Maudgalyayana fu uno dei primi discepoli anziani del Buddha. Si dice che egli fosse estremamente esperto nelle pratiche spirituali e che avesse un tale dominio sui poteri psichici da poter penetrare nell’animo di ogni individuo e visualizzare tutto ciò che vi accadeva e perché. Con questa capacità di entrare in profondità nelle vite altrui non sorprende che le intuizioni espresse nei suoi insegnamenti incontrassero un vasto pubblico ed una universale accettazione. Il Buddha, notando questo, propose che fosse fatto un ritratto che rappresentasse gli insegnamenti di Maudgalyayana, così che il suo messaggio potesse essere reso disponibile anche a quelli che non avevano un diretto accesso a lui. Nacque così l'immagine esoterica nota come 'La Ruota della Vita'. Questo diagramma serve come potente ispirazione per gli aspiranti spirituali ed è dipinto alla sinistra di tutti i monasteri tibetani, offrendo similmente un'opportunità sia ai monaci che ai pellegrini di guardare profondamente nel loro essere interiore.
Una sorprendente raccolta di immagini contrastanti, ciascun aspetto di questa composizione è inserito con un ricco simbolismo e forti metafore ben direzionate. Essenzialmente, è una struttura fatta di quattro cerchi concentrici, un tentativo di portare l’intuizione spirituale che sta dietro alla nostra 'esistenza fisica' in termini puramente visualizzabili.
La visione del buddhismo è che noi umani esistiamo in uno stato non illuminato. Lo scopo del nostro soggiorno terreno è di raggiungere l’Illuminazione e ottenere la liberazione dal ciclo continuo di nascita e ri-nascita che caratterizza tutti gli esseri senzienti. Vi sono varie ragioni perché le nostre forme mortali debbano sopportare la sofferenza. Attraverso immagini terribili e sublimi, la Ruota della Vita presenta tutte queste cause per la nostra sofferenza. Ma in nessuna condizione essa è una presentazione pessimistica, piuttosto è un'ottimistica affermazione che è possibile una redenzione una volta riconosciuti gli inganni che affliggono la nostra esistenza effimera. Il primo passo verso la loro eliminazione sostituendole con virtù positive, è il riconoscimento di questi malanni. È questa vera identificazione che la Ruota buddhista ci aiuta a ottenere. Facendo della visualizzazione il primo e miglior modo di espressione, si rendono queste realizzazioni disponibili a tutti, anche a quelli non iniziati spiritualmente.
Nel vedere all’inizio questo diagramma metafisico, l'attenzione dell'osservatore è immediatamente catturata dalla completezza del centro in cui sono mostrati un maiale, un serpente, ed un gallo, che corrono senza limiti (come la vita stessa), ognuno fuoriuscendo dall’altro, in una sorta di terribile balletto.
Ognuno di questi animali rappresenta un particolare difetto o debolezza umana, che è come un ostacolo alla realizzazione spirituale. Essi sono noti come i Tre Veleni, perché da loro proviene tutto il male della vita, e perché ci corrompono dall’interno. È giusto che queste forze siano dipinte come animali, perché esse rappresentano stimoli primitivi nascosti sotto il nostro lato esteriore in apparenza incivilito.
Il gallo da cui fuoriesce il serpente rappresenta l'avidità. Indubbiamente, la proverbiale vanità e concupiscenza di questo povero uccello lo fanno un simbolo adatto per questa debolezza umana. La parola 'avidità’ non rende realmente piena giustizia all'emozione negativa simboleggiata dal gallo, che include l’intero spettro del desiderio negativo dalle vaghe brame alle intense bramosie. Un termine più adatto sarebbe 'attaccamento'. L’attaccamento di questo tipo può essere visto per esempio quando noi perdiamo qualche cosa e sperimentiamo non solo rammarico o irritazione, perché non siamo più capaci di goderla, ma un senso più profondo di perdita, perfino un certo tipo di panico. Esso inoltre significa la più naturale di tutte le emozioni umane, vale a dire il nostro attaccamento per l'ammirazione e l’approvazione di quelli che ci stanno intorno. In tale scenario noi continuamente stiamo guardando noi stessi attraverso gli occhi del mondo, e perdiamo di vista la nostra forza vitale interna che, anziché l'approvazione e l’opinione degli altri, dovrebbe essere l'ultimo vero parametro. Il Buddha Shakyamuni così disse, "proprio come una roccia non è mossa dal vento, così l'uomo saggio non è mosso da biasimo o encomio."
L’attaccamento dovrebbe essere distinto dal sano desiderio. La persona affamata può desiderare il cibo che è un giusto desiderio ed appena uno mangia questa fame è soddisfatta. Questa è un'importante distinzione tra un naturale e sano desiderio ed un innaturale attaccamento. Il primo arriva alla sua conclusione con la soddisfazione, mentre nel caso del secondo, ogni tentativo di gratificazione porta ad un’ulteriore tentazione, come nel caso dell’avidità di ottenere denaro per il proprio scopo.
Il successivo è il serpente, che significa aggressività. Esso è il simbolo del nostro ‘sé’ istintivo. La nostra inerente natura istintiva è aggressiva. Quando le cose non funzionano come noi avremmo voluto, la nostra prima reazione è di biasimare gli altri, poi cerchiamo di forzare la situazione, il che porta ad una resistenza. Ogni volta che noi incontriamo resistenza, se forziamo la situazione, la resistenza potrà solo aumentare. Dobbiamo perciò diffidare della prima reazione istintiva ad una situazione sfavorevole, e procedere soltanto dopo che la prima ondata di rabbia e frustrazione si è placata. Non è che noi non siamo consapevoli sul fatto di doverci trattenere dalle nostre estemporanee reazioni, ma ci culliamo nel compiacimento e tali reazioni scivolano dietro il nostro migliore giudizio (come un serpente).
Dalla bocca del serpente fuoriesce un maiale, simbolo dell'ignoranza. Gli orecchi di un maiale sono grandi abbastanza da farli cadere sugli occhi. Così accecato dai suoi orecchi, il maiale è consapevole solo di ciò in cui sta conficcando il suo muso, ed inconsapevole di ogni altra cosa che stia accadendo vicino a sé. In un modo simile la nostra visione della vita è ristretta dal nostro condizionamento culturale, e noi perdiamo di vista il nostro proprio essenziale essere naturale, che non è che un’estensione della onni-pervasiva pura coscienza.
I nostri tentativi di soddisfare i desideri malriposti, simbolizzati dal gallo, portano ad una insana aggressività, rendendoci insensibili ed ignoranti (come il maiale), ai sentimenti di coloro che ci stanno vicino. Questa ignoranza ci rende egoisti e così dal maiale rinasce il gallo del desiderio, continuando il ciclo che ci lega alla ruota continua del samsara.
Dopo il cerchio centrale vi è una striscia concentrica divisa in due metà. Una è leggermente e radialmente colorata, mentre l'altra è nera. La porzione più scura mostra individui che hanno scelto il sentiero dell'oscurità e così sono discesi in profondità oscure. Il sentiero luminoso, tuttavia, è quello preso da coloro che seguono la retta Via, raggiungendo l’ascensione spirituale. Qui si mostra i mortali che si elevano verso le supreme altezze spirituali.
Le nostre vite sono essenzialmente dominate da due forze contraddittorie: la spinta evolutiva al nostro interno che ci guida a realizzare nuovi livelli di coscienza ed il peso morto della nostra ignoranza che ci riporta indietro verso orizzonti più limitati. Il nostro compito, nel prendere il sentiero spirituale, è di permettere consapevolmente alle forze evolutive di portarci direttamente verso l'alto ed impedire all'ignoranza di imprigionarci in basso. La spinta evolutiva non è niente altro che lo stimolo verso la Buddhità, e si trova all'interno di ognuno di noi, ma è pesantemente frenata dalla nostra ignoranza riguardo ad essa. Così per far sì che vi sia il progresso noi dobbiamo fare un continuo sforzo per superare la spinta dell’ignoranza che ci lega ai livelli più bassi dell’essere, che viene esemplificato dall'esposizione della parte scura che mostra esseri erranti che cadono in giù.
Oltre questa striscia vi è un'area più larga divisa in sei unità, ognuna delle quali dipinge un diverso livello di esistenza condizionata. Questi stati di esistenza sono chiamati condizionati perché sono provocati come risultato delle nostre proprie azioni, o karma. Essi possono essere tanto positivi che negativi:
1) Il Reame degli Inferni
Il primo di tali reami è il mondo degli Inferni. Nella tradizione buddhista ritratti di inferni sono mostrati tipicamente come luoghi di intenso dolore e tormenti, in cui le vittime sono sottoposte alle più tormentose torture, inflitte loro da cupi demoni. Fiamme ricoprono l’intero reame in cui vi è un caldo insopportabile, benché vi siano anche regioni piene di ghiaccio, che producono la dolorosa esperienza di un gran freddo. Il disegno di questo inferno è una oggettivizzazione dell’odio, quasi una pittura visibile di quello che può attenderci se ci riempiamo il cuore con odio, invece di una compassionevole comprensione.
Le caratteristiche di base dell’inferno sono la continua sofferenza e l’implacabile dolore inflitti da esseri furiosi e vendicativi. Ma questo inferno come tutte le parti della nostra esistenza è una creazione della nostra propria mente. Un risultato del nostro proprio karma. È su di noi, se noi auguriamo di fare un inferno della nostra vita sulla terra e creare un tormento per ogni nostra situazione. L'inferno della Ruota della Vita non è altro che ciò che lo stesso stato mentale rese manifesto in tutti i suoi dolorosi dettagli. Nessuno può rimanere in pace se nel suo cuore ha un odio per qualcun altro.
L'inferno non è eterno. Ogni processo è impermanente ed un particolare stato continua finché le condizioni che l'hanno portato in essere sono ancora presenti. Si rimarrà all’inferno finché ci sono energie karmiche indisciplinate che ci tengono là. La tradizione vuole che una vita nell’inferno può estendersi su molti eoni – e forse ciò corrisponde alla ben nota esperienza del tempo che è interminabile quando stiamo soffrendo.
2) Il Reame degli Spiriti Affamati
Dopo il reame dell’inferno vi sono gruppi di sgraziate creature accalcate insieme. I loro corpi dilatati sono color del fumo, ed appaiono inconsistenti come se fossero fatti di nebbia. Le loro braccia e gambe sono lunghe, sottili e delicate e le loro teste abnormi stanno su colli stretti e lunghi, mentre le loro pance sono masse gonfie e basse da poter appena sostenere le loro gambe. Bocche piccole, come la cruna di un ago, sono sormontate da vistosi occhi larghi, pieni di dolore e brama, significati dal loro colore rosso. Queste patetiche creature sono ossessionate da una fame perpetua e da una sete inestinguibile. Esse barcollano sui loro deboli arti in cerca del sostentamento. Guidati dalla loro fame e sete opprimenti, gli Spiriti affamati vivono le loro vite per nient’altro che cibo e bevande. I loro deboli arti e le bocche minuscole rendono quasi impossibile per loro ottenere qualunque sostentamento. E tutto ciò che acquisiscono non è mai sufficiente per loro, e li lascia insoddisfatti, e sempre di più anelanti. Anche se talvolta trovano ciò che loro vogliono, questo non dà che poco piacere. Qualunque cosa essi possiedano, sentono sempre che c'è qualcosa che stanno perdendo. Così questo reame è la personificazione della mente in cui predomina una insistente brama. Lo spirito affamato umano è l'avaro che vive per i suoi soldi, l’accaparratore che non è mai contento di ciò che ha ma vuole avere sempre di più.
3). il Mondo degli Animali
Nel reame degli animali, la vita è la vita del corpo. Ogni loro sforzo è diretto alla soddisfazione dei desideri fisici e all’istinto di auto-preservazione. Questa pittura è una rappresentazione visibile del rifiuto dell’ignorante a vedere oltre le necessità del corpo. Un tale orizzonte è testardamente ristretto e rifiuta di guardare oltre la superficie della vita, al suo significato e scopo effettivi.
4). il Reame dei Titani (Asura)
I Titani conoscono soltanto la guerra. Non contenti di ciò che posseggono questi giganti si scagliano contro gli dèi del reame sensuale e tentano di afferrare la loro felicità e delizia. Essi tentano di catturare l'albero del paradiso che esaudisce tutti i desideri. La loro brama di possesso non viene da desiderio o avidità. Essi vogliono le cose perché invidiano i possessi ed i conseguimenti degli altri. Il successo degli altri li lascia con un sentimento di inadeguatezza e frustrazione. Invero è detto che l’uomo che non è contento di ciò che ha, è dispiaciuto che lo abbiano gli altri. Questa è il fondamentale messaggio che sta dietro a questo reame.
5). il Mondo Umano
Il reame umano è il mondo della nostra esperienza di tutti i giorni. Una nascita umana è considerata la più favorevole all'inizio della propria vita spirituale perché contiene un equilibrio tra il piacere ed il dolore. Una continuata sofferenza è demoralizzante e raffredda l’iniziativa. Similmente, un persistente piacere ed un costante successo tende a generare compiacimento. La vita umana, contenendo in sé piacere e dolori, ci rende consapevoli di entrambi questi aspetti della vita, con un armonioso equilibrio. Così poiché la vita umana ci dà così rare opportunità per la realizzazione spirituale, il buddhismo insegna che è davvero molto preziosa.
6). I Paradisi degli Dei
I termini Pali e Sanskriti che di solito traducono 'dio' vengono da una radice che significa 'risplendere.' Gli dèi sono quei brillanti e radianti esseri che vivono nella più libera felicità e piacere. Tradizionalmente è riconosciuto che tali esseri sono in paradiso, ma essi stanno anche sulla terra. Colui che ha ottenuto la realizzazione spirituale è colui che ha creato il suo paradiso in terra, colui che si è evoluto in un più alto essere, in un senso puramente spirituale.
È significativo notare qui che gli dèi che partecipano delle esperienze sensuali e simili, sono mostrati come le creature umane, benché ad un livello più rarefatto. Il fatto importante è che gli dèi non sono così lontani dalla dimensione umana, poiché anche gli umani mortali possono raggiungere lo stato divino conseguente al Sentiero del karma virtuoso.
Questi sei reami costituiscono tutti i possibili stati di esistenza nell'universo e tutti gli esseri vanno e vengono tra questi stati, in dipendenza del loro karma, dato che nessuno di questi stati è permanente o eterno. Così, è detto che in cielo nascano le persone virtuose; esseri virtuosi dominati dalle emozioni negative della gelosia rinascono nel reame dei titani; persone dominate da attaccamento rinascono nei reami spettrali; coloro che sono afflitti da odio e rabbia rinascono negli inferni; e quelli dominati da ottusità e ignoranza rinascono nel mondo degli animali.
L'anello esterno concentrico della Ruota della Vita è diviso in dodici unità, le quali dipingono ognuna una fase del ciclo particolare di causa ed effetto, che mantiene intrappolati nei sei reami di esistenza ciclica menzionati sopra.
1). L'Uomo Cieco (Ignoranza)
Nella prima sezione noi vediamo una barcollante forma, che brancola malamente verso il suo cammino. È un vecchio uomo curvo che ha i suoi anni, ma non la saggezza. I suoi occhi guardano fisso in modo vuoto di fronte a sé. Egli pensa di esser sempre stato così, e gli sembra di riconoscere il panorama intorno, e si muove in modo impaziente. Ma, ahimè, lui non è mai stato qui e la scena che lui immagina è piuttosto diverso dalla realtà. Più e più volte, lui barcolla e cade. Ma ogni volta lui si trascina ai suoi piedi con speranza rinnovata.
L'ignoranza è la cecità, incapace di vedere però credendo che noi tutti sappiamo. È mancanza di intuito della realtà delle cose, anche mancanza di illuminazione. L'ignoranza tuttavia non è solo ciò che non possiamo vedere ma anche ciò che noi pensiamo di non poter vedere. Noi possiamo essere ignoranti della vera natura delle cose ma noi pensiamo di non saperle. Se ci mettiamo ad esaminare ciò che c’è nella nostra mente, tentando di vedere come siamo venuti, da dove abbiamo preso la nostra conoscenza, comprenderemo che quello che noi prendiamo come conoscenza deriva da altre fonti. Noi assorbiamo le visioni di quelli intorno a noi per qualche sorta di osmosi - per soddisfare il nostro desiderio di appartenenza, e la nostra naturale non-inclinazione a utilizzare il nostro proprio potere di osservare ed analizzare.
2). il Vasaio alla sua Ruota (Attività Volitive)
In seguito noi vediamo un vasaio che gira grumi di creta sulla sua ruota e, con mani abili, plasma vasi e ciotole, pentole e piatti. Come risulta ogni pentola, dipende dal vasaio. La sua abilità ed esperienza, il senso estetico, ed anche il suo umore nel momento della creazione. Quando l'ira lo infiamma, la sua pentola ha una forma dura e goffa e, quando lui è in preda alla brama, i suoi desideri determinano la forma che lui formerà dal grumo di creta che ha di fronte.
Le attività volitive sono come il vasaio, energie formative che plasmano il nostro futuro. Loro sono la somma totale di tutto il nostro volere, se le intenzioni si manifestano in aperta azione, o restano come desideri nei nostri cuori. Infatti è il momento accumulato da tutti i nostri desideri che determinano il flusso della nostra vita. Una corda è intrecciata con molti piccoli peli. Ma nessuno di questi peli raggiunge una minima frazione della totale lunghezza della corda. Similmente, direzione e tendenza del nostro essere sono plasmate dagli innumere-voli atti di volizione che noi facciamo nel corso della nostra esistenza quotidiana. Infatti ogni pensiero ha una direzione, un inerente momentum che si scarica sul mondo. Con ogni immagine mentale, ogni brama, ogni idea adesiva, noi stiamo irradiando un sottile, ma estremamente potente, campo di energia che influenza il nostro ambiente circostante.
3). La Scimmia nell'Albero (Facoltà Sensibile)
Una giovane scimmia saltella in un albero, da un ramo all’altro, mai ferma un momento. Essa vede, sulla cima dell'albero, un frutto che sembra maturo e salta su di esso, con mani e piedi che agganciano il tronco, con la sua coda curva ed ondeggiante.
Afferra il frutto, lo strappa e gli dà un morso. Non ha ancora finito di masticare, quando vede un'altro frutto. Allora si getta verso il nuovo allettamento, trascurando il frutto che ha appena strappato, ma ingoiando in fretta tutto ciò che è nella sua bocca. Ben presto, c'è un mucchio di frutta mezzo-masticata.
La nostra inquietudine è una parte inerente della nostra natura. Un oggetto perde il suo fascino appena noi siamo capaci di acquisirlo. La nostra attenzione è presto deviata verso un altro oggetto. In questo processo noi non siamo capaci di godere nessuno di essi. Questo è vero anche per le attività che noi facciamo. Non avendo finito il lavoro noi cominciamo un'altra attività, lasciando così inadempiuto il primo lavoro e privo di alcun senso di completamento.
4). Uomini nella Barca (Nome e Forma)
Due uomini si trovano in una barca, mentre un terzo, più imponente degli altri due, guida e governa la barca. Ogni individuo è fatto di una mente e corpo. Questi sono rappresentati da ognuna di queste due persone. Quello che governa la barca è il composto di mente-corpo che costituisce l'individuo completo, ciò che ognuno di noi è, meglio noto come l'Organismo Psicofisico. Ciascuno dei due, senza l'altro, è incompleto ed insufficiente.
5). La Casa con le Finestre Vuote (Gli Organi di Senso)
Un uomo siede all'interno di una casa che ha cinque finestre ed una porta. Attraverso queste aperture, lui guarda il mondo. Le finestre e la porta denotano i sei sensi (occhio, orecchio, naso, lingua e corpo, insieme con la mente). I sensi sono i 'portali’ da cui noi otteniamo le nostre impressioni del mondo.
I mondi ai quali i sensi fisici ci danno accesso sono i più bassi. È solo attraverso la porta della mente che noi possiamo avere accesso a mondi più elevati che non sono meno reali di quelli fisici. La facoltà di percepirli è coltivata tramite la meditazione che è definita come l’esercizio per la mente.
6) una Coppia che Si Abbraccia (Impressioni Sensoriali)
Un uomo e una donna si guardano fissi l'un l'altra appassionatamente. Le loro mani si allacciano e si protendono ognuna verso l'altro. Tenendosi stretti ed abbracciati l'un l'altro, essi sono protesi a pigiare i loro due corpi in uno.
Un coppia che si abbraccia raffigura il contatto degli organi dei sensi con i loro oggetti, in cui risiede il loro ultimo adempimento.
7). Un Uomo con una Freccia nel suo Occhio (Sentimento)
Un ululato di dolore fracassa il silenzio, ed un uomo cade sulle sue ginocchia, gemendo, con le sue mani che pigiano sulla sua faccia. Al centro del suo occhio destro, conficcata profondamente, c’è una freccia.
La freccia rappresenta i dati sensoriali che vanno ad urtare contro gli organi di senso, in questo caso l'occhio. In un modo molto vivido, l'immagine suggerisce i sentimenti forti che la nostra esperienza sensoriale induce.
I sentimenti sono dolorosi o piacevoli. Piacere e dolore sono esperimentati su un numero di livelli diversi che variano dalle dirette sensazioni fisiche alla beatitudine più alta della liberazione. Secondo la psicologia buddhista, l'esperienza del dolore diretto è confinata in un’area relativamente piccola delle totali possibilità della esperienza consapevole. Sfortunatamente, però, queste sono spesso le aree in cui noi abitualmente indulgiamo.
8). Donna che Offre da Bere ad un Uomo (Brama)
Il successivo collegamento è illustrato da un uomo seduto a cui una donna che sta di fronte a lui offre una bevanda. Il fatto che è si può intendere anche che una donna che propone da bere ad un uomo porti alla mente l'intensità del desiderio sessuale. L'uomo che condivide l’alcool enfatizza la natura che crea la dipendenza al piacere.
9). Donna che Coglie un Frutto sull’Albero (Attaccamento) - Questa immagine è un logico sviluppo del collegamento precedente, vale a dire quello della Brama. L’ardente desiderio per metterlo in atto porta all’azione. La donna che scala l'albero per strappare un frutto rappresenta il forte desiderio che ha preso la forma di un’azione concreta. Il nostro attaccamento è collegato ad un particolare oggetto ossessivo che noi tentiamo di afferrare in una maniera futile. Il frutto è un antico simbolo per i desideri terreni. Una donna che sale su per l’albero da scalare per afferrare ciò che lei concepisce come esaudimento dei suoi desideri è una quasi metafora per gli sforzi abbastanza sproporzionati che noi spendiamo nella ricerca delle tentazioni simili a questa.
10). Coppia che Fa l’Amore (Entrare nell’ Esistenza)
Dimentica di tutto, se non il loro desiderio urgente, una coppia si scioglie insieme nell'atto di fare l’amore. Rapiti e persi nel loro abbandono, essi non sanno che una vita nuova ha avuto inizio nell'utero della donna. Così l'immagine per entrare nell’esistenza (divenire) è quella di un uomo e una donna che compiono l'atto sessuale, dando inizio ad una nuova vita.
11). Donna nel Travaglio (la Nascita)
Dopo il processo della procreazione c’è l'episodio effettivo del partorire. Questo è rappresentato spesso da un' esplicita immagine di una donna che partorisce un bambino.
Questa nuova vita è la condizione in dipendenza della quale poi derivano vecchiaia e morte.
12). Una Bara (Vecchiaia e Morte)
Il collegamento finale è frequentemente rappresentato da una bara che è portata verso il suo ultimo riposo.
Qualunque essere sia nato è obbligato a sperimentare gli attacchi della malattia, il calo dei poteri fisici nella vecchiaia, il dolore della separazione e perdita, e infine la morte. Una volta che ha avuto luogo la nascita è stato messo in moto un processo che deve finire con la morte, perché nascita e morte non sono altro che parti integranti del ciclo del samsara.
Conclusioni
La completa Ruota della Vita è tenuta ermeticamente negli artigli di Mara, il Dio della Morte, la cui orribile faccia, con le sue zanne che fuoriescono e la fronte inghirlandata da una macabra corona di cinque crani, è ben visibile al disopra del diagramma.
Noi tutti siamo presi nella paura della morte. Ma la morte non è la fine. Secondo il pensiero buddhista la morte è l'inizio di una nuova 'esistenza’. Il processo di morte è dappertutto attestato nei naturali ritmi della terra, mare, e cielo. Ogni sera, accade una morte, quando cala il sole, ogni mese, quando cala la luna, ogni anno, quando la terra si rinchiude a causa dell'inverno, e ogni volta che l’oceano ritira le sue acque con la marea. Così, il concetto di morte, in natura, è una promessa di speranza. Con ogni morte c’è una resurrezione. La natura ha la capacità per rinnovarsi. Il nuovo stato rinnovato è ovviamente dipendente dal nostro karma precedente.
La Ruota buddhista della Vita rappresenta simbolicamente come tutti gli esseri senzienti, che non hanno praticato il Dharma e che non si sono liberati, siano collegati in un ciclo di esistenze la cui vera natura è la sofferenza. Il simbolismo è dipinto attraverso una serie di pittogrammi che hanno l’intenzione di agire come un potente strumento mnemonico per il serio praticante laico. Gli Antichi Maestri prescrissero che si dovrebbe riflettere su questo diagramma e concentrarsi su di esso giorno e notte, come pure non si dovrebbe mai dimenticare il suo significato. Secondo Shri Dharmakirti "Uno dovrebbe contemplare intensamente e seriamente il significato di questa Ruota. Se possibile, di esso si dovrebbe appenderne una rappresentazione illustrata, se necessario in un ritiro solitario, finché in noi non si immerga il suo significato. Una volta accaduto questo, il desiderio di essere liberi da questa irragionevole sofferenza sarà spontaneo e continuo. Un paragone adatto sarebbe quello di un uomo ammalato che patendo un'indisposizione dolorosa e cronica, dopo un completo esame medico scopre che il motivo della sua malattia è la regolare componente della sua dieta. Immediatamente tale persona tenterebbe di rimediare al difetto, cambiando la dieta."
Referenze e Ulteriori Letture
- Andrews, Tamra. A Dictionary of Nature Myths: Oxford, 2000.
- Chopra, Deepak. The Seven Spiritual laws of Success: New Delhi, 2000.
- Dharmakirti, Shri. Mahayana Tantra (An Introduction): New Delhi, 2002.
- Hamani, Laziz, and Claude B. Levenson. Symbols of Tibetan Buddhism: Paris, 1996.
- Innes, Brian. Death and the Afterlife: London, 1999.
- Subhuti, Dharmachari. The Buddhist Vision (An Introduction to the Theory and Practice): London, 1992.
- Shrestha, Romio. Celestial Gallery: New York, 2000.
- Thurman, Robert A.F. (Trans.) The Tibetan Book of the Dead (Liberation Through Understanding in Between): New
- York, 2000.
- Tresidder, Jack. The Hutchinson