Traduzioni di Dharma

Le filosofie prebuddhiste della Cina
(Confucianesimo e Taoismo)

Liberamente tratto da spezzoni di internet

 

Il Periodo assiale

La filosofia in Cina nacque in un momento di grave crisi politica e sociale, durante il periodo delle Primavere ed Autunni (722-481 a.C.) e il successivo, degli Stati Combattenti (403-221 a.C.). Proprio questa crisi determinò il mutamento della civiltà Cinese da arcaica a classica. La decadenza della dinastia reale Zhou, verso la metà del Chunqiu, infatti, determinò la nascita di alcuni Stati feudali militari. La vecchia aristocrazia continuò a decadere, mentre la nuova e folta classe dei mercanti emergeva; nel 221 a.C., infine, la Cina venne conquistata dal più forte degli Stati feudali: Qin. Una vera rivoluzione che fece tramontare la cultura sapienziale e tradizionale vecchia di secoli e sviluppò una cultura dell’individualità umana che con il suo intelletto si ricrea le dimensioni della realtà ormai mutata: è la nascita della filosofia.
 

Dong Zhongshu
Dong Zhongshu (179-104) fu il più grande esponente della Scuola del Testo Nuovo, caratterizzato dall’usare testi confuciani riscritti o ricordati a memoria. Gli imperatori Han adottarono la filosofia della Scuola del Testo Nuovo come confucianesimo ortodosso, almeno fino agli Han Posteriori. Dong Zhongshu fu l’ideologo degli Han Anteriori, che suggerì all’imperatore Wudi l’elevamento del confucianesimo a dottrina di Stato e l’istituzione del sistema degli esami.

Secondo la sua concezione l’uomo fa parte del Cielo e poiché il Cielo è il luogo di tutti gli archetipi, l’uomo diventa la sintesi dell’universo. Questo è costituito da dieci elementi: Yin e Yang (forme trascendentali del qi cosmico che dà vita all’uomo), i Cinque Elementi, (forme a priori della realtà sensibile), il Cielo, la Terra, l’Uomo. La dinamica di questi elementi vede il continuo crescere e diminuire di essi, a seconda del moto dello Yin e dello Yang. Quindi la Legge dell’universo è quella dell’Eterno Ritorno. L’azione dell’uomo è il riflesso e la continuazione sulla Terra dell’azione del Cielo, identificato con la Natura. Dong Zhongshu chiama Tian sia il Cielo che la Natura, come se concepisse un legame fra spirito e natura. Lo spirito dell’uomo è la continuazione della Natura, e anzi il suo sviluppo per l’ordine cosmico è necessario. La civiltà consta di riti (li) e musica (yue): i riti sono il modo di comportarsi dell’uomo, la musica è invece il sentimento. Riti e musica sono i riflessi delle due parti dello spirito umano, la forma (xing) e le emozioni (qing), corrispondenti allo yang e yin. L’uomo non è ancora buono, ma ha innati degli elementi di bontà che si possono sviluppare. I desideri e le passioni sono duri ostacoli che solo l’educazione può scavalcare. L’etica sociale è regolata nelle tre relazioni principali: re-suddito, padre-figlio, marito-moglie. Si devono sempre praticare le cinque virtù confuciane. L’armonia che regola la natura, le stagioni, il loro alternarsi, deve dominare nello Stato e nell’attività del regnante. Dong Zhongshu considerò che tutto è sottoposto alla Legge dell’Eterno Ritorno e quindi, trovate le forze agenti, si sarebbe potuto capire il presente e prevedere il futuro. Nel succedersi delle Tre Dinastie Dong Zhongshu ravvisò l’alternarsi di tre elementi fondamentali, simboleggiati da nero, bianco e rosso; ogni dinastia che si succederà riceverà un elemento, in base al quale la sua vicenda e il suo destino sarà simile a quelle con lo stesso elemento. Il fondatore di una nuova dinastia dovrà porsi subito in armonia con il suo proprio colore, per trarne pace e calma. Deve stabilire nuove istituzioni, nuovi riti, nuove leggi, per adeguarsi alla natura del suo colore, ma questo non è essere innovatori, bensì cambiare in base al cambiamento delle cose, è conoscere il Dao.

La filosofia di Dong Zhongshu cerca di spiegare l’andamento della storia e di ritrarre la situazione corrente; inoltre è forte il tono ottimista, dovuto agli albori felici della dinastia Han. Dong Zhongshu cercò pure di combinare una sintesi di tutte le ideologie note. Quello che si rimprovera a Dong Zhongshu è che ha usato lo strumento dello Yinyang, ossia la dialettica tra Yin e Yang, in modo troppo meccanico, togliendo un elemento proprio del primo confucianesimo: la libera scelta umana.

 

Fa Jia

La scuola legalista ha origine nel periodo di Mencio, Xunzi e Zhuangzi, quando in alcuni Stati del Nord nacquero delle scuole filosofiche a partire da alcuni legislatori ed amministratori. L’obbiettivo di questi amministratori era di sconfiggere l’anarchia imperante nei regni Cinesi con una rigida organizzazione statale centralizzata; tale organizzazione si doveva fondare sull’obbedienza generale di tutta la società al fa, alle Leggi, cioè ad un unico codice uniforme ed uguale per tutti. Fu negli Stati del Nord-Ovest che i principi legalisti attecchirono: laggiù i sovrani erano sempre impegnati nella lotta coi barbari, e la disciplina che il Fa Jia teorizzava era indispensabile; inoltre i popoli del Nord-Ovest, misti a barbari guerrieri, erano abituati ad una dura disciplina. I primi pensatori furono:

  Guan Zhong: Primo Ministro di Qi impose il monopolio del sale e del ferro a Qi.

  Zichan: Primo Ministro di Zheng promulgò per primo un codice di leggi nel VI sec.

   Shen Dao: Per il ministro di Han, il sovrano deve accrescere l’autorità sui sudditi. L’autorità, shi, è capacità di comandare.n Dao

   Shen Buhai: questo Ministro di Han pensava invece che la cosa più importante nel governo è la shu, l’arte di governare con ogni mezzo, spesso calpestando la morale, per ridurre i sudditi all’impotenza.

   Shang Yang: il legislatore di Qin fu colui che veramente adottò il sistema di governo tramite legge. Fa, la Legge è solo un codice repressivo molto severo. Shang Yang affermò la Legge di Qin distruggendo fino al livello delle famiglie l’organizzazione sociale, abolendo l’organizzazione fondiaria del jingtian e rendendo più efficace l’esercito.

 

Han Fei

Han Fei (m. 233 a.C.) fu, con Li Si, il sintetizzatore delle dottrine del Fa Jia  e l’ideologo dell’imperatore Qin Shi Huangdi e del suo dispotico impero. Han Fei e Li Si hanno come origini l’insegnamento di Xunzi. I concetti di Xunzi che ritroviamo in Han Fei sono la fondamentale cattiveria dell’uomo e il bisogno di un’autorità superiore, lo Stato, a garantire la civile convivenza fra gli uomini. Han Fei nega l’autorità del passato e la sua funzione di modello. Col passare del tempo le condizioni mutano e istituzioni del passato ora non possono più essere valide. Così, se nel passato non c’era bisogno di uno Stato forte poiché c’era terra per tutti e quindi mancavano i motivi di conflitto, ora non è più così, e il sovrano deve fermare la malvagità umana con le leggi. Il sovrano deve possedere shi e shu, autorità e capacità e arte di governo. Solo così può promulgare leggi e attorniarsi dei giusti collaboratori. Con i sottoposti, userà il sistema dei premi e delle punizioni per assicurare l’efficienza e il buon comportamento. Il sovrano non deve lavorare (principio Taoista del wu wei). L’unica virtù che il sovrano deve avere è l’imparzialità. La posizione di Han Fei e del confucianesimo sono diametralmente opposto riguardo riti e legge. Per Confucio, i riti non sono per il popolo, mentre la legge non per la nobiltà; Han Fei al contrario propone di eliminare i riti ma di estendere la legge anche alla nobiltà. La logica e la dialettica sono pure studiate dai legisti, poiché è un metodo per conoscere la verità, necessaria a chi governa. La dialettica legista si rifà a quella del Mo Jia: è una dialettica materialista e fattualistica.

 

Qin Shi Huangdi

Han Fei fornì al re di Qin la giustificazione filosofica e la metodologia per l’unificazione della Cina. Fu seguendo Han Fei che il re di Qin e Li Si frantumarono le tradizioni locali, disarmò popoli, li deportò, ripartì i campi, fondò un’amministrazione centrale, l’esercito di leva, unificò pesi e misure e il codice, ecc. Un’altra unificazione che Qin Shi Huangdi volle fu quella del pensiero. Tutto il pensiero contrario al legalismo venne considerato destabilizzante per l’Impero; soprattutto il confucianesimo fu osteggiato dal Fa Jia, che vedeva i valori del confucianesimo come mali da sradicare. Anche la tradizione, contro cui il Fa Jia era apertamente andata, poteva costituire fonte di critica e venne considerata pericolosa. Nel 221, Qin Shi Huangdi volle controllare la cultura, facendo vivere a corte 70 boshi, eruditi, affinché formulassero la cultura unificata e ortodossa. Ma questo non bastò: nel 213 Li Si propose il rogo di tutta la cultura del passato, storica filosofica e letteraria, salvando solo la memoria Qin, e le opere tecniche; insieme anche centinaia di allievi del Ru Jia sarebbero periti. Così nel 213 andò perduta gran parte dei documenti della cultura Cinese arcaica e classica. Nel 206 poi, al crollo della dinastia, vennero incendiati i palazzi reali Qin, che contenevano le uniche copie della cultura scomparsa al rogo di Shi Huangdi.

 

Scuola di Guwen Jia

Mentre nell’epoca degli Han Anteriori la Scuola del Testo Nuovo godeva il massimo favore imperiale, alcuni pensatori si misero a criticare tale scuola: era quella del Testo Antico. L’obbiettivo della Scuola del Testo Antico era di spogliare Confucio di tutti gli elementi daoisti e yinyang per rendere la sua dottrina da cosmologica a puramente e nettamente etica-sociale. La Guwen Jia voleva poi ridimensionare la figura di Confucio da quella di Superuomo divino della Jinwen Jia a quella di Saggio trasmettitore della cultura antica.

 

Liu Xiang e Liu Xin

Padre e figlio, essi furono gli iniziatori, nel I sec. a.C., della critica della Scuola del Testo Antico. Liu Xiang scoperse negli archivi imperiali il Zhouli: gli eruditi del Testo Nuovo, temendo per le loro teorie, lo accusarono di falso e lo mandarono via da corte. Liu Xin, invece fu l’ideologo di Wang Mang, usurpatore del trono Han che tentò un reale ritorno alla situazione Zhou, restaurando il jingtian e altre istituzioni Zhou.

 

Wang Chong

Il razionalista Wang Chong (27-100 d.C.) fu uno dei più grandi pensatori dei Han. La sua filosofia è prevalentemente critica: Wang Chong criticò le credenze degli eruditi, poiché ogni tesi per lui andava fondata su fatti dimostrati; criticò la relazione Uomo-Cielo di Dong Zhongshu; criticò l’opinione della bontà umana, dicendo che la maggior parte delle persone sono un po’ buone e un po’ cattive, e l’educazione serve ad aiutarle; criticò l’opinione della centralità dell’uomo nell’universo; criticò l’opinione della capacità dell’uomo di agire sui fenomeni naturali. I fenomeni naturali per Wang Chong sono fatti positivi indipendenti dall’uomo, e la natura è totalmente indifferente alla vita e alla sorte dell’uomo. Wang Chong criticò pure Confucio, le sue incongruenze, e ne ridimensionò la figura nel momento della sua divinizzazione.

 

Kon-fu-tzu (Confucio)

Vita: Kong Zhongni (551-479) nacque a Lu da una famiglia di funzionari discendenti della famiglia reale degli Shang; iniziò la carriera nell’amministrazione di Lu, fino a diventare Primo Ministro (501). Durante questi anni si interessò dei mali della società a lui coeva e delle cause di essi: infine comprese che i mali della società erano il decadimento delle virtù, legate al peggioramento dell’educazione, e il caos delle istituzioni. Così pose nell’educazione dell’uomo e nel raddrizzamento delle istituzioni i capisaldi della riforma sociale da lui propugnata. Compresi questi concetti fondamentali, Confucio cercò di applicarli a Lu, ma non vi riuscì; così diede le dimissioni nel 497 e iniziò a vagare per la Cina e a predicare ai vari sovrani il suo pensiero, affinché qualcuno lo applicasse, ma non ebbe ascolto. Infine Confucio ripiegò sull’insegnamento ai giovani, attività che iniziò la radicale trasformazione sociale che Confucio auspicava, e insegnò fino alla morte.

L’insegnamento di Confucio puntava a rendere i suoi discepoli dei ru, letterati, cioè esperti nelle Sei Arti. Queste, i Liu Yi, sono il riassunto della antica tradizione. Confucio credeva che la corruzione delle antiche virtù fosse causa di rovina nei tempi a lui coevi; per questo, utilizzando le Sei Arti come strumento, Confucio insegnava quali fossero le virtù antiche, che poi sono le virtù eterne ed autentiche. I Liu Yi sono:

   Shi, Odi, versi che indicano gli scopi della vita;

   Shu, Annali, registrazioni ad esempio di buon governo;

   Li, Riti, forme di comportamento;

   Yue, Musica, mezzo per ottenere l’armonia nell’animo;

   Yi, Mutamenti, spiegazione della generazione del mondo da parte di yin e yang;

   Chunqiu, Cronache di Primavere ed Autunni, cronache ad esempio di governo.

Alcuni dicono che fu Confucio stesso a redigere i Liu Yi, i Classici, tramite i quali voleva trasmettere una dottrina esoterica (questa è la teoria alla base del Neoconfucianesimo di epoca Song), ma è molto più probabile che Confucio li abbia solo sistemati e riordinati, e sicuramente era ben lungi dal voler trasmettere una dottrina nuova o, addirittura una nuova religione. Confucio si dichiara trasmettitore della tradizione. Tuttavia voleva introdurre nei suoi discepoli il pensiero logico e l’educazione del sentimento, che in quell’epoca di lotte e di guerre mancavano del tutto. Inoltre voleva insegnare un’arte del vivere secondo regole dei nobili senza però inculcare il pregiudizio e l’alterezza dei nobili. Il suo metodo di insegnamento si basa sull’esempio e sulla persuasione. La persuasione era ottenuta con i dialoghi in cui il Maestro mostrava l’efficacia delle virtù propagandate nel passato, e similmente l’esempio era dato da episodi della storia arcaica, che si riferivano ai Re-Saggi fondatori della civiltà Cinese. Confucio è stato spesso designato (e da alcuni, come Mozi, criticato) di agnosticismo, o addirittura di ateismo. In realtà Confucio aveva un atteggiamento razionalista che, in campo religioso, attaccava le superstizioni e le credenze del popolo di spiriti e demoni, superstizioni che assillavano il popolo e lo portavano anche a manifestazioni irrazionali. Ma per quel che riguarda la religione ufficiale, sicuramente osservava scrupolosamente i riti, come la tradizione indicava, degli antenati, e adorava anche Shangdi, considerandolo in modo filosofico, cioè un’Entità superiore e astratta, non l’Antenato del re. Confucio intese una riforma sociale sia a livello individuale che a livello sociale, poiché l’uomo, soprattutto il junzi, ha come luogo naturale la società della quale è membro; il modo di riformare la società è la rettificazione dei nomi. Che cose la rettificazione dei nomi? Se si considera che il nome (ming) è la definizione esatta delle cose, dei suoi caratteri e della sua funzione alla luce dell’ordine naturale delle cose, è insomma la definizione del suo posto naturale nel cosmo, rettificare i nomi significa far corrispondere il nome alla cosa, quindi far sì che la cosa agisca così come il nome indica: questo permette il ritorno dell’ordine naturale. Da questa teoria, detta zhengming, si deduce che il sovrano debba essere colui che con la sua volontà ordina il mondo; da lui dipende la virtuosità dei sudditi. Nella concezione Cinese, infatti, il sovrano è Figlio del Cielo, cioè il tramite fra il Cielo e la Terra e l’Uomo, è il rappresentante dell’Umanità, e ha il governo delle cose naturali come di quelle umane. La riforma sociale a livello individuale comprende invece l’esercizio di particolari virtù, di cui, peraltro, i testi della tradizione portavano molti esempi. Le virtù confuciane sono sociali, poiché l’uomo deve stare nella società così come le cose stanno nel Taiyi, nel Grande Uno. Tali virtù sono cinque, ma le fondamentali sono due: ren e yi.

 Ren: è l’umanità, l’amore verso gli uomini, regolato dai Riti, dall’ordine gerarchico; è fare quello che vorremmo ci fosse fatto e non fare quello che non vorremmo ci fosse fatto.

  Yi: è la rettitudine, cioè il dovere per eccellenza, l’imperativo categorico. Lo yi è la corrispondenza fra una situazione particolare e il concetto del dovere. Confucio predicava un’azione assolutamente disinteressata.

In realtà l’azione yi, l’azione disinteressata, è fondata sulla conoscenza del Ming, l’insieme dei principi universali, il Vero, le forze del mondo; quindi non si deve un’azione solo per il dovere, ma perché è conforme al Ming. Confucio pensa inoltre, come Socrate, che chi conosce il Ming, il Vero, non può non agire secondo di esso, quindi bene. Il valore della libertà dell’uomo è un valore che praticamente non appare mai nella storia della filosofia Cinese. Per Confucio, e per la mentalità Cinese, l’unica libertà che ha l’uomo è di adattarsi al voler del Cielo, al corso della Natura, ai li.

Parlando del Ming che è la sintesi dei principi universali, detti li, Confucio aveva detto che come sulla terra ci sono i riti (li), così nel Cielo ci sono i principi (li), che con i primi corrispondono. Quindi, secondo una visione cosmologica, i principi dell’azione umana sono i medesimi su cui si fonda l’Universo. Da questo concetto dei li terreni e celesti, nel confucianesimo successivo verrà formulata una metafisica realista che identifica Spirito e Natura.

 

Lao Tzu

Il concetto di Dao è presente in tutte le scuole della filosofia Cinese. Il significato generale è quello di Principio Primo. Nel confucianesimo il Dao è la Via, il metodo generale per raggiungere l’ordine cosmico, e per essere in accordo col Dao, che è anche l’ordine cosmico, il sovrano deve esercitare la sua De, la sua Virtù. Nello Yijing il termine Dao perde una certa valenza morale propria del confucianesimo, per arrivare ad un significato puramente metafisico in Lao Tzu.

Lao Tzu distingue:

  you(ming): è la Nominabilità, e comprende gli universali (ciò che sta entro le forme e le fattezze ma le trascende)

  wu(ming):  è la Non-Nominabilità, il Dao, che genera i nominabili. Dao è solo un modo di indicare questo Principio.

Il rapporto fra you e wu non è orizzontale semplice dialettica di essere e non-essere, bensì è verticale: tutte le cose provengono dall’essere, dallo you, e questo dal wu, che viene prima dell’essere e del non-essere (entrambi nominabili) e coincide con il Dao. Il Dao è il principio che continua ad agire, e il suo agire è il non-agire. Esso quindi segue il Principio dell’Eterno Ritorno. In particolare è l’azione del wu-wei che porta il Dao a ricongiungersi e a ritornare a se stesso. La trasformazione del Dao e il suo ritorno al suo sé primordiale genera il chang, la regola invariabile del divenire delle cose, per cui una cosa, giunta all’estremo, torna indietro al suo principio. Il Dao infatti impone a tutte le cose la regola (chang) dell’Eterno Ritorno.  Queste agiscono così perché ha in sé il De, la potenza, direttamente data dal Dao. Il De è, quindi, la tendenza a tornare al Dao, fonte di tutte le cose, per riformare il Taiyi.

Schema Riassuntivo:

 You (universali) è generato da Wu (Dao);

  Il Dao segue il Principio Dell’Eterno Ritorno;

  Il Wu-wei è ciò che fa ricondurre il Dao a se stesso;

  Tale divenire genera il Chang e lo impone a tutte le cose;

  Le cose agiscono secondo il chang perché possiedono il De, potenza data dal Dao;

  Con il De tutte le cose possono ritornare al Dao per riformare il Taiyi.

Il De e l’adeguamento ad esso condizionano l’etica e la politica Taoista. Adeguarsi al De significa per l’uomo non fare alcunché di artificioso, stare immersi nella semplicità e piegarsi all’invariabile. L’uomo per essere Saggio, deve rendersi ricettivo alle leggi della trasformazione, non avere iniziative, non generare azioni che sarebbero comunque a lui esterne e separate. Il Saggio cerca di non sapere, anzi cerca di dimenticare il saputo per meglio cogliere l’intuizione dell’avvenente; quindi dimentica il sapere che ha per oggetto le cose separate e punta alla continua intuizione dell’atto che le genera. Tale innocenza però dev’essere il frutto di un’educazione, uno sforzo che tende a divenire non-sforzo. Il Saggio deve tendere a non-agire con naturalezza, con spontaneità così come il De spinge a fare. I sovrani dovrebbero fare come gli Antichi, che mediante la non-azione facevano tutto senza violare la libertà dei sudditi. Nello Stato secondo Lao Tzu non ci deve essere progresso, né devono verificarsi novità, poiché ogni mutamento artificioso allontana dal Dao.

 

Lu Jiuyuan

Zhu Xi: Il concetto di xin in Zhu Xi, sebbene abbia una funzione molto chiara, resta ambigua nella sua essenza. Zhu Xi svincola il xin dalla natura, intesa come Li e qi, e anzi lo pone come mediatore fra i due; ma dovendone dare una definizione essenziale si contraddice. Questo perché voleva mantenere la divisione logica ed ontologica fra Li e qi e dare al xin solo funzionalità, senza porlo all’origine della realtà.

Xin Xue: la Scuola dello Spirito Universale invece pone senza remore il xin ad origine della realtà. Il pensatore che la Xin Xue oppose contemporaneamente a Zhu Xi fu Lu Jiuyuan.

Lu Jiuyuan: il filosofo Lu Jiuyuan (1139-1193), col fratello Lu Jiuling, fu un grande idealista, amico ed avversario di Zhu Xi. La sua adesione alla Xin Xue avvenne quando intuì che l’universo è il dovere umano, quindi il xin, e il xin è l’universo.

Li Xue: ricapitolando, per la Li Xue il Li appartiene alla natura, o, meglio, i Li sono le forme a priori del mondo oggettivo. Inoltre per Zhu Xi l’attività dello spirito è separata dalla natura.

Xin Xue: per la Xin Xue, i Li sono dello spirito, sono categorie dell’attività soggettiva. Inoltre lo spirito è natura. Quando diciamo che lo spirito è natura, per natura non intendiamo un ente posto, ma l’oggetto potenziale della conoscenza da parte del xin, in cui il xin riconosce la sua dinamica. La differenza fra spirito e natura è solo logica, non ontologica.

Per Lu Jiuyuan, il xin, che è Li, ha la conoscenza innata del bene. Dato questo, la natura umana è, come dice Mencio, buona; d'altra parte viene pure affermato, in modo un po' incerto, che il male è la parte opposta e complementare del bene, e quindi è facile cadervi. Il gewu per Lu Jiuyuan non è, come per Zhu Xi, il ricercare i Li delle cose, studiando le cose in modo distaccato dal Tutto; come dice Mencio, lo studio è sviluppo del proprio spirito che è lo Spirito Universale, e lo studio ci identifica col Cielo; quindi, lo studio, il gewu, dev’essere dello spirito pensante che unisce tutte le cose. Il Dao è in tutto, e nell’uomo si dà come ren e yi (Spirito Originario); basta concentrare il nostro spirito su noi stessi, e agire usando ren e yi in modo spontaneo, e si può raggiungere il Dao. La spontaneità è abbandonarsi alla realtà delle cose e all’intelligenza profonda dello Spirito.

 

Han Yu e Li Ao

I primi confuciani a condurre uno studio "diverso" su Confucio furono Han Yu e Li Ao. Costoro studiavano il Da Xue e il Zhongyong cercandone il messaggio esoterico; infatti essi ritenevano che gli Antichi avessero trasmesso un messaggio mistico ai Re-Saggi, poi passato ai Zhou, a Confucio e a Mencio, e che ora era stato raccolto nel Da Xue e nel Zhongyong. Quindi, pur essendosi rotta la linea di trasmissione, questo messaggio poteva ancora essere raccolto anche con lo studio individuale di queste due opere. Qual è il messaggio dei due libri? È la conoscenza del Dao: l’insegnamento del Da Xue e del Zhongyong è come si raggiunge il Dao, che quindi può essere anche raggiunto in modo individuale e tramite studio. Il Dao, secondo Han Yu e Li Ao, non può essere quello della concezione buddhista e Taoista, poiché queste due scuole si occupano solo di mistica e metafisica e non di Confucio, Con questi primi neoconfuciani continua l’esegesi neoTaoista dei testi confuciani.

 

Han Yu

Han Yu (768-824) A livello filosofico compose alcuni saggi, la cui importanza è più che altro data dal rinvigorirsi del confucianesimo che si sente in essi. La sua opera filosofica fu piuttosto di attacco nei confronti di Taoismo e soprattutto buddhismo, dottrine che però attacca sul campo etico, non quello metafisico, in cui il confucianesimo non aveva proprio esperienza. A livello di concetti, Han Yu ripropose il problema della natura umana. Confucio non ne aveva parlato, anche se condivideva il principio della perfettibilità dell'uomo, così Mencio era l'autorità, con la sua dottrina della bontà originaria; a lui s'opponeva Xunzi, che sosteneva la divisione fra xing cattiva e wei civile e buona, e Wang Chong, che sosteneva che in media le persone sono un po' buone, un po' cattive. Han Yu segue per certi versi Wang Chong: la natura umana può essere di tre gradi. Han Yu poi sosteneva il concetto di amore universale. Per il resto però, Han Yu seguiva molto Mencio e la linea che dopo verrà proclamata ortodossa.

 

Li Ao

Li Ao (775-845), nipote di Han Yu, continuò l'opera del parente, e, anzi, talora presenta più ortodossia: la natura umana è come Mencio l'aveva definita. Il Saggio però deve rimanere saldo e calmo in mezzo alle passioni, e certi concetti denotano l'influenza Taoista e buddhista. La morale di Li Ao è comunque saldamente confuciana.

Ricostruzione fatta con spezzoni di articoli tratti da vari siti INTERNET