Articoli di Dharma - Il Buddhismo, il sesso e la vita spirituale Centro Ch'an Nirvana
Articoli di Dharma
Il buddhismo, il Sesso e la Vita Spirituale
Un colloquio con Sangharakshita
(http://www.librosbudistas.com/descargas/budismo-sexo.htm)
Introduzione
Alla fine degli anni sessanta, dopo 20 anni vissuti in India come un monaco buddhista celibe, Sangharakshita fece ritorno a Londra - sua città natale - per scoprire che lì si era in piena epoca di "amore libero". Egli decise di smettere di insegnare il buddhismo e fondò un nuovo ordine buddhista – cioè l’Ordine buddhista Occidentale’.
In questo ambiente, egli restò sempre fedele ai principi fondamentali del buddhismo, però si concesse di interrogarsi sulle forme tradizionali della pratica. Volle trovare modi più rilevanti di comunicare le verità perenni ed eterne degli insegnamenti del Buddha. Le sue idee sul sesso possono essere discutibili. Ad alcuni buddhisti tradizionali risultano fin troppo liberali, mentre per alcuni giovani dell’epoca sembravano molto disciplinati. Tuttavia, i suoi punti di vista sono sempre rinfrescanti e sfidano tutti noi a riflettere ed a chiedersi se le nostre idee sul sesso siano solo costumi sociali o realmente principi etici.
Questa intervista con Nagabodhi - direttore della rivista ‘Golden Drum’ - fu pubblicata nel 1988, circa 20 anni dopo che Sangharakshita iniziasse ad insegnare in Occidente. Essa molto onestamente disquisisce sulla sessualità e sulle sue esperienze insegnate in quel periodo. Dal momento che la rivista si rivolgeva a persone che avevano già avuto precedenti esperienze dei suoi insegnamenti e che dopo li avevano praticati per molti anni, abbiamo incluso alcune note per quelle persone che non hanno familiarità con il pensiero di Sangharakshita.
Intervista
Nagabodhi: I “Cinque Precetti” sono il ‘minimo’ dell’osservanza etica per i buddhisti di tutto il mondo. Il terzo di questi, "Kamesu micchachara veramani sikkhapadam sama-diyami" dice: "Mi impegno a praticare il principio di trattenermi dalla cattiva condotta sessuale". Qual è il significato essenziale di questo precetto?
Sangharakshita: Il precetto ha un aspetto sociale ed un aspetto personale. Il primo aspetto riguarda la prevenzione di comportamenti sessuali socialmente inaccettabili e il secondo esclude la partecipazione a qualsiasi tipo di comportamento sessuale che, in qualche modo, ostacoli gravemente il progresso nell’etica morale e nella vita spirituale.
2). In genere, nel buddhismo dell’Oriente, il significato di questo principio è interpretato semplicemente come il divieto di commettere atti di stupro, il rapimento e l’adulterio.
S.:- Questo è un po’ ristretto. La prima cosa che viene in mente è il caso di Bangkok, che è ormai la capitale mondiale della prostituzione. Tuttavia, la Thailandia è un paese buddhista dove anche le prostitute, presumibilmente, sono buone buddhiste. Quelle che si prostituiscono – presumendo che esse non siano donne sposate che lo fanno per migliorare il bilancio familiare - non stanno compiendo atti di stupro, né l'adulterio o il rapimento e, quindi, secondo l'interpretazione comune dei buddhisti, non rompono il terzo precetto... Ma è difficile accettare che ci si può prostituire e stare conducendo una vita etica dal punto di vista buddhista!
3). E perché allora è interpretato in modo così restrittivo?
S.:- Penso che i buddhisti orientali, compresi quelli di alcune parti dell'India, in assoluto non analizzano il loro comportamento sessuale. Almeno fino ad ora. Per loro, è più una questione di seguire gli usi e costumi che non analizzare, su se stessi, di come l'etica dovrebbe essere. C’è da dire che, in molti casi, le tradizioni sono ben rispettate, ma non in modo troppo intelligente: le persone non esaminano il proprio comportamento sessuale e altri aspetti della loro vita e quando lo fa, è solo in termini di approvazione o disapprovazione sociale. E, naturalmente, il gruppo [1], interpreta il precetto in un senso più sociale. In generale, nell’Oriente buddhista, la gente non si preoccupa molto di ciò che accade nella vita privata tra adulti consenzienti, purché non commettano atti di adulterio, di stupro o qualcosa di simile... E' pur vero che nel buddhismo non contano i dettagli del comportamento sessuale come accade qui in Occidente - come motivo di pettegolezzi e morbosità - e forse anche come giudizio morale.
Inoltre, si può aggiungere che non ci si aspetta che un laico abbia una vita realmente spirituale, mentre ci si aspetta questo da monaci e monache. Per essi c'è il Vinaya, [2], che esamina in modo dettagliato questo precetto, probabilmente per rendere ben chiara l’esclusione da qualsiasi forma di comportamento sessuale.
4). In che misura le regole del Vinaya possono essere prese come le parole stesse del Buddha, o come un’approfondita elaborazione delle opinioni del Buddha circa il sesso?
S.:- Non sono del tutto convinto se si tratti o meno, in senso letterale, del “Buddha-Vachana” (Parola del Buddha). Ma non c'è dubbio che il Vinaya fornisca una precisa espressione delle idee del Budda al riguardo. Ha un tono abbastanza legalista, e credo che il Buddha, da un punto di vista puramente legalista, non si trattenesse dal mettere attenzione su ogni cosa. E quindi, penso proprio che il Vinaya sia l’espressione di un atteggiamento o di un principio che era caratteristico di lui.
Non c'è dubbio che il Buddha si attendesse il celibato dai suoi discepoli monaci, che già avevano fatto il passo di lasciare le loro mogli e le famiglie. E sembra che ciò non solo fosse chiaro al Buddha, ma a molti altri della sua epoca. Chi aveva lasciato la sua vita domestica per seguire una vita da mendicante, probabilmente lo faceva perché voleva liberarsi dai vincoli che erano impliciti in questo tipo di situazioni. Indipendentemente dall'aspetto personale dell’etica sessuale, incluso non tener conto del suo effetto sulla mente, è tuttavia necessario evitare le relazioni sessuali se si vuole essere liberi dagli attaccamenti mondani, perfino quelli familiari. Chiunque prenda parte a qualche tipo di attività sessuale tende a stabilire una relazione col partner, far venire al mondo nuovi esseri... e quindi ritornare al punto di partenza. Da questa prospettiva, l'astinenza sessuale può essere considerata concomitante con un certo stile di vita, piuttosto che con la vita spirituale stessa.
Il Buddha non voleva certo dire che chi non abbandona ogni pratica sessuale non può progredire nella propria vita spirituale, né che non si potesse progredire spiritualmente se non si era monaci. Egli aveva dei discepoli laici - che erano “entrati nel flusso” [3] - e che apparentemente non avevano rinunciato al sesso. Però, se uno voleva prendere uno stile di vita monastico, risultava controproducente mantenere relazioni sessuali in una società in cui non c'erano i contraccettivi.
5). Quando tu vivevi in Oriente come monaco, che ruolo ha svolto la castità nella tua pratica personale?
S.:- Non sono sicuro che avesse un ruolo così importante. Sapevo che era previsto che fossi celibe e lo sono stato: l’ho accettato come parte del mio impegno, come parte della vita spirituale, ma guardando indietro, credo di non aver ritenuto la castità come una "pratica in sé" o come qualcosa su cui dover lavorare. Sono stato casto molti anni col corpo e penso anche con la parola [4] – l’impudicizia verbale mi era antipatica fin da bambino – però non mi sono mai sforzato di eliminare i pensieri sessuali. Ero più interessato a sradicare la mancanza dell’attenzione cosciente [5], e più preoccupato per le idee ed i pensieri violenti che non per il sesso, che tendevo a considerare come più "naturale".
Anche sotto l’esercito, queste sensazioni, benché intense, tendevano a rimanere sullo sfondo. Il mio incontro con l'Oriente mi aveva affascinato. Leggevo qualsiasi libro di buddhismo che mi capitava in mano, scrivevo... E' stato un periodo interessante per me e i pensieri sessuali non avevano importanza nella mia vita. E solo quando la mia sete per cose come il Dharma, con la letteratura, la poesia e la filosofia che mi avevano ben soddisfatto, ho cominciato a pensare al sesso, alla fine del mio soggiorno in India.
6). Secondo la tua esperienza dell’attuale Theravada [6], i monaci praticano la castità in modo impeccabile?
S.:- Alcuni monaci mi hanno detto cose riguardo a questo aspetto, per cui ho avuto l'impressione che la maggior parte di essi avesse fatto qualche piccolo peccato contro il celibato. Ho anche sentito di alcuni monaci che avevano moglie e figli - pur cercando di mantenerlo segreto - tuttavia, indossavano ancora la tunica gialla e speravano di essere sempre trattati come monaci. I piccoli slittamenti erano generalmente ignorati, come se fosse molto difficile aspettarsi che un uomo rimanesse totalmente celibe nel corpo, pur essendo monaco. Tra loro c’era un atteggiamento piuttosto condiscendente, tenendo presente che molti di essi erano diventati monaci per motivi più puramente sociali: per il desiderio dei loro genitori, per ricevere una buona educazione o per avere una sicurezza finanziaria... Per cui, non comportava un grande conflitto il reato contro il precetto, riguardo alle loro aspirazioni spirituali. Erano solo preoccupati di ciò che sarebbe accaduto se i laici fossero stati informati della verità.
7). Va considerato, tuttavia, che in molti paesi buddhisti il sesso è il "grande divisore", la principale caratteristica distintiva tra la vita di un monaco e quella di un laico – cioè, il monaco è casto e il laico no. E' giusta questa osservazione?
S.:- Questo è vero se si guarda a paesi Theravada e Mahayana, in cui i monaci sono celibi, ma non lo è per il Giappone - dove da centinaia di anni il celibato monastico è scomparso - o per alcune tradizioni Tibetane, che non promuovono la vita monastica e, di conseguenza, nemmeno il celibato. Nel mondo Theravada, sembra che i laici ed i monaci abbiano ben poco in comune, sembra che neanche seguano lo stesso percorso spirituale. Nel Mahayana [7], si sottolinea soprattutto l'Ideale del Bodhisattva, e quindi lo sviluppo della Bodhicitta - o Aspirazione verso l'Illuminazione.
Nei primi tempi del Mahayana, c'era una profonda convinzione che l'insegnamento del Buddha consistesse essenzialmente in un unico Sentiero per tutti. Non solo nel senso di insegnare un unico ‘Yana’, anziché tre, ma anche come un unico cammino spirituale da seguire, indipendentemente dallo stile di vita. La Bodhicitta può svilupparsi tanto nel laico che nel monaco; quello che è realmente importante è seguire il Sentiero delle Paramita (Perfezioni) e diventare un Bodhisattva. Il celibato o il non-celibato, diventa così una questione meno importante: non serve essere o monaci o laici, per sviluppare la nostra spiritualità. Con le parole del FWBO (Amici dell’Ordine buddhisti Occidentali), l’impegno è primario, mentre lo stile di vita è secondario.
Un ulteriore sviluppo fu quello del Vajrayana [8]. Vi sono stati grandi maestri che non erano monaci, anche in India. Chandragomin - che compose "l'Inno a Tara" – era un laico. Vimalakirti [9] fu un Bodhisattva apparso come laico. Anche il grande Marpa è un altro famoso esempio – sebbene il suo più celebre discepolo, Milarepa [10], ebbe una vita molto ascetica e fu certamente celibe. In un certo modo, furono essi che hanno aperto la strada ai "matrimoni dei Lama" della setta Vajrayana.
8). Tu credi che il Theravada metta troppa enfasi sulla castità nella vita dei monaci?
S.:- Penso che non sia utile dare troppa importanza alla castità. Tuttavia, è possibile dare troppa importanza nell’essere solamente un monaco, in cui la castità ha un ruolo di primo piano. Si può dire che il Theravada si preoccupa troppo per il monachesimo e, ponendo l'enfasi sulla castità come un aspetto inerente al monachesimo, sottolinea troppo, quindi, la castità del "corpo": la castità nel suo senso puramente formale.
Non si tratta di considerarlo casto come un agnello, e gli altri come le capre, per usare questa metafora. Non è pensabile che castità e non-castità siano una sorta di bianco o nero - come se uno fosse o l’uno o l'altro. È piuttosto una questione di gradualità. In primo luogo, possiamo dire che vi è una castità di corpo, una castità di parola e castità di mente. Non possiamo dividere i buddhisti in casti e impudici. Oppure in casti nel corpo e non-casti nel corpo. In realtà, non possiamo associare la castità del monaco con la castità del laico. Preferisco pensare che vi siano molteplici gradi e che ogni persona pratichi in un certo grado sia la castità che la non-castità.
9). Credo che il Buddha una volta disse "Se ogni altra passione umana fosse potente come il desiderio sessuale, non ci sarebbe alcuna speranza d’Illuminazione per l'uomo" Cosa pensi che significhi questo?
S.: Si potrebbe arguire che forse egli stesse soltanto cercando di mettere in evidenza quanto potente è la passione sessuale e che, per questo, i suoi discepoli avrebbero dovuto prendersi cura di essa. Però, io lo interpreto letteralmente. L'impulso sessuale è davvero molto potente. Da un punto di vista generale, esso è ciò che permette il perpetuarsi della specie. Può essere considerato il più grande scherzo della natura. Se non ci fosse l'impulso sessuale e se, in termini razionali, si volesse capire cos’è che lo rende così adatto a portarci a esaudirlo istintivamente, la maggior parte di noi non ci riuscirebbe. Senza desiderio, senza l’impulso sessuale, si potrebbe realmente far venire bambini nel mondo, alimentarli, educarli?… Sarebbe troppo altruista fare questo solo per motivi puramente razionali!
Tuttavia, il sesso può avere anche un effetto molto distruttivo. Può essere una fonte di intensi attaccamenti e forti sentimenti di possessività, gelosia, odio e disperazione. Può travolgere le persone, fino al punto di non farle più essere in grado di seguire una vita spirituale, o di pensare addirittura in termini di maggiore sviluppo dell’essere umano. Penso che dal punto di vista del Buddha il desiderio sessuale sia una forma di avidità. L'avidità è, presumibilmente, uno stato mentale torbido e offuscato [11] e questo tipo di stati mentali non ci permettono di procedere verso l'illuminazione. Per il buddhismo - soprattutto nel caso del primitivo buddhismo e del Theravada - il desiderio sessuale è torbido per assioma. Dubito che qualcuno di questi buddhisti possa accettare il fatto che sia possibile partecipare ad una qualunque attività sessuale senza che, almeno in una certa misura, questa attività sia espressione di uno stato mentale torbido.
10). In qualunque circostanza o condizione?
S.: Probabilmente sì. Riguardo al fatto che l’atto sessuale sia - o potrebbe essere - un ostacolo alla vita spirituale, l'enfasi messa dal buddhismo è praticamente unica. Invero, le religioni teistiche tendono a far credere che Dio ha creato tutto: il mondo, gli esseri umani, i loro corpi - tra cui gli organi riproduttivi, e quindi, in un certo senso, sostiene anche il sesso: lo supporta. E in alcune religioni, anche lo benedice. La posizione del Cristianesimo è piuttosto ambigua, in quanto la Caduta dell'Uomo e il Peccato Originale complicano alquanto le cose.
Tuttavia, nel buddhismo non c’è un Dio creatore che sia responsabile per il sesso... Chi è quindi responsabile per l’impulso sessuale? Per il buddhismo siamo noi stessi. Sono i nostri propri desideri del "passato" - nel senso di esistenze precedenti – quelli che ci hanno portato qui nella vita attuale, nei nostri contenuti materiali grezzi: cioè il corpo, e che tramite i suoi organi sessuali possono dare espressione a questi desideri, che ci siamo portati dietro dalle esistenze passate.
Le persone non sono consapevoli di quanto potente sia questa forza. il suo potere si sperimenta quando si cerca di opporvisi. Abitualmente, l’impulso sessuale si scatena, e tuttavia noi non arriviamo a sperimentare la sua forza - se non quando sorgono quegli ostacoli che si presentano come una qualche forma di opposizione della società o della famiglia, o qualcosa del genere.
Perciò, dato che il buddhismo contempla il desiderio sessuale - come gli altri desideri - come un qualcosa che ci lega alla Ruota della Vita, e che ci porterà a rinascere ancora ed ancora. Essa ci insegna che, se davvero non si vuole rinascere, se veramente si vuole seguire il cammino spirituale e raggiungere il Nirvana, allora è necessario evitare il sesso. E non solo nel senso di astenersi dall’attività sessuale, ma anche allo scopo di superare i desideri e gli attaccamenti che trovano espressione tramite qualsiasi tipo di attività sessuale.
11). Sono stati usati i termini "desiderio" e "avidità". "Avidità" ha una connotazione nevrotica [12], mentre "desiderio" si può usare nel senso di un sano appetito. Bisogna allora contemplare il desiderio sessuale come un attaccamento nevrotico?
S.: Il buddhismo tradizionale, in particolare il Theravada, tende a sostenere che perfino un sano appetito sessuale è il riflesso di uno stato mentale torbido. Secondo i principi buddhisti si può essere Illuminati e, a sua volta, godere del cibo senza che ciò comporti un desiderio nevrotico. Ma dubito che questo principio possa estendersi all'esperienza sessuale. I buddhisti riconoscono che, anche se si diventa illuminati, si ha ben bisogno del cibo, ma che per un Illuminato non vi è necessità di impegnarsi in attività sessuali né di procreare.
Inoltre, dobbiamo ricordare che il desiderio sessuale implica sempre un'altra persona. Quando si stabilisce un rapporto personale, emotivo o fisico, con un'altra persona nel contesto di una relazione sessuale, di solito vengono a prodursi tutti i tipi di proiezioni psicologiche che a volte portano a situazioni molto complicate e anche negative – cosa che non accade, diciamo, nel caso del cibo o con il sonno. Perfino il cosiddetto "sano appetito" per il sesso, se soddisfatto, porta rapidamente a dipendenza e attaccamento, e questi al sorgere di sentimenti di intensa possessività, gelosia, e odio. Si potrebbe obiettare che forse per alcuni è possibile godere del sesso, senza cadere in questi stati comportamentali, ma è comunque molto probabile che nella mente di questa persona vi sia una carenza di emozioni positive e siano presenti stati mentali torbidi, non tanto di desiderio nevrotico, quanto di sfruttamento e indifferenza.
12). Tornando un momento ai Cinque Precetti... Una volta hai scritto una "versione tantrica" [13] di essi, in cui nel Terzo, hai detto: "Non si sprechi l’energia". Puoi darci una spiegazione di questo?
S.: Si. Il Terzo Precetto è un'importante forma di disciplina etica. Ho notato che la maggior parte dei giovani occidentali non accetta l'idea di disciplina, e questo ha reso difficile comunicare l'importanza del Precetto in termini di disciplina. Per cui, quello che volevo dire con questa formulazione tantrica era che l’energia sessuale è in generale un paradigma dell’energia. Non credo che si tratti di una energia sessuale specifica, speciale e indipendente. L'organismo psicofisico è, in se stesso, espressione di energia, e l'attività sessuale è semplicemente uno dei modi in cui si manifesta. Ovviamente, è importante non sprecare l'energia, quindi, se si sostiene che l'energia sessuale è una forma di energia, è ovvio concludere che non vada sprecata.
13). Alcuni dicono che l'attività sessuale - ed in particolare l'orgasmo - conferisca del potere, e rifiutano l'idea che invece lo riducano. .. Hai un tuo commento?
S.:- Non sono molto d’accordo con l'idea che il sesso possa realmente fornire potere alle persone. Durante l'orgasmo vi è una fuoriuscita di energia. Uno consuma energia, che può dare la sensazione di essere "traboccante", come se si riversasse un surplus.
Quando la gente dice che il sesso e l'orgasmo vi dà veramente energia, fa riferimento a qualcosa di molto diverso. Credo che, soprattutto nel caso degli uomini, quando essi sperimentano l'orgasmo, possono provare una sorta di senso di realizzazione, di aver raggiunto la mèta, di avere realizzato qualcosa che considerano importante. Il loro ego si sente gonfio e accresciuto, e questo lo interpretano come un accesso di energia. E questo non è affatto uno stato positivo o salutare.
Spesso, quando si è sperimentato un orgasmo, si arriva ad uno stato che potrebbe essere chiamato "snervamento". Facendo il grosso sforzo di raggiungere l'orgasmo, la tendenza naturale è semplicemente quella di riposarsi. Se si vuole meditare, superare gli ostacoli, concentrarsi ed entrare in dhyana [14], è necessario effettuare un grande sforzo e, dopo un orgasmo, non resta molto per tali sforzi. Vi sono alcuni che non hanno voglia di fare alcun sforzo, soprattutto di tipo mentale, fino a diverse ore dopo, mentre altri hanno bisogno di diversi giorni prima di essere in grado di reintegrare con successo la loro energia mentale. Non è che sono fisicamente e mentalmente esausti, ciò che hanno perso è una certa acutezza, non solo nell’ambito della meditazione, ma anche in altri settori. Occorre riprendere energia, soprattutto energia mentale, per un pò di tempo, prima che essa si possa rigenerare e possa riproporsi e riesprimersi.
14). Avrai sentito dire che nel momento dell'orgasmo si può sperimentare una sorta di dissoluzione dell'io e la fusione con il partner...
S.:- Sembra che qui ci sia una confusione tra soccombere e trascendere l'ego. L'ego si perde nel sonno profondo, e non se ne è coscienti in molte altre situazioni, non perché sia stato trasceso l'ego, ma perché, temporaneamente, si è regrediti ad uno stato di coscienza o di ego inferiore. E quello della “fusione col partner” è una sciocchezza. .. Spesso le persone che vivono questo tipo di unione durante l'orgasmo, cinque minuti dopo stanno disputando e litigando!... Dove sta la fusione? Che cosa si è ottenuto? Se si avesse una vera unione in senso spirituale - e non a livello di alienazione reciproca - gli atteggiamenti verso l'altra persona potrebbero venir completamente trasformati... Le persone diventerebbero posiitive, amorevoli, premurose... Cosa che raramente accade nella maggior parte dei rapporti di coppia.
15). Tuttavia, il sesso è spesso considerato una via vitale - ‘la via vitale’ - che conduce alla pienezza ed alla soddisfazione realizzativa ed emozionale...
S.: Mi chiedo proprio se la gente arrivi a raggiungere la soddisfazione e l’appagamento emotivo nel sesso. Il sesso offre sì qualche soddisfazione e appagamento, ma con una durata di vita più breve. La soddisfazione e l’appagamento emotivo sono sicuramente molto importanti. Da una prospettiva filosofica, il buddhismo considera che le difficoltà umane si producono quando si cerca la felicità assoluta in qualcosa che sia incapace di avere una solida permanenza. E si cerca la permanenza in qualcosa che non è in grado di fornire la felicità assoluta. Si cerca il reale nell'irreale. Non esiste una cosa a termine che sia infinita e che possa fornire soddisfazione illimitata ed appagamento emotivo, o di altro tipo - e questo è ciò che spesso viene ricercato nel sesso. Il sesso può dare alle persone solo una certa quantità di soddisfazione e appagamento, ma non può fornire soddisfazione e appagamento per quante sono le loro aspettative e speranze.
16). Però la gente nel sesso cerca il godimento e almeno una certa intimità emotiva. ..
S.: Beh, sì, vi è una certa intimità fisica nel sesso. L’intimità emotiva è un'altra cosa. Ci sono pochi dubbi sulla quantità di malintesi ed equivoci che si producono tra persone coinvolte in una relazione sessuale. Quando essa finisce accade spesso che si trasformi in una situazione alquanto infelice ed emotivamente negativa. Le due persone alla fine si separano, ospitando forse sentimenti assai negativi verso chiunque. E va a finire che la presunta intimità è come se non fosse mai esistita.
17). Quando qualcuno dice che il tuo partner è il tuo migliore amico, pensi che ti stia prendendo in giro?
S.: Amicizia e infatuazione sessuale sono due cose assai diverse. La passione sessuale può sorgere e raggiungere la sua conclusione fisica assai rapidamente. Ma l’amicizia è invece come una pianta la cui crescita è molto più lenta: ha bisogno di molto più tempo per svilupparsi. Si diventa amici con gli altri quando li si conosce veramente e si sviluppa fiducia in loro, e soprattutto quando si arriva a sentire che realmente essi ci conoscono e ci capiscono. E tutto questo è completamente diverso dal processo di infatuazione sessuale.
Al decadere della passione può succedere che se le due persone sono abbastanza sane e hanno cose in comune, compreso il desiderio di avviare una famiglia, o alcuni ideali religiosi e spirituali, alla lunga si può sviluppare un’amicizia, specialmente quando l'età è avanzata. Tuttavia, una relazione sessuale è qualcosa di molto diverso dall’amicizia. Se qualcuno mi dice che sua moglie è la sua migliore amica, o suo marito è il migliore amico, o che la sua ragazza è la sua migliore amica, o il suo fidanzato è il suo migliore amico, non posso fare a meno di sentire che si sta utilizzando il termine "amicizia" in un modo molto diverso da come lo intendo io…
18). Mi sembra che una volta hai detto che la cosa peggiore che si può fare a qualche persona è innamorarsi di essa... Ci puoi spiegare cosa intendevi dire?
S.: Innamorarsi presuppone proiettarsi psicologicamente, e vedere nell’altra persona qualità e aspetti che sono in realtà qualità e aspetti di noi stessi, di cui però non siamo coscienti. Ciò comporta il non vedere la persona come realmente è. In un certo senso, non la si tratta come un essere umano, ma come se fosse un oggetto o una cosa. Può darsi che entrambe le persone si trattino reciprocamente in questo modo e può essere che così facendo esse possano soddisfare certi appetiti; però in nessun modo stanno sviluppandosi come esseri umani, e meno ancora, come esseri spirituali.
19). Probabilmente, durante questi anni, hai passato un bel po’ di tempo discutendo di questi aspetti della vita dei tuoi discepoli...
S.: Agli inizi del FWBO quando, piuttosto che i membri dell'Ordine, erano le persone che tendevano a dirmi i loro affari quotidiani, circa un terzo delle mie conversazioni ruotava attorno al tema del sesso, e specialmente delle relazioni sessuali che si erano rotte o che erano finite male.
20). Non hai forse detto che uomini e donne hanno diversi problemi e preoccupazioni a questo riguardo?
S.: Non è facile generalizzare, ma sembra che per le donne sia più importante stabilire uan "relazione sessuale" di coppia. Al contrario, per gli uomini è più una questione di come avere soddisfazione sessuale, non necessariamente con una sola donna, o con la stessa partner. Nella donna, il desiderio sessuale è strettamente legato al desiderio di avere figli. In fondo, essa ha un desiderio di maternità e può, quindi, desiderare un uomo che la possa aiutare e la curi mentre aspetta un figlio. Non è la stessa cosa per un uomo, che deve stare attento a non adottare un atteggiamento auto-compiacente e puramente di sfruttamento del sesso. Gli uomini possono volere i figli, ma raramente lo fanno con la passione con cui lo fanno in genere le donne.
Nel corso di questi anni sono giunto alla conclusione che la ragione per cui le relazioni sessuali sono spesso così complicate, e talvolta anche disastrose, è perché le persone le ipervalutano troppo. Si tende a costruirci tutta una vita sopra di esse, senza contare che esistono altri rapporti interpersonali... Né con i genitori, e neanche con gli amici.
21). Si tratta di una sindrome dell’Occidente o hai avuto a che fare con problemi simili anche in India?
S.: Non mi ricordo di averne avuto. In parte perché le persone – nel caso di problemi con il sesso - forse ritenevano inopportuno parlarne con me, un monaco celibe. Però, penso che sia stato anche perché le persone – quelle non occidentalizzate - non hanno questo tipo di problemi, dato che vivono in famiglie allargate, dove c'è una buona rete di relazioni, vale a dire che hanno già una serie di relazioni importanti nella loro vita.
22). Potrebbe essere una buona lezione per noi, questa?
S.: In FWBO, a volte lo si esprime con il modello del ''Mandala" o "cerchio magico". Il mandala è la totalità della vita di ognuno di noi, e quello che c'è all’interno rappresenta ciò di cui è composto. Il mandala ha un centro che sarebbe - nel mandala della stessa vita – ciò che occupa il punto centrale: l'interesse, l'attività, l’idea o ideale intorno al quale si organizza tutta la nostra vita. Inoltre, vi si includono attività ed interessi degli altri, situandoci assai più vicini al centro di coloro che sono più importanti per noi, e più alla periferia di coloro che sono di minore importanza per noi.
Credo che nella maggioranza dei casi il sesso starebbe al suo giusto posto alla periferia del mandala personale. Infatti, non dovrebbe essere posto al centro: qui deve esservi posto il Buddha, che rappresenta l'ideale dell'Illuminazione. Per un essere umano deve essere ritenuto possibile svilupparsi spiritualmente, perfino utilizzando alcune attività sessuali. Ma bisogna ben sapere che non si dovrebbe prestar loro troppa importanza, cautelandosi che le nostre emozioni non siano troppo coinvolte in queste attività e, soprattutto, avendo un forte ideale spirituale posto al centro del nostro mandala.
Ovviamente, dobbiamo stare attenti a non lasciarci catturare dalla razionalizzazione - a causa della quale sono spesso riluttante di ammettere che il sesso (in assoluto) abbia un posto nel mandala. Ho sentito molti uomini e molte donne dire di non essere stati molto attaccati ai loro rapporti sessuali, però di essere stati totalmente demoralizzati dall’essere stati abbandonati dai loro partner.
23). E come si fa a sapere se si è troppo coinvolti nel nostro rapporto di coppia?
S.: Potreste chiederlo ai vostri amici spirituali. E' molto difficile riconoscerlo da sé soli. Per esempio, se desiderate stare il più a lungo possibile con il vostro partner, è molto probabile che l’abbiate situato al centro del vostro mandala. Si deve anche capire che quando si ha una compagna e si è troppo coinvolti con essa, in qualche modo si tende a restare in contatto con lei relazionandosi per il minor tempo possibile, semplicemente confortandosi con l'idea che lei è sempre lì... E’ spesso possibile osservare questo, tra persone che intrattengono un rapporto. Questo dimostra un legame e una dipendenza emotiva molto profonda, che non sono affatto auspicabili. Pertanto, se si vuole essere sicuri che la relazione sessuale stia davvero alla periferia del mandala, si dovrebbe star attenti a non passare troppo tempo con la persona con cui si mantiene il rapporto ed assicurarsi di avere forti amicizie anche con altre persone.
24). La fedeltà sarebbe un fattore importante in una relazione "efficace"?
S.: La fedeltà presuppone di essere fedeli per un lungo periodo di tempo, soprattutto quando la propria compagna o il partner sia assente. Non solo riguardo al tempo, ma anche riguardo allo spazio. Essa implica, in assenza della compagna o del partner, la capacità di comportarsi come se, in realtà, siano presenti. Ed è possibile comportarsi come se fossero presenti solo se si ha un forte sentimento della loro esistenza, anche quando non sono fisicamente con noi. Per rendere possibile ciò, si dovrebbe prendere in considerazione, in termini buddhisti, più un livello "mentale"che fisico del rapporto.
Si dovrebbe essere meno suscettibili a qualunque stimolazione che si presenti, dando meno importanza all’esperienza dei sensi, e vivere di meno in modo così offuscato. La fedeltà è una caratteristica propria dell'essere umano, tipica dell’Individuo, così come l'amicizia o l’amore universale. Essa presume di esser capaci di maggiore prospettiva, di immaginare, di sentire la presenza di qualcuno che non lo sia fisicamente. Questo significa vedere l'altro non come se fosse solo un corpo, ma essere consapevoli di esso come una mente, come "spirito", se si preferisce, rapportandosi con lui in questo modo ed a questo livello.
Di sicuro, la fedeltà è diversa dall’attaccamento. Forse non è sempre facile distinguere. La fedeltà è una qualità, e anche positiva, mentre l'attaccamento non lo è. Esser fedeli a qualcuno implica dargli un valore; mentre invece quando si è attaccati a qualcuno da lui ci si aspetta sempre qualcosa per voi stessi. Ho notato che gli uomini e le donne possono avere relazioni molto buone, compreso unl rapporto sessuale, facendo una vita molto indipendente e vedendosi di tanto in tanto. Se entrambi hanno stabilmente già impostato l’ideale dell’Illuminazione al centro del proprio mandala, hanno trovato qualcosa da condividere, e la loro vita non è più incentrata intorno al loro rapporto e quindi, paradossalmente, la relazione comincia ad essere più soddisfacente e possono relazionarsi di più come esseri umani. Si può stabilire un buon equilibrio tra loro con la necessaria frequenza per sentire che ci sia continuità nel contatto, ma non abbastanza da arrivare a sentirsi intrappolati o annoiati della rispettiva compagnia.
In altre parole, se ci si sta impegnando nella vita spirituale o nello sviluppo personale, se si è capaci di vedere il partner sessuale non troppo spesso, se si vive in compagnia di persone del proprio sesso, se si hanno forti amicizie senza avere interesse sessuale, e se si ha una chiara determinazione a svilupparsi spiritualmente con la meditazione, lo studio del Dharma, le attività altruistiche, i ritiri..., il rischio di sopravvalutare il sesso sarà molto, molto più basso.
25). Ovviamente, molte coppie vivono insieme per tirare avanti la loro famiglia. Si può sostenere che avere e crescere i figli è di per sé una sfida spirituale... Sei d'accordo?
S.: Beh, ogni attività umana può essere vista nel suo aspetto spirituale. C'è sempre la possibilità di agire in un modo valido e positivo [11], oppure in un modo negativo o torbido... Supponiamo che piova. Si può avere una risposta positiva al fatto che piove, ma questo significa forse che la stessa pioggia sia una esperienza spirituale? Stessa cosa accade con i bambini. Se saprete allevarli con gentilezza e pazienza, come pratica spirituale, questo non significa che avere figli è, di per sé, una esperienza spirituale più di quella che può essere lo studio del clima.
La crescita dei bambini e il sostegno per il loro venire al mondo può essere un compito impegnativo e creativo, ma vorrei dire che nel mondo però ci sono molte persone che non hanno mai avuto tale sostegno e che ne avrebbero bisogno. Forse sarebbe meglio per noi dirigere la nostra attenzione verso di loro.
26). Incluso ciò, e come detto prima, avere figli è una questione importante, e una fonte di conflitto, per alcune donne. Potresti offrire alcuni orientamenti generali?
S.: Qualche anno fa non avrei potuto rischiare di dare alcun orientamento generale. Ora lo posso fare. Alcune donne nel FWBO hanno sperimentato tremendi conflitti tra il loro genuino desiderio di perseguire un impegno spirituale e il desiderio di avere un figlio. Dopo aver discusso la questione con un po’ di quelle donne e dopo aver visto le donne con figli dentro l’Ordine, sono arrivato alla conclusione che se una donna ha un genuino desiderio di seguire la vita spirituale, il fatto di tenere figli non la terrà a lungo lontana dal Sentiero per troppo tempo.
Sicuramente questo la terrà per due o tre anni molto legata al bambino: non potrà andare a centri di ritiri, forse non sarà neanche in grado di frequentare lezioni presso il Centro buddhista, né potrà partecipare alle riunioni dell’Ordine... E dovrà essere molto paziente... però il periodo di quasi totale dipendenza al bambino da parte della madre ha un termine. Ogni anno la madre sarà sempre un po’ più libera e, se mantiene vivo il suo interesse per la vita spirituale, e se il suo impegno era genuino e sincero, questo riemergerà e potrà esprimersi nuovamente... Ma se l’impegno non è molto stabile, è probabile che, anche senza figli, essa abbandoni la vita spirituale. Anche gli uomini si allontanano dalla vita spirituale, senza aver mai pensato di avere un figlio!
27). Credo che tu abbia detto che l'attività sessuale e gli atteggiamenti eterosessuali possono avere un effetto polarizzante sull’individuo, portandolo ad un tipo di sviluppo unilaterale. Potresti dirci qualcosa di più al riguardo?
S.: Se si è coinvolti in una relazione eterosessuale si pensa a se stesso come "uomo" e l'altra persona come "donna", oppure a se stesso come donna e un'altra persona come "uomo"... In altre parole, non ci si riferisce al proprio partner come se si trattasse di un individuo, ma solo come se fosse un uomo o una donna... Perciò, si ha solo la possibilità di esprimere la metà della sua "natura"; un essere umano non è solo un "uomo" o una "donna", ma ha anche molti altri potenziali aspetti... Se uno si relaziona prevalentemente come membro di questo o quel sesso, non sta promuovendo affatto lo sviluppo delle caratteristiche e delle qualità associate con il sesso opposto. Il suo sviluppo si rivela psicologicamente, e forse anche spiritualmente, in forma unilaterale. Così, troviamo l'uomo molto "macho", o la donna che è una femmina stravagante, in cui le qualità complementari del sesso opposto non hanno la possibilità di svilupparsi. Un essere umano dovrebbe cercare di sviluppare l'intera gamma delle qualità umane, sia le cosiddette "maschili", come le cosiddette "femminile" e, quindi, esprimendosi in termini di genere, dovrebbe diventare un essere “androgino”. Questo non significa che debba essere bisessuale. La persona può cioè continuare a relazionarsi sessualmente con partner del sesso opposto, ma sarà psicologicamente androgino ed avrà sviluppato qualità psicologiche e spirituali di entrambi i sessi, secondo la terminologia utilizzata.
28). Pensi vi sia un minor rischio di polarizzazione, legame o proiezione psicologica nelle relazioni omosessuali che non in quelle eterosessuali?
S.: E' molto difficile generalizzare. Ho l'impressione che, tra gli uomini che potrebbero essere chiamati "omosessuali puri" le relazioni tendono ad essere piuttosto turbolente. Quando si tratta di persone non totalmente omosessuali, si possono stabilire relazioni in cui ci sia spazio per il sesso, ma senza dare ad esso troppa importanza. Nel caso di donne, da quello che ho potuto vedere, è diverso - e naturalmente, sto generalizzando – le relazioni sessuali tra donne possono comportare una forte dipendenza emotiva, un pò pesante. Nella vita della donna il sesso - e le emozioni che esso rimescola - giocano un ruolo molto più importante e, in qualche modo, più continuativo che non nella vita di un uomo. Pertanto, quando due donne stanno insieme, il loro rapporto tende ad essere molto più carico emotivamente.
29). Pensi che le persone che cercano di chiarire la loro sessualità potrebbero trarre vantaggio facendo esperienza dell'omosessualità?
S.: Io non credo che sia opportuno sperimentare l'omosessualità – né l’eterosessualità, nel caso opposto – partendo da una base puramente razionale. Semplicemente, credo che non funzionerebbe. E' essenziale che vi sia una naturale attrazione di tipo sessuale o di altro tipo.
30). C'è qualcuno che sia 100% eterosessuale o 100% omosessuale?
S.: Vi sono delle persone che sembrano essere cento per cento eterosessuali, che non hanno la benché minima inclinazione omosessuale, ma è molto difficile esserne sicuri. Potrei dire, però, di molte persone che, in determinate circostanze, potrebbero provare una qualche gratificazione sessuale con persone dello stesso sesso. Ma non è certo il caso di trasformare tutto questo in un fenomeno. Non affrettiamoci ad etichettare le persone come "omosessuali" o "eterosessuali". Si dovrebbe parlare di atti omosessuali e atti eterosessuali, ma non è il caso di parlare di individui omosessuali o eterosessuali. Non mi piace sentir parlare di persone in termini di preferenze sessuali o riferendosi a se stessi come "gay", dando l'impressione che la propria identità sessuale possa essere più importante della sua persona. Io non li rimprovero, anche perché sò che questa è una reazione contro anni, o secoli, di repressione diretta verso persone coinvolte in atti omosessuali, da parte di persone che non si sentivano coinvolte in relazioni di questo tipo, ma in ogni caso queste situazioni sono peccaminose.
Questo ci porta ad un argomento che credo sia un grave problema per tutti gli uomini occidentali, soprattutto se praticanti buddhisti. L’amicizia spirituale è molto importante, e può essere stabilita soltanto sulla base di un’amicizia quotidiana. L’amicizia significa vicinanza, fiducia reciproca, intimità e a volte anche contatto fisico. Per molte persone, qui in Occidente, il contatto fisico avviene solo nell'ambito del sesso, e perciò si tende a confondere le due cose considerandole inscindibili. Il puro contatto fisico, pertanto, risulta come un fatto non comune, soprattutto tra uomini. In generale, nel caso in cui si abbia un contatto fisico con un altro uomo, non c'è un "rischio" di coinvolgimento sessuale, tuttavia gli uomini fanno molta resistenza nel permettere il contatto fisico ad altri uomini a causa della loro paura dell'omosessualità. Ho visto casi di uomini i quali hanno paura perfino di scambiarsi un abbraccio fraterno. Per superare questa paura ci vogliono talora anni, ma poi quando lo fanno, si sentono molto gioiosi, molto liberati... Come se avessero fatto una vera e propria scoperta... Tutto ciò dimostra la terribile confusione in cui ci troviamo e come, una cosa così semplice, possa creare un enorme problema.
Nel periodo in cui ho vissunto nel Vihara buddhista di Hampstead praticavo un rigoroso celibato. Tuttavia, ricordo che alcuni si sono sentiti infastiditi dalla mia amicizia intima con Terry Delamare. Mentre sarebbe stato più giusto prendere ad esempio questo che era un rapporto del tutto platonico, non era nemmeno un rapporto in senso stretto, e tanto meno sessuale. Il nodo della questione era, apparentemente, l'incapacità delle persone a credere che ci possa essere un amicizia tra due uomini senza che abbia una connotazione sessuale.
Generalmente, le donne sono meno inibite a tale riguardo. Non esitano ad abbracciare o a circondare la vita di un altra, ed anche a baciarsi con una certa facilità. Gli uomini non si sognano nemmeno di fare questo tipo di cose e si controllano Così poi limitano spesso la loro capacità di fare amicizia con altri uomini. E quindi, se non si sviluppano amicizie con gli uomini non si svilupperà l'amicizia "spirituale" con gli altri uomini, non saranno in grado di sviluppare ciò che il Buddha ha dichiarato come l'elemento più importante della vita spirituale [15].
31). Allora, che cosa dovrebbero fare gli Occidentali in questo senso?
S.: Si dovrebbe porre fine alla paura dell’omosessualità, trattare con essa e non avere paura per un eventuale contatto sessuale con gli uomini. Questo non significa che per forza si dovrebbero avere rapporti sessuali, ma almeno si dovrebbe perdere la paura di questa idea. Gli Occidentali dovrebbero scoprire che il contatto fisico, ivi compreso lo stesso contatto sessuale tra uomini, non è che un normale contatto fisico o sessuale tra uomini. Ed essendo una cosa assai normale, la paura può ostacolare lo sviluppo di amicizie.
32). Credo che, qualche tempo fa, tu sia stato coinvolto in una "esperienza" sessuale di questo tipo. Puoi dirci qualcosa in proposito?
S.: Nel 1967, quando tornai in India per dare avvio al FWBO, vi fu una serie di discorsi sul posto che il sesso occupava nella comunicazione, ed io ho pensato che forse avrei dovuto fare un po’ di esperienza in questo campo. Per cui, allora, sembrava che tutto stesse nel cambiamento. Io, in certa misura, ero libero di fare ciò che volevo e quello che credevo fosse meglio. Era un periodo molto importante, molto creativo: Andavo a tutti i tipi di conferenze. Era anche il mio periodo "sperimentale" con droghe allucino-gene, il periodo in cui mi lasciai crescere i capelli... Si può dire che iniziavo a sondare "l’esterno" per trovare il mio stile personale e l'ambiente circostante. Penso di essere sempre stato guidato dall’intuizione, ho una forte tendenza ad agire e a preoccuparmi in seguito delle conseguenze. Sono sicuro che l'appetito sessuale abbia anche svolto il suo ruolo nell’ "esperimento", ma certamente vi fu più intuizione che vero appetito.
33). Nella Grecia classica, in materia di istruzione, era molto favorita l’amicizia, carica di erotismo, soprattutto tra anziani e giovani Si riferisce a qualcosa come questo?
S.: No, non si tratta affatto di questo punto di vista. Ho avuto centinaia di studenti e discepoli, senza che vi sia mai stato alcun elemento sessuale nei nostri rapporti. Ma, quando ho approcciato il mio periodo "sperimentale" non fu nel contesto pedagogico, ma nell’amicizia normale. Naturalmente, si può imparare dagli amici, ma l'esperimento non faceva parte dell'educazione di nessuno. Stavo solo esplorando alcune cose per mio vantaggio, per soddisfare la mia curiosità.
Però, perfino ora, non credo di poter spiegare cosa volessi intendere intuitivamente, - senza mettermi a scriverlo in modo serio, senza realmente rivelarlo, e chiedermi ciò che in realtà sentissi. E' mia intenzione descrivere questo periodo della mia vita in un libro autobiografico che spero di pubblicare nei prossimi anni [16].
34). Quali conclusioni traesti dai questo periodo di sperimentazione?
S.: Una delle mie conclusioni fu che in realtà il sesso non gioca un ruolo importante nella comunicazione umana. Il contatto fisico a volte fa fare un passo in avanti nella comunicazione, ma non risulta in un progresso permanente: procura solamente alcune opportunità di comunicazione autentica che possono essere sviluppate. E talvolta, il passo in avanti si blocca e le cose sono di nuovo come prima. In effetti, questo è quello che succede quasi sempre. Perciò ho concluso che il contatto sessuale non era di grande aiuto per lo sviluppo della comunicazione e allora sono tornato al celibato.
Al tempo stesso, posso affermare che alcune persone con cui ho avuto un contatto fisico, non-sessuale, si sono liberate dalla paura dell'omosessualità, e sono in grado di sviluppare amicizia più facilmente, e non mi riferisco ad amicizia sessuale, con gli altri uomini.
35). Nei primi giorni del FWBO, sembravi molto paziente con la nostra tendenza alle distrazioni sessuali e all’indulgenza sessuale. Eri davvero così tollerante e indulgente come sembrava?
S.: Non avevo altra scelta, se non quella di essere paziente! Stavamo già entrando "nei permissivi Anni-Sessanta" con persone che erano completamente principianti nel buddhismo. Avevo ovviamente più interesse a che le persone potessero sviluppare una certa simpatia per gli ideali del buddhismo, per gradualmente portarle in direzione di tali ideali. Non volevo adottare la canonica posizione di: "Bisogna prima eliminare tutte le loro attuali idee e comportamenti sbagliati, e poi si può iniziare a parlare di buddhismo". Semplicemente, non avrebbe funzionato. Quindi, sostanzialmente seguìi quello che più tardi fu chiamato il "Sentiero dei passi irregolari". [17]
36). Hai temuto che il FWBO potesse scomparire a causa del permissivismo sessuale?
S.: Il permissivismo sessuale non era l'unico solo pericolo. Non dovremmo concentrarci troppo su questo, anche se ora stiamo esplorando il tema del sesso. Il FWBO potrebbe sparire per tutta una serie di ragioni; e c’è ancora il rischio che scompaia, soprattutto l'Ordine. Perlomeno, finché non ci saranno abbastanza membri che siano "entrati nel flusso". Per non farlo accadere, non basterà l'impegno spirituale, né basterà l'impegno verso i Tre Gioielli, se non si potrà fare qualcos’altro.
37). Tu pensi che noi, qui in Occidente, si debba fare di più per migliorare la nostra comprensione del Terzo Precetto che non quelli delle culture più tradizionali d'Oriente?
S.: Penso che qui in Occidente dobbiamo lottare contro un tipo di messaggio culturale che sopravvaluta il sesso come un'attività piacevole oltre ogni limite. Purtuttavia, al giorno d’oggi molta gente crede che, poiché non ne riceverà danno, se ne può godere, crede che si può fare tanto sesso quanto si desidera. Quest’attitudine riflette la scarsa comprensione del fatto che, nello sviluppo della vita spirituale, il sesso debba occupare un posto molto periferico.
Noi viviamo in un periodo di transizione. Prima, il grande inibitore, specialmente per le donne, era il rischio della gravidanza. La scomparsa di questo rischio, almeno fino alla insorgenza dell’AIDS, ci ha portato a sentirci liberi di coinvolgerci in relazioni sessuali senza timore di conseguenze. E questo, ovviamente, ha cambiato l'atteggiamento nei confronti del sesso… Però, ci sono effetti collaterali: i contraccettivi comportano alcuni rischi, che porta le donne a chiedersi se poi la promiscuità sessuale è veramente così soddisfacente psicologicamente come si dice, o anche se è igienicamente salutare. Forse, data la libertà con cui ora si può fare sesso, nel suo complesso risulta invece sproporzionata, rispetto alla attenzione che gli si dà.
38). Recentemente, siamo stati esortati a pensare in modo più serio ed a concentrarci più fortemente sul tema del celibato. ..
S.: Beh, all’inizio la maggior parte dei nostri membri dell'Ordine erano poco più che ventenni... Non si può davvero chiedere di restare celibi alle persone di questa età. Ma oggi quei ragazzi sono circa sui quaranta. Le persone di quest’età possono cominciare a prendere seriamente in considerazione il celibato, e non chiedo niente di più: solo cominciare a pensarci seriamente.
39). Mentre sarai lieto che alcune persone stiano prendendo i precetti di Anagarika - tra cui il "voto" del celibato….
S.: Si, non solo sono felice, ma anche felice che sia così. Ci sono realmente coloro che lo stanno prendendo come impegno pubblico... mostrando la loro veste color zafferano [18], se lo si preferisce – però, io non ho mai incoraggiato nessuno a fare il voto di celibato. Quando qualcuno mi dice che desidera fare un voto di questo tipo, sempre ed invariabilmente, io rispondo di pensarci bene.
Si può essere un membro dell’Ordine buddhista Occidentale – FWBO - senza bisogno di essere celibi. Solo bisogna collocare la vita sessuale nella periferia, verso la periferia del mandala personale... O almeno, non troppo vicino al centro. Però, se qualcuno può essere celibe senza cadere in atteggiamenti nevrotici, se lo pratica in modo positivo e sano, sono sicuro che questo tipo di celibato facilita - come altri fattori - uno sviluppo spirituale più veloce; ed aiuta a far sì che le persone si sentano più liberi di applicare il Dharma e beneficiare altri esseri umani.
40). Qual è la differenza tra il celibato "nevrotico" e quello "sano"?
S.: Si può essere celibi perché si può essere così assorti nella bellezza e nell'attrattiva dell’ideale spirituale che il sesso non interessa più. Questa sarebbe una ottima forma di salute sessuale dell'essere. E si può essere celibi per sentirsi liberi da colpe o per avere alcuni vantaggi materiali... 0ppure per qualsiasi tipo di ragioni che ci fanno sembrare il sesso come negativo, il che sarebbe comunque alquanto nevrotico.
Non è solo una questione di essere celibi. Essere fisicamente celibi, ha probabilmente, molto poco valore in sé. E' più importante essere celibi solo in modo relativo, dato che la maggior parte dell’energia emotiva resta a livelli elevati. Non si può essere sani e felicemente celibi, a meno che sia per una motivazione di un alto ideale umanitario, artistico, culturale, o per un forte interesse spirituale. Si potrebbe anche dire che la frustrazione sessuale appare quando non si mantiene al centro del mandala un ideale capace di assorbire la nostra energia emozionale.
41). Nelle "Udana" [19], Sundarananda lamenta che la sua mente è sempre occupata dalla bellissima donna che egli ha lasciato per diventare monaco. Il Buddha lo porta in un mondo paradisiaco e gli mostra dee di molta più bellezza. Che cosa significa questo per noi?
S.: L'esperienza di Sundarananda rappresenta il contatto con una bellezza molto più raffinata che non la bellezza consueta. Allora, egli comincia a sentirsi meno attratto, meno intrappolato dalla bellezza mondana inferiore. Però, mentre si è al livello della bellezza umana, non credo che si possa semplicemente ignorarla. C'è solo un motivo per poterlo fare: avere nella mente una bellezza sublime e celestiale.
42). Ed allora, cosa si deve fare? Fare più visite al "museo dell'arte?"
S.: Una visita al museo d'arte non dovrebbe essere disprezzata. Godersi la fine musica o partecipare in qualche attività creativa... Ciò può certamente assorbire l'energia. ..
E, naturalmente, diciamo la meditazione. Prima di sviluppare la Chiara Visione [20], si oscilla tra il desiderio e l'esperienza sessuale, e lo stato libero da questo desiderio. Alla fine, si progredisce nella vita spirituale, pur continuando a volte a fare sesso, così che la sua rilevanza risulti marginale e si diventi mentalmente liberi per lunghi periodi dalla dipendenza del desiderio sessuale, il ché ci aiuterà a raggiungere livelli di coscienza più elevati, a partire dai quali svilupperemo la Chiara Visione. Quando inizia a svilupparsi la Chiara Visione, essa distrugge dalla radice questa schiavitù. E tutto quello che rimane da fare è di vigilare che non si riproduca questa schiavitù.
43). Vi è poi una sorta di percorso graduale verso il celibato: sperimentare le cose, sviluppare l’introspezione, aggiungendo questo tipo di perfezioni alla nostra vita. ..
S.: Proprio così!...Come il bruco che passa da una foglia all’altra: mentre le sue zampe posteriori sono ancora attaccate ad una, le sue zampe anteriori si vanno appollaiando su un’altra... E non muove le zampe posteriori verso la nuova foglia prima che non si sia ben fermamente assicurato. E' pressoché impossibile rinunciare a tutto in una sola volta, anche se alcune discipline lo predicano: "Rinunciate a tutto per il vostro Dio!", "Rinunciate a tutto per il vostro Guru!". Non credo che sia umanamente possibile: si potrebbe distruggere il sistema nervoso volendo farlo;.. però sì, continuiamo almeno a proseguire nella vita spirituale, come il verme che si attacca alla foglia con le gambe anteriori. In un certo senso, non importa se abbiamo solo le due zampe anteriori sulla nuova foglia mentre le altre sono ancora indietro: quanto meno, ci si sta spingendo sulla nuova foglia e si continua a muoversi in avanti, anche se lentamente.
In termini psicologici e spirituali, non è tanto una questione di rinunciare al vecchio, e cercare di avere il nuovo mentre si è ancora, in qualche modo, coinvolti nel vecchio, ancora intrappolati nel vecchio. Si tratta di assicurarci che stiamo ancorandoci al nuovo e cercare di rinforzarci sempre di più a questo livello. Non bisogna pensare che non si è radicati nel nuovo solo perché non si è ancora totalmente ritirato i vecchi appoggi. Ci sono diversi gradi di celibato. Ognuno è celibe in un certo senso e ognuno non lo è in un altro senso. Nessuno è costantemente immerso in attività sessuali in senso fisico, e nessuno, tranne i Buddha e i Bodhisattva, è tutto il tempo celibe nel corpo, parola e mente. Si dovrebbe perciò intendere meglio il "principio del celibato" che nel buddhismo è chiamato Brahmacharya. Può essere tradotto come "vita divina" o "vita angelica" e rappresenta il passaggio dalle sfere inferiori alle superiori, dal kamaloka al rupaloka, e dal rupaloka al Brahmaloka. Brahmacharya significa letteralmente: "camminare con, o andare con". Brahma significa "stato spirituale sublime". Quando si è celibi nel corpo, parola e mente, si dimora in quello stato. L'intento è di vivere in modo permanente in tale stato. Alcuni vi sono molto vicini, altri non hanno molto successo nell’approccio. .. Però, si può sostenere che tutti sono in cammino su questa strada, anche se solo per casualità. Se si fa una vita specificamente spirituale, se si mantiene il proprio impegno di aspirazione del Brahmacharya si dovrebbe, naturalmente, cercare di restare sempre di più celibi... Se, ad esempio, si hanno rapporti sessuali ogni settimana, è possibile provare a passare ad ogni quindici giorni o ad ogni mese, o annuale, come lo fanno alcuni. In questo modo, a poco a poco, ci si va allontana dall’attaccamento al mondo materiale dei sensi, dei piaceri torbidi, sperimentando e pretendendo di vivere piaceri sempre più intensamente positivi.
Io considero il FWBO, in particolare l'Ordine, come qualcosa che non si blocca mai. Mi piacerebbe vedere che tutti coloro che partecipano nel Movimento e nell'Ordine siano sempre un po’ più protesi verso il celibato, ogni giorno della loro vita. Non chiederò a nessuno di abbandonare il sesso di botto. Non mi aspetto questo. Ma spero almeno di vedere che le persone progrediscano ogni giorno un po’; rinunciando tutti i giorni a un pò di sesso, nel corso degli anni la differenza nel desiderio sessuale sarà significativa. Mi auguro quindi che l'attività sessuale abbia sempre meno valore nella loro vita.
44). Tu hai detto più volte che, per quanto si può vedere, la vita dei monaci è la vita più felice che si possa immaginare. Fino a che punto ritieni che il celibato sia un fattore di questo?
S.: Beh, innanzitutto dovrei definire cosa intendo per "vita da monaco". Di certo, non mi riferisco al formalismo monastico: cioè al semplice fatto di portare vesti color ocra e avere la testa rasata, né, ovviamente, al fatto di praticare il celibato in modo nevrotico. Per "vita da monaco", intendo una vita interamente dedicata al Dharma, una vita che, per dirla in un modo o nell'altro, sia "sposata" al Dharma. Penso che essa sia lo stile di vita più felice ed ho visto molti monaci essere molto felici, in senso formale, in Oriente. Spesso, essi sembrerebbero molto più felici dei laici che presumibilmente sfruttano il godimento di tutti i piaceri mondani. Non mi sento di dire che i monaci siano sempre stati rigorosamente celibi, anche se a volte lo sono stati, però... senza dubbio lo furono sicuramente molto più dei laici... E, almeno in questo senso, perciò erano più felici.
Note
[1] Nel suo pensiero Sangharakshita utilizza i termini di "Gruppo" e "individuo vero" con un significato speciale... Quando parla di ‘gruppo’ intende dire la società in generale - o una parte della società - che determina l’appartenenza ad un popolo che impone i propri valori e la sua gerarchia. Il gruppo in questo senso, limita la libertà del singolo individuo. A differenza di un membro del Gruppo, il vero Individuo pensa per se stesso, valuta e formula i propri valori che non necessariamente corrispon-dono alle idee della società che lo circonda. In questo modo, è libero dai suoi condizionamenti, è più creativo e in grado di seguire un sentiero trascendentale come il buddhismo.
[2] Il Vinaya è un insieme di norme etiche che i bikkhu (monaci buddhisti) devono seguire. Volendo saperne di più vedi glossario > Vinaya
[3] Il termine Entrare nel Flusso (Sotapanna) proviene dai più antichi rami del buddhismo. Secondo la tradizione, chi ha raggiunto questo punto del sentiero ha attivato il primo livello della coscienza trascendentale e il suo progresso verso l'illuminazione è irreversibile.
[4] Con etica buddhista ci si riferisce a tre campi d'azione, in cui applicare i principi etici. Essi sono –
1. Azioni del corpo (ciò che facciamo)
2. Azioni della parole (cose che comunichiamo)
3. Azioni della mente (i pensieri)
[5] La coltivazione della consapevolezza (attenzione cosciente) è la base della pratica buddhista. Vedi gli articoli sulla Consapevolezza.
[6] Il Theravada è la forma del Buddhismo che predomina nei paesi del sud-est Asiatico, come Cambogia, Laos, Myanmar, Thailandia e Sri Lanka. I suoi monaci seguono uno stile di vita simile a quella del Buddha e dei suoi discepoli, tra cui il celibato. Vedi gli articoli su Theravada.
[7] Il Mahayana (letteralmente "Grande Veicolo") è una delle tre principali correnti del Buddhismo (- i tre yana-). Il Mahayana evidenzia il lato altruistico della pratica spirituale e dà meno importanza alla vita monastica e al celibato. L'ideale buddhista nella tradizione Mahayana è il Bodhisattva, persona (laico o monaco), in cui è sorta la Bodhicitta (letteralmente: Mente di Illuminazione) - che è la determinazione a raggiungere l'illuminazione per il beneficio di tutti gli esseri senzienti. Vedi anche: libri sul Buddhismo Mahayana.
[8] Il Vajrayana è l'ultimo dei tre yana. E’ il Buddhismo Tantrico, o "magico". Sottolinea la pratica dei mantra, rituali, l'avvio e il rapporto con il guru. Il Vajrayana è inoltre rivolto verso i tabù della società, utilizza il simbolismo sessuale e - ad un livello più avanzato - le pratiche sesso-yogiche. Vedi anche: libri sul Tantra e Vajrayana
[9] Vimalakirti. Il protagonista del ‘Nirdesa-Vimalakirti-Sutra’, un importante testo del buddhismo Mahayana. Egli era un laico della città di Vaisali. Anche se viveva in una città come ogni laico, egli era completamente dedicato alla sua pratica del buddhismo. Vedere: Reseña del Vimalakirti Nirdesa (cioè, il ‘Nirdesa-Vimalakirti-Sutra’)
[10] Milarepa è uno dei santi più venerati del Tibet che visse nell’11° secolo. Egli fu un praticante del Vajrayana, ma rimase completamente celibe. Vedi: “La Vita di Milarepa", e la sua autobiografia… Reseña de la "Vida de Milarepa", su autobiografía".
[11] L’etica buddhista invece di utilizzare i termini "buono" e "cattivo" usa i termini "valido" e "torbido" (Kusala o akusala). Un'azione torbida ostacola il nostro cammino verso l'illuminazione.
[12] Sangharakshita descrive il comportamento "nevrotico" in termini di "trovare soddisfazione in qualcosa che non è in grado di dare". Ad esempio: mangiare cioccolato se si avverte una mancanza di affetto - il cioccolato non può sostituire il nostro bisogno di affetto.
[13] I cinque precetti normali sono...
1. Con atti di gentilezza, purifico il mio corpo (Mi impegno a non danneggiare gli esseri viventi)
2. Con infinita generosità, purifico il mio corpo (Mi impegno a non prendere ciò che mi è dato).
3. Con tranquillità, semplicità e contentezza, purifico il mio corpo (Mi impegno a non avere una condotta sessuale scorretta).
4. Con la veritiera comunicazione, purifico il mio parlare (Prometto di non mentire mai).
5. Con la coscienza chiara e lucida, purifico la mia mente (Mi impegno a non consumare sostanze intossicanti).
Sangharakshita ha proposto una versione alternativa di essi in termini di energia.
1. Non ostacolare l'energia degli altri.
2. Non esaurire l'energia degli altri. Offri liberamente la tua energia.
3. Non sprecare la tua energia.
4. Per ottenere qualunque obiettivo, usa l’energia appropriata e non quella inappropriata.
5. Non permettere che la tua energia diventi torbida. Mantienila chiara e luminosa.
[14] Dhyana (sanscrito), jhana (pali) chan (cinese) zen (giapp.se) è lo stato di assorbimento o super-coscienza che si raggiunge nella e con la meditazione.
[15] Nel Canone Pali, la seguente conversazione avviene tra il Buddha e il suo più caro amico (o cugino) Ananda.
[16] Questo libro è stato pubblicato in inglese col titolo “Moving against the Stream” (Muoversi contro corrente) Moving Against the Stream
[17] Sangharakshita nel 1975 ha tenuto una conferenza su questo tema, dal titolo “Il Sentiero dei Passi Regolari e il Sentiero dei Passi Irregolari”. Il sentiero buddhista è sempre descritto in termini di passi sequenziali per progredire gradualmente, ma in realtà la vita spirituale di molte persone non è così regolare. Di solito, si cerca di praticare ad un livello più avanzato, e poi si scopre che dobbiamo tornare a rivedere i passaggi che abbiamo saltato. Per ascoltare la conferenza originale o leggere la trascrizione (in inglese), vedere: The Path of Regular Steps and the Path of Irregular Steps
[18] Le vesti dei monaci celibi (bikkhus) sono di color zafferano.
[19] La Udana è un testo del Canón Pali (Canone Pali). Nanda (o Sundarananda) era il cugino, o il fratellastro del Buddha. Egli divenne un monaco celibe, ma però aveva molta difficoltà a praticare la meditazione in quanto non riusciva a smettere di pensare alla fidanzata che aveva lasciato. Leggi una recensione delle Udana (una reseña del Udana)
[20] “Visione Chiara” è la traduzione di Vipassana. Per saperne di più: Vipassana.
(Queste note sono state preparate da Vayira ma senza la rivisitazione di Sangharakshita. Se trovate errori fatemelo sapere).