Traduzioni di Dharma

 

La Meditazione buddhista:
le fasi della consapevolezza e
dell'assorbimento.

 

Presentato da... Il Wanderling

http://www.angelfire.com/electronic/awakening101/absorption.html#N3
Tradotto in italiano da Aliberth

 
 
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Il Sentiero della Concentrazione che porta all’Assorbimento

1 -
LAYA

     Poco prima della soglia della Tranquillità, talvolta in una indistinguibile sovrapposizione delle fasi iniziali, c’è uno stadio preliminare o primario, chiamato 'Laya'. Laya è uno stato mentale di quiete, in cui si scende facilmente all’interno che in genere si verifica nel corso della pratica spirituale.

L'esperienza è temporanea poiché i pensieri bloccati ritornano poi al momento in cui la pressione è rilasciata. Il silenzio va e viene. L'esperienza è piacevole, e può essere considerata come ‘profonda concentrazione’ e/o regolazione del respiro. Essa avviene, quindi, grazie alla propria volontà. Può essere ripetuta da parte del praticante e può anche essere lasciata cadere se fosse considerata inutile o ostruttiva per ulteriori progressi. 'Entrare in Laya' può essere un chiaro segno del proprio progresso.

 

Il pericolo sta nel prenderlo erroneamente per l'obiettivo finale della pratica spirituale e di essere quindi tratti in inganno.

2. TRANQUILLITA’ (samatha o shamatha): La pratica dell’attenzione mentale su un unico punto.

NOTA: Si dice che il Sentiero della calma-concentrazione-assorbimento possa portare ad ottenere poteri soprannaturali (ad es., percezioni extrasensoriali, conoscenza delle vite precedenti, ecc.). Tutte le realizzazioni di questa Via, tuttavia, sono considerate ancora samsariche. Il buddhismo ritiene che l'assorbimento di per sé non può portare al Nirvana. Invece, è il Sentiero della Consapevolezza e dell’ Intuizione-profonda che si dice conduca al Nirvana. Tuttavia, si dice che il mezzo efficace per una più stabile consapevolezza sia la padronanza della "concentrazione-iniziale", e che la padronanza dei più alti stati di assorbimento sia il mezzo più efficace dell’approfondimento. In una simile ottica, si prega di leggere articoli precedenti come ‘Joriki’, così pure articoli futuri, come ‘Siddhi’.

NOTA: Nel buddhismo, le fasi meditative di samatha o shamatha (calma mentale), Samadhi (in particolare, la concentrazione-iniziale: upacara samadhi), e jhana [Pali] o dhyana [sanscrito] (assorbimento), corrispondono rispettivamente un pò a dharana, Samadhi e dhyana di Patanjali,.
NOTA: Nel buddhismo, di solito è 'jhana' o 'dhyana', ma a volte anche 'Samadhi', che viene utilizzato per l'assorbimento. Il Samadhi, inteso come mezzo di accesso all’assorbimento, è generalmente considerato come una condizione di assorbimento (jhana / dhyana).


3. ACCESSO alla CONCENTRAZIONE (upacara samadhi): La potente, ferma e forte attenzione sull’ oggetto focalizzato.

Tradizionalmente, quando “I Cinque Ostacoli” sono superati, ciò è chiamato Upacara Samadhi, che è noto anche come "l’ambiente della concentrazione". Cioè, l’Ambiente-Samadhi, in cui proprio ci si trova vicino al Jhana, ma non ancora del tutto in esso. E' come essere all’ingresso di una sala... devi oltrepassare l'ingresso per entrare nell’ambiente della ‘Sala’. Ed anche voi dovrete passare oltre esso per uscirne. Questi sono gli ambienti, Upacara. (Vedi anche: Hua T'ou).

 
4. JHANA, o DHYANA con Forma (Rupa): l'assorbimento nel sopportare con gioia (assai simile al samprajnata samadhi di Patanjali). Generalmente si considera che Samprajnata-samadhi includa i seguenti quattro Jhana nel suo campo di applicazione:

1) Il primo Jhana: attività mentale, gioia e senso di benessere.

2) Il secondo Jhana: eliminazione dell’attività mentale, che lascia gioia e senso di benessere.

3) Il terzo Jhana: eliminazione della gioia, che lascia equanimità e senso di benessere.

4) Il quarto Jhana: eliminazione del senso di benessere, che lascia assorbiti nell’equanimità.

Vedi anche: Le Cinque Varietà di Zen.

 

5. JHANA, o DHYANA SENZA FORMA (arupa jhana): l'assorbimento senza forma, che porta ad aumentare il senso di rarefazione o incorporealità (simile all’asamprajnata samadhi di Patanjali). Asamprajnata-samadhi è talvolta conosciuto in ambienti Vedanta come nirvikalpa-samadhi).

Asamprajnata-samadhi è generalmente considerato includere i seguenti quattro Jhana nel suo campo di applicazione:

5) Il quinto Jhana: jhana dello spazio sconfinato (anantakasa).

6) Il sesto Jhana: jhana espansivo di pura coscienza (vijnana).

7) Il settimo Jhana: jhana di pura vacuità (Akinci, ovvero il "Nulla" - Ken-Chu-Shi).

8) L’ottavo Jhana: jhana al di là di percezione e non-percezione (nevasannanasannaSaijojo).
Vedi anche: Amrita-Nadi


6. NIRODHA (cessazione, estinzione)

Completa cessazione di tutte le attività psicomentali; completa soppressione di tutti i condizionamenti  samsarici; completa calma e tranquillità "stando nel mondo", senza, appunto, "andare oltre" nel Nirvana. Può durare diversi giorni. Nirodha si raggiunge dopo aver superato i quattro assorbimenti senza forma, ma solo un Arahant può raggiungere Nirodha.

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NOTA: NIRODHA - Ni (senza) rodha (carcere, confine, ostacolo, muro, impedimento): vale a dire, ‘senza impedimenti, libero dai condizionamenti’.

Il termine Nirodha è stato per così tanto tempo tradotto come "cessazione" che è diventata pratica standard, e qualsiasi deviazione da essa conduce a farsi domande. Questo tipo di traduzione è nella maggior parte dei casi per convenienza, nonché per evitare confusione con altri termini Pali (a parte la mancanza di un termine migliore). In realtà, tuttavia, questo rendere il termine "Nirodha" come "cessazione" in molti casi può essere un’interpretazione errata del testo.

In linea generale, la parola "cessare" significa far finire qualcosa che è già emerso, o sospendere un qualcosa che è già iniziato. Tuttavia, nell'insegnamento dell’Originazione Dipendente (come pure nel dukkhanirodha, la terza delle Quattro Nobili Verità) Nirodha significa ‘il non sorgere’, cioè la non-esistenza di qualcosa, perché la causa della sua originazione è stata eliminata. Ad esempio, la frase "quando avijja è Nirodha, anche i sankhara sono Nirodha", il che normalmente vuol dire "con la cessazione dell’ignoranza, cessano le tendenze e gli impulsi volizionali", ma in realtà significa "quando non c'è ignoranza, o il non-sorgere dell’ignoranza, o quando non c’è più alcun problema con la stessa ignoranza, non ci sono tendenze e impulsi volizionali, gli impulsi volizionali non sorgono, non vi è più alcun problema con gli impulsi volizionali". Ciò non significa che l'ignoranza già sorta possa essere eliminata prima che anche gli impulsi volizionali che sono già emersi siano eliminati.

Nirodha dovrebbe essere resa con ‘cessazione’ quando viene utilizzato in riferimento al naturale modo di essere delle cose, o alla natura delle cose composte. In questo senso esso è un sinonimo dei termini ‘bhanga’, distruzione, ‘anicca’, transitorietà, ‘khaya’, conclusione, o ‘vaya’, decadimento. Ad es., in Pali viene detto: ‘imam kho bhikkhave tisso vedana anicca sankhata paticcasamuppanna khayadhamma vayadhamma viragadhamma nirodhadhamma’: "Monaci, questi tre tipi di sensazione sono naturalmente impermanenti, composti, dipendentemente originati, transitori, quindi soggetti a degrado, dissoluzione, e poi si spengono nella cessazione".[S.IV.214] (Tutti i fattori che si verificano nel ciclo dell’Originazione Dipendente hanno la stessa natura). In quest’esempio, il significato risulta essere, "tutte le cose condizionate (sankhara), avendo origine, inevitabilmente hanno decadimento e dissolvenza in base ai fattori che le supportano". Non vi è alcuna possibilità di cercare di impedirlo, dato che esse cessano da se stesse. Qui l'intenzione è quella di descrivere una condizione naturale che, in termini di pratica, significa semplicemente "tutto quello che sorge può essere eliminato".
Per quanto riguarda Nirodha nella terza delle Quattro Nobili Verità (ovvero, nel ciclo dell’Originazione Dipendente nella modalità di cessazione), anche se pure descrive un processo naturale, l’accento è posto su considerazioni di ordine pratico. Esso è tradotto in due modi nel Visuddi Magga. Il primo modo traccia l'etimologia di "Ni" (senza) "rodha" (prigione, confine, ostacolo, muro, impedimento), rendendo così il significato di "senza impedimento", "privo di confine". Questo è spiegato come "privo di ostacoli, cioè, il confinamento del Samsara". Un'altra definizione traccia l'origine di anuppada, che significa "non-originazione", e prosegue dicendo "Nirodha qui non significa bhanga, cioè distruzione e dissoluzione".
Pertanto, tradurre Nirodha come "cessazione", anche se non è del tutto sbagliato, tuttavia, non è del tutto accurato. D'altro canto, non c'è altra parola che viene a chiudere così l'essenziale significato di "cessazione". Nondimeno, dovremmo capire che cosa si intende esattamente con quel termine. In questo contesto, il ciclo dell’Originazione Dipendentei nella sua modalità di cessazione potrebbe esser reso meglio come "essendo liberi dall’ignoranza, vi è libertà dagli impulsi volizionali...", o "quando è eliminata l'ignoranza, sono eliminati gli impulsi volizionali...", oppure "quando l'ignoranza cessa di dar frutti, gli impulsi volizionali cessano di dare frutti...", o anche "quando l'ignoranza non è più un problema, gli impulsi volizionali non sono più un problema".

Inoltre, su NIRODHA, viene presentato anche ciò che segue:

Vi è una parola sanscrita, NIRODHA, descritta di solito come ‘cessazione’, che porta con sé un più profondo significato. Nell’indice del Visuddi Magga, per esempio, ci sono oltre venticinque riferimenti che dovrebbero essere letti nel loro contesto, al fine di averne un significato più ampio e più conciso. In breve, come il Samadhi-Profondo, esso è un non-meditativo stato-meditativo di altissimo livello. Durante Nirodha, non c'è una sequenza di tempo che sia di un paio di ore o di sette giorni, in cui sembra come se il momento immediatamente precedente e quello immediatamente successivo siano in rapida successione, con l’inizio e la fine compressi in sottili striscie. Durante ciò, il battito cardiaco e il metabolismo continuano a rallentare fino a praticamente cessare, talvolta continuando al di sotto della soglia di percezione ad un livello residuo. Immagazzinata in precedenza, l’energia del corpo che di solito se non alimentata è consumata in un paio di ore, può durare giorni, con ben poco bisogno di rinnovarsi. Il Visuddhi Magga cita numerosi casi in cui gli abitanti dei villaggi incontravano un bhikkhu in un stato simile e, pensando che fosse morto, costruivano una pira funebre per lui, fino al punto di dargli fuoco. Nel corso degli stati di basso livello residuo la temperatura corporea scende ben al di sotto dei 98.6 gradi (fahrenheit). Se riportato all’improvviso alla coscienza il metabolismo del corpo è più lento nel riguadagnare la normale temperatura, e a sua volta, ciò è registrato dal ritorno più veloce ai sensi cognitivi, come appunto al "sentire freddo". (fonte)

Migliaia di persone hanno visto il grande Santo Indiano Swami Trailanga galleggiare sul Gange per giorni, seduto al di sopra delle acque o mentre rimaneva per lunghi periodi sotto le onde. Una visione comune al Manikarnika Ghat era il corpo immobile dello Swami steso su delle viscide lastre di pietra, totalmente esposto allo spietato calore del sole indiano. Sia che il gran Maestro fosse sopra o sotto l'acqua, o che il suo corpo sfidasse o meno i feroci raggi solari, Trailanga cercava di dimostrare agli esseri umani che per la vita umana non è necessario dover dipendere dall’ossigeno o da determinate condizioni e precauzioni.


Ciò che segue riguarda l’Illuminazione di Bhagavan Sri Ramana Maharshi. Sri Ramana si risvegliò all’Assoluto seguendo quella che fu detta la sua prima esperienza di morte a 17 anni. E’ scritto:
"Ora il mio corpo è morto. Essi porteranno via questo corpo, immobile, nel campo della cremazione e lo bruceranno. Ma posso davvero morire con questo corpo? Ma io sono semplicemente questo corpo? Il mio corpo è ora immobile. Ma io conosco ancora il mio nome. Mi ricordo dei miei genitori, fratelli, zii, amici e di tutti gli altri. Ciò significa che ho una conoscenza della mia individualità. Se è così, l’ "Io" che è in me non è semplicemente il mio corpo, è uno spirito immortale".

Così, come in un lampo, una nuova realizzazione venne a Venkataramana. Di solito, un uomo ottiene la realizzazione di Dio eseguendo tapas (penitenze) per anni e anni, senza cibo e sonno, egli sotto-pone il corpo a grandi sofferenze. Ma, Venkataramana ottenne la conoscenza suprema senza tutto ciò. La paura della morte lo abbandonò. Così, Venkataramana divenne Sri Ramana Maharshi.

Moltissime persone, per questo fatto, lo ritennero completamente illuminato e, per questo motivo, negli anni successivi fecero molti pellegrinaggi alle grotte del Sacro Colle di Arunachala,  e poi al suo ashram, e infine diventando ‘il saggio’, divenne conosciuto da tutti. Tuttavia, ciò che la maggior parte delle persone non sa, è che una quindicina di anni dopo la sua prima esperienza di morte, nel 1912, all’età di 32 anni, Ramana ebbe una meno nota seconda esperienza di morte. Questa seconda esperienza di morte, anche se Ramana era conosciuto e ammirato come essere Illuminato, e benché fosse pienamente Illuminato - e questo può sembrare un paradosso - riuscì a modificare il suo lungo approccio di stare nell’oscurità della vita. La seconda esperienza di morte di Ramana apparentemente aprì la porta ad un abbraccio alla famiglia e agli estranei, che non si era manifestato in precedenza nelle precedenti azioni passate di Ramana.

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I cinque ostacoli:

I cinque ostacoli, non sono che cinque contaminazioni e che sono chiamati ‘medi-Klesha’. Essi sono: (1) il desiderio di piaceri sensuali e sensoriali (2), rabbia o avversione (3), indolenza o pigrizia, (4) preoccupazione, e (5) dubbio. Il Canone Pali illustra l'effetto di questi ostacoli, con l'aiuto di cinque eloquenti esempi:

1.     La mente iperstimolata dal desiderio di piaceri sensoriali è paragonata ad acqua colorata, che impedisce che una cosa possa essere veramente riflessa nell'acqua. Così, un uomo ossessionato dal desiderio di piaceri sensoriali non è in grado di ottenere una vera visione di se stesso o di altre persone e del proprio ambiente.

2.     La mente oppressa dalla rabbia è paragonata all’acqua bollente, che non può dare un’accurato e perfetto riflesso. Un uomo sovrastato dalla rabbia non è in grado di discernere un problema in modo corretto.

3.     Quando la mente è nella morsa della pigrizia e dell’indolenza, è come l’acqua coperta da uno strato di muschio: la luce non può raggiungere l'acqua e quindi il riflesso è impossibile. L'uomo pigro non fa nemmeno uno sforzo per una comprensione corretta.

4.     Quando è preoccupata, la mente è come l’acqua scossa dal vento turbolento, che quindi non riesce a dare un vero e proprio riflesso. L'uomo preoccupato ed eternamente irrequieto non è in grado di effettuare una corretta valutazione di un problema.

5.     Quando la mente è presa dal dubbio, è paragonata all’acqua fangosa tenuta nell’oscurità delle tenebre, che non può riflettere affatto l'immagine. Perciò, tutti questi cinque ostacoli privano la mente della comprensione e della felicità, e causano molto stress e sofferenza.

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VEDI ANCHE:
CH'AN: l'essenza di tutti i Buddha

                    –  Ritorno a Shikantaza.

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      Finito di tradurre nel mese di Dicembre 2008 - per il Centro Nirvana – senza scopo di lucro