Traduzioni di Dharma


I KOANS, e le Basi del Buddhismo Zen 

di Phlip Kapleau
(Trad. di Aliberth)

Tratto da: Straight to the Heart of Zen: Eleven Classic Koans and Their Inner Meanings di Philip Kapleau

 


         
Molto è già stato scritto sui koan, ma rimane ancora parecchia incomprensione e confusione su ciò che realmente sono i koan. In essenza, i koan sono una forma di spirituale pratica specifica dello Zen. Fin dai tempi dei grandi maestri Chan dell’antica Cina, essi sono stati utilizzati per aiutare gli  studenti Zen a realizzare, raffinare, e incarnare la dottrina e gli insegnamenti del Buddha. Letteralmente, essi sono spesso espressioni verbali criptiche, curiose e un po’ frustranti verso la nostra capacità logica, costruite intorno o prese dai detti e fatti degli antichi maestri Zen, o occasionalmente anche dagli eventi mitici e storici nella vita del Buddha. Diversi libri di koan, raccolti e messi insieme durante la grande èra T'ang, sono regolarmente oggi in uso nei centri di pratica Zen. I due più importanti tra essi sono: il Mumonkan, o ‘La Porta senza Porta’, e il Hekiganroku, o ‘La Raccolta della Roccia Blù’.

In realtà, i koan non sono degli enigmi o puzzle intellettuali, né sono degli abili trucchi, anzi, essi sono diretti e profondi. Ogni koan punta al nostro Vero Volto e Vera Dimora. Realizzare l'essenza di un koan è come realizzare la primordiale condizione della nostra propria mente, uno stato di consapevolezza, di libertà, di saggezza e di compassione. Visto da questa innata condizione dell’Essere, un koan è la più chiara formulazione di una verità essenziale - la verità della nostra stessa natura. In essenza, i koan sono metodi o strumenti progettati dal genio spirituale degli antichi maestri Chan della Cina per aiutare a realizzare la verità della natura nostra e di tutte le cose viventi, e di farlo nel bel mezzo della nostra ordinaria vita di tutti i giorni.

Lavorare sul koan, sotto la guida di un insegnante risvegliato e ben disciplinato, è il più concreto modo di incarnare i Quattro Voti del Bodhisattva, recitati giornalmente in tutti i centri Zen, nei monasteri e nelle sale di meditazione:

“Io faccio il voto di liberare tutti gli infiniti Esseri;

“Io faccio il voto di sradicare le infinite cieche passioni;

“Io faccio il voto di entrare nell’incommensurabile Porta del Dharma;

“Io faccio il voto di raggiungere il Grande Sentiero del Buddha!”

Questo è il vero e sperimentato modo per risvegliare il nostro cuore e per liberare la dormiente mente-di-Buddha, così da farli funzionare per il benessere degli altri. Il cuore dello Zen non è una mera pompa meccanica. Ma è un leone ruggente, ed è fortemente radiante.

Non tutti coloro che praticano lo Zen trovano necessariamente che la pratica del koan sia il loro miglior modo di praticare. Alcune persone lavorano sul koan soltanto per un po’, e poi decidono di lavorare su una domanda fondamentale o di fare shikantaza, la pratica di ‘pura attenzione’. La maggior parte dei praticanti comincia con il conteggio del respiro, o seguono il respiro e cominciano successivamente la pratica del koan o di shikantaza. Non c’è un tipo di sentiero prestabilito. Anzi, poiché i koan rivelano così tanto della tradizione Zen e del suo stile creativo unico, del suo dinamico spirito e della sua profonda saggezza, i commentari su di essi possono beneficiare chiunque abbia un genuino interesse nella pratica spirituale.

In realtà, proprio così com’è, ogni cosa è un koan, cioè l'espressione della perfezione. Realizzare questa perfezione è il lavoro di elaborazione di un koan vivente. Tutti i koan - e ce ne sono molti - esprimono questa perfezione in forme diverse, però ognuno di essi rivela l’essenziale perfezione dell'esistenza situata oltre il regno delle apparenze sempre mutevoli. Ogni koan punta alla nostra Mente Originale, ed è stato progettato per guidarci alla realizzazione di essa. Si può dire che tutti i koan hanno uno scopo fondamentale: riportarci alla nostra vera casa, quella che noi conoscevamo prima che i nostri genitori ci avessero fatti nascere…


Il principale insegnamento del Buddha – Per poter capire la Via del Koan, bisogna però prima capire il Buddhadharma, ovvero l’insegnamento fondamentale, o di base, della Dottrina buddhista. Il Buddha ha insegnato la Via di Mezzo. Nel primo sermone noto come il Dhammacakkappavattana Sutta, o il ‘Girare la Ruota del Dharma’, il Buddha insegnò che tutti i ‘ricercatori della verità’ devono evitare i due estremi - quello della ricerca del piacere sensuale, e quello della estrema penitenza o austerità. Questa Via di Mezzo, egli la spiegò attraverso le Quattro Nobili Verità e l'Ottuplice Sentiero.


Le Quattro Nobili Verità

1.   Esiste la sofferenza. >Bisogna comprenderla pienamente, osservarla così com'è.

2.   La sofferenza ha una causa: il desiderio. >Bisogna abbandonarlo.

3.   Se il desiderio cessa, la sofferenza cessa. >Questo è sufficiente per illuminarsi.

4.   C'è un sentiero che conduce alla cessazione della sofferenza. >Quindi, bisogna senz’altro percorrerlo.

E questo Sentiero che conduce alla cessazione della sofferenza è l'Ottuplice Sentiero. Esso è diviso in tre divisioni, che sono: Shila, o moralità, Samàdhi, o controllo della mente, e Prajna, o purificazione totale della mente grazie alla saggezza e intelligenza.


L’Ottuplice Sentiero

Saggezza (Prajna) : 1. Retta Visione (samma-ditthi). 2. Retto Pensiero (samma-sankappo).
Condotta morale (Shila) :
3. Retta Parola (samma-vaca). 4. Retta Azione (samma-kammanto). 5. Retto Modo di Vivere (samma-ajivo).

Controllo della Mente (Samàdhi) : 6. Retto Sforzo (samma-vayamo). 7. Retta Consa-pevolezza (samma-sati). Retta Concentrazione (samma-samadhi).


La Legge dell’Originazione Dipendente

Il Buddha ha spiegato il funzionamento delle Quattro Nobili Verità per mezzo della Legge dell’ Originazione Dipendente (paticcasamuppada).

“Con l'ignoranza e il desiderio come nostri compagni, siamo stati sbattuti nel flusso di ripetute esistenze da tempo immemorabile. Noi siamo venuti ad esistere e così siamo costretti a sperimentare vari tipi di miserie, poi moriamo e rinasciamo ancora e ancora senza che questo processo del divenire abbia mai fine”. Il Buddha disse che questo è il Samsara. Egli ha inoltre affermato: "Comprendendo correttamente i pericoli di questo processo, realizzando pienamente che il 'desiderio' è la sua causa, diventando liberi dalle accumulazioni karmiche del passato, e non creandone di nuove in futuro, uno dovrebbe consapevolmente condurre una vita di non-attaccamento”. E ancora: “Colui che ha sradicato il desiderio scopre che la sua mente è diventata serena, e raggiunge uno stato in cui non vi è più un ‘divenire’-“ Questo è lo stato del ‘Nibbana’ (nirvana), che è la libertà dalla sofferenza.

Uno sguardo più ravvicinato ai meccanismi della “Legge dell’Originazione Dipendente” mostrerà chiaramente come questo processo del divenire può essere fermato, e la Liberazione realizzata. Ci sono dodici ‘anelli’ interconnessi nella catena circolare del divenire,che è messa in moto dall’Ignoranza metafisica (Avidyà). Essi sono:

Dipendente dall’ignoranza (avidyà), sorgono le reazioni o tendenze (sankhàra),

Dipendente dalle reazioni, sorge la coscienza (vijnana),

Dipendente dalla coscienza, sorgono mente e corpo (nama-rupa),

Dipendente da mente e corpo, sorgono le porte dei sei sensi (salayatana),

Dipendente dalle porte dei sei sensi, sorge il contatto (phassa),

Dipendente dal contatto, sorge la sensazione (vedana),

Dipendente dalla sensazione, sorge il desiderio-brama (tanha),

Dipendente dal desiderio-brama, sorge l’attaccamento (upadana),

Dipendente dall’attaccamento, sorge il divenire (bhava),

Dipendente dal divenire, sorge la nascita (jati),

Dipendente dalla nascita, sorgono decadenza, dolore e morte (jara, marana).

Ciò dimostra che in dipendenza di uno, vi è l’origine dell'altro. Il primo elemento serve come causa, ed i successivi risultano come effetto. Questa interminabile “Catena del Divenire” - (bhavachakra, pratityasamuttpada) - è il processo responsabile della nostra sofferenza. Praticando la meditazione Vipassana o Zen, questo processo può essere fermato. Per interrompere questa infinita catena di esistenze il Buddha, grazie alla sua esperienza personale, individuò che la sofferenza nasce a causa del desiderio-brama (tanha). Esplorando in profondità la sua mente, egli realizzò che tra l'oggetto esterno e la reazione mentale del desiderio-brama c'è un collegamento, cioè le sensazioni del corpo (vedana). Ogni volta che uno incontra un oggetto attraverso i cinque sensi fisici, nella mente, e poi nel corpo, nasce una sensazione. E sulla base delle sensazioni, poi nasce il desiderio. Se la sensazione è piacevole, uno desidera prolungarla, se invece la sensazione è sgradevole, uno desidera sbarazzarsene.

Nella catena dell’Originazione Dipendente, il Buddha espresse questa scoperta: “Sulla base del contatto, sorge la sensazione; sulla base della sensazione sorge il desiderio-brama”. La causa immediata e reale per il sorgere del desiderio e della sofferenza è, pertanto, non qualcosa fuori di noi, ma piuttosto le sensazioni che sorgono all’interno di noi stessi. Per liberarci della brama, dell’attaccamento e della sofferenza dobbiamo affrontare e ammorbidire questa realtà interiore, che è la sensazione (vedana). Questo è stato davvero un contributo unico dell’insegnamento del 8uddha.

L'abitudine di una mente non addestrata è di abbandonarsi alle sensazioni, e generare il desiderio-brama nei confronti di ogni sensazione provata. Imparando ad osservarle, tuttavia, si arriva a vedere che tutte le sensazioni sono impermanenti e che ogni tipo di attaccamento ad esse causa sofferenza. A poco a poco, uno impara ad astenersi dal reagire con bramosia nei riguardi delle sensazioni, adottando la posizione di imparziale e ingiudicante osservatore, che apprezza tutte le sensazioni come le manifestazioni di una mutevole realtà che è priva di vera essenza. In un tale processo, i condizionamenti accumulati in passato dalla mente (sankhàra), sono gradualmente sradicati. E, più li si osserva spassionatamente, più gli strati dei condizionamenti del passato sono debellati fino a quando si raggiunge quello stadio in cui la mente viene liberata dall’abitudine di reagire con la bramosia. E come risultato, il processo di "dipendente dalla sensazione, sorge il desiderio", cambia in "dipendente dalla sensazione, sorge la saggezza", ed il circolo vizioso della sofferenza si arresta. Questo processo graduale di purificazione è ciò che è chiamato ‘Vipassana’.

Il Buddha disse ai discepoli: "Vi ho mostrato un metodo di estinzione passo-dopo-passo del condizionamento mentale". Ogni passo è fatto osservando le sensazioni della mente e del corpo (vedana). Questo è il Retto Sentiero che conduce alla mèta finale, una mèta che tutti possono raggiungere con la pratica della meditazione Vipassana, ed in seguito anche con la pratica Zen del koan, che sono entrambe l'applicazione pratica della Via di Mezzo mostrata dal compassionevole Buddha.