CONOSCERE il buddhiSMO…
Di Ponchai Pong (da Facebook)
Trad. di Aliberth Meng
Qualcuno, che può aver imparato il buddhismo dai libri, può chiedersi cosa sia la reincarnazione, perché in questa Era nucleare, a così alta tecnologia, non è facile credere in qualcosa che non sia dimostrabile con gli strumenti della scienza. Tuttavia, noi dovremmo imparare il buddhismo con cautela e in modo approfondito, perché il Buddha era un Saggio illuminato che conosceva a fondo il mondo ed ogni natura intrinseca degli esseri del mondo. Sapientemente il Buddha selezionò i sermoni idonei alla comprensione dei suoi ascoltatori, in modo che essi avessero potuto ottenere il massimo beneficio. Generalmente, tutti gli insegnamenti del Buddha possono essere classificati in due tipi: con il linguaggio ordinario e con il linguaggio del Dharma.
Il linguaggio ordinario si basa su cose fisiche e sulle esperienze accessibili a persone ordinarie comuni. Essendo basato sul fisico, piuttosto che sullo spirituale, esso serve solo per discutere sulle situazioni mondane e le cose del mondo fisico. Quindi, esso serve solo per le cose tangibili percepite nelle normali circostanze di tutti i giorni.
Per contro, il linguaggio del Dharma ha a che fare con il mondo mentale, con il mondo non-tangibile, non-fisico. Così, per essere in grado di comprendere e parlare di questo linguaggio del Dharma, si deve avere acquisito la comprensione del mondo mentale. Di conseguenza, solo le persone che hanno visto la Verità, cioè il Dharma, parlano il linguaggio del Dharma, il linguaggio del mondo mentale non-materiale, che è al di là del mondo fisico e materiale.
Il punto è che se adesso conosciamo solo il linguaggio quotidiano e ordinario, noi non siamo in grado di comprendere il vero Dharma quando lo ascoltiamo. Perciò, se non si conosce il linguaggio del Dharma, allora non possiamo capire il Dharma, la Verità ultramondana che può veramente liberarci dalla sofferenza e insoddisfazione (dukkha).
E' quindi sempre essenziale saper interpretare l'insegnamento del Buddha in termini di linguaggio del Dharma, cosippure in termini di linguaggio ordinario. Dovrebbero essere considerati entrambi i significati. Si prenda nota dei seguenti passaggi:
Appamatto ubho atthe adhiganhati pandito,
Ditthe Dharma ca yo attho, yo ca'ttho saparayiko.
Atthabhisamayadhiro pan d ito ti pavuccati.
“La persona saggia e attenta ha familiarità con entrambi i modi di parlare: il significato visto dalla gente comune e il significato che essi non possono capire. Colui che è in grado di esprimersi nei vari modi di parlare è una persona saggia”.
Esempio di alcune parole nel buddhismo.
BUDDHA - Come saprete, il termine "Buddha" nel linguaggio comune si riferisce alla storica persona che si illuminò, cioè Gotama Buddha. Si riferisce ad un uomo fisico in carne e ossa, che è nato in India più di duemila anni fa, morì e fu cremato. Questo è il significato della parola "Buddha" nel linguaggio ordinario. In termini di linguaggio del Dharma, tuttavia, il termine "Buddha" si riferisce alla Verità che il Buddha storico realizzò e insegnò, vale a dire lo stesso Dharma.
Il Buddha disse: “Colui che vede il Dharma vede il Tathagata. (un termine che Buddha spesso usò per riferirsi a se stesso), Colui che vede il Tathagata vede il Dharma. Colui che non vede il Dharma, anche se si aggrappa alla veste del Tathagata, non può dire di aver visto il Tathagata”.
Ora, il Dharma è qualcosa di intangibile. Non è qualcosa di fisico, non è certo carne e ossa. Quindi, nel linguaggio del Dharma, il Buddha è lo stesso ed identico alla Verità (il Dharma) in virtù della quale divenne il Buddha, e chiunque veda quella Verità può dire di aver visto il vero Buddha. Vedere solo il suo corpo fisico non sarebbe affatto come vedere il vero Buddha e non porterebbe alcun vantaggio reale.
La seconda parola da considerare è "Dharma" (Dhamma, in Pali). Al livello infantile del comune linguaggio quotidiano, il termine è inteso come realmente riferito ai libri che contengono le Scritture, cioè il "Dharma" che è nei libri. Oppure, può essere inteso come riferito ai discorsi usati nell'esporre l'insegnamento. Questo è il significato della parola "Dharma", nel comune linguaggio quotidiano. Nell’originale linguaggio Pali, il termine "Dhamma" è stato utilizzato per riferirsi a tutta una serie di cose interessate e riguardanti quello che va a formare ciò che noi chiamiamo Natura.
A tal riguardo, il termine "Dharma" comprende:
1. La Natura stessa;
2. La Legge della Natura;
3. Il dovere di ogni essere umano ad agire in conformità con la Legge della Natura;
4. I benefici che derivano da questo agire secondo la Legge della Natura.
Nel linguaggio comune, la parola "Sangha" si riferisce alla comunità di monaci che indossano l'abito giallo e vagano da un posto all'altro. Questo è il Sangha come viene inteso nel linguaggio corrente, il linguaggio delle persone non-illuminate, quelle che non hanno ancora visto la verità. Nel linguaggio del Dharma, la parola "Sangha" si riferisce ancora una volta alla Verità, al Dharma stesso. Essa si riferisce alle qualità più elevate, di qualunque genere e grado, che esistono nella mente di un monaco, uomo di virtù. Ci sono alcune elevate qualità mentali che fanno di un uomo un monaco. La totalità di queste elevate qualità, esistenti nella mente di un monaco, è ciò che viene chiamato ‘il Sangha’.
1) L'idea che l'elemosina e le offerte non sono inutili; che vi è il frutto e il risultato, sia delle buone che delle cattive azioni; che ci sono cose come questa vita, e la vita successiva; che il padre e la madre, anche come esseri nati spontaneamente (nei mondi celesti), non sono soltanto vuote parole; che nel mondo ci sono monaci e preti, che sono perfetti e senza macchia, che possono spiegare questa vita e la vita successiva, e di cui essi hanno compreso lo scopo: questa è chiamata “Retta Comprensione Mondana (lokiya-sammaa-di.t.thi)”, che produce frutti mondani e porta buoni risultati.
2) Ma, tutto ciò che possa esservi di saggezza, di penetrazione, di retta comprensione, congiunta con l’“Ottuplice Sentiero” (Sotapanna, Sakadaagami, Anaagami o Arahat), la mente che si è allontanata dal mondo e congiunta con il Sentiero, il Santo Sentiero che si è intrapreso: questa è chiamata “Retta Comprensione Ultramondana (lokuttara-sammaa-di.t.thi)” che non è del mondo, ma è ultramonadano ed è unita al Sentiero.
Potremo vedere che il più alto livello di Retta Comprensione non è riferito al ‘sé’, o a termini più convenzionali. Esso si riferisce alla saggezza di Colui che percorre la retta Via, cioè l'Illuminato. Come abbiamo visto, il buddhismo rifiuta in ogni caso il "sé" e insiste sul fatto che ogni cosa in questo mondo o universo è ‘priva-di-un-sé’. La parola "non-sé" significa infatti nessun senso di animale, persona, io, tu, suo, sua o una qualsiasi cosa costante. Tutto funziona come una corrente di cambiamento. Il Buddha realizzò la verità della natura con la pura mente. La sua saggezza potè penetrare attraverso ogni cosa al livello più profondo. Così l’immagine di una cosa permanente, vista e percepita con un occhio normale, non poteva più attrarlo. Egli vide la corrente del cambiamento. Nel buddhismo, la natura può essere suddivisa in 6 tipologie, cioè "dhatu", o elementi. (Attenzione: qui la definizione di ‘elementi’ non è la stessa che si trova nella scienza.) ‘Dhatu’ significa gli elementi della natura che hanno le proprie individuali ed uniche caratteristiche.
I primi quattro elementi sono terra, acqua, fuoco ed aria, ed il quinto è la mente, cioè l'elemento della coscienza. Il sesto elemento è "il vuoto", l'elemento della vacuità. Esso è anche chiamato "Nibbana-dhatu", ma il termine più semplice è "il vuoto". E quindi, abbiamo sei elementi: terra, acqua, fuoco, aria, mente (vijnana-dhatu) e vacuità o vuoto (sunyata-dhatu). Ogni elemento ha il suo carattere individuale. (Attenzione: la definizione del vuoto qui non significa il ‘nulla’ o niente).
Tutti gli elementi si aggregano insieme per un certo periodo di tempo e poi cambiano o si modificano degradandosi dal loro stato originale in dipendenza delle loro cause ed effetto. Quando molti elementi si aggregano insieme, essi formano una nuova figura di un sé. Così, "il sé" immaginato nella propria percezione in realtà non esiste. E' solo la memoria e l'ignoranza che fa sì che la mente lo afferri come un vero e proprio "sé".
Dalla conoscenza della scienza, gli scienziati credono che il corpo sia fatto di sostanze composte, mentre la mente sarebbe la sua energia. Essi accettano che questa vita sia ‘priva-di-un-sé’ come disse il Buddha. Quando si muore, tutto torna all'universo. La vita assolutamente finisce. Questa opinione è vicina al buddhismo, ma non lo raggiunge. Una tale visione tende a far essere l'uomo privo del suo più alto potenziale e fa sì che la sua vita passi via. Il Buddha scoprì la profonda e complicata relazione esistente tra gli elementi naturali che influenzano la vita umana.
Il Buddha ha rilevato che la mente ha caratteristiche più specifiche di quanto si pensi e che non è una semplice energia. E’ un elemento individuale, gli elementi di coscienza. La mente può indurre a crearsi nuova sostanza fisica e quindi formare un nuovo corpo fino a quando vi è ignoranza e karma all'interno di se stessi. Quest’elemento nasce e muore ogni momento all’istante. Tuttavia, esso può trasferire perfettamente la sua proprietà al nuovo elemento. Proprio come l'albero genera i frutti con i semi all'interno. Quando i frutti maturano e cadono a terra, il seme dentro di essi cresce fino a diventare un nuovo albero con caratteristiche uguali al genitore. L'ignoranza e il karma funzionano come geni ereditari da una generazione all'altra. Inoltre, la mente ha una vita molto breve, ma a noi appare come se non passasse mai. Questo accade a causa del suo stato di essere un ‘continuum’ senza interruzione.
Per lo più, la mente nella nuova vita dimentica tutto della vita passata. Molte persone sembrano essere non molto interessate alle loro vite passate ed alla vita successiva. Tuttavia, questo elemento di coscienza non sorge nello stato puro. Esso si porta dietro sia l'ignoranza che il karma. E genera una persona che non si preoccupa della sua vita passata né della prossima vita; così essa dovrà ancora soffrire nella sua vita presente a causa dell’ignoranza e del karma. Il karma inizia a determinare la vita umana fin dallo stadio di feto e continua a farlo fino a quando uno muore. Un uomo è fortunato se la sua vita è determinata da un buon karma, diversamente non lo sarà, se non avrà un buon karma. Possiamo dire che l'inizio della nostra attuale vita in realtà è interamente determinato dal karma della passata vita precedente.
Uno può pensare di non curarsene quando nella nuova vita non si ricorda la vecchia vita. Sì, nessuno se ne cura, ma non dimenticate che perfino voi non riconoscete la vita passata; la sofferenza è sempre sofferenza. E' la sensazione che in nessuna vita si vorrebbe avere. La sofferenza danneggia quallunque vita, indipendentemente da chi uno è. Si possono avere dubbi circa la saggezza del Buddha. Si può credere o meno, e ognuno ha il diritto di rifiutare, ma la verità è sempre la verità. La verità non impedisce a qualcuno di non credere o di non aver fede. Gli scienziati non sono ancora in grado di inventare uno strumento che sia idoneo a studiare i complessi comportamenti della mente. Al giorno d’oggi, sembra che noi si abbia molte più conoscenze circa il mondo rispetto al passato, ma però abbiamo ancora assai poca conoscenza della mente e dei suoi comportamenti.
Benché da qualche parte si possano trovare dicerie sulla storia delle vite passate e vite future del Buddha, in realtà, il Buddha dette assai poca importanza a esse…. Egli dette molta più importanza a questa vita presente, poiché gli umani possono creare nuovo karma che è più potente di quello passato. Questo nuovo e più potente karma può cambiare totalmente la vostra vita. Quindi, finché si accumula un potente buon karma in questa vita, non dovrete preoccuparvi né di questa vita e né della vita successiva. Tuttavia, la mèta più alta del buddhismo non è certo l’accumulazione di buon karma, per avere una nuova vita perfetta. No, decisamente no. Il Buddha ha evidenziato che per quanto buona sia una nuova vita, essa porterà più o meno ancora alla sofferenza, poiché non è permanente. Quindi la soluzione migliore è uscire da questo ciclo infinito di nascita e morte, ovvero dal "samsara".
Come descritto più sopra, vediamo che i principali problemi della vita sono l'ignoranza e il karma accumulati nella mente. Il Buddha realizzò la Via eccellente per pulire tutte queste macchie indesiderate. Egli scoprì che vi è un elemento puro che gli umani non avevano mai conosciuto prima, e lo chiamò il ‘Nirvana’. Non appena realizzò il Nirvana, egli seppe anche che il suo infinito ciclo di nascite e morti era stato sradicato. Nirvana non è né un paradiso né una vita eterna. Nirvana è un elemento unico e irripetibile ed ha caratteristiche individuali. Ed appare subito nonappena l'ignoranza viene eliminata. Proprio come quando arriva la luce luminosa, immediatamente il buio non c'è più. Così si può raggiungere e sperimentare il Nirvana in questa stessa vita, non dopo la morte.
Come eliminare l'ignoranza in questa stessa vita?
Anche se uno legge tutte le scritture del buddhismo e comprende tutte le parole, non è così facile illuminarsi o raggiungere il Nirvana, fino a che non ha realizzato e compreso la verità da se stesso. L'ignoranza è profondamente impiantata nella nostra mente e controlla costantemente tutti i nostri sentimenti e attitudini, ogni giorno ed ogni notte. Si può vedere che, anche se si accetta che in questa vita non c’è un ‘sé’, ogni volta che si sperimenta un oggetto attraverso le basi dei sei sensi, si tende ancora a creare il ‘sé’ in modo automatico e ci si attacca ad esso. Per esempio, quando appare il ‘vedere’, c'è anche un "io" che subito appare, uno ‘sente’ che sta vedendo, sentendo,. .. odorando, gustando, toccando, pensando, ecc. C'è un "io" per ogni cosa e per tutto. Un tale "io" creato dall’ignoranza è il "sé" che non esiste in modo reale. Il Buddha perfettamente spiegò il significato di dhukka, o sofferenza, nelle sue ‘Quattro Nobili Verità’, nel modo come segue:
"Vi è la sofferenza: la nascita è sofferenza, la vecchiaia è sofferenza, la malattia è sofferenza, la morte è sofferenza; il dolore, il lamento, angoscia, ansia e disperazione sono sofferenza, l'unione con ciò che è spiacevole è sofferenza, la separazione da ciò che ci piace è sofferenza, il non ottenere ciò che si desidera è sofferenza; in breve, tutti i cinque aggregati ed il nostro attaccarci ad essi, tutto è soggetto a sofferenza".
(** I cinque aggregati comprendono: la forma o il corpo, la sensazione, la percezione, le formazioni mentali, e la coscienza o mente.)
Con il significato di Dhukka si può vedere, in breve, che i cinque aggregati soggetti ad attaccamento, significa l’aggrapparsi al "sé" che è stato creato dall’ignoranza. Perciò, dove c’è un “sé”, lì vi è sofferenza. Se avete imparato il buddhismo, non potete perdervi questo discorso: “Le Quattro Basi della Consapevolezza”. E' un discorso molto lungo. Potete leggere tutti i dettagli in questo link: http://www.tipitaka.org/stp-pali-eng-parallel#27, o
http://www.accesstoinsight.org/lib/authors/soma/wayof.html#discourse
“Le Quattro Basi della Consapevolezza”, nel Buddhismo è considerata come la pratica standard per poter raggiungere il Nirvana. La parte principale di questo discorso, in breve è: “Monaci, questo è l'unico e solo metodo per la purificazione degli esseri, per il superamento del dolore e del lamento, per l'estinzione della sofferenza e dell’ansia, per percorrere la Via della Verità, per la realizzazione di Nibbana: e cioè, le Quattro Basi per la Stabilizzazione della Consapevolezza. Perché ‘quattro’? O monaci, un monaco qui dimora ardente con la consapevolezza e con la costante profonda comprensione dell'impermanenza. Osservando il corpo nel corpo, dopo aver rimosso brama e avversione nei confronti del mondo [della mente e della materia], egli dimora ardente con la consapevolezza e con la costante profonda comprensione dell'impermanenza. Osservando le sensazioni nelle sensazioni, dopo aver rimosso brama e avversione nei confronti del mondo [della mente e della materia], egli dimora ardente con la consapevolezza e con la costante profonda comprensione dell'impermanenza. Osservando la mente nella mente, dopo aver rimosso brama e avversione nei confronti del mondo [della mente e della materia], egli ardente con la consapevolezza e con la costante profonda comprensione dell'impermanenza. Osservando i contenuti mentali nei contenuti mentali, dopo aver rimosso brama e avversione nei confronti del mondo [della mente e della materia]. Egli dimora ardente con la consapevolezza e con la costante profonda comprensione dell'impermanenza”.
Il Buddha sottolineò che l’oggetto di apprendimento è proprio per la conoscenza ed il richiamo (è il non-‘sé’); uno vive indipendente e non si aggrappa più al nulla al mondo.
In questo paragrafo introduttivo, il Buddha ripete una fondamentale formula verbale che ci ricorda che noi dobbiamo continuamente osservare "il corpo nel corpo", o "le sensazioni nelle sensazioni", o "la mente nella mente", o anche "i contenuti mentali nei contenuti mentali". Sebbene queste costruzioni verbali possano sembrare insolite, esse si riferiscono al fatto che questa osservazione deve essere direttamente esperienziale, piuttosto che farle solo con il pensiero, l'immaginazione o la contemplazione dell'oggetto.
Questo paragrafo, in ciascuna ripetizione, fa concentrare la nostra attenzione sul fatto essenziale che, non importa se si sta osservando il corpo, le sensazioni, la mente o i contenuti mentali, si deve capire la caratteristica fondamentale del sorgere e svanire. Questa comprensione dell'impermanenza conduce poi direttamente al distacco totale dal mondo della mente e della materia, e ci porta al Nibbana (Nirvana, Liberazione).
Quando avrete finito di leggere il discorso circa “I Quattro Fondamenti (o Basi) della Consapevolezza”, potreste avere un sacco di domande nella vostra mente, perché vi sembrerà di avere un sacco di attività da fare. Di fatto, il mio consiglio è che il metodo non è complicato come si pensa. Il Buddha voleva che gli studenti fossero consapevoli di ogni oggetto, o in ogni situazione che fosse apparsa ad essi, così egli dovette offrire vari tipi di oggetti di apprendimento per i vari studenti, al fine di ricordare loro di non perdere la consapevolezza nella loro vita quotidiana. Tutto ciò che le vostre basi dei sei sensi possono sperimentare, come colori, suoni, odori, sapori, i vari oggetti tangibili (freddo, calore, morbidezza, durezza, ecc), tutti i pensieri, ogni tipo di sensazioni, ogni tipo di movimenti, tutti i tipi di stati mentali e i loro contenuti, tutti i tipi di coscienza, tutti questi dovrebbero essere oggetto di apprendimento per lo sviluppo della nostra consapevolezza...
La cosa che si dovrebbe fare è osservare le caratteristiche di non-sé, o impermanenti, di ogni oggetto che vi arriva così com’è. E non preoccuparsi per un oggetto passato, non aspettarsi un oggetto che non è ancora apparso, e non bisogna concentrarsi tutto il tempo sui vecchi oggetti, ma solo realizzarli e lasciarli andare. In effetti, un nuovo oggetto appare a voi in ogni momento, da quando vi svegliate fino a quando andate a dormire, attraverso i vostri occhi, orecchie, naso, lingua, superficie del corpo e mente. Continuate a osservare le caratteristiche del nuovo oggetto che arriva, realizzatelo e lasciatelo andare, e così via. Dovete fare molta di questa pratica, il più possibile che potete. L'oggetto che apparirà alla vostra percezione diventerà sempre più profondo. Dopo una certa pratica, potrete vedere le caratteristiche di non-sé o impermanenza, in modo chiaro e quindi la vostra saggezza sorgerà. Se non smetterete mai la pratica, ma anzi continuando a praticare con costanza, dovreste raggiungere la perfetta saggezza e alla fine l'ignoranza sarà completamente sbiadita e spazzata via.
Come detto sopra, possiamo vedere che per eliminare l'ignoranza abbiamo bisogno di avere il potere della consapevolezza e saggezza. E dobbiamo coltivarle ogni giorno, per quanto ci è possibile. A poco a poco, la saggezza sostituirà l'ignoranza. C’è da dire che il mantenere la memoria della verità (che è il ‘non-sé’) quando sperimentiamo l'oggetto è il modo per spazzare via l'ignoranza. E' semplice, ma richiede tempo e molto sforzo. Ogni individuo può sviluppare la consapevolezza nella sua vita quotidiana. Non c'è un solo momento che la consapevolezza non possa penetrare. Dovete solo cercare di non fuggire, di non abbandonare mai questo modo di pratica del Dharma. Godetevi la vita con la Consapevolezza e la Retta Comprensione. Possano tutti gli esseri avere gli occhi del Dharma e raggiungere il Nirvana in questa stessa vita. ...