Articoli di Dharma

 

Il Sentiero ‘Maha Ati’
Di Chögyam Trungpa e Rigdzin Shikpo
(presentato da Fabio e tradotto da Aliberth)

 

 

 
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L’ALAYA
La base sia del Samsara che del Nirvana, l'inizio e la fine sia della confusione che della realizzazione, la natura della universale shunyata e di tutti i fenomeni che appaiono, più fondamentali perfino rispetto al ‘trikàya’, perché è libero da pregiudizi verso l’Illuminazione, è l’Alaya, talvolta chiamato la primordiale mente pura o originaria.
Benché Prajna non veda in sé nessuna base per i concetti come aspetti differenti, tuttavia i tre aspetti fondamentali di completa apertura, naturale perfezione e spontaneità assoluta si distinguono dagli upaya come utili dispositivi (mezzi abili).

COMPLETA APERTURA
“Tutti gli aspetti di ogni fenomeno sono completamente chiari e luminosi.
L'intero universo è aperto e senza ostacoli, Tutte le cose si compenetrano
a vicenda e sono mutualmente interdipendenti”.
”Poiché tutte le cose sono nude, chiare, e libere da oscuramenti, non c'è nulla
da raggiungere o da realizzare. La natura delle cose appare naturalmente ed è
naturalmente presente nella consapevolezza che trascende il tempo”.

La pratica quotidiana è semplicemente di sviluppare una completa accettazione ed apertura a tutte le situazioni e le emozioni ed a tutte le persone, sperimentando
totalmente tutto, senza riserve e blocchi mentali, così che uno mai possa ritirarsi o accentrarsi in se stesso. Ciò produce una tremenda energia che di solito è rinchiusa nei processi di evasione mentale e che in generale sfugge via dalle esperienze della vita.
La chiarezza della coscienza consapevole nelle sue fasi iniziali può essere sgradevole o ispirare paura. Se è così, allora uno dovrebbe aprirsi completamente al dolore o alla paura ed accoglierli. In questo modo le barriere create dalle proprie abituali reazioni emotive e dai pregiudizi vengono interrotte.
Quando si esegue la pratica di meditazione si dovrebbe avere la sensazione di aprirsi completamente a tutto l'universo con assoluta semplicità e con la mente totalmente nuda e libera, liberandosi di tutte le barriere "protettive".
Non dividetevi mentalmente in due quando state meditando, con una parte della mente che guarda l'altra, come un gatto che osserva un topo. Si dovrebbe realizzare che non si medita con lo scopo di andare profondamente dentro se stessi e di ritirarsi dal mondo. Anche quando si fa la meditazione sui chakra, nello yoga buddhista, non c’è una concentrazione introspettiva – la chiave è ancora l'apertura completa della mente.

NATURALE PERFEZIONE
“Tutto è naturalmente perfetto così come è, completamente puro e incontaminato.
Tutti i fenomeni appaiono naturalmente nelle loro sole corrette modalità e situazioni, che formano modelli sempre in cambiamento, pieni di senso e di significato, come se si partecipasse tutti ad una grande danza.
Tutto è simbolo, ma non vi è alcuna differenza tra il simbolo e la verità simboleggiata.
Senza alcun sforzo o pratica, ogni liberazione, illuminazione, e Stato di Buddha, sono già pienamente sviluppati e perfetti”.

La pratica quotidiana è la stessa vita ordinaria. Poiché non esiste un sottosviluppato stato, non c'è bisogno di comportarsi in un modo speciale o cercare di raggiungere o di praticare alcunché.
Non dovrebbero esserci sensazioni di sforzo per raggiungere una qualche esaltante mèta o stati superiori, in quanto ciò semplicemente produce qualcosa di condizionato e artificiale che sarà solo un ostacolo al libero funzionamento della mente. Non bisogna mai pensare di se stessi come se si sia "peccatori" o indegni, ma come puri e perfetti naturalmente, a cui nulla manca.
Quando si esegue la pratica della meditazione, si dovrebbe pensare ad essa proprio come una naturale funzione della vita quotidiana come il mangiare o il respirare, e non come un evento formale e speciale da intraprendere con grande serietà e solennità. Bisogna realizzare che meditare significa andare aldilà dello sforzo, aldilà della pratica, aldilà di scopi e obiettivi, e aldilà del dualismo di schiavitù e liberazione.
La meditazione è sempre perfetta, quindi non c'è bisogno di correggere nulla. Poiché tutto ciò che sorge è semplicemente il gioco della mente, non ci sono cattive sessioni di meditazione e nessun bisogno di giudicare i pensieri come buoni o cattivi. Pertanto non ci si dovrebbe sedersi a meditare con varie speranze e timori riguardo ai risultati –uno fa solo questo, senza nessun sentimento auto-consapevole di "Io sto meditando", senza sforzo, senza fatica, senza tentare di controllare o forzare la mente, senza cercare di diventare pacificati.
Se si scopre che si sta deviando in uno di questi modi, si smetta di meditare e ci si metta semplicemente a riposarsi e rilassarsi per un po’, prima di riprendere di nuovo la meditazione. Se uno ha esperienza che, durante o dopo la meditazione, si stanno interpretando i "risultati", non li si prenda affatto come speciali, ma solo li si osservi come fenomeni. Soprattutto, non si tenti di farli ripetere, perché questo si oppone alla naturale spontaneità della mente.

ASSOLUTA SPONTANEITA’
”Tutti i fenomeni sono completamente nuovi e freschi, assolutamente unici nell’istante n cui essi appaiono e interamente liberi da tutti i concetti di passato, presente e futuro, come se sperimentati in un'altra dimensione temporale.
Il flusso continuato di nuova scoperta e fresca rivelazione e ispirazione, che sorge in ogni momento è la manifestazione dell’eterna gioventù del Dharma vivente, e la sua meraviglia, splendore, e spontaneità sono il gioco o l’aspetto danzante dell'universo come guru”.

Imparate a vedere la vita di tutti i giorni come un mandala, in cui ci si trova al centro, e siate liberi dai pregiudizi, dalle tendenze e dai condizionamenti del passato, dai desideri del presente, e dalle speranze e aspettative future.
Le raffigurazioni del mandala sono gli oggetti quotidiani della propria esperienza di vita, che si muovono in una grande danza o gioco dell'universo, il simbolismo con cui il guru rivela il senso profondo e il significato ultimo. Dunque, siate naturali e spontanei, accettate ogni cosa e imparate da tutto. Cercate di vedere il lato ironico e divertente delle situazioni irritanti.
Nella meditazione, penetrate l'illusione del passato, presente e futuro. Il passato non è che un ricordo o condizione nel presente, il futuro una proiezione del presente, ed il presente stesso svanisce prima che possa essere afferrato. Liberarsi dalle memorie del passato, e dalle concezioni circa la meditazione. Ciascun momento di meditazione è totalmente unico e pieno di potenzialità per nuove scoperte, così da essere incapaci di giudicare la meditazione in base alle sessioni passate o in base alla teoria. Immergersi direttamente e semplicemente nella meditazione, in questo stesso momento, con tutta la propria mente ed essere liberi da esitazioni, dalla noia, e dall’eccitazione.

LA PRATICA DELLA MEDITAZIONE (Secondo il Sentiero ‘Maha-Ati’)
Quando si pratica la meditazione è tradizionale, e se possibile anche meglio, sedersi a gambe incrociate con la schiena eretta anche se non rigida. Tuttavia, è più importante sentirsi confortevoli, quindi a volte è meglio sedersi su una sedia, se con la seduta a gambe incrociate si prova dolore o difficoltà.
La propria attitudine mentale deve essere ispirata ai tre aspetti fondamentali, tanto che la meditazione sia con o senza forma, benché in quest'ultimo caso i tre aspetti costituiscano tutta la meditazione stessa, con particolare enfasi sulla completa e totale apertura.
La meditazione con forma è preceduta, seguita, e formata da periodi senza forma e si può similmente rivelare spesso piacevole, se non essenziale, nel precedere un periodo di meditazione senza-forma con un periodo di meditazione con-forma. Per provvedere a questa eventualità sono state sviluppate molte meditazioni preliminari nel secolare periodo delle pratiche Buddhiste, con la maggior parte di esse che sono meditazioni importanti sulla respirazione, sulle ripetizioni di mantra, e visualizzazioni.
La seconda e la terza classe di queste, necessitano di istruzioni personali da parte del proprio guru prima di essere praticate, ma qui qualche chiarimento sarebbe necessario prima, dato che il metodo utilizzato varia un pò da persona a persona. In primo luogo, lasciare che la mente segua il ritmo dentro-fuori della respirazione, finché non diventa calma e tranquilla; poi lasciare che la mente resti sempre più sul respiro finché tutto il nostro stesso essere appaia essere identificato con esso.
Infine, diventare consapevoli del respiro, lasciando che la consapevolezza del corpo si trasformi in puro spazio e poi trasferire progressivamente l'attenzione via dal respiro e portarla verso la sensazione dell’espansione e della spaziosità. Lasciare indi che questa sensazione finale si fonda in una completa apertura, e ci si muova nella sfera della corretta meditazione senza forma. Con ogni probabilità, le descrizioni di cui sopra dei tre aspetti fondamentali e relative pratiche di meditazione sembreranno molto vaghe e inadeguate.
Questo è inevitabile poiché essi tentano di descrivere ciò che non solo è oltre le parole ma anche aldilà del pensiero, e invitano alla pratica di ciò che è essenzialmente uno stato di essere. Le parole sono semplicemente una forma di upaya (cioè, mezzi abili), una sorta di indizio che, se messo in atto può consentire che spontaneamente sorgano
l’innata saggezza naturale e la perfetta e naturale azione.
Talvolta, nella meditazione può esservi una interruzione della normale coscienza, una improvvisa completa apertura. Questo sorge soltanto quando si è smesso di pensare in termini di ‘un meditante, una meditazione, e l’oggetto della meditazione’. E’ un flash di visione della Realtà, un lampo improvviso che prima si verifica non frequentemente e poi via via sempre più spesso. Potrebbe non essere un’esperienza particolarmente sconvolgente o totalmente esplosiva, ma proprio un momento di grande semplicità. Non si faccia l’errore di cercare di forzare deliberatamente queste esperienze affinché vengano a ripetersi, perché questo sarebbe tradire la naturalezza e la spontaneità della realtà.
 



COMMENTO di Aliberth… Questo articolo di Choghyam Trungpa sul Sentiero ‘Maha-Ati’, che ho con gioia tradotto, potrebbe esser ritenuto valido e giusto proprio così com’è… anche perché esso mostra una Via di Realizzazione assai facile e comoda per tutti… e cioè, riconoscere ciò che già siamo e dimorare in questo perfetto auto-riconoscimento. Salvo un piccolo (grande) particolare… per poter avere questo “auto-riconoscimento” della nostra vera natura, occorre che noi PRIMA si trasformi la nostra mente egoistica e materiale in una mente pura ed essenziale, con cui poter poi arrivare al giusto riconoscimento delle cose così come sono (compresi noi stessi)…. Perciò, lungi dal prospettare i facili miraggi sul possesso di una nostra naturale e spontanea Buddhità, che pure nel sottofondo della Pura Coscienza esiste, noi dobbiamo prendere atto che la Via ‘Maha-Ati’, cioe “Grande Autoliberazione”, è quella che cominciamo a percorrere proprio e soltanto quando abbiamo oltrepassato la fase dell’Osservatore, stabilizzando l’Auto-consapevolezza. Vale a dire, quando riteniamo di aver raggiunto la cosiddetta ‘prima illuminazione’. Altrimenti, sarebbe da concludere che tutti gli esseri nell’illusione siano già ‘illuminati’, nel loro stesso ‘essere illusi’ (anche se, nella nostra sfera umana, questo purtroppo già accade…). Dunque, è vero che una volta che noi siamo arrivati alla vera conoscenza della nostra Natura Originaria, non c’è altro Sentiero che quello della Via ‘Maha-Ati’, ma è pur vero, cari amici, che prima di poter realizzare l’esistenza di questa nostra ‘naturale e spontanea’ natura di realtà, dobbiamo liberarci della patina di illusione e oscurazione mentale, cioè di quella ignoranza ‘avidyà’, che nella nostra esistenza attuale ci fa credere di essere ‘questo o quello’ (cioè, o santi o peccatori), e vedere tutti e tutto in maniera totalmente dualistica facendo sorgere giudizi e opinioni, che altro non sono che l’evidenza della manifestazione illusoria del nostro ego..