1) Sri NISARGADATTA Maharaj (1897-1981) http://www.angelfire.com/realm/bodhisattva/nisargadatta.html Trad. di Aliberth Sri Nisargadatta Maharaj nacque nel marzo 1897, nel giorno natale di Hanuman, ed in suo onore gli fu dato il nome di Maruti. Suo padre lavorava come dipendente e acquistò poi un terreno diventando agricoltore nel tempo libero. Dopo che il padre di Maruti morì, nel 1915, Maruti andò a Bombay con il suo fratello maggiore. Nel 1924 si sposò con Sumatibai e insieme divennero genitori di tre figlie femmine ed un maschio. Poi cominciò a lavorare come impiegato in un ufficio, ma ciò non faceva parte del suo temperamento e presto lui si dette a modesti affari. Aprì un negozio di bidi (le sigarette indiane arrotolate a mano) e cominciò a venderle. La cosa lo fece diventare prospero. Egli aveva un intelligente amico di nome Yashwantrao Bagkar, un acuto ricercatore della verità. Facevano sempre dei dibattiti e un giorno il suo amico lo portò ad incontrare Shri Sadguru Siddharameshwar Maharaj. Anche se fu scosso da Sri Siddharameshwar, Maruti sentiva che l'insegnamento proveniva da oltre lui. A Maruti fu dato un mantra, totalmente in linea con la tradizione Navnath, e le istruzioni su come meditare. La sua pratica cominciò a decollare veramente tra gli anni 1933-1936. Sri Siddharameshwar morì nel 1936 ed evocò in Maruti un forte sentimento di rinuncia, che egli mise poi in atto. Abbandonò la sua famiglia e il negozio di bidi e partì per andare sull'Himalaya. Srikant Gogte e P.T. Phadol, nell'introduzione al libro di Sri Nisargadatta "Io sono Quello", dicono di lui, "Sulla strada per l'Himalaya, dove aveva in programma di trascorrere il resto della vita, egli incontrò un fratello-discepolo, che lo convinse sulle carenze di una vita totalmente non-mondana e sulla più grande fecondità spirituale di una azione spassionata nel mondo". Quando ritornò, scoprì che dei suoi sei negozi ne era rimasto solo uno, ma che esso era comunque sufficiente per il sostentamento della sua famiglia, e così Maruti diventò Sri Nisargadatta Maharaj, dedicando tutto il suo tempo libero alla meditazione delle istruzioni del suo guru. Un paio di anni prima che Sri Nisargadatta avesse incontrato Sadguru Siddharemeshwar per la prima volta, un giovane Americano che in incognito faceva la ricerca spirituale verso la sua Illuminazione - e che ebbe, alcuni anni dopo, la fama come ‘Anonimo’ in un romanzo del famoso drammaturgo Inglese W. Somerset Maugham, dal titolo ‘The Razor's Edge’ – fece a sua volta visita a Sri Siddharemeshwar, e fu uno dei primi Americani a farlo. Il giovane Americano viaggiò a Bijapur per incontrare il Maharaj e, mentre era lì, seppe dell'esistenza del Vihangam Marg, la ‘Via degli uccelli’. Il Maharaj insegnò a lui quello che più tardi imparò anche Sri Nisargadatta, e cioè: "che solo ascoltando e praticando gli insegnamenti del Maestro e riflettendoci su, proprio come l'uccello che vola da un albero all'altro, si può ottenere velocemente il Risveglio". Anche se "la Via dell'uccello" non è trattata nel libro di Maugham, essa più tardi avrà un ruolo assai importante, nel modo come la vita del giovane Americano si svolge dopo il romanzo, e l'interazione che avviene nell’esperienza di Risveglio di un altro. E neppure, "la Via dell'uccello", è particolarmente trattata nelle opere di Sri Nisargadatta, tuttavia, egli voleva che la comprensione della Realtà Ultima fosse accessibile a tutti, perciò rifiutò di utilizzare un linguaggio tecnico o complicato, usando invece esempi tratti dalla vita quotidiana, predicando nel più diretto, semplice e assai lucido linguaggio del Vihangam Marg. Sri Nisargadatta continuò a vivere la vita di un comune lavoratore Indiano, ma il suo insegnamento, che egli trasmise nella sua opera principale "I Am That" e che è radicato nella antica tradizione delle Upanishad, ebbe un significativo impatto filosofico nel pensiero contemporaneo. I devoti venivano da tutto il mondo per ascoltare il messaggio unico di Nisargadatta, fino al momento della sua morte, nel 1981. Un esempio di persona che fu scossa dai suoi libri è Aziz Kristof, etichettato come un maestro non-tradizionale Advaita-Zen, che, leggendo il libro di Nisargadatta ‘I Am That’, scrive quanto segue: "In quel momento, sapevo di aver trovato il mio maestro. (Anch’io, leggendo il suo libro, ebbi questa sensazione - N.d.T.) Egli parlava alla mia essenza, il suo spirito toccava profondamente il mio cuore. Grazie a lui realizzai la necessità di stabilizzare lo Stato della Presenza a cui ero già svegliato. Egli lo chiamava lo stato di ‘Io-Sono’. Per la prima volta, ottenni la chiarezza riguardo al Sentiero e la necessità del Retto Sforzo. Mantenere lo Stato della Presenza divenne un nuovo compito, ed era una nuova sfida. Facendo lunghe passeggiate a piedi, cercavo di non perdere questo Stato, neanche per un solo momento". È interessante notare che il Wanderling, il cui insegnante Zen era la stessa persona indicata sopra come "Anonimo Americano", quando ebbe bisogno di un titolo per il documento sulla sua personale Realizzazione su cui stava lavorando, lesse un libro di Yatri dal titolo “L’Uomo Sconosciuto: la nascita misteriosa di una Nuova Specie" (Sidgwick & Jackson, 1988), in cui si menzionava il termine ‘Dark Lluminosity’, riprese il seguente passaggio tratto dal libro "I Am That" di Sri Nisargadatta: "Guarda da vicino e vedrai che tutti i nomi e forme non sono che transitorie onde nel mare della coscienza, che solo la coscienza può essere definita esistente, e non le sue trasformazioni. Nella vasta infinità della coscienza appare una luce, un piccolo punto che si muove rapidamente traccia le forme-pensieri ed i sentimenti, le idee e i concetti, come una penna che scrive sulla carta. E l'inchiostro che lascia quella traccia è la memoria. Tutti voi siete quel piccolo punto, e dal vostro movimento il mondo è sempre ri-creato. Interrompete il movimento e non vi sarà nessun mondo. Guarda attentamente al tuo interno e troverai che il punto di luce è il riflesso della immensità di luce nel corpo, come senso del "Io sono". C'è solo la luce, tutto il resto appare. Per la mente, essa [la luce] appare come oscurità. Essa può essere conosciuta solo attraverso i suoi riflessi. Tutto può essere visto alla luce del giorno - tranne la luce del giorno. Essere il punto di luce che traccia il mondo, è essere turiya. Essere la luce stessa, è turiyatita. Ma a che serve utilizzare i nomi, quando la realtà è così vicina?" "Per la mente, essa [la luce] appare come oscurità. Essa può essere conosciuta solo attraverso i suoi riflessi". La frase, che la luce è essa stessa turiyatita che appare come oscurità, e i commenti di Yatri hanno provocato il titolo ‘Dark Luminosity’. Sri Nisargadatta Maharaj è un fratello spirituale di Sri Ranjit Maharaj. 'I Am That' (Io Sono Quello) è il più noto e forse il più venduto libro Advaita (nonduality) di Nisargadatta Maharaj. Esso è stato tradotto in Occidente dal Dr. Maurice Frydman. (Fonte prima di ricerca I Am That, con qualche adattamento da: Il Nettare dei piedi del Signore’, a cura di Robert Powell.
2) SRI RANJIT Maharaj (1913-2000) http://www.angelfire.com/realm/bodhisattva/ranjit.html Trad. Di Aliberth
3) SIDDHARAMESHWAR Maharaj Shri Sadguru (1888-1936) http://www.angelfire.com/realm/bodhisattva/sadguru.html, Trad. di Aliberth Shri Samartha Siddharameshwar Maharaj, contemporaneo di Sri Ramana Maharshi, è uno dei più sconosciuti grandi santi del mondo. Egli nacque nel mese di agosto 1888 in un piccolo villaggio di nome "Pathri" nel distretto di Sholapur India. Nel sesto giorno dalla sua nascita, la sua nonna fece un sogno in cui il grande santo Siddheshwar appariva davanti a lei, dicendole che il neo nato era la sua incarnazione e le disse di chiamarlo Siddheshwar. Le disse anche che un giorno il ragazzo sarebbe diventato un grande Santo. E quindi a lui fu dato il nome Siddharamappa. Più tardi fu conosciuto come "Siddharameshwar Maharaj". Anche nella sua infanzia, egli era molto acuto ed attivo; aveva la capacità di assorbire le cose molto velocemente. Egli non studiava molto a scuola, ma era assai intelligente, abile e rapido in tutti i suoi comportamenti. Egli era sempre molto diretto e parlava con idee riflessive. Replicava le sue risposte a ogni domanda con grande significato. All'età di 16 anni, anche se era prematuro per il lavoro, egli assunse il posto di contabile nell’impresa Marwadi a Bijapur. Faceva il suo lavoro con grande serietà e si stabilì in Bijapur. Qui incontrò il suo Maestro Shri Bhausaheb Maharaj, che nel 1885 aveva costruito un monastero nel piccolo villaggio chiamato Inchgiri nello Stato del Karnataka in India. Shri Bhausaheb Maharaj, che comprendeva la capacità mentale e lo stile di vita delle persone, iniziò poi ad insegnare la "Meditazione" ai suoi discepoli in questo monastero. Lo scopo principale nel voler insegnare la meditazione era quello di far raggiungere la Realtà finale. Il metodo di meditazione che egli usava era quello noto come Pipilika Marg o Via della formica, cioè il metodo graduale, un lento processo per arrivare alla realizzazione finale della Realtà. Shri Siddharameshwar Maharaj, dopo la scomparsa del suo Maestro Bhausaheb Maharaj, nell'anno 1914, faceva la meditazione secondo gli insegnamenti del suo Maestro. Nel 1918, rinunciò al mondo e insieme ai quattro fratelli discepoli prese a diffondere gli insegnamenti del suo Maestro. Nel 1920, mentre era in giro a diffondere gli insegnamenti del Maestro, ebbe l'idea che si doveva andare al di là della meditazione, perché la meditazione è solo la fase iniziale per ottenere la Realtà finale. I fratelli discepoli non furono d’accordo con Shri Siddharameshwar Maharaj, dicendo che il loro Maestro Shri Bhausaheb Maharaj non aveva detto questo. Egli concordò con loro, ma ribadì, "Okay! Ma non si può andare al di là di quello?" Così, lasciando i suoi fratelli discepoli, egli decise di stabilirsi su questo difficile Sentiero da solo e fece ritorno a casa sua in Bijapur. Iniziò quindi la sua meditazione in Bijapur sulla piattaforma sollevata di un minareto (upli buruj) seduto su un vecchio cannone e vi meditò per nove mesi, senza una pausa. Dal momento che il suo Maestro gli aveva insegnato solo la meditazione, egli senza meditazione non aveva alternativa per trovare la strada di ottenere la Realtà finale, cioè l’Illuminazione. Così, egli mise tutto il suo incessante impegno per raggiungere questo obiettivo della Reatà finale. Egli diceva "Io otterrò la realtà finale anche a costo della mia vita". E con la grazia del Maestro Bhausaheb Maharaj egli raggiunse l'obiettivo della Realtà finale. I suoi sforzi alla fine furono ricompensati, venendo benedetto nella totale e piena Realizzazione. Poi, egli spiegò che si può raggiungere la finale Realtà tramite il Vihangam Marg (Via degli uccelli), cioè, il metodo di Illuminazione veloce, realizzando tramite il processo del pensiero che l’ignoranza proveniva dal coltivarla generazione dopo generazione. Per contrasto, solo praticando ed ascoltando la verità detta negli insegnamenti dei Maestri e mettendo il pensiero su di essi, proprio così come l'uccello vola da un albero all'altro, si può raggiungere la Realtà finale molto velocemente. Questa è la strada più breve per raggiungere la Realtà finale. Unitamente, egli insegnò che il Sentiero per la Realtà Finale è raggiungibile facilmente oltrepassando la porta di Laya, che è un chiaro segno del proprio progresso --- cioè il pericolo di essere in errore nei riguardi della mèta finale della pratica spirituale --- venendo così ingannati. Ignoranza e pensieri sono delle balie. Se i pensieri sono assorbiti nella realtà, si può passare alla realtà ultima. Egli iniziò poi a predicare ai suoi discepoli il modo di raggiungere la Realtà definitiva tramite il Vihangam Marg (Via degli Uccelli). Prima egli offrì ai suoi discepoli la conoscenza della Realtà Finale, poi chiese loro di rinunciarvi, e dopo disse loro di rinunciare anche all'atto della rinuncia. Infine, egli dette loro la conoscenza di Vijnana - la Realtà senza-pensieri. Egli predicava in maniera molto semplice, lucida e comprensibile, dando esempi dalla vita quotidiana. Egli era del parere che Parmarth (paramartha) - la comprensione della Realtà finale - doveva essere insegnata in un linguaggio molto semplice, senza l'uso di parole roboanti o ampollose, così da poter far capire alle persone la Realtà Ultima. Questo lo fece dal 1925 al 1936. Fu durante la prima metà di quegli anni che il giovane Americano semi-sconosciuto, in viaggio per la sua ricerca spirituale verso l'Illuminazione, e che alcuni anni dopo ottenne la sua fama come anonimo nel romanzo del famoso drammaturgo Inglese W. Somerset Maugham dal titolo ‘The Razor's Edge’, visitò Siddharemeshwar, essendo uno dei primi Occidentali a farlo. È stato anche scritto che dal suo soggiorno in India, egli maturò la pace della mente. (vedi) Il Maharaj scomparve il 9 novembre del 1936, a Bombay, dando ai suoi discepoli piena comprensione della Realtà Finale, in modo particolare a due dei più compiuti seguaci, Sri Nisargadatta Maharaj e Sri Ranjit Maharaj. Nel libro "Master Key to Final Realization", Siddharameshwar Maharaj spiega solo uno dei modi per raggiungere la Realtà Ultima. Cioè, la conoscenza che noi siamo oltre i quattro corpi, e che rimane da conoscere che l’Ego deve essere dissolto nella Realtà Finale, il che è proprio ciò che si chiama "Laya" (assorbimento). Shri Dattatray Dharmayya Poredi ha ampliato una delle lezioni di Sri Maharaj Siddharameshwar, nota come "Master Key of Self-Realization"("Atmagyanachi Gurukilly"). Egli è stato uno dei validi discepoli di Shri Siddharameshwar Maharaj vivente in Solapur (una città nello stato di Maharashtra, in India) e ha anche scritto molte poesie sul Vijnana (Realtà Ultima), che è proprio la realtà insegnata da Shri Sadguru Siddharameshwar Maharaj. Il "Master Key to Self-Realization", scritto in Marathi, è stato tradotto in Inglese dal Dott. Sig.ra Damayanti Dungaji. Shri Siddharameshwar Maharaj predicò step-by-step, in un linguaggio molto semplice, il modo per raggiungere la Realtà Finale, nel corso degli anni dal 1925 al 1936. Questi suoi insegnamenti sono stati pubblicati in lingua Marathi come "Amrut Laya". Queste Lezioni verranno tradotte anche in inglese e saranno pubblicate a beneficio di coloro che non capiscono il Marathi. --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- NOTA: Il "semi-sconosciuto anonimo viaggiatore Americano" di cui W. Somerset Maugham scrisse in ‘The Razor's Edge’, nel romanzo si chiamava Larry Darrell ed è basato sulla vita di una persona reale. Egli era stato un pilota nella I° Guerra Mondiale. Maugham scrive che Darrell disse di "né: "Io amavo volare. Non potrei descrivere la sensazione che mi dava, sapevo solo che io mi sentivo orgoglioso e felice. In aereo, sentivo che ero parte di qualcosa di molto grande e bello. Non sapevo bene che cosa ci fosse tutto intorno, sapevo solo che non ero più solo, ma che gli appartenevo. Sentivo di essere a casa mia, nell’infinito". Sebbene Maugham non lo menzioni nel suo romanzo, Darrell, sia prima che dopo il suo soggiorno presso l'ashram di Sri Ramana, andò a Bijapur per incontrare Siddharameshwar Maharaj e imparare il Vihangam Marg, la Via dell’Uccello. Il santo uomo disse a Darrell che, "solo ascoltando e praticando gli insegnamenti del Maestro e riflettendo su di essi, proprio come l'uccello vola da un albero all'altro, si può raggiungere molto velocemente il Risveglio". Benché in superficie sembra esservi un tenue filo che lega insieme l’essere "a casa con linfinito" e la "Via degli uccelli", nello sforzo della persona verso l'Illuminazione, in Darrell, non si era totalmente perso il significato più profondo tra i due concetti. Così come l'incontro con Siddharameshwar Maharaj, anche la "Via degli uccelli" non è stata riportata nel romanzo che porta Darrell all'esperienza della Realtà Ultima, ma più tardi essa svolgerà un ruolo importante in come la vita post-romanzo di Darrell si svolge e l'interazione che avviene tra se stesso e l'esperienza di Risveglio di un'altra persona(vedi). --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- TRASMISSIONE DI POTERE SPIRITUALE: Secondo il Vijnana (Realtà Finale) ci sono tre modi di Trasmissione del Potere Spirituale e questi possono essere spiegati attraverso un esempio. Dei tre, il Vihangam Marg è il più breve (più veloce) per raggiungere la Realtà Finale: Supponiamo che vi sia un frutto dolce e maturo sulla cima di un albero. Per coglierlo e godere il sapore del frutto, ci sono queste modalità: 1. PIPILIKA MARG: una formica sale lentamente sul tronco dell’albero, lentamente avanza su per il ramo e alla fine gode il gusto del frutto. Questo modo è noto come Pipilika Marg (Ant-path). 2. MARKAT MARG: saltando da un albero all'altro, una scimmia arriva ad una certa distanza dal ramo dell’albero e inizia direttamente la degustazione del frutto. Questo modo è noto come Markat Marg (Monkey-Path). 3. VIHANGAM MARG: Un uccello volando nel cielo, picchia direttamente sul frutto con il suo becco e inizia a mangiarlo. Questo è noto come Vihangam Marg (Birds'-Path, Birds’ Sky-way). 4. NOTA: Vi è anche un sentiero (Marg) raramente menzionato, ma considerato come la Quarta Via. Sebbene Siddharameshwar Maharaj realizzasse il Sé attraverso la lunga e difficile strada chiamata Pipilika Marg, la "via della formica", egli insegnò e difese la "via degli uccelli", il Vihangam Marg. Questa è la via della Comprensione, la Via diretta di auto-realizzazione. Esso fu anche l'insegnamento di uno dei suoi più ardenti seguaci, Sri Ranjit Maharaj (1913-2000). L’approccio veloce fornisce il modo più rapido per sperimentare la consapevolezza che è al di là di quella ordinaria associata con l'ego. Il suo svantaggio, è la potenziale fragilità dell’ego che non è in grado di sopportare tali rapidi e profondi cambiamenti - infatti i sentieri molto più graduali si sforzano di mettere in guardia contro i sentieri veloci. Vedi, Vedi: DEATH OF THE EGO: The Buddhist View. sul sito: ‘La Morte dell’EGO: La Visione buddhista’.: http://www.superzeko.net/dharma_di_aliberth_da_rivedere/articolidharma51.htm, Una situazione analoga vale per le scuole exoteriche ed esoteriche. Le tradizioni exoteriche sono più solide ed equilibrate, poiché lavorano maggiormente con le percezioni e le energie del piano fisico. Quindi, anche se non è raro sperimentare stati percettivi supernormali (siddhi) che sorgono tramite le varie fasi del Jhana, i livelli di Zen, o la meditazione Vipassana, l'enfasi di queste scuole è messa sul continuare a radicarsi alla Terra, su questa Terra --- alle mète turistiche, suoni, sapori e pensieri che riguardano l’esperienza ordinaria. Lo svantaggio è che le energie primordiali, che sono alla base del mondo fisico, sono indicate solo indirettamente. D'altra parte, le tradizioni esoteriche determinano di applicarsi direttamente alle forze che sono alla base dell’esistenza ordinaria. Esse provano a raggiungere l’essenziale natura dell’esperienza della vita che si manifesta come energia e coscienza sottili. Lo svantaggio qui, è quello di andare troppo in là, troppo velocemente all’interno della psiche e, come per le tradizioni veloci, la pratica esoterica può andare troppo lontano, troppo rapidamente nei sottili campi dell’energia. Questo può manifestarsi in vari modi, come, per esempio, negli squilibri energetici del corpo e della mente, e negli incontrollati effetti sull'ambiente circostante e negli altri esseri viventi. (1). Vedi anche: Hun-tun. The Chaos and the Zen; sul sito:(http://www.superzeko.net/dharma_di_aliberth_da_rivedere/articolichanzen50.htm,) --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- NOTE: Tradizionalmente, l'approccio alla spiritualità può essere exoterico o esoterico. Exoterico si riferisce a esteriore, cioè agli aspetti più concreti - le cose che possiamo vedere, toccare, sentire, odorare, gustare, e fare. Esempi sarebbero il pregare, impegnarsi in attività caritatevoli e di volontariato, la recita di mantra, il canto devozionale, ed anche frequentare le lezioni di un maestro spirituale. Si dice che pure alcune forme di meditazione Vipassana e Zen siano exoteriche. Per esempio, la Vipassana mira a far sì che la mente non vaghi, radicandola nell'esperienza del quotidiano. La mente è però più ancorata al processo che al contenuto dell’esperienza sensoriale diretta. Quindi, sarebbe consapevole non tanto del senso del sentire quanto di ciò che si sta udendo. Allo stesso modo, lo Zen sottolinea l’esperienza nel momento attuale e prende la normale attività di tutti i giorni come oggetto per la sua meditazione. Tuttavia, alla fine, le connotazioni esoteriche/exoteriche sono entrambi dualistiche e non rientrano tradizionalmente all’interno del vero reame o scopo del Chan (Zen). Vedi: ‘Buddhism Comparison: Spiritual attainment and verbal expression to that Reality’ (di prossima traduzione) Per coloro che possono essere interessati, c’è una Quarta Via per la Trasmissione del Potere Spiri-tuale che di solito non è menzionata, e che si chiama APARKA MARG (sannyasa-vidvat). Anche in questo caso, supponete che vi sia un frutto dolce e maturo in cima ad un albero. Per godere il sapore del frutto, c’è questo metodo: il frutto maturo cade per terra proprio nel momento esatto in cui sotto c'è un ignaro essere affamato. Aparka Marg è la Via in cui la Realizzazione cade sul Sé. Il Bhagavan Sri Ramana Maharshi sarebbe un buon esempio di come forse nacque la rara e mistica Shunyata, ed anche Hui-neng il Sesto Patriarca del Chan (Zen) che, proprio mentre da ragazzo raccoglieva legna da ardere, sperimentò il Risveglio fondamentalmente dal nulla. Un esempio dei nostri giorni sarebbe Suzanne Segal. Vedi ‘When Infinities Collide’, http://www.superzeko.net/dharma_di_aliberth_da_rivedere/articolididharma62.htm, IGNORANZA - L'ignoranza, come si intende qui, è usata in un senso speciale. Non significa ignoranza come si usa dire nel significato comune di tutti i giorni, ma significa quella particolare 'ignoranza’ che non è differente da ciò che nel buddhismo è venuto ad essere conosciuto come le Quattro Nobili Verità e l’Illusione che ci impedisce di vedere la vera natura dell’Impermanenza e della Sofferenza (anicca e dukkha). L'ultimo dei Tre Veleni. La mente umana è naturalmente oscurata da illusione e ignoranza (Avijja o avidya), che impedisce di vedere la vera natura delle cose così come sono. Il suo alleato, che funziona sempre in associazione con l'ignoranza, è il desiderio (Tanha), la vera causa principale della sofferenza. Queste due latenti forze impure nella loro natura originaria nascono semplicemente dalla nostra negligenza o disattenzione, dalla mancanza di consapevolezza nell’impatto tra l'occhio e gli oggetti visibili, tra le orecchie e i suoni, tra il naso e gli odori, tra la lingua ed il gusto, tra il tatto e il corpo e infine tra la mente e gli oggetti mentali, come le idee, le opinioni, le fantasticherie ed i pensieri, ecc. Inoltre, la brama (tanha), è considerata nel buddhismo come una delle tre negative figlie di Mara. VIJNANA - Supponiamo di raccogliere l'acqua dal mare e portarcela a casa. L'acqua dell’oceano avrà in essa un sapore salato. Però, quando la stessa acqua dell’oceano viene convertita dai raggi del sole in vapore e poi scende dalle nuvole come pioggia vi è un aumento della "dolcezza", che è associata con la stessa acqua. La conoscenza che otteniamo grazie alla lettura o all'ascolto di Sutra e Sastra si può paragonare con l'acqua raccolta direttamente dall'oceano. Vijnana è allora paragonabile all’acqua dell’oceano quando dalle nuvole è trasformata in pioggia - che è più dolce dell'acqua che proviene dal mare. Vijnana è proprio la differenza tra la conoscenza che otteniamo con la lettura o l'ascolto di Sutra e Sastra e la conoscenza che ci viene dall’esperienze del quotidiano.(Dal Discorso di Sathya Sai Baba durante il Corso estivo di spiritualità e di cultura indiana) WITH THANKS TO: AGAR CLEVERDON SATSANG IN BYRON BAY, AUSTRALIA - http://www.angelfire.com/realm/bodhisattva/sadguru.html#N2
4) Who Am I? (Nan Yar?)(Chi Sono Io?) Insegnamenti di Bhagavan Sri Ramana Maharshi Traduzione dall'originale Tamil del Dr. T. M. P. MAHADEVAN http://www.angelfire.com/realm/bodhisattva/whoami.html, Trad. di Aliberth "…Fu a quel punto del mio immaginario sviluppo psico-spirituale che persi me stessa. Ironicamente, prima di andare a dormire quella notte nel mese di ottobre 1985, io avevo realmente fatto un esercizio di 'auto-rammemorazione' proprio per lo scopo opposto – per centrare le mie energie in un fermo e chiaro senso di sé che sarebbe continuato nel processo del sogno, invece di perdersi in esso, dandomi così un sogno lucido in cui potevo essere consapevole di sognare. Io caddi sfinita ripetendo le parole "Io sono, io sono, io sono...", come Sri Ramana Maharshi, e fui molto stupita di risvegliarmi qualche ora più tardi, ridendo perché i pandits lo trovavano sbagliato: la verità era assai più come "Io NON sono". Stavo emergendo da uno stato di coscienza del tutto senza alcun Io o ‘Sé’, una situazione che può essere descritta solo come pura coscienza. Non posso neanche dire di averlo sperimentato, perché in realtà non c’era nessun sperimentatore e niente da sperimentare". (Ann Faraday, An Account of the Realization of Emptiness). "La sostanza della vastità è così direttamente percepibile a se stessi in ogni momento, che il circuito richiede a volte una fase di adeguamento per abituarsi ad una più infinita consapevolezza. Quando si chiede ‘Chi sono io’, l'unica risposta possibile è: ‘Io sono l'infinito, la vuota vastità che è la sostanza di tutte le cose. Io sono tutti e nessuno, sono nulla e tutte le cose - proprio come lo siete voi…". (Suzanne Segal, A Collision with the Infinite) "Io sono proprio Colui che vive nel mio corpo, che vive nel vostro corpo, e sono assolutamente energia; sono nell’energia ed io sono l'Energia. E sono totalmente gioioso, gioioso nei miei miliardi e miliardi di modificazioni, e "Com’è meraviglioso essere Me!" Tutto ciò che esiste aldifuori di me come una modificazione, esiste dentro di me come una modificazione. Simultaneamente, io posso essere tutto questo ed è che questa unica cosa che io sono!".(Valerie Vener, A Near Death Experience Opens the Door to an Awakening Journey) "Questo è ciò che ho scoperto: che Io non c’ero. Non c’era nessun nucleo centrale che dava a me una vita illusoria come persona. Non c’era mai stato alcun Io. Non c’era mai stata un'idea che ci fosse stato un Io, né colui che agisce o che sperimenta; anche quello era sparito. Quello che avevo pensato fosse l’Io, era realmente l’Io-sono, il senso di presenza, senso di essere. Ma questo ‘Io-sono’, la presenza, la coscienza, non conteneva nessun punto di Io, e non c’è mai stato. L’'Io' era stato solo una credenza, un'idea tenacemente trattenuta, che creava un apparente esperienza di ‘me’ come una persona". (Ed Muzika, del lignaggio di Sri Ramana Maharshi). "La cosa più interessante è che nessuno di questi maestri erano effettivamente interessati allo stato interiore. Nessuno mai si chiese,"Aziz, qual è il tuo stato?" Questa è la questione fondamentale! Invece, essi si chiedevano: "Cosa voleva dire il Maestro Chao Chou con il Mu?" Chi realmente se ne è mai preoccupato? È meraviglioso studiare i detti degli Antichi Saggi, ma quello che essi indicavano e a cui puntavano è molto più importante. Nel Risveglio a ‘Chi Sono Io?’ si mantiene l'essenza di tutti i possibili Koan del passato, presente e futuro". (Aziz Kristof, non-tradizionale maestro Advaita Zen). DOMANDE E COMMENTI Di SRI RAMANA MAHARSHI:
"Qual è il sentiero dell’indagine per comprendere la natura della mente?" "Ciò che come 'Io' in questo corpo è la mente. Se ci si chiede come e dove nel corpo all’inizio sorge il pensiero 'Io', si scoprirebbe che esso sorge nel cuore. Questo è il luogo dell’origine della mente. Infatti, se costantemente si pensa 'Io', 'Io', si verrà portati in quel luogo. Di tutti quanti i pensieri che sorgono nella mente, l’'Io' è il primo pensiero. E' solo dopo il sorgere di questo che gli altri pensieri possono sorgere. Ed è dopo la comparsa del primo pronome personale che il secondo ed il terzo dei pronomi personali appariranno, senza il primo pronome personale non ci sarà il secondo e il terzo".
"In che modo, la mente diventa quiescente?" "Con l'indagine 'Chi sono io?'. Il pensiero 'Chi sono io?' distruggerà tutti gli altri pensieri, e poi, come il bastone usato per riattizzare il fuoco, alla fine, esso stesso verrà distrutto. Allora poi, sorgerà l’auto-realizzazione".
"Qual è il metodo per mantenere costantemente il pensiero 'Chi sono io?'" "Quando sorgono tutti gli altri pensieri, non si dovrebbe seguirli, ma si dovrebbe indagare così: 'A chi si presentano?' Non importa quanti pensieri sorgono. Allorché questi pensieri si manifestano, con la massima diligenza si dovrebbe indagare, "A chi è sorto questo pensiero?". La risposta che emerge sarà "A me". Poi se uno si chiede "Chi sono io?", la mente tornerà alla sua fonte, e il pensiero che è sorto diventerà quiescente. Con la pratica ripetuta in questo modo, la mente svilupperà la capacità di rimanere nella sua fonte. Quando la mente, che è sottile, esce attraverso il cervello e gli organi di senso, appaiono i nomi e le forme grossolane, quando invece essa rimane nel cuore, questi nomi e le forme scompaiono. Non lasciate che la mente fuoriesca, perché il trattenerla nel Cuore è proprio ciò che viene chiamato "interiorità" (Antar-mukha). Il lasciare che la mente fuoriesca dal Cuore è noto come "esteriorizzazione" (Bahir-mukha). Così, quando la mente rimane nel cuore, l’'Io', che è la fonte di tutti i pensieri se ne andrà, e il Sé che sempre esiste, risplenderà. Qualunque cosa si faccia, si dovrebbe farlo senza l’egoico "Io". Se si agisce in questo modo, tutto apparirà come la natura di Shiva (Dio)". "Non ci sono altri metodi per rendere la mente quiescente?" "Diversamente dall’indagare, non ci sono altri metodi adeguati. Se attraverso altri metodi si cerca di controllare la mente, potrà sembrare che la mente sia controllata, ma essa tornerà di nuovo ad uscire fuori. Anche attraverso il controllo del respiro la mente diventerà quiescente, ma sarà quiescente solo per il tempo in cui il respiro rimane sotto-controllo, e quando il respiro riprende normalmente, anche la mente comincerà nuovamente a muoversi e vagare come sospinta da impressioni residue. La fonte è la stessa sia per la mente che il respiro. Il pensiero, infatti, è la natura della mente. Il pensiero "io" è il primo pensiero della mente, esso è l’ego. Ed è da ciò da cui proviene l’egoità che anche il respiro ha origine. Quindi, quando la mente diventa quiescente il respiro è sotto controllo, e quando il respiro è controllato la mente diventa quiescente. Ma nel sonno profondo, anche se la mente diventa calma, il respiro non si ferma. Ciò è dovuto alla volontà di Dio, così che il corpo possa essere preservato e le altre persone non abbiano l'impressione che esso sia morto. Nello stato di veglia e nel Samadhi, quando la mente diventa calma, il respiro è controllato. Il respiro è la forma grossolana della mente. Fino al momento del decesso, la mente mantiene il respiro nel corpo, e quando il corpo muore, la mente si porta il respiro con "né. Perciò, l'esercizio del controllo del respiro è solo un aiuto per rendere la mente quiescente (manonigraha); questo serve a non distruggere la mente (manonasa)". Come la pratica del controllo del respiro, così anche la meditazione sulle forme di Dio, la ripetizione di mantra, l’astenersi dal cibo, ecc, non sono altro che aiuti per rendere la mente quiescente". "Un devoto andò da Ramana e gli disse: 'Maestro, sono stato con te per venticinque anni, facendo la pratica di 'Chi sono io?' eppure non è accaduto nulla', allora Ramana disse,'Prova per altri venticinque anni e vedi cosa succede'." "Va anche detto, che benché Ramana sostenesse il mantra "Who Am I?" come la soluzione per i suoi seguaci, lo stesso Ramana a diciassette anni si era risvegliato all'Assoluto sostanzialmente dal nulla, con poca o nessuna formazione religiosa, e in definitiva senza un guru – quindi, alla fine, nessuno di questi può essere veramente necessario. Almeno non lo fu nel caso di Sri Ramana, così ne consegue che non dovrebbe essere il caso pressoché per nessuno. Il segreto è di avere la mente matura. Un primo esempio di una simile esperienza di risveglio, benché sotto la grazia e la luce del Maharshi, ma, anche così, proveniente praticamente dal nulla --- non più che un'ora di seduta alla presenza di Ramana e senza nient’altro che il possibilmente purificato piatto spirituale di un giovane innocente e con la mente matura --- e sicuramente senza alcun precedente formazione religiosa, meditazione, o studio, o conoscenza delle Scritture, si può trovare in ciò che segue: ‘Sri Ramana si risvegliò all’età di 17 anni a seguito di quella che fu chiamata la sua Prima Esperienza di Morte. La maggior parte delle persone ritengono che da lì egli fu poi un essere Illuminato e fu così che, andando alle grotte della sacra collina di Arunachala e poi negli anni successivi al suo ashram, diventò il Saggio che divenne poi conosciuto da tutti. "Tuttavia, ciò che molte persone non sanno è che una quindicina di anni dopo quella prima iniziale esperienza di morte, nel 1912, a 32 anni, Ramana ebbe una poco nota Seconda Esperienza di Morte. Questa seconda esperienza, anche se Ramana era noto e ammirato come un essere completamente illuminato, tuttavia, anche se pienamente Illuminato --- e questo può sembrare un ossimoro --- modificò il suo stabile approccio all’oscurità e alla vita. La seconda esperienza di morte di Ramana apparentemente aprì la porta ad un abbraccio alla famiglia ed agli estranei, che in precedenza non si era manifestato in precedenti azioni di Ramana verso l'esterno. Vale a dire che, "Questa esperienza nuova poteva non aver sospinto la sua precedente realizzazione (ma) servì per reintegrarlo con il suo veicolo corporeo e con la vita. Dopodiché, egli fu più a suo agio nelle circostanze di vita quotidiana, e cominciò ad associarsi maggiormente con quei ricercatori che si radunavano intorno a lui." --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Nel 1938 Mercedes de Acosta visitò l’ashram di Sri Ramana. Mentre era lì, entrò in un dibattito con il Maharshi. Nel suo libro ‘Here Lies the Hearth’(1960), in merito a quel dibattito scrive quanto segue: "Gli ho chiesto come pregare per le altre persone. Egli rispose: 'Se tu stai dimorando all’interno del Sé, non ci sono altre persone. Tu ed io siamo la stessa cosa. Quando io prego per te, prego per me-stesso e quando prego per me, prego per te. La vera preghiera reale è di dimorare all'interno del Sé. Questo è il significato di ‘Tat Twam Asi’ - Tu sei Me, Io sono Te. Non ci può essere separazione nel Sé. Non c’è alcun bisogno di pregare per se stessi o per qualsiasi altra persona, ma solo di dimorare all'interno del Sé". "Io dissi ancora: 'Bhagavan, tu dici che io prendo la Ricerca del Sé per l’Atman Vichara, facendo a me stessa la domanda ‘Who Am I’? Io dico che chiedo ‘Chi sei Tu’?' "Bhagavan rispose: ‘Quando conosci il Sé, l’'Io' 'Tu' 'Egli' e 'Lei' scompaiono. Essi si fondono insieme nella Pura Coscienza’." È interessante notare che, durante la sua visita, la De Acosta incontrò un uomo di nome Guy Hague che nello stesso periodo soggiornava presso l'Ashram di Ramana. Hague è spesso citato come il vero modello del ruolo di vita per Larry Darrell, la caratteristica principale nel libro sulla ricerca spirituale per l’Illuminazione, dal famoso scrittore e drammaturgo Britannico William Somerset Maugham, dal titolo The Razor's Edge. Nel libro, Darrell medita e studia sotto un Santo uomo Indiano che Maugham chiama Shri Ganesha e che assomiglia molto Sri Ramana. http://www.angelfire.com/realm/bodhisattva/ramana.html, ********************************************************************************** - Finito di tradurre nel Gennaio 2009, per conto del Centro Nirvana di Roma, senza scopo di lucro - ********************************************************************************** | | |