Tutti i membri del relativamente piccolo team di ricerca erano Cinesi ed erano buddhisti o buddhisti Zen. Quando essi mi incontrarono, non sapendo se io ero quello che stavano cercando o meno, notarono il piccolo simbolo buddhista Cinese appeso al collo. Il team stava proprio per licenziarmi, ma i buddhisti, dopo aver visto ciò che avevo intorno al collo dissero che io ero sotto la protezione del Signore Buddha ed il lasciarmi in quello stato e in tali ambienti sarebbe cattivo Karma --- e che nient’altro che cattiva sorta e sfortuna sarebbe accaduto loro, se non mi avessero tenuto con loro". (Il Wanderling) Quanto segue, riguarda il previsto codice di comportamento per monaci di clausura di un monastero-tipo, e di come esso si applica a se stessi e alla propria condotta all'interno della comunità di un monastero Zen. E’ tratto dall’articolo di Stuart Lachs ‘Coming Down from the Zen Clouds’. Dalla mia esperienza personale, posso attestarne la precisione, almeno per la maggior parte. L'avvertimento "per la maggior parte" però è inserito perché, almeno per me, sembrava essere più agevole, visto che molti suoi angoli sono abbastanza spigolosi. In Cina, dove lo Zen ha avuto inizio, i monasteri Zen si distinsero dagli altri monasteri buddhisti per le famose regole di P'ai-chang (749-814). P'ai-chang presumibilmente prescrisse un rigoroso codice di comportamento per tutti i membri della comunità monastica con gravi sanzioni per comportamenti impropri. Tutti i classici resoconti della fondazione di Pai-chang di un sistema indipendente di Ch'an di formazione monastica possono essere fatti risalire ad una singola fonte: "Regulations of the Ch'an Approach" (Ch'an-men-Kuei Shih) scritto nel 960 d.C. circa. Secondo questo testo, "Se l'autore del reato ha commesso un grave delitto egli sarà battuto con il suo bastone. La sua veste, la ciotola e altri oggetti da monaco saranno bruciati davanti alla comunità assemblata, e [quindi] egli sarà espulso [dall’ordine dei monaci buddhisti]. Sarà poi gettato fuori [dal monastero] da una porta laterale, come segno della sua disgrazia. Le norme saranno applicate a tutti". P'ai-chang inoltre raccomandò che "fosse nominata come abate una persona spiritualmente percettiva e moralmente lodevole". Questo sicuramente implicava un aspetto morale e sociale per la vita Ch'an. Questa è la logica dello Zen fin dalla sua prima formulazione, come distinta setta del buddhismo. (fonte) Il seguente paragrafo, tratto da "To Lead is To Serve: The Training of a Buddhist Abbot", descrive il ruolo dell'abate nel complesso funzionamento di un monastero: “Nei tradizionali monasteri buddhisti, l'abate è il capo spirituale e temporale del monastero. Egli guida tutti i monaci nella pratica religiosa e nelle cerimonie. Egli è il principale insegnante religioso nella comunità. Egli ha l'ultima parola in tutte le decisioni, e ci si aspetta che i monaci accettino volentieri le sue decisioni anche se ad essi non piacciono molto. Egli è il capo amministratore, e ha l'ultima parola su come i fondi della comunità vengono spesi. Egli è l'autorità finale delle regole del monastero, e se necessario, può dettare nuove norme. Egli nomina i monaci anziani ai loro uffici, e può rimuoverli da tali uffici, laddove necessario. Può quindi sembrare che l'autorità e il "potere" dell’abate siano apparentemente illimitati, e che le responsabilità e i doveri di un abate buddhista siano desiderabili e pertanto ricercati. Tuttavia, la realtà del "potere" e "autorità" che l'abate sembra possedere, tende a impallidire in confronto al peso della sua responsabilità e alla complessità del suo ufficio. Qualunque tipo di gioiosa bolla di euforia, abilità e "potere" che il nuovo abate ha sfortunatamente permesso di formarsi nella sua mente, di solito scoppia entro i primi anni di servizio abbaziale, poiché la realtà e il peso del suo ufficio cominciano a pesare su lui. Non c'è da stupirsi che, in Cina, i monaci a cui era stato chiesto di diventare abate di grandi monasteri talvolta "scomparissero" misteriosamente prima che potesse essere fatta la nomina, mentre coloro che avevano accettato la carica abbaziale nei grandi monasteri spesso morivano nella funzione del loro ufficio(fonte). Dopo che un certo livello di Realizzazione sia eventualmente raggiunto, da soli o grazie ad un'autorità superiore, solo pochi lasceranno le austerità e i rigorosi rituali del monastero, andando a piedi per la loro strada, portando con loro non più di un bastone da passeggio, la ciotola e possibilmente i propri sandali. Tipicamente scambiando tornei mentali lungo la strada per vitto e alloggio, talvolta a causa della mancanza degli stessi, facevano a meno dei pasti e cercavano rifugio in templi in rovina, grotte, case abbandonate sulla strada - spesso soffrendo la severità della natura, nonché la malvagità degli uomini. "Egli assiste le anime affini con cui discute i problemi e scambia opinioni. In questo modo, le esperienze personali sono ampliate e approfondite, e la sua comprensione cresce. Poi, un giorno, come ciò che avvenne attraverso l’evento dello scorrere della luna a Chiyono, prima donna maestro Zen del Giappone, con "il fondo del secchio che si ruppe", egli sente la possibilità di osservare una domestica, o il frivolo canto di una ragazza che danza, o gli odori di un profumo tranquillo di un fiore senza-nome e, improvvisamente, comprende: il Buddha era 'come un pezzo di sterco' e anche 'come tre libbre di lino'. (Vedi: Hsing Chiao: Viaggiando a Piedi… ( http://www.superzeko.net/dharma_di_aliberth_da_rivedere/articolichanzen47.htm) Il mio mentore mi disse di esser arrivato in India un anno dopo che il suo futuro maestro, Bhagavan Sri Ramana Maharshi, fosse stato accostato da ruffiani nel suo ashram. Questo evento è stato datato al 26 giugno 1924, il che farebbe che l'arrivo in India del mio mentore sia stato più o meno prima o durante l'estate del 1925. Tuttavia non fu prima del 1928 che egli arrivò all’Ashram di Ramana. Egli viaggiò in Cina, Birmania, India, e vien detto che egli arrivò nel tempio a sud della città Indiana di Madura "due anni più tardi". Fu presumibilmente durante questi due anni che egli finì sulle montagne lungo l’altipiano Qinghai-Tibet, forse anche facendo pratica di studio nello stesso monastero in cui stavo io. Nella metà dell’estate del 1922, prima di andare in India, il mio mentore incontrò in Germania un monaco benedettino a Bonn, che per una ricerca-studio aveva lasciato il suo monastero in Alsazia, in Francia. Al momento, il Padre notò che il mio mentore sembrava essersi bloccato agli inizi di una profonda ricerca spirituale e così lo invitò a tornare con lui al suo monastero. Nell'estate del 1923 il mio mentore ci andò, restandoci tre o quattro mesi o più, studiando e partecipando a tutte le funzioni e alle attività del monastero. Quando decise di partire, si dice che abbia sussurrato quanto segue: "Quei buoni padri non ebbero risposte che abbiano soddisfatto la mia testa o il mio cuore per le domande che mi rendevano perplesso. Il mio posto non era lì con loro. Quando andai a salutare Padre Ensheim egli non mi chiese se avevo avuto profitto dall’esperienza così come egli era stato così sicuro che io fossi. Lui mi guardò con ineffabile bontà. Ed io gli dissi, "Mi dispiace di esser stato una delusione per lei, Padre". "No", rispose lui "Lei è un uomo profondamente religioso che non crede in Dio. Dio ti cercherà Lui. Tu ritornerai. Sia qui o altrove, solo Dio ti può parlare". Ciò che il buon Padre mi disse, raffigurava proprio il mio mentore che se veniva messo nella giusta ambientazione, dovrebbe esser stato in grado di colmare il divario tra i vari aspetti religiosi in cui era familiare e quegli aspetti spirituali potenzialmente più profondi di cui era alla ricerca. Questa forma di raffigurazione gli suggerì di andare a visitare l'India e un certo monastero nell’Himalaya in una città chiamata Himis. Come ciò si collega a me è quello che il Padre disse al mio mentore che una volta tra la fine del 1880 e l'inizio del 1890 egli sentì che un uomo di nome di Nicolas Notovitch era finito in un monastero in Himis per guarire da un infortunio. Mentre era in quel monastero gli fu mostrato un antico manoscritto indicante che Gesù di Nazareth era stato in India durante i cosiddetti anni celati della sua vita, come indicato nella Bibbia. Il manoscritto Notovitch che gli era stato mostrato era una traduzione dell'originale, che era conservato nella biblioteca del monastero di Marbour vicino a Lhasa. Il testo originale era scritto in Pali, mentre il manoscritto di Himis era in Tibetano, e era composto da quattordici capitoli, che contenevano un totale di duecentoventiquattro versi - tutti relativi alla venuta di Gesù in India. Circa trentacinque anni dopo il soggiorno di Notovich a Himis, più o meno nello stesso periodo in cui il mio mentore arrivò in India (1925) un seguace della setta ‘Theosophist’ di nome Nicholas Roerich, che alla fine verrà ad essere nominato tre diverse volte per il Premio Nobel per la Pace, andò a Himis per vedere i manoscritti e poi in Tibet alla ricerca degli originali. In quei tempi, gli Occidentali non si dirigevano molto in Tibet, in particolare a Lhasa, e Roerich e il suo gruppo rimasero in incognito in Tibet durante gli anni 1927-28, in cui cinque persone del suo gruppo morirono. Egli alla fine nel 1928 ripartì e tornò in India. È stato riferito che egli vide gli stessi manoscritti di Notovitch. Se ci si ricorda di quanto detto altrove, il mio mentore scolpì la data 1926 nell'albero lungo il torrente in prossimità della capanna di pietre. E' mia convinzione che egli andò in cerca degli stessi manoscritti alla ricerca della verità. Se egli mai incontrò Roerich o vide i manoscritti - o se i manoscritti siano mai esistiti - non è noto. Tuttavia, a me pare che il mio mentore abbia avuto un enorme cambiamento per quanto riguarda il suo approccio alle cose spirituali e di religione, dopo esser stato in Tibet, soprattutto se le cose fossero viste in senso occidentale. Tra il periodo in cui egli sbarcò a Bombay e il periodo in cui arrivò al tempio di Madura, circa due anni più tardi --- si verificarono così tanti cambiamenti così che quando andò a studiare sotto Sri Ramana egli si era Risvegliato all'Assoluto – cioè, Illuminato nello stesso modo come gli antichi maestri classici.
"SOTTO LA PROTEZIONE DEL SIGNORE BUDDHA" Molte persone hanno problemi con il detto: "Sotto la protezione del Signore Buddha" - soprattutto nel modo in cui esso si riferisce al Buddha ed al buddhismo – e poi a sua volta, per come si riferisce a me in particolare. Tuttavia, implicazioni o no - specificamente connesse con me o no - la citazione NON è mia. Anche se io da quando l’ho sentita non richiesta un paio di volte in varie circostanze, essa prima mi arrivò da un apparente credenza sostenuta dal KMT buddhista dopo aver visto il piccolo ciondolo col carattere Cinese intorno al mio collo. Valutazione accurata o meno, è ciò che egli credeva. Quindi, a modo suo, è ciò che pure Khun-Sa credeva. Da allora mi sono imbattuto in diverse persone devote al buddhismo che dopo aver visto il piccolo medaglione dissero la stessa cosa. Un giorno, mentre ero ancora nel monastero, mi trovavo con un gruppo di monaci con cui ero andato al villaggio a qualche miglio di distanza. Lì, cercai un abitante del villaggio che fosse stato in grado di parlare un po’ di Inglese. Fui così capace di fargli scrivere, in Cinese, una nota al maestro chiedendo informazioni sul perché il simbolo intorno al mio collo avesse quel significato. Al nostro ritorno la nota fu consegnata ad un intermediario. Alcuni mesi più tardi, mi fu consegnata una risposta manoscritta - in Cinese. Dopo il ritorno negli Stati Uniti nessuno a cui mostrai la risposta, che poteva avere l’abilità di leggerla, fu in grado di tradurla con una qualche precisione. Se qualcuno di voi si è spinto sul sito del misterioso personaggio Zen Wei Wu Wei, avrà visto che nel 1977 mi trovavo a Hong Kong per avere udienza col famoso traduttore Upasaka Lu Yu K'uan (l’autore del testo ‘Chan and Zen’- n.d.T.). Lo scopo dell’incontro era quello di ottenere una comprensione migliore di ciò che aveva scritto il maestro Zen. L'intera storia è abbastanza lunga e complessa e non credo ci sia il tempo o l'interesse per approfondirla più a lungo. Tuttavia, c’è da dire che il senso della traduzione ruota intorno al re Dhatarattha, un Bodhisattva un tempo seguace confidente del Buddha. Dhatarattha era il Signore dell’Oriente. Il sole sorge a est, cioè dall’est del Monte Meru, oltre l'oceano che bagna la costa orientale del Meru e che si estende sempre ad est ben al di là dell'orizzonte. Il suo Regno e il potere veniva gestito su tutti gli oceani e oltre il conosciuto - le terre nascoste e tutto il resto. Tanto per ricordare, il simbolo intorno al mio collo inizialmente si trovava intorno al collo di un mercante marinaio, che lo aveva trovato impigliato a dei detriti galleggianti sul mare. Nei Sutra, Dhatarattha, oltre ad essere il Signore dell’Oriente, è anche il Re dei Cigni, ed egli sopra a tutti gli altri era il Golden Swan (il Cigno d’Oro). Il re di Benares udì il canto del Cigno d’Oro e lo volle. Così, costruì un bellissimo lago per invogliarlo a venire qui, per cui, così facendo egli lo catturò. Cioè: Non sospettando nulla e fidandosi delle parole di proclamazione del Re, il Bodhisattva ed i suoi amici si divertivano tra i fiori di loto del lago, quando il piede di Dhatarattha si impigliò in una trappola. Al fine di mettere in guardia gli altri cigni del pericolo, egli con un certo grido annunciò che era stato catturato e i cigni con un grido di terrore volarono in aria. Solo Sumukha rimase a fianco del suo Maestro e non volle muoversi. Il Bodhisattva invitò il suo amico a fuggire poiché egli non poteva aiutarlo, ma Sumukha rispose: “Qualunque sia il tuo destino, o mio Maestro, questo sarà anche il mio. Io ti ho sempre assistito nella prosperità e non ti lascerò nella disgrazia". Il bodhisattva allora rispose: "Il mio destino sarà di venir cucinato, com’è il destino degli uccelli intrappolati. Perché dovresti seguirmi lì? E quale vantaggio ci sarà dalla morte di entrambi noi?" Sumukha rispose: "La Legge della Giustizia insegna che non si può abbandonare il proprio amico in difficoltà, neanche per salvare la propria vita!" Il Bodhisattva Dhatarattha disse a Sumukha, "Il mio destino sarà in cucina, com’è destino per uccelli presi in trappola, a cui segue la morte", - così come io sono sicuro di continuare ad essere irretito dall’eroina il che porterebbe certamente alla mia morte. L'analogia come si applica a me, come quando l'oppio viene trasformato in eroina, ed è in un certo senso, "cotto". A causa di questa "cottura", la raffineria viene indicata come la cucina. Pertanto il mio destino sarebbe, come Dhatarattha, in cucina. Per quanto riguarda il destino degli uccelli intrappolati, per continuare l’analogia, l'uccello, per quanto si riferisce a me è ciò che è chiamato Vihangam Marg, cioè la Via dell'Uccello – che nella Trasmissione del Potere Spirituale è il più breve (più veloce) per raggiungere la Realtà Finale --- insegnatami dal mio Mentore in pratica e studio prima di andare nel servizio – facendo di me in un certo senso l'uccello. Pertanto, il KMT buddhista, non diversamente da Sumukha, che non volle lasciare il Bodhisattva in difficoltà, non lasciò me in difficoltà. Ora è vero, noi non eravamo amici come lo erano Dhatarattha e Sumukha, ma nello schema universale delle cose, vedendo il simbolo intorno al mio collo il KMT buddhista apparentemente giunse ad un rapporto di stretta relazione. Appena Dhatarattha andò in cielo, come nell’Atanatiya Sutta, egli divenne uno dei quattro re che con il Buddha discussero ciò che era chiamato la Protezione Atanatiya, quindi il rapporto di protezione da parte del Buddha. Alla fine dell’Atanatiya-Sutta il Buddha chiude con: “Quando la notte era passata il Beato disse ai monaci: "Imparate a memoria, o monaci, la Protezione Atanata, fate costantemente uso di essa e tenetela in mente. Questa Protezione Atanata, o monaci, mantiene il vostro benessere, e in virtù di esso, monaci e monache, laici e laiche possono vivere a proprio agio, custoditi, protetti, e sani e salvi". (fonte) Ora, dato che si riferisce a me di essere "sotto la protezione del Signore Buddha". A me è stato detto, ed io non ho modo di sapere quanto precisa essa sia, è che essa non deriva da una qualsiasi diretta traduzione del simbolo Cinese, pur importante, ma il potere investito nel simbolo stesso, che ritorna ad essere un antica reliquia tramandata attraverso i secoli e benedetta attraverso il Buddha dal re Dhatarattha stesso. Per maggiori riscontri, vedere :PARITTA: Il libro della protezione (di prossima traduzione)….
Il Monaco buddhista Thich Quang Duc, 11 giugno 1963 La persona mia amica che sopra io chiamo il marinaio mercantile, era un uomo per cui ho lavorato part-time come ragazzo di commissioni nei primi miei due anni di scuola superiore. Egli era un abile marinaio incorporato nella marina mercantile durante la Seconda Guerra Mondiale, allorché la sua nave fu silurata dai sommergibili Tedeschi. Al fine di salvare la propria vita, egli fu costretto a saltare fuori dalla nave sulla superficie del mare in cui stava bruciando il petrolio. Nella situazione, egli rimase duramente ustionato. Ciò che segue, per quanto riguarda la marina mercantile, è dalla fonte citata sotto alla fine del secondo paragrafo: "Quasi due settimane dopo che la sua nave era stata silurata da qualche parte nell’Oceano Atlantico egli fu trovato da solo legato con funi ad un pesante pezzo di detriti galleggianti in mezzo al mare e, all’infuori dell’essere inconscio e fortemente spaventato dalle bruciature, da cui sembrava in qualche modo guarito, egli era in buona forma. Ognuno diceva che era un miracolo, che il suo essere guarito dalle ustioni era dovuto all’acqua salata. Come poteva averlo fatto in mare aperto senza cibo o acqua nessuno lo sapeva. La maggior parte delle persone aveva speculato che egli fosse stato raccolto da un U-boat e rigettato in un momento conveniente così da poter essere trovato, anche se non è mai stata mostrata alcuna registrazione per giustificare un tale evento, né egli ricorda di esser mai stato in un sottomarino tedesco o quant’altro. "Il giorno in cui egli mi raccontò la storia di come fu trovato, mi mostrò una delicata collana d'oro che sembrava avere un piccolo carattere Cinese penzolante da esso. Egli disse che un giorno in ospedale, mentre si stava passando una spugna da bagno e cercava con uno specchietto le sue bruciature egli notò di avere la collana intorno al suo collo. Egli non aveva mai avuto una collana d'oro nella sua vita. Quando chiese all'infermiera da dove era venuta, lei gli disse che, per quanto ne poteva sapere, quando lui era arrivato essa era stata trovata tra i pochi effetti personali che aveva con lui. E disse anche che di solito loro non mettono gioielli su un paziente ma alcuni del personale pensavano che, poiché egli era così marchiato dalle ustioni che potevano essere poco belle nella sua vita, qualcuno così gliela mise intorno al collo. Egli quindi mi disse di non aver avuto alcun indizio da dove essa fosse venuta o come ne fosse venuto in possesso, ma di sicuro lui non l’aveva prima di essere stato colpito dai siluri. Disse anche che tutti sempre la ammiravano e che sembrava essere molto antica". (fonte)
NIRODHA: C’è una parola sanscrita (nirodha) che significa ‘cessazione’ e che di solito porta con sé un significato più profondo. Nell'indice del Visuddi Magga, per esempio, ci sono ben più di venticinque riferimenti che devono essere letti nel loro contesto, al fine di scegliere un più ampio e più conciso significato. In breve, come il Samadhi-Profondo, esso è uno stato meditativo-non-meditativo di grado molto, molto elevato. Durante Nirodha non c'è una sequenza di tempo tale che passino un paio di ore o sette giorni, poiché il momento immediatamente precedente e l’immediatamente successivo sembrano come se fossero in rapida successione, con l’inizio e la fine compressi in fette sottili. Nel mentre, il battito cardiaco e il metabolismo continuano lentamente e praticamente sembrano cessare, talvolta continuando al di sotto della soglia di percezione ad un livello residuo. Immagazzinata in precedenza, l’energia del corpo che di solito sarebbe consumata in un paio di ore se non alimentata, può durare giorni, con scarsa necessità di rinnovamento. Il Visuddhi Magga cita numerosi casi in cui gli abitanti dei villaggi imbattendosi in un bhikkhu in tale stato, costruirono una pira funebre per lui, perfino al punto di bruciarlo. Durante gli stati di basso livello residuo la temperatura corporea scende ben al di sotto del punto di 98,6 gradi (fahrenheit). Se riportato improvvisamente alla coscienza, il metabolismo del corpo è più lento a ritrovare la sua temperatura normale, e a sua volta, ciò viene registrato dal più veloce ritorno cognitivo dei sensi come un "sentire freddo." (Fonte) Ciò che segue, si trova in “SANNYASA: The Further Shore”: "Prendiamo dapprima il caso dei monaci Cristiani, che sono già vincolati - e liberati - dalla loro religiosa professione. Quando essi sono venuti in contatto con i loro fratelli-monaci Induisti e si incontrarono con l’incompreso ideale dei sannyasa, scoprirono nella loro stessa dedizione un’appello stringente, ancor di più interiore che non esteriore, che non permetteva loro più alcuna tregua. Essi sentono un naturale desiderio di prendere l'abito del sannyasin Indiano - e o, se non loro, inviano gli altri come con il monaco benedettino Francese Padre Ensheim - a osservare almeno la parte essenziale dei loro usi in materia di povertà, di astinenza, abhayam (impavidità), ecc. Ancora più radicalmente, essi si arrendono a quella libertà che si respira nei loro cuori per mezzo dello Spirito. In tali casi, ricevere un nuovo diksha sarebbe senza senso, dal momento che nel totale arrendersi della loro originaria professione, espressa nella preghiera "Suscipe. ...," l’essenziale oblazione è stata già fatta. Il loro caso è paragonabile a quello del paramahamsa che, quando la piena luce risplende dentro di lui, passa oltre, abbastanza naturalmente e senza tanti altri pensieri, nella condizione di un Turiyatita o di un avadhuta".
PARIVRAJAKA: Il significato di Parivrajaka può essere definito in due modi: Paritah Vrajati (uno che vaga dappertutto) e Parityajya Vrajati (uno che vaga rinunciando a tutto). Una persona che ha liberato se stessa dai vincoli del mondo è un Parivrajaka. Per simili persone, l’osservare il Dharma diventerà senza sforzo proprio come il respirare. Pertanto, queste persone non hanno bisogno di fare alcun sforzo per praticare il Dharma. Essi sono spesso indicati come 'coloro che hanno trasceso il Dharma'. * Gli antichi Parivrajakas erano persone che avevano abbandonato la vita familiare ed erano semplici corpi fluttuanti che vagavano di qua e di là. * Essi vagavano in giro, con la visione di accertare la verità venendo in contatto con vari insegnanti e filosofi, ascoltando i loro discorsi, entrando in discussione su importanti questioni di etica, filosofia, natura, misticismo, ecc. Vedi: Hsing-chiao, come pure Upaka l'asceta e Totapuri. * Alcuni Parivrajakas vivevano sotto la guida di un insegnante fino a quando non ne trovavano un altro. Altri vivevano da soli, senza conoscere alcun maestro. * Tra questi più antichi tipi di Parivrajakas c'erano anche donne eremite. Le Parivrajakas femmine talvolta vivevano con i Parivrajakas maschi; talvolta anch’esse vivevano da sole. * Tutti questi Parivrajakas non avevano un Sangha, non avevano regole di disciplina, insegnavano al di fuori della dottrina, e nessun ideale da cercare per aver trasceso il Dharma.
- Finito di tradurre nel mese di Marzo 2009 per conto del Centro Nirvana – senza scopo di lucro -
| | |