve sottostare ad una Volontà ben più alta. Questa Volontà non è, attenzione, la volontà di Qualcun altro, come potrebbero far credere i dogmi di qualche religione. Molto più realisticamente, Essa è la Volontà di un Potere più alto dell’Io che, però, risiede sempre in noi stessi ed in tutte le cose esistenti. Sia l’Io che la Volontà Superiore non sono affatto disgiunti perché, nella nostra persona, l’Io e l’Altro Potere non potrebbero esistere separatamente. Siccome la mente umana ha bisogno di dare un nome a tutto, allora a questo Potere sono stati dati vari nomi: Dio, Natura, Forza Vitale, Spirito Assoluto, Realtà Suprema,ecc. In realtà, quella Volontà Superiore risiede nella nostra mente, anzi <E’> la nostra vera MENTE, nella sua espressione più pura e assoluta. E’ soltanto perché non la comprendiamo, che cadiamo nell’errata convinzione che la nostra mente sia l’Io, e che l’Io possa manovrare le cose a suo piacimento. A causa di questa errata convinzione, l’Io si adopera freneticamente proprio per manipolare tutte le cose che lo riguardano. E’ come quel gioco di cui parlavamo l’altro giorno, in cui i bambini si assumono per burla identità fasulle, però credendoci fino alla fine del loro gioco. Grazie a questo ignoto potere, noi utilizziamo le facoltà della mente per crearci un’ identità personale ed in essa identificarci, aderendovi poi completa-mente. Se riuscissimo a comprendere una volta per tutte che non è stata la nostra volontà personale a farci nascere, così come non potrà impedire la nostra morte, allora finalmente potremo capire che noi siamo l’incarnazione di una Volontà che non può essere di certo l’attuale <Io>.
Tutto ciò è possibile arrivare a comprenderlo per mezzo della meditazione di autoconsapevolezza, in quanto con un’adeguata pratica, potremo arrivare a conoscere la nostra mente e tutti i suoi più profondi recessi. La peculiarità e lo scopo della meditazione Ch’an è di far emergere dal profondo quel “Qualcosa”, che non può essere visto quando siamo inconsapevoli e offuscati dal condiziona-mento egoico. Questo “Qualcosa”, conosciuto proprio sviluppando ed applicando la Consapevolezza, altro non è che la nostra vera Identità Reale, Perenne ed Immortale. In questo momento, presente ed eterno, chi è l’Essere che risiede dentro la nostra carne ed il nostro corpo? Che cos’è questa “mente”, questo spazio vuoto che si trasforma, si compone e diventa ciò che immagina? Chi sono Io? Chi siete voi, adesso qui davanti ai miei occhi? Tutto ciò ci ricorda la frase Cristiana: -‘Dio creò l’Uomo a Sua immagine e somiglianza…’- Volendo, possiamo anche invertire la frase: - ‘L’Uomo fece Dio a Sua immagine e somiglianza’ … - Il risultato è identico, l’ambivalenza dialettica ci porta fuori ma la sintesi ci mostra l’identicità della proposizione e ci aiuta a capire. Perciò, rimaniamo saldi su questa sintesi e non sulle parole! Come ormai ben sappiamo la mente è un contenitore, ma è anche il Creatore dei suoi stessi contenuti. Basandoci su dei paragoni, nella nostra capacità intuitiva esiste la possibilità di concepire la Mente Assoluta. Per esempio, l’Oceano nel suo insieme è composto di miriadi di gocce d’acqua; ogni goccia è della stessa natura dell’intero Oceano; in ciascuna goccia vi è la stessa composizione chimica di tutta l’acqua che, prima o poi, arriverà all’Oceano. Le gocce sono destinate ad esistere ed a sparire; a causa del vento sono trasformate in vapore acqueo e trasportate sotto forma di nuvole fino ad essere di nuovo ricomposte in gocce di pioggia che, cadendo ed ingrossando i fiumi, tornano alla loro naturale origine: l’Oceano.
Similmente è l’esistenza individuale degli esseri viventi. La Mente Assoluta è l’Oceano, totalmente indifferente al destino delle singole gocce, menti individuali composte di Io-pensieri. Questa Mente-Oceano ha il potere di contenere tutto ciò che è, con tutte le esistenze relative. Il Potere di questa Mente Assoluta è di generare e contenere in Sé la totalità delle menti-gocce esistenti ed anche di quelle non ancora esistenti, cioè che si formeranno. Non solo, Essa contiene in Sé anche la materia chimica inerte ed insensibile che è una trasformazione grossolana dell’energia mentale. Ad esempio, il cibo non ha un’anima senziente però, entrando nel corpo di un individuo ne alimenta anche lo spirito e la mente.
Questo scenario che si ripete eternamente lascia la Mente Assoluta del tutto indifferente a ciò che accade nel particolare, cioè nelle miriadi di menti relative ed individuali. Questo ripetitivo ciclo di apparizioni e sparizioni delle menti individuali, persiste proprio per il Potere della Mente Assoluta che non può interrompere il meccanismo fintanto che le stesse menti relative non riconoscano la loro Identità Reale. In ogni caso, essendovi una mutua compenetrazione tra Assoluto e relativo, non sussiste alcun disturbo tra le due Realtà. Il relativo vive la sua vita con l’individualità misurata nel tempo e nello spazio, confrontandosi con la dualità e l’alterità. Al contrario, l’Assoluto resta totalmente imperturbato dall’attività delle microscopiche menti-Io, le quali si muovono in uno Spazio che non aumenta né perde alcun frammento della sua Totalità.
Questo sarà possibile comprenderlo intuitivamente soltanto quando, grazie alla Meditazione, la nostra mente umana saprà aprirsi alla Saggezza-Prajna che può sondare l’Assoluto. Questa Intuizione Profonda è il solo canale con cui l’Assoluto permette alla mente relativa la conoscenza di Sé, ed è la nostra sola possibilità di liquefarci nella stessa Mente Assoluta, pur restando nella relatività della vita ordinaria. Così un essere umano può aprire la sua mente alla Buddhità pur restando un normale essere pensante. Per questo si dice che non vi è nessuna differenza sostanziale tra i Buddha Illuminati e gli esseri cosiddetti ordinari. Proprio perché l’essere ordinario, quando ha ben compreso e realizzato questo, <è> immediatamente un Buddha mentre, se ne è ignorante o non lo comprende, allora non sa di esserlo, e ciò lo costringe all’ordinarietà della persona comune.
DOMANDA di Michela: - Mi domando come sia possibile sapere se, in noi si è aperto il canale dell’Intuizione. E’ necessario un atto di fede?
RISPOSTA di Aliberth: - Di sicuro la fede e l’Intuizione promanano dalla stessa sorgente. Quando la pratica di Autoconsapevolezza sarà diventata ininterrotta e ben stabilizzata, in noi sorgerà spontaneamente una fiducia nel frutto di questa pratica, proprio perché le nostre facoltà intuitive circa i misteri dell’Increato (cioè l’inconoscibile Assoluto) cominceranno ad inviare messaggi e segnali di avvenuta comprensione. Perciò il consiglio è quello di rimanere sempre ben attenti, autoconsapevoli e coscienti, allo scopo di sviluppare questa energia dell’auto-attenzione che indaga in profondità nella nostra auto-natura. Al fine di non essere mai apparentemente sazi o presuntuosamente appagati, nella volontà di scrutare intimamente dentro il nostro essere, bisogna avvalersi di alcuni strumenti, tra i quali il più importante di tutti è il koan “Chi sono Io?”. Questa domanda-koan non può avere una risposta logica e concettuale, perciò la ripetuta indagine, attiva una energia speciale che si fa strada nello spazio metafisico della mente. È questa energia chiamata Prajna (Intuizione Superconscia) che apre il canale entro cui l’Assoluto manifesta Se stesso. Di conseguenza, la mente relativa non ha più l’appiglio per attaccarsi ed identificarsi con un “qualcuno” relativo, vale a dire con la personalità dell’Io. I limiti della mente relativa consistono proprio nel suo stabilire se stessa entro dei confini; in altre parole essa è proprio bloccata da un limite, che è l’identificazione con quest’Io limitato e limitante.
Tutto ciò avviene attraverso la fissazione di “sentirsi” un soggetto ed escludendo da “questo sentir-se”, tutto ciò che non è sentito come se stesso e relegando al ruolo di “oggetto” o “altro-da-se”, tutto ciò che viene arbitrariamente visto come “al-di-fuori-di-sé”. Questo è l’errore meta-psichico della mente relativa che crea l’illusione di un mondo oggettivo. L’apertura all’Assoluto è il dimenticare questa costrizione, questi limiti, e rimanere soltanto nella continua contemplazione del puro <Stato di Essere>. A questo punto, si è già aperto il canale dell’Assoluto, che ha annullato i limiti dei vecchi schemi mentali di credersi un “Io” in opposizione al resto, e l’abitudine ad etichettare tutti i condizionamenti a cui si è sottoposti, quali l’idea di essere “ordinari” e l’idea che vi siano dei “Buddha” diversi da noi.
Questo processo liberante viene messo in moto proprio dalla Fede e, questa fede porta indubbiamente con sé quell’Intuizione di cui parlavamo, che è già dentro di noi ma aspetta di venir “risvegliata”. Essa ora è in fase dormiente, poiché in noi sussiste una sorta di “Identità bloccata” sulla concettualità ordinaria dell’Io, causata dalla nostra metafisica Ignoranza riguardo alla Verità Suprema. Dopo la nostra eventuale Illuminazione, questa specie di Identità bloccata continuerebbe a funzionare convenzionalmente, soltanto per i rapporti e le relazioni interpersonali di tutti i giorni. Vale a dire che diverrebbe una sorta di “seconda Identità”, una specie di ruolo di parte cui potremo sottoporci senza alcun sforzo. Come un adulto che, quando gioca con dei bambini, si adatta ai ruoli immaginari del loro mondo infantile ed accetta di scambiare la sua identità, con quella di qualche strano personaggio del gioco.
In questo caso, all’interno della nostra mente verrebbe comunque a cadere l’ostinata adesione alla fissazione che “Io sono Io” e gli altri sono gli altri. Resta il fatto che questa trasformazione psicologica avverrebbe gradatamente solo con la necessaria e obbligata continuità della pratica meditativa. Perciò tutto parte ora, dall’attuale stato di attenzione al nostro comportamento psicofisico, con la costante consapevolezza attivata su se-stessi, sulla nostra persona complessiva, sul nostro pensiero autonomo e incontrollato, che scatta veloce e irraggiungibile, in ogni momento della nostra giornata.
Può sembrare incredibile, ma più si lavora mantenendoci fissi ed impegnati nell’attenzione a se stessi e più facilmente si può arrivare al distacco dalla falsa idea del nostro ritenerci un’entità individuale. Evidentemente deve essere una sorta di rimedio “omeopatico”, una specie di “chiodo scaccia chiodo” metafisico in cui, cogliendo sempre più in funzione il fantomatico “Io”, prendiamo sempre più coscienza che noi non siamo l’Io. D’altra parte, gli esempi numerosissimi riportati dai Sacri Testi sulle storie di vita dei Grandi Saggi ed Illuminati, ce ne danno sicura conferma. Si tratta perciò di esprimere in partenza un vero e proprio atto di Fede, cui seguirà inevitabilmente il frutto di una Saggezza inoppugnabile: la trasformazione della nostra mente relativa in una decisa ed impagabile Prajna intuitiva. Lavorando intensamente, ma senza il paranoico bisogno di attendersi un risultato, il frutto inaspettato non tarderà a presentarsi. L’Intuizione Profonda si presenterà fulgida alla nostra Coscienza, unendosi simbioticamente alla nostra precedente fede. La Coscienza osserva se stessa ma non giudica, non etichetta e, soprattutto, non si condanna né si esalta. Restando perfettamente immobile e silenziosa, dato che questa è la sua vera natura, renderà possibile all’Osservatore Incarnato la visione “spassio-nata” del proprio “essere”, delle sue passioni e del gioco fenomenico del suo Io.
Questa è la pratica della Meditazione Contemplativa, perfetta e idonea per conoscere la Mente, insegnata dai Saggi Patriarchi dell’antica Tradizione del Ch’an Cinese. Essa, adattata allo spirito Taoista da sempre presente in Cina, si richiama fortemente al metodo Buddhista della “Vipassana” (Visione Profonda) ed, in un certo modo, alla meditazione coscienziale dell’Advaita-Vedanta del Saggio Indiano Shankara. Queste affini forme meditative, benchè siano diretta espressione di dottrine adeguate alle loro rispettive culture, risultano essere fortemente utili anche a noi, individui moderni, nei riguardi dello scopo e del bersaglio da raggiungere. Per tale motivo, qui, nella nostra piccola sala di meditazione, noi tutti ce ne avvaliamo senza chiedere il permesso a nessuno, consapevoli che questa forma di meditazione integrata, se veramente applicata con umiltà di intenti, è imbattibile per le problematiche della nostra mente. In un peculiare processo integrato, la Coscienza individuale scopre quel “Qualcosa” che sta al di là della sua temporanea incarnazione. Perciò essa, liberata dai limiti del pensiero egoico della mente individuale (manas), giunge al pieno riconoscimento della sua Identità Assoluta e ciò che ne deriva è la Realizzazione della propria eterna e spontanea Illuminazione.
Così si ottiene inevitabilmente la piena Liberazione dalle angosce samsariche e dalle conseguenti sofferenze karmiche. La mente, come nel mito di Narciso, si specchia nella Coscienza per conoscere se stessa. La Coscienza, avendo come prerogativa il potere di conoscere ogni cosa senza sforzi né imposizioni, non può esimersi dall’obbligo di essere una finestra aperta, o uno specchio in cui la mente è spinta a vedere se-stessa. Se la mente individuale, in virtù del suo stesso potere, prendesse coscienza di sé senza mediazioni del pensiero, coglierebbe istantaneamente, e in maniera definitiva, di essere in realtà la Mente Assoluta. Non credete che sarebbe sconvolgente, per ciascuno di noi, comprendere di essere in realtà soltanto una Coscienza incarnata, così da trasformare totalmente l’idea di ciò che crediamo di essere?
Per questo motivo, entrando a far parte della Famiglia dei praticanti Ch’an, ogni persona è chiamata ad operare su di sé con questo metodo di Autocoscienza: perché esso è, in sintesi, il vero lavoro spirituale. Se qualcuno non lo comprende, non ha alcuna possibilità di poter avere la “visione” di se stesso come Coscienza e continuerà obbligatoriamente a sottostare alla visione fenomenica di sé e del mondo illusorio, come se questa fosse la realtà. In altre parole, chi non applica la pratica meditativa Ch’an dell’Autocoscienza continuerà a pensare, capire ed agire, in maniera dualistica. Vedrà se stesso da una parte e tutte le altre cose del mondo dall’altra, in una sorta di prigione coscienziale, che impedisce di conoscere la vera realtà esistente “fuori” dalla prigione.
Diversamente, chi si applica nella meditazione Ch’an di Autocoscienza, considera la visione ordinaria del mondo come una composizione fenomenica relativa, cioè qualcosa che si forma a contatto con la sua mente, che appare e scompare alternativamente a seconda che egli ne abbia o no esperienza. Assai più importante e realizzante diventa la visione coscienziale del proprio Sé che, una volta stabilizzata, diventerà la dimora naturale, il proprio spontaneo e abituale stato di coscienza. Una volta insediati in questo Stato di Pura Coscienza, il proprio Sé reale sarà l’autentica espressione dell’Essere, la Mente Assoluta che è origine delle manifestazioni che sembrano apparire all’esterno, la Realtà “fuori” dalla prigione dell’Io. La Mente-Buddha, una volta che riconosce se stessa come Assoluto, trasforma l’Essere facendogli superare i limiti del relativo, interrompe le distinzioni tra relativo ed Assoluto e restaura l’Unica Realtà. Nella verità delle cose, l’Assoluto non è in opposizione col relativo, dato che la funzione della mente relativa è subordinata alla sua condizione di attivare pensieri, ipotesi, congetture e opinioni. Pertanto, è la mente relativa che esercita una ingerenza individuale e personale nella natura dell’Assoluto e, quando cade questo condizionamento, immediatamente si ripristina la Natura Originaria.
Avete capito? Il vero ostacolo alla ri-unione con l’Assoluto sono i nostri pensieri, le nostre opinioni e le relative congetture. Finché nella nostra mente sussiste la divisione tra Assoluto e relativo, lasciando proliferare le nostre opinioni al riguardo, noi siamo nel dramma, nell’illusione, in una parola siamo nel Samsara. Il relativo equivale al Samsara perché la nostra mente non percepisce la Realtà, che è l’Assoluto e cioè il Nirvana. Così siamo costretti a percepire le proiezioni, le sfaccettature particolari della Realtà. Per arrivare alla pace del Nirvana, al silenzio della mente concettuale, alla cessazione delle divisioni tra Assoluto e relativo noi dobbiamo praticare la Meditazione di Autoconsapevolezza nel bene e nel male, senza che si debbano valutare il bene ed il male come cose realmente esistenti. Dobbiamo rinforzare la Coscienza Osservante, sulla base di valutazioni “neutre” delle cose osservate, lasciando vivere la persona umana così com’è nella sua naturale manifestazione. L’Uomo reale, la persona umana nella sua naturale manifestazione, deve reimpossessarsi delle qualità primordiali della sua mente e tornare ad essere consapevole di Sé come forma manifestata della Mente Assoluta. Perciò dobbiamo rafforzare la Coscienza e renderla svincolata e “non-guidata” dall’Io empirico.
L’Uomo Vero non è la persona umana manovrata dall’Io, bensì quell’ESSERE che entra ed esce dal corpo della persona umana e che permette alla persona umana di poter “vedere”, “percepire” e “conoscere”. Conoscere la propria mente vuol dire conoscere il proprio ESSERE, perciò qui si pone l’importanza del dilemma: - CHI è COLUI che conosce?- Ecco dove dobbiamo appuntare il nostro interesse: al CONOSCITORE piuttosto che alle cose conosciute, al VEDENTE piuttosto che alle cose viste. E contemporaneamente dobbiamo rivolgere a noi stessi la grande domanda: - Cos’è quel POTERE che, dentro di me, può percepire e conoscere le cose?- se la risposta non ci arriva, allora è segno che stiamo lavorando bene. Perché vorrà dire che lo stesso Conoscitore, cioè la Coscienza, si è già messo in moto spontaneamente ed ha ricacciato l’Io sapientone nelle oscure caverne della illusoria mente egoica, impermanente e destinata alla morte.
Arrivati alla Coscienza dobbiamo fermarci, restare immobili e con tutti i nostri sensi rivolti all’interno. Dobbiamo rimanere fermi in questa Coscienza, fino all’ultimo istante della nostra vita ed anche oltre, poiché questo è l’unico effettivo processo meditativo che può avere un dichiarato successo. La maggioranza degli altri sistemi di approccio spirituale non possono vincere la morte, non possono risolvere la vita e, in definitiva non servono a nulla. Sono solo palliativi, espedienti di nessun conto e di nessun valore che non ci impediscono di continuare a concettualizzare, congetturare, chiacchierare. Sono passatempi di dubbia efficienza spirituale, che non portano da nessuna parte e che anzi, prolungando l’attaccamento al nostro sogno samsarico, rendono ancor più doloroso l’affran-camento dello spirito dalla carne e dalla materia. Soprattutto, queste forme di “materialismo spirituale”, non hanno alcuna efficacia nel momento in cui dovremo lasciare questo mondo e questo corpo. Perciò riflettete bene su quanto avete sentito e ricordatevi che, per sfuggire ed evitare quel terribile “Moloch” che è l’Ignoranza nella nostra mente, il modo migliore è di rimanere nella Coscienza, con la costante attivazione dell’Autoconsapevolezza, allo scopo di Conoscere la Mente. Non vi è nient’altro di più serio, da dover fare in questa vita, ormai che ci troviamo qui, senza che nessuno si sia mai chiesto se era davvero sua intenzione entrare a farne parte.
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