Commento editoriale di Zenmar
Nel mio abituale negozio di cibo naturale, vicino al registratore di cassa, c’è uno scaffale cromato che è riempito con un assortimento di riviste di Yoga, di periodici sulla alimentazione naturale, di riviste periodiche orientali sull’energia del ‘qi’, e di due periodici buddhisti, Shambhala Sun e Tricycle. Quest'ultimo periodico sembra più un clone di Vanity Fair che non una seria 'rivista buddhista' accreditata.
Mentre prima di solito compravo Shambhala Sun e Tricycle, ultimamente sento di voler resistere alla tentazione di comprarli, dato il loro costo. Un'altra ragione per cui io non compro più questi periodici è che il contenuto di questi periodici non va veramente d’accordo col cuore del sacro contesto del buddhismo, che io ritengo essere il misticismo.
Benché io realmente non mi aspetti che nessun scrittore che contribuisce a questi periodici buddhisti stia per far fiorire geni religiosi come Gautama il Buddha, o Bodhidharma che portò con sé il segreto dello Zen in Cina, mi aspetterei però che un periodico buddhista sia più interessato con una buona fetta del mondo sacro che non col mondo profano di ogni giorno.
Anche come forma di evasione, preferisco che questi periodici ospitino temi mistici e storie intriganti sui grandi maestri piuttosto che, per esempio, si occupino di problemi psicologici. Vedere che il buddhismo viene presentato così, mi fa credere che esso non potrà durare molto nella nostra cultura.
Tentando di pulire via la polvere dal mio interesse generale, vedo una allarmante tendenza nel moderno buddhismo che si trova bloccato tra il mondo sacro ed il profano, inclinandosi sempre più pesantemente nella direzione del profano, con ogni nuova pubblicazione che arriva sulle bancarelle o sulle mensole delle librerie moderne nei centri commerciali. Lì per lì, se dovessi indovinare una sola ragione del perché questo trend sta andando così, potrei dire "Maledetta microeconomia!" Con ciò, voglio dire che ogni impresa finanziaria, inclusi gli editori di libri buddhisti, ha diritto di guadagnare soldi, sperando di creare una richiesta per il proprio prodotto; tentando di vendere una mente profana sul buddhismo, perché è lì che si fanno i soldi. Presumo però che vi siano anche altre ragioni, sul perché i periodici buddhisti, in particolare, desiderano fare appello alla mente profana.
Ma allora, il prodotto che Shambhala Sun e Tricycle stanno tentando di vendere, e per cui vi è una richiesta, è profano? Ed essi dovrebbero farlo? Prendere un breve saggio di letteratura popolare buddhista, includerlo in patinati periodici come Shambhala Sun o Tricycle, da ciò che io posso congetturare, il prodotto profano che tutti loro stanno difficilmente tentando di vendere, è come sentirsi bene, o anche come purificarsi e conservarsi in uno stato di benessere?
Se noi consideriamo che questo bisogno di edonismo, che molti filosofi moderni caldeggiano, è la forza-trainante del nostro sistema economico, allora la cosa si spiega. Effettivamente, l’edonismo ed il profano sono dello stesso lignaggio. Il primo termine è l'espressione generale per una vita tesa all’auto-piacere mentre l'altro termine denota un’assenza di un vero atteggiamento spirituale.
Se richiediamo una più concreta evidenza, non essendo ancora soddisfatti con una sciolta conferma, noi abbiamo bisogno di un criterio per scoprire i vari interessi profani. L’origine della parola "profano" deriva dal termine latino ‘profanus’, che letteralmente significa, “essere fuori del tempio, cioè essere sconsacrato, non essere consacrato, o iniziato (nei misteri sacri)”. Questo suona in modo armonioso esattamente col termine buddhista "puthujjana", spesso tradotto come "popolo comune" opposto a "ariyan", che significa "nobile" e si riferisce a coloro che sono entrati nel flusso della iniziazione sacra che conduce all'emancipazione dalla soffe-renza
Ora, col nostro criterio di fronte a noi, possiamo provvisoriamente concludere che la maggior parte delle persone che comprano tali periodici sul buddhismo è “fuori del tempio” della profondità del buddhismo. Parlando della questione di profondità, ecco cosa ebbe da dire il Buddha circa ciò che aveva scoperto dopo il suo bodhi- risveglio. I suoi commenti indicano chiaramente che egli scoprì qualcosa di duro da capire per le persone comuni.
“Il Dharma da me ottenuto è profondo, di profondo splendore, difficile da vedere, difficile da capire, incomprensibile, avendo come suo scopo l'incomprensibile, fine, sottile, il cui senso può essere compreso soltanto dal saggio (Catusparisat Sûtra)”.
Prendendo per buone le sue parole, può un moderno buddhista realmente credere che esse siano riservate al profondo principio del Buddha, in cui egli vide l'elemen-to dell'immortalità (amatadhâtu)? Io penso proprio di no. La persona profana non ha semplicemente voluto lavorare duramente, cercando di vedersi dal di fuori. E così, similmente, ne consegue che anche quella letteratura buddhista più popolare, inclusa nei periodici, non sarà così terribilmente interessata nel piombare nelle segrete profondità del Buddha-Dharma, se sta provvedendo alle richieste dei loro abbonati profani. Per esempio, io non so se la rivista ‘Tricycle’ esplori quelle opere buddhiste così mistiche, come l'Avatamsaka Sutra o il Lankavatara Sutra. È assai più facile presentare una superficiale e, spesso, riveduta spiegazione di buddhismo per la mente del profano di tutti i giorni. Inoltre con quella si guadagnano soldi. Non molti soldi, invero, ma abbastanza per poter vendere ed influenzare il mondo buddhista.
Il caso diventa anche più eclatante quando noi definiamo la parola "sacro". Una breve definizione, il termine "consacrato" significa "ciò che è stato reso santo". Proseguendo, il termine "santo" è virtualmente sinonimo con le idee di interezza, salute, e sicurezza. Distillando questo, spaventoso è ciò che ci dà il significato o il senso di essere salvati dalle afflizioni di questo mondo, un mondo che è instabile, impermanente, inconsistente e pieno di sofferenza. A paragone, la vita profana è,
ciò che noi facciamo per sopravvivere. Tuttavia, noi non sappiamo mai veramente se quello che stiamo facendo, ci sta rendendo consacrati.
Di sicuro, solo cercare di sentirsi bene non è automaticamente una cosa sacra. Né è una garanzia di sacralità cercare di ripristinare in me buone sensazioni. Quelli che hanno incontrato il sacro – anche solo qualche momento sacro – vengono premiati da questa esperienza ben oltre le delizie offerte dal profano. Poeti, scrittori e musicisti che hanno sentito la presenza del sacro nella loro vita possono ben attestare il suo potere sovrastante, che conferma che si può essere salvati dalla sofferenza. Mantenendo questa idea nella nostra mente, e la definizione del profano, si può seriamente chiamare sacra la letteratura di buddhismo popolare, nei suoi patinati periodici? Quindi perché gli editori buddhisti devono dissacrare i loro prodotti letterari con temi ed articoli non-ispirati sulla depressione, alcolismo, o la rabbia? A essere onesti, io non so dare una buona ragione. Ciononostante, il buddhismo profanante continua, portandosi via la sua sacra presenza. Al suo posto, viene lasciata una terrificante mostra di buddhismo, reso muto per un uso e consumo massiccio. Infine, noi dobbiamo chiedere agli editori se è corretto fare questo. Credo che la risposta debba solo essere se il contenuto profano che essi pubblicano ci conduce ad una sua critica, anziché mostrare il migliore percorso del sacro.