Articoli di Dharma

 


Dalai Lama: La Reincarnazione di AVALOKITESHWARA
Articolo del Prof. P.C. Jain e del Dott. Daljeet
Tratto da: http://www.exoticindia.com/article/dalai_lama
Trad. da Aliberth

 

 

 
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’Dalai Lama’, un epiteto usato per la prima volta nel 1578 dal sovrano Mongolo Altan Khan, e dato a Sonam Gyatso, il terzo Dalai Lama, o il terzo nel lignaggio di reincarnazione del bodhisattva, più tardi identificato come il lignaggio del Dalai Lama, è una combinazione di due termini, 'Lama' che significa monaco buddhista, e 'Dalai', profondo-come-l’Oceano, cioè, un Monaco che come l’oceano ha la vastità  e la profondità della conoscenza. 'Dalai' è in realtà l'equivalente Mongolo di 'Gyatso', il termine Tibetano che era in uso come epiteto durante la vita del secondo Dalai Lama, Gendun Gyatso, per distinguere i Lama nel lignaggio di reincarnazione del Bodhisattva Avalokiteshvara. 'Gyatso' aveva lo stesso significato di 'Dalai'.
Re Altan Khan, discendente del noto sovrano Mongolo Kublai Khan, che era seguace del buddhismo Tibetano agli inizi del XIII secolo, era stanco di spargimenti di sangue e di guerre e voleva avere la pace sul suo territorio. Egli invitò alla sua corte Sonam Gyatso, il monaco buddhista più conosciuto del suo tempo, con il desiderio che dai suoi insegnamenti potesse guidare i suoi sudditi assetati di sangue verso la via della pace, dell’amore e dell’umanità. Influenzato dalla profonda conoscenza ed energia spirituale di Sonam Gyatso, Re Altan Khan lo celebrò col titolo di 'Dalai Lama'. Da allora in poi, anche se il termine 'Gyatso' fu come prima mantenuto per intendere la seconda metà del nome nel lignaggio del Dalai Lama, fu tuttavia l'epiteto 'Dalai Lama' che dette al lignaggio la sua distinzione unica da allora in poi. Questo epiteto fu usato non solo per Sonam Gyatso e le sue undici successive reincarnazioni, ma anche per i due precedenti - Gendun Drubpa e Gendun Gyatso, in modo postumo.


Vita del Dalai Lama, il Bodhisattva,
Oggi, il Dalai Lama non solo è la massima carica del buddhismo, ma è anche una delle sue tre più significative istituzioni: mentre le altre due sono il Buddha e i Bodhisattva, che emersero nel buddhismo nel corso dei secoli. L'attributo di tutti è l'illuminazione, e quindi anche del Dalai Lama che, possedendo oceaniche quantità e profondità di conoscenza, raggiunge lo stesso stato di illuminazione di un bodhisattva. Tuttavia, mentre il Buddha è definito come lo stato di perfezione spirituale assoluta che porta al 'Nirvana' - estinzione finale -, un bodhisattva, nel suo ruolo di insegnante che cerca di realizzare il suo duplice obiettivo, mondano e trascendente, continua a rimandare la realizzazione di questo stato di perfezione spirituale assoluta e la propria liberazione, preferendogli una nascita o rinascita controllata o scelta. Nel buddhismo Tibetano, o meglio in tutta la tradizione Tibetana, a prescindere da questo o quel ramo o scuola, la rinascita e la continuazione delle proprie azioni, o il livello di perfezione che si ottiene  nella nostra successiva rinascita, è un principio universalmente accettato. Ovviamente, con la sua vita condizionata da impulsi umanitari, sociali e politici, il Tibet ha sviluppato una naturale preferenza per il culto verso il bodhisattva. La sua ragione era evidente. Un bodhisattva, dalla sua volontà di reincarnarsi tante volte quante siano richieste e dalla sua capacità di posticipare la sua propria liberazione a sua volontà, aiuterebbe meglio il Tibet a risolvere i suoi problemi spirituali come pure quelli sociali e politici – che tra gli altri sono l'instabilità politica, le lotte intestine, l'inimicizia.

Questa preferenza Tibetana per il culto del bodhisattva aveva radici antiche, forse addirittura preistoriche. A parte questo, il Tibet fino al XVI secolo era una terra divisa in innumerevoli frazioni di governo e in molte tribù, ed aveva un disperato bisogno di un potere che li avesse portati sotto un unico comando, ed anche il suo mitico passato aveva identiche connotazioni. Attraverso i suoi miti popolari, il Tibet era inizialmente la dimora di bestie indisciplinate. Allora il Bodhisattva Avalokiteshvara (Chenrezig) si emanò in mille reincarnazioni animali e si mescolò con i vari gruppi di animali esistenti. Attraverso queste forme emanate, egli insegnò loro l'armonia e la pace e quando le condizioni esterne furono adatte, prese nascita come scimmia. Egli incontrò un’asceta femminile di aspetto orribile, emanazione della Dea Tara. Così, essi si accoppiarono e dettero vita ai primi esseri umani, tutti diversi gli uni dagli altri nel colore del corpo, nel genere della natura e in tutto. Essi furono i progenitori delle originali sei tribù del Tibet. Ben presto il loro numero si moltiplicò e così ora c’erano diciotto tribù, che si ampliarono ulteriormente di numero e alla fine nel Tibet vi furono centinaia di tribù che vi abitarono. Inoltre, volendo tutte governare, esse si sono evolute in numerosi e frammentati siti di comando, spezzando questa terra in piccole entità politiche, ognuna impegnata in progetti di espansione, con conquiste e sconfitte.
Così, mentre il Tibet ereditò dalla storia una comunità politica ed un popolo separati e divisi, si percepì anche nella stessa fonte una tale energia spirituale che lo portò poi all'unità, alla pace e alla redenzione. Quindi un Tibet così diviso e debole, non era poi realmente debole, ma piuttosto era uno che istintivamente aveva sempre insito in sé la possibilità di recuperare. Di conseguenza, il Tibet cercò sempre un potere motivante che lo rinvigorisse spostando l'attenzione dalle conquiste, guerre e inimicizia, verso il funzionamento interno della mente e del cuore, portando pace ed unità alla sua terra. Ovviamente, invece di avere una preferenza per la ricerca della propria liberazione, il Tibet preferì sceglierne il rinvio al fine di portare il paese alla pace, unità e armonia.
La mente Tibetana fu quindi naturalmente incline al culto del bodhisattva. Tuttavia, la visione indiana di un bodhisattva astratto che rappresenta uno dei cardini buddhisti non poteva ispirare a lungo le masse Tibetane. Nelle sue strane circostanziali convinzioni politiche e sociali, e credenze religiose provenienti da fuori, il Tibet aveva la richiesta di un bodhisattva che come un modello nazionale del ruolo avesse la vivace interazione con la sua gente e unisse nella pace i regni in guerra e le tribù divise, oltre che guidare al sentiero di liberazione personale. Ovviamente, questi più ampi obiettivi potevano essere realizzati solo da qualcuno che aveva sintetizzato in sé con la spiritualità, un qualche tipo di visione o di autorità politica. Sembra che fu tale ricerca di una mente tibetana che si concretizzò prima con i ‘tulku’ – ovvero Lama reincarnati ufficialmente riconosciuti e, infine, nel XV° secolo, quando l'esistenza stessa del buddhismo era in pericolo, con l'istituzione del Dalai Lama che, come reincarnazione di Avalokiteshvara, ereditò tutta la sua energia spirituale ed essendo in forma mortale ispirò la fiducia nelle masse.

La reincarnazione di Avalokiteshvara, che divenne la fonte principale del lignaggio del Dalai Lama, non fu una ricerca premeditata ma fu scoperta intuitivamente. Il maestro Jey Tzong Khapa, un monaco illuminato e un grande studioso buddhista, nel corso della sua interazione con il suo discepolo Gendun Drubpa, il primo Dalai Lama, realizzò che Gendun Drubpa era vicino alla liberazione, ma però decise di rimanere nella nascita umana e lavorò in modo edificante per tutti gli esseri viventi. Quindi, impulsivamente, Tzong Khapa dichiarò che Gendun Drubpa era una reincarnazione del Bodhisattva Avalokiteshvara, che per compassione verso l'umanità sofferente, preferiva rimanere nel dominio umano per riscattarla dalle sue miserie e continuava a posticipare il suo proprio 'Nirvana'.
Alcuni studiosi successivi credettero che Gendun Drubpa fosse la reincarnazione del Lama Drom, anche se lo stesso Lama Drom era una reincarnazione di Avalokitesvara. Quindi, anche, Gendun Drubpa era nel lignaggio di Avalokiteshvara. Ed anche Gendun Gyatso, il secondo Dalai Lama, fu poi dichiarato quasi in modo identico come un’altra reincarnazione di Avalokitesvara.
Il terzo Dalai Lama, Sonam Gyatso, fu identificato come la reincarnazione di Gendun Gyatso. Poi, il quarto, come reincarnazione del terzo, e così via. Così, il termine Dalai Lama finì per diventare il lignaggio di reincarnazione del Bodhisattva Avalokiteshvara. Tuttavia, mentre il termine ‘bodhisattva’, e perfino ‘Avalokiteshvara’, sostanzialmente rimase per una qualsiasi delle astratte qualità o attributi che portano all'illuminazione, incoronando qualsiasi forma, umana o meno, un Dalai Lama, in sostanza, definiva una reincarnazione in nascita umana. Così, nonostante che il Dalai Lama sia comunque la forma reincarnata del bodhisattva, egli rappresenta una istituzione differente da quella del bodhisattva.


Trasformazione dell’Istituzione del Dalai Lama
Tuttavia, per circa duecento anni dopo il suo sorgere, cioè, durante la durata di vita dei primi quattro Dalai Lama, questa istituzione di lama reincarnati, conosciuta come il 'labrang' dei Dalai Lama, non aveva lo stesso status come lo ha ora. Essa godeva di grande popolarità ed esercitava una immensa influenza, ma era solo una tra le dieci entità del buddhismo Tibetano. Quindi, i primi quattro Dalai Lama rappresentarono solo la fase preparatoria nello sviluppo delle istituzioni, che si manifestò pienamente nel Quinto Dalai Lama, Gyalwa Lobzang Gyatso, popolarmente chiamato col nome di Ngawang Labzang Gyatso, oppure soltanto come il ‘Grande Quinto’.
Nel 1642, quando il 'Grande Quinto' aveva 25 anni di età, un battagliero ed inquieto Tibet lo elevò alla posizione di supremo leader spirituale e temporale dell’intero popolo Tibetano e con questo l’istituzione del Dalai Lama subì una completa trasformazione. Ora, il Dalai Lama non era uno tra quei influenti lama o il patrono spirituale di uno stato, ma era al di sopra di tutti loro, grandi monaci e capi potenti che nell’assemblea occupavano i seggi assai più in basso di lui.
Nessuna decisione di scontro politico, o di consenso, ma forse fu la più convincente profezia vecchia di cento anni che fu una ragione per questa unanime accettazione dell’autorità del 'Grande Quinto' come 'leader supremo’ dei Tibetani. Come era stato ampiamente creduto, Gendun Gyatso, il secondo Dalai Lama, non era affatto disposto a reincarnarsi. Un giorno Padmasambhava, il grande maestro dell'VIII° secolo che arrivò in Tibet dall'India, gli apparve in una visione. Oltre a ciò, Padmasambhava gli chiese di continuare a reincarnarsi per il benessere del mondo e gli rivelò anche che dopo un periodo di cento anni egli sarebbe risorto come capo spirituale e temporale del Tibet e in quella posizione avrebbe portato sul paese tali benefici da poterlo sostenere per centinaia di anni. Esattamente 100 anni dopo, Ngawang Labzang Gyatso fu elevato alla posizione di supremo capo spirituale e temporale del Tibet. Il popolo ricordò la profezia del Guru Padmasambhava e ad essa collegò l’improvvisa e strana elevazione di Ngawang Labzang Gyatso.
Il Tibet non aveva mai visto una tale unificazione dei suoi territori da settecento anni, quando era emerso come un forte territorio sotto il religioso re Songtsen Gonpa. Il Grande Quinto Labzang Ngawang Gyatso riportò il Tibet a livelli senza precedenti, sia spiritualmente che politicamente. Egli avviò una forma unica religiosa e laica del suo governo nazionale sul modello federale noto come il Governo Ganden Pondrang, che risultò essere il più importante fattore unificante nella vita del Tibet. Con la dottrina della reincarnazione e la continuazione del proprio livello di perfezione della vita nel prossimo, la responsabilità di guidare la nazione, spiritualmente e materialmente, divenne la responsabilità continua dei Dalai Lama che dopo si reincarnano sempre e questo essi abilmente compirono con la loro forza spirituale reincarnata, a prescindere dalla loro età.

Il Nono Dalai Lama Gyalwa Lungtok Gyatso e tre suoi Dalai Lama reincarnati morirono molto presto, il Nono all'età di soli nove anni, e tutti e quattro comunque entro i 75 anni, tuttavia, le loro opere, come rivelano i loro scritti biografici, furono vasti come l’oceano. Il Tredicesimo Dalai Lama, il leader più grande del Grande, affrontò sempre più gravi sfide derivanti principalmente da Russia, Cina e Gran Bretagna, che avevano il progetto di conquistare il Tibet.
Fino ad allora, tra Tibet e Cina esisteva una relazione descritta come ‘rapporto–prete-patrono’, in base al quale il sacerdote, rappresentato dal Dalai Lama del Tibet, era il Capo nominale dello Stato mentre la Cina da parte sua controllava l'amministrazione. Questa posizione diplomatica aveva il riconoscimento delle maggiori potenze, Russia e Gran Bretagna, presenti nella regione. Tuttavia la Cina, nell'ambito di un accordo di non opporsi alla invasione Britannica della Birmania, ottenne che i Britannici non si sarebbero opposti al loro intervento armato in Tibet. Quindi, quando nacque il XIII° Dalai Lama Tubten Gyatso, l'istituzione del Dalai Lama fu ridotta a una condizione di subordinazione, e come sacerdote, allo status di un dipendente della Cina.

Nondimeno, nel tempo di circa due decenni, il tredicesimo Dalai Lama organizzò la nazione militarmente e nel 1913 proclamò l'indipendenza del Tibet, espellendo le truppe ed i rappresentanti cinesi dalla sua terra. Questa posizione non fu accettata da parte della Cina, né diplomaticamente approvata da Inghilterra e Russia. Con questo, iniziò un periodo di conflitti Tibetani con la Cina. Questo richiese un cambiamento nelle priorità del Dalai Lama e del Tibet. Ora, non tanto di spiritualità, ma di infrastrutture militari e diplomatiche fu il maggior bisogno del Dalai Lama e della nazione Tibetana.


Dalai Lama: un continuum spirituale
Insomma, come individuo nato in una certa data e ora, il Dalai Lama manifesta il suo continuum spirituale di Bodhisattva, o meglio come il Bodhisattva Avalokiteshvara che, attraverso innumerevoli nascite, è poi identificato come il Dalai Lama. Non tanto per la propria stessa illuminazione e 'Nirvana', quanto per il benessere del mondo, spirituale e temporale, un Dalai Lama è un insegnante universale che guida i suoi seguaci laici al benessere mondano da un lato e verso l'illuminazione e il 'Nirvana' dall'altro. Proprio il suo 'Nirvana' non è l'essenza di, né è conseguente a, il suo essere un Dalai Lama. Egli, piuttosto, sottomettendosi al ciclo delle reincarnazioni, perpetua il suo essere in una catena di rinascite cercando in forma mortale una realizzazione dei suoi sforzi a favore del mondo - suo scopo come reincarnazione del Bodhisattva. Con la sua forte volontà o determinazione, un Dalai Lama cerca la sua rinascita per il bene del mondo e per elevare l'umanità e tutti gli esseri.
Il Dalai Lama è un culto del buddhismo Tibetano, anche se non limitato al Tibet o alla sola regione himalayana, il Dalai Lama è riconosciuto e venerato oggi come la più alta carica dell'Ordine buddhista in tutto il mondo buddhista, e individualmente, come il vero maestro supremo del buddhismo. Quale che sia al riguardo il suo status come capo politico del popolo tibetano, il suo status come supremo leader spirituale e temporale, egli è universalmente accolto; e, questo status egli lo ottiene non con qualsiasi mezzo mondano, o addirittura con la penitenza e altre pratiche religiose, ma per mezzo della reincarnazione, reincarnando nell’immediato un precedente Dalai Lama morto nel passato, e in ultimo, il Bodhisattva Avalokiteshvara, il primo maestro del lignaggio. Così, emanando Avalokiteshvara, un Dalai Lama è essenzialmente il manifesto della compassione, come lo stesso Avalokiteshvara, il Bodhisattva della Compassione.
Quindi, indipendentemente da quando il termine 'Dalai Lama' entrò nell’uso per denotare e riconoscere formalmente questa istituzione del buddhismo, il Dalai Lama rappresenta il flusso continuo dell'essere che la tradizione buddhista identifica come il Bodhisattva Avalokiteshvara. Cedendo all'opposizione scolastica della parola 'rinascita' che la tradizione ne definisce l’incidenza come un flusso di mente - un flusso-corrente momento per momento, o la continuità della coscienza emanante da Avalokiteshvara. A parte la credenza popolare del popolo Tibetano nella reincarnazione e la continuità della vita attraverso migliaia di nascite, questo concetto di flusso-mentale si basa sulla convinzione che le figure esemplari, come i bodhisattva, possono restare a piacimento all'interno del mondo umano come insegnanti istituzionali, posticipando il loro 'Nirvana'

per il benessere degli altri, fino al momento in cui essi trovano necessario e attraverso un qualsiasi numero di vite che loro hanno scelto di passare. La determinazione di voler riscattare l'umanità sofferente ed un mondo straziato dalla violenza richiedono a questi titolari di saggezza di rinviare il proprio 'Nirvana' e, quindi, il raggiungimento della loro illuminazione finale.
Il culto della reincarnazione o il flusso continuo di vita, nascita dopo nascita è il nucleo centrale del Buddhismo, qualunque sia la sua branca o scuola, cioè Hinayana (Piccolo Veicolo), Mahayana (Grande Veicolo), o Vajrayana (Veicolo del Diamante). L’Hinayana o Theravada, una branca relativamente lineare e convenzionale del buddhismo, vede la reincarnazione in un contesto di causa ed effetto, ponendo l'accento sulla propria personale responsabilità e sull’ottenere il controllo su tutte le azioni del corpo, della parola e della mente, al fine di ottenere la liberazione personale. Il Mahayana, ramo semi-lineare e semi-esoterico, sposta l'accento dall’auto-liberazione alla responsabilità universale, con lo scopo di beneficiare tutti gli esseri. Il Mahayana dà alla liberazione personale la dovuta importanza, ma solo come qualcosa che aiuta la bontà universale che è l'essenza di un Bodhisattva. Il Vajrayana, il ramo esclusivamente esoterico del buddhismo, se ne esce con l'idea della rinascita controllata, cioè, che al momento della morte uno potrebbe dirigere il proprio spirito ad una rinascita che sarebbe il massimo beneficio per il mondo.
Ovviamente, è proprio per l'idea di una rinascita controllata del Vajrayana che il Tibet ha sviluppato il suo culto del lignaggio di reincarnazione che alla fine porta diritto alla evoluzione della dottrina del Dalai Lama. Il Mahayana, che trasferì sulla responsabilità universale la precedente liberazione personale, fornì al culto della reincarnazione il suo scopo principale. La dottrina Mahayana del Buddha dei tre 'kaya' - o corpi celestiali: il 'dharma-kaya' - corpo di verità, il 'sambhogakaya' - corpo beatifico, e il 'nirmanakaya' - corpo emanato, l'ultimo in particolare, rafforzò ulteriormente la dottrina Tibetana della reincarnazione o della continuità della vita. In India, il 'nirmanakaya', il terzo corpo celeste del Buddha, era solo un astratto concetto teologico che definisce un essere illuminato. Il buddhismo Tibetano, in cui il senso di 'nirmanakaya' stava per uno che è in procinto di illuminarsi, ma non ancora Illuminato, considerava il 'nirmanakaya' come la moltiplicazione del Buddha in innumerevoli forme emanate dirette verso l'illuminazione. Fu per questo spostamento di senso che la tradizione Tibetana degli 'yangsi', o Lama ufficialmente riconosciuti come reincarnati, noti anche come ‘tulku’, si è evoluta. Questo culto dei Lama reincarnati contribuì a far sì che il Tibet ha potesse concentrare la sua energia sui lignaggi spirituale con molto orgoglio per il numero crescente dei suoi santi, piuttosto che all'espansione delle forze militari o delle risorse di mercato.

È un dato di fatto che il concetto di Dalai Lama sembra essere gradualmente cresciuto nel corpo di base del buddhismo. Nell’Hinayana, un Bodhisattva che successivamente raggiunge la Buddhità è nato almeno una volta in un eone di auspicioso. Egli è uno fra migliaia di insegnanti universali. Altri, sono semplici 'arhat' che ottengono il 'Nirvana'. Nel Mahayana, tutti gli esseri cercano di acquisire la pratica spirituale con le ‘paramita’ (le sei perfezioni) e cioè la generosità, l'autodisciplina, la pazienza, lo sforzo gioioso, la meditazione e la saggezza, che portano verso l'illuminazione, e così prima o poi, un giorno diventeranno Bodhisattva e otterranno la buddhità. Quindi, simultaneamente ci sono numerosi Bodhisattva che si sforzano di raggiungere la buddhità. Il Vajrayana va ancora più lontano. Esso dichiara che tutti possono raggiungere lo stato di Bodhisattva in una sola breve vita e quindi utilizzano la morte come mezzo per ottenere lo stato di Bodhisattva con un bel salto di qualità.


Altre influenze: Il Lignaggio degli Insegnanti Spirituali, Arhat e Tulku
Il Tibet aveva ereditato dall'India l'idea del lignaggio degli insegnanti spirituali. In India l'idea si spense, ma in Tibet si sviluppò in un modo eccezionale. Questo lignaggio spirituale aveva la forma di una continuità di trasmissione degli insegnamenti da una generazione alla successiva. Come si crede comunemente, nell'ottavo secolo il maestro Padmasambhava aveva nascosto una parte di ciò che aveva scritto per gli insegnanti delle successive generazioni. Il concetto di questa eredità materiale lasciata da un insegnante di una generazione per la successiva subì un completo cambiamento e dopo la reincarnazione il culto diventava più forte. Adesso, c’era il trasferimento dell'essenza dei loro insegnanti - la loro conoscenza e tutto quello che essi avevano acquisito in ogni vita, da una nascita all'altra. Questa dottrina del transfert di essenza degli insegnanti potrebbe avere effettivamente influenzato il culto del lignaggio dei Dalai Lama, che non solo definì l’emanazione di una precedente nascita in una nuova, ma anche la continuità spirituale dal passato al presente.
Nell’antico buddhismo, gli 'arhat' - i discepoli del Buddha, - più correttamente e più spesso identificati come Theravàdin, ebbero una lunga e forte tradizione dal passato. Gli esseri viventi ‘Arhat’ erano corrieri bardici del messaggio del Buddha da trasportare lontano, in lungo e in largo. In India, il concetto di 'arhat' era svanito da molto tempo. Tuttavia, l'istituzione carismatica dei Lama Tibetani, di cui il Dalai Lama svettava come capo, sembra avere i riflessi di questo antico culto buddhista degli 'arhat' leggendari. Potrebbe aver avuto un qualche ruolo nell’espansione e sviluppo di questo successivo culto Tibetano.
Il Tulku, un termine mutuato dal buddhismo Mahayana, o Rinpoche, come a volte è più noto, prima istituzione Tibetana di Lama reincarnati ufficialmente riconosciuti, è in modo sostanziale la base del culto del Dalai Lama. Si ritiene che un Tulku sia una rinascita di una specifica figura storica o di un maestro buddhista che ha giurato di prendere rinascita per aiutare tutti gli esseri viventi a raggiungere l'Illuminazione. Un Tulku, essendo un lama reincarnato, aveva una posizione un po’ speciale tra i lama, anche se ad un certo punto vi furono centinaia di Tulku o di lignaggi di Tulku. Intorno al dodicesimo secolo, cominciarono ad irrompere le implicazioni giuridiche per quanto riguardava l'eredità del defunto – i suoi possedimenti, ecc. Ciò costrinse gli anziani a determinare ciascun lignaggio ai Tulku. A tempo debito, circa all'inizio del XV° secolo, il lignaggio del Bodhisattva Avalokiteshvara fu scoperto nel Gendun Drubpa e con questo l'istituzione del Dalai Lama venne in essere.
Anche se non dall'inizio, il processo di ricerca della reincarnazione di un Dalai Lama è ormai ben consolidato. Si inizia subito dopo la dipartita del Dalai Lama in carica. In simultanea agli ultimi riti del morto, una divinazione è indirizzata per determinare se sarebbe o meno utile cercare e riconoscere formalmente una reincarnazione. Se sì, un comitato di anziani era formato per trovare il bambino. La commissione esaminava da vicino il corpo del defunto Dalai Lama prima della eliminazione di eventuali probabili segni che possano indicare o aiutare nel determinare la direzione che il comitato avrebbe dovuto prendere quando cercava la reincarnazione del defunto. A parte questi segni, il comitato osservava strettamente i modelli climatici, i fenomeni naturali ed i presagi per trovare i loro identici eventi ricorrenti circa la persona che avrebbe potuto essere la sua probabile reincarnazione. Potenze celesti, in particolare l'Oracolo di Stato, venivano pregate per guidare il giusto corso dell'azione. A volte, la commissione o il Reggente nominato dopo la morte di un Dalai Lama, come accadde dopo la morte del Tredicesimo, avrebbe fatto un viaggio a Lhamo Latso, il noto Lago dell’Oracolo, e cercato le acque per le indicazioni su dove la sua reincarnazione poteva essere trovata. Il comitato avrebbe consultato alti lama per fare il punto sui sogni dei membri di spicco della comunità mistica e analizzarli per i loro significati nascosti. Credendo fermamente che il morto si sarebbe reincarnato, il comitato avrebbe inoltre effettuato visita a tutti i bambini nati intorno al momento della morte del precedente Dalai Lama e fatta una valutazione sul posto su chi tra loro poteva essere una reincarnazione del Dalai Lama defunto.

Il procedimento fu eseguito nella sua esattezza quando nel 1933 il Tredicesimo Dalai Lama morì, per scoprire quello attuale, il Quattordicesimo (Tenzin Ghyatso). Durante il suo viaggio al Lago dell’Oracolo il Reggente, nominato dopo la morte del Tredicesimo, ebbe testimonianza di segni che indicavano chiaramente che colui che stava cercando era nato a molte centinaia di miglia di distanza ad est, in prossimità del monastero di Kumbum in Amdo, leggermente all'interno del territorio Cinese, in una casa di umili contadini tibetani. Con un gruppo di anziani il Reggente visitò il luogo e la casa. Non solo quel bambino aveva una serie di segni del defunto Dalai Lama, i quattro anni di età, il pochissimo tempo servito per riconoscere uno dei membri del gruppo di anziani che era stato suo discepolo nella precedente tredicesima reincarnazione. Poi gli fu mostrato un certo numero di oggetti assortiti insieme, dove in mezzo ad essi c’erano quelli che erano appartenuti al XIII Dalai Lama. Pur avendo appena quattro anni di età, il bambino convinse tutti del fatto che egli era la vera reincarnazione del defunto XIII° Dalai Lama. Senza alcuna esitazione, il bambino fu acclamato il XIV Dalai Lama. Nel 1939, quando il mondo si stava dirigendo verso la seconda guerra mondiale, con future crudeltà senza precedenti e la perdita di moltissime vite umane, un grande numero di anziani spirituali del Tibet si radunò al Monastero di Reteng, a nord-est di Lhasa, aspettando il bambino di quattro anni che doveva raggiungerli in carovana da Amdo per essere incoronato come il Quattordicesimo Dalai Lama.


Il Dalai Lama e l’Unità Settaria
L’adeguato ordine gerarchico dichiara di aver avuto finora quattordici Dalai Lama, di cui quello attuale è il Quattordicesimo. Tuttavia, la tradizione ne dichiara un numero maggiore. Dal punto di vista dell’acclamazione, il primo non era stato proprio il primo. La tradizione tibetana ne riferisce una successione di sessanta rinascite precedenti al XIV°. Il primo Dalai Lama riconosciuto ufficialmente, Gendun Drubpa, aveva avuto ben quarantasei reincarnazioni prima di lui, trentasei come quelle di Lama Drom Tonpa, che egli reincarnò, e dieci altre proprio come vari re, anche se queste reincarnazioni non sono state riconosciute come quelle del Dalai Lama, ma dell'essere vivente che è diventato poi il Dalai Lama. Quindi, il primo Dalai Lama ebbe quarantasei precedenti reincarnazioni, e l'attuale Dalai Lama sarebbe la sessantesima reincarnazione.
Il buddhismo raggiunse il Tibet a metà del VII° secolo, durante il regno di re Songtsen Gonpa, che costruì diversi templi e santuari buddhisti, tra cui il sacro tempio di Jokhang di Lhasa, e con ciò il Tibet si trasformò così in una regione buddhista. Allorché, dalla metà del settimo secolo fino alla metà dell'XI°, il buddhismo in India aveva iniziato a trasferirsi altrove, in Tibet esso subì una completa rinascita. Infatti, il Tibet non prese dall’India solo i principi fondamentali del buddhismo, i miti, la letteratura e le dottrine, ma anche docenti di fama, come Atisha e Padmasambhava tra gli altri, nel periodo di tempo in cui poi si sviluppò un proprio corpo di sue dottrine, miti, insegnanti e la sua propria visione del buddhismo.
Nel corso del tempo si evolsero quattro rami principali del Buddhismo Tibetano, il più antico di questi fu fondato nel VIII secolo da Padmasambhava, un grande maestro del buddhismo Tantrico dell'India, chiamato Nyingma o degli Antichi, mentre quelli nuovi furono fondati nel XI° secolo e successivamente, coi nomi di 'Sakya' (o Lignaggio della Terra Grigia), 'Kagyu' (o Lignaggio dell'Istruzione), e 'Kadam' (ovvero Lignaggio della Suprema Istruzione). Alla fine del XIV° secolo Jey Tzong Khapa, il maestro del primo Dalai Lama riconosciuto ufficialmente, fondò un altro ramo del buddhismo Tibetano, di nome ‘Geluk’ (o Lignaggio dei Berretti Gialli).
Il primo Dalai Lama fu ritenuto essere la reincarnazione di Lama Drom Tonpa, un lama antico del ramo Kadam. Di conseguenza, nel corso del tempo il ramo Kadam si fuse con quello Geluk (o Gelug).
Nonostante che Jey Tsong Khapa proponesse la sua propria dottrina, nella sua vita e nella letteratura che compose, egli sostenne tutte le "nétte con eguale riverenza e le studiò tutte con eguale devozione. In questo senso, la sua stessa vita fu il modello ecumenico per il primo Dalai Lama e per tutte le sue reincarnazioni. Gendun Drubpa, il Primo Dalai Lama, poiché era il discepolo diretto di Jey Tsongkhapa,  era un convinto seguace della sétta Geluk, che il suo maestro aveva proposto, ma proprio come il suo maestro egli sosteneva tutte le altre "nétte in segno di eguale riverenza e le rese il tema principale dei suoi studi. Questo è stato effettivamente il modello di codice religioso per tutti i successivi Dalai Lama che furono convinti seguaci della "nétta Geluk, ma che ebbero comunque eguale rispetto per tutte le dottrine; e questo effettivamente operò nel processo di unificazione del Buddhismo Tibetano e della nazione Tibetana, e inoltre nel corso del tempo, il Dalai Lama emerse come ‘Istituzione’ del buddhismo Tibetano, o meglio del buddhismo di tutto il mondo, e non solo di questa o quella dottrina, o "nétta. Ciò si riflette giustamente nelle parole del Quinto Dalai Lama, quando disse: 'Essendo il capo spirituale principale di tutte le scuole del buddhismo Tibetano, io considero questo il mio sacro dovere di capire, sostenere e diffondere ciascuna di esse in una eguale e pari posizione'.
 



 

NOTA:
Nello schema di questo saggio, doveva esservi un breve racconto dei fatti storici e della vita di Sua Santità il XIV Dalai Lama Tenzin Gyatso, Colui che beneficia il mondo odierno con la sua divina presenza. Tuttavia, perfino una breve rassegna di solo alcuni degli aspetti della Grande Tradizione del Dalai Lama ha superato le intenzioni, ed allora agli autori, con il capo chino in segno di riverenza, non resta altra scelta che aspettare altre opportunità per fare un saggio indipendente sulla vita del Grande Divino Maestro.

BIBLIOGRAFIA

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Charles Bell : Portrait of a Dalai Lama – The life and Times of the Great Fourteenth

Charles Bell : The Religion of Tibet

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Deborah Hart Strober & Gerald S. Strober : His Holiness the Dalai Lama

R. P. Anuruddha : An Introduction into Lamaism

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Graham Coleman : A Handbook of Tibetan Culture

Dalai Lama, the Fourteenth : My Land and My People

Dalai Lama, the Fourteenth : The Buddhism of Tibet

Sarat Chandra Das : Tibetan Studies

David-Neel, Alexander : Magic and Mystery in Tibet

 

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