1) L’ARIYA-PARIYESANA Sutra, Majjhima Nikaya, MN 26 http://www.geocities.com/the_wanderling/mn_26.html TIPITAKA, Canone Pali - Pitaka Sutra La seconda delle tre divisioni del Tipitaka L’Incontro del Buddha con Upaka, l'asceta errante
Il Beato non era andato molto lontano dall’Albero del Bodhi sulla strada per Gaya, quando incontrò l'asceta errante Upaka, discepolo del grande maestro Nataputta. Vedendo il Beato, Upaka si rivolse a lui, "Il tuo volto, amico, è chiaro e sereno, la tua carnagione è pura e luminosa. In nome di chi tu stai andando? Chi è il tuo insegnante? E quale insegnamento stai professando?" Il Beato così rispose: Sabbabhibha sabbaviduhamasami Sabbesu Dhammesu anupalitto Sabbin.jaho tanhakkhaye vimutto Sayam Abinnaya kamuddiseyyam. ("Io sono Uno che ha vinto tutto, che conosce tutto, io sono staccato da tutte le cose; avendo tutto abbandonato, ho ottenuto l'emancipazione, con la distruzione del desiderio. Avendo da solo acquisito la Conoscenza, chi dovrei chiamare mio maestro?") Il Beato fece conoscere il suo status enfaticamente nel modo seguente: na me acariyo atthi sadiso me na vijjati sadevakasmim lokasmin nathi me patipuggalo ("Io non ho alcun maestro; Uno come me nel mondo degli uomini e delle divinità non c’è, nessuno è mio omologo") Dopodiché, Upaka chiese se il Beato avesse raggiunto lo stato di Arahat. Il Buddha rispose: Aham hi araha Loke Aham sattha anuttaro Ekomhi Sammasambuddho Sitibhotosami Nibbuto Nibbana. ("Io, invero, sono l’Arahat nel mondo, l'insegnante senza pari, l'unico Budda, supremo, illuminato, che ha estinto tutte le passioni, Io ho acquisito la Pace") Upaka quindi chiese al Beato dove egli era limitato e per quale motivo.
"Per mettere in moto la Ruota della Legge, io vado nella città di Kasis. Nel mondo degli esseri ciechi, io batterò il tamburo della Immortalità", rispose il Beato. A questo, Upaka domandò al Buddha: "Dal modo in cui tu ti presenti, sei forse degno di poter essere un Conquistatore dell’Infinito?" E il Buddha rispose: Madisa ve Jina Honti, Ye patta Asavakkhayam jita me papaka Dhamma, Tasamahamupaka jino. ("Ci sono i Vittoriosi che, come me, hanno ottenuto l'estinzione del cancro (samsarico). Invero io ho sconfitto tutti i pensieri, le idee, i concetti del male. Per questo motivo, Upaka, io sono un Jina, un Conquistatore, un Vittorioso"). Upaka apparteneva ad una setta di asceti sotto la guida di Nataputta, il quale era considerato dai suoi discepoli come un Jina, un Conquistatore. Il Beato, nella sua replica, spiegò che solo coloro che, come lui, hanno veramente spento il cancro (del samsara), sradicato le impurità mentali, hanno il diritto di essere chiamati Jina.
Dopo questa dichiarazione del Beato, che egli era realmente un Conquistatore dell’Infinito, l'asceta Upaka borbottò: "Può anche essere così, amico", poi scosse la testa e allontanandosi dal Beato, egli continuò il suo viaggio. È importante osservare attentamente questo evento dell'incontro di Upaka con il Buddha, e come si relaziona a tutti noi, al mondo, e in generale alla Realizzazione Spirituale. La maggior parte delle persone sa solo guardare oltre il sutra, scavalcando il suo significato nel sistema globale delle cose, o semplicemente ignorandolo. Qui vi è quest'uomo, Upaka, un asceta spirituale per suo proprio diritto, che si trova faccia a faccia con un vero Illuminato, ma egli non lo sa. Proprio di fronte al Buddha stesso, eppure egli non è in grado di riconoscere o capire la sua Illuminazione. Anche quando il Beato confessò apertamente che egli era effettivamente un Buddha, Upaka rimase scettico.
Tuttavia, va detto, che anche se egli non manifestò una totale accettazione di ciò che il Buddha gli disse, Upaka sembrò in qualche modo esser andato via con una certa quantità di fede nel Buddha, dato che egli tornò dal Buddha alcuni anni più tardi. Dopo aver lasciato il Buddha, alla fine egli sposò Capa (Chawa), la figlia di un cacciatore, e quando dal matrimonio nacque un figlio, si stancò della vita famigliare e mondana, si isolò e divenne un seguace del Beato. Praticando l'insegnamento del Buddha, egli poi raggiunse il livello di Colui-che-ritorna-una-sola-volta (Anagami). E quindi, avendo previsione di questo risultato positivo, che maturerà dal suo incontro con Upaka, il Beato continuò a piedi il suo lungo viaggio verso Benares. UPAKA, L’ASCETA
Dalla sesta alla ottava settimana dopo l'Illuminazione, il Buddha passò il suo tempo andando avanti e indietro tra l’Albero del Bodhi e l'albero Banyan delle capre. Nell'ottavo mese lunare, ottava settimana dopo l'Illuminazione, nel quattordicesimo giorno di luna calante, il Buddha prese congedo dalla zona della sua Illuminazione per fare il viaggio verso il Parco dei Daini a Benares, oggi noto come Sarnath, nelle vicinanze di Varanasi. A quel tempo il gruppo di cinque, che una volta aveva seguito il Buddha nella sua rinuncia e aveva vissuto con lui, aveva poi continuato a vivere in questo luogo. Sulla strada, in particolare quando raggiunse il fiume Gaya, al confine del distretto in cui egli si era Illuminato, il Buddha incontrò un asceta dai capelli intrecciati, con il nome di Upaka, proveniente dal senso opposto. Upaka aveva detto di essere un Ajivaka, un tipo di asceta assai comune al tempo del Buddha, e un Digambara. Appena il Buddha si avvicinò, l'asceta chiese quale fosse il suo insegnante. Quando il Buddha rispose che non aveva insegnante, che egli era un ayambhu, una persona completamente auto-illuminata, l’asceta Upaka borbottò: "Può anche essere così, amico", e scuotendo la testa si allontanò dal Beato, e proseguì il suo viaggio.(fonte) È importante valutare con attenzione questo evento dell'incontro di Upaka con il Buddha. Qui, Upaka, si trovò faccia a faccia con un vero Illuminato, ma non fu in grado di capirlo. Anche quando il Beato gli confessò apertamente di essere realmente un Buddha, Upaka rimase scettico perché fortemente attaccato alle sue credenze erronee. In quei giorni, così come oggi, ci sono persone che seguendo sentieri errati, si rifiutano di credere anche quando sentono parlare del retto metodo di pratica. Essi mostrano mancanza di rispetto e parlano in modo disdicevole denigrando tutti coloro che praticano ed insegnano il metodo giusto. Tali nefasti giudizi, derivanti da un falso parere o erronea opinione, si devono accuratamente evitare. Vedi Silabbata Paramasa, che è generalmente tradotto col significato di aderire a convinzioni, riti, rituali e cerimonie erronee. Tuttavia, benché egli non manifestò totale accettazione di ciò che disse il Buddha, sembra che Upaka fosse andato via con una certa quantità di fede nel Buddha, poiché egli dopo un po’ di tempo ritornò dal Buddha. Dopo aver lasciato il Buddha sulla strada di Benares, egli in seguito sposò Capa (Chawa), che era la figlia di un cacciatore; passò la vita vendendo la carne di animali uccisi da suo suocero, il cacciatore. Capa, che aveva apparentemente molto ammirato Upaka fintanto che era stato un asceta, cominciò a disprezzarlo per essere stato intrappolato da lei e infine lo ridicolizzò. Per questo motivo, anche se avevano avuto un figlio, egli si stancò della vita di famiglia e se ne andò, dirigendosi verso Savatthi, in cui egli ritrovò il Buddha ed entrò nell'ordine. Praticando l'insegnamento del Buddha, egli acquisì lo stadio di Anagami (Colui-che-ritorna-una-sola-volta). Prevedendo questo risultato positivo, che maturò dal suo incontro con Upaka, il Beato continuò il suo lungo viaggio a piedi verso Benares.
La MOGLIE di UPAKA: Il Therigatha Commentary ci dà un finale favorevole nella storia di Capa, la moglie di Upaka. Si dice che lei avesse seguito il marito a Savatthi, e fosse entrata anch’essa nella vita dei senza-casa. Si dice anche che addirittura superò il marito diventando Arahat. Il Therigatha contiene almeno venti versi a lei attribuiti, ed alcuni hanno la forma di un dialogo con suo marito. Per quanto riguarda il loro figlio, Subhadda, i testi non parlano di cosa gli accadde, ma è più che probabile che la sua cura fosse stata affidata alle Bhikkhunii del Sangha. Per ulteriori informazioni e chiarimenti, riguardo l'avvenimento di cui sopra, in cui Upaka, in presenza di Buddha stesso, non fu in grado di discernere la sua Grande Illuminazione, vedere anche l’articolo: Luminosità Oscura. Vedi anche ‘The Honeyball Sutra’ in cui un certo Dandapani, anch’egli un Sakyan, incontrando il Buddha, se ne andò via da lui esprimendo dubbi. E’ interessante notare che Upaka non fu il solo ad allontanarsi dal Buddha. Il testo seguente è tratto dal ‘Sutra del Miele’: "Ho sentito che in una certa occasione il Beato si trovava a vivere presso alcuni Sakyans nel Parco dei Banyan vicino Kapilavatthu. Poi, nel primo mattino, avendo messo i suoi abiti e portata la sua ciotola e il manto, si recò in Kapilavatthu per l’elemosina. Essendo andato per l'elemosina in Kapilavatthu, di ritorno dal suo giro di elemosine, dopo aver mangiato, si recò al Grande Bosco per il resto del giorno. Inoltrandosi nel Grande Bosco, si sedette alla radice di un albero-nano bilva per il resto del giorno". "Dandapani ("Bastone-in-mano"), il Sakyan, andando in giro per abitudine, si diresse anch’egli verso il Grande Bosco e, dopo esservisi inoltrato a sua volta, si recò dove si trovava il Beato sotto l'alberello bilva. Appena arrivato, scambiò con lui cortesi saluti. Dopo un cordiale scambio di saluti e cortesie, gli si sedette di lato. Dopodiché, disse al Beato, "Che cosa è la dottrina della contemplazione? Che cosa proclami tu?" Il Buddha rispose: "Il tipo di dottrina, amico, in cui uno non ha più dispute con nessuno nell’universo, né con la sue divinità, Mara, Brahma, né con i suoi sacerdoti contemplativi, né con persone di rango reale o comuni; il tipo [di dottrina] la cui percezione non è più ossessionata dal Brahman, che rimane distaccata dai piaceri sensuali, esente da perplessità, che taglia i suoi dubbi, che è priva di desiderio per divenire e non. Questa è la mia dottrina, questo è ciò che io proclamo". "Quando questo fu detto, Dandapani il Sakyan - scuotendo la testa, arrotolando la lingua, alzando le sopracciglia tanto che sulla sua fronte apparvero tre solchi di rughe – se ne andò, appoggiato sul suo bastone." (Madhupindika Sutta - La Sfera di Miele - Tradotto dal Pali da Thanissaro Bhikkhu) (fonte)
2) BODHIDHARMA, (circa 450-550 d.C.) http://www.angelfire.com/electronic/bodhidharma/hui-ko2.html Con la trasmissione del Dharma da parte di Bodhidharma, Shen Kuang ricevette il nome di "Hui K'o", che significa "Abile-Sapienza". Hui K'o chiese a Bodhidharma, "In India, hai trasmesso il dharma ai tuoi discepoli? Hai anche dato loro la veste e la ciotola come certificazione?" "Io ho trasmesso il Dharma in India", rispose Bodhidharma, "Ma io non usavo la veste e la ciotola. Gli Indiani sono più avanzati. Quando essi ottengono il frutto (l’Illuminazione), sanno che devono essere certificati. Se nessuno li certifica, loro non dicono, ‘Io ho ottenuto la Via! Ho dato prova di essere un Arhat! Sono un Bodhisattva!’ Essi non parlano in questo modo". "Molte persone hanno il Grande Veicolo Radice della Natura, ma ci sono anche molte persone che mentono. Dopo aver coltivato senza successo, queste persone affermano di avere la Via. Anche se non hanno il certificato del frutto, esse sostengono di essere certificati come saggi". Mentre il Patriarca era in Cina, fu avvelenato sei volte. Il Maestro di Dharma Bodhiiruci e il Maestro del Vinaya Kuang T'ung erano gelosi di lui. Così prepararono un pasto vegetariano che conteneva una dose fatale di droga, e lo offrirono al Patriarca. Anche se egli sapeva di esser stato avvelenato, egli lo mangiò. Quindi, poi vomitò il cibo su un vassoio, e quello si trasformò in un mucchio di sibilanti serpenti. Dopo questo tentativo, Bodhiruci tentò di nuovo, con un veleno ancor più potente. Ancora una volta, Bodhidharma mangiò il cibo. Poi si sedette sopra un enorme masso e sputò fuori il veleno. Il masso si sgretolò in un mucchio di polvere. In altri quattro tentativi, altre persone gelose cercarono senza successo di avvelenare il Patriarca. Un giorno, il Gran Maestro Bodhidharma disse a Hui K'o, "Io sono venuto in Cina, perché ci ho visto persone con il Grande Veicolo Radice della Natura. Adesso io ho trasmesso il Dharma e sono pronto a ritirarmi". Dopo la sua morte, il corpo del Patriarca fu regolarmente sepolto. Non vi fu nulla di insolito circa il suo funerale. Tuttavia, durante la dinastia Wei-Nord (386-532 d.C.), un funzionario di nome Sung Yun incontrò Bodhidharma sulla strada per la montagna Chung Nan nel Ts'un Ling. Quando essi si incontrarono, Bodhidharma aveva una scarpa in mano. Egli disse a Sung Yun, "Il Re del tuo paese è morto proprio oggi. Torna velocemente! C'è lavoro da fare". Il funzionario chiese, "Gran Maestro, dove stai andando?" "Ritorno in India", rispose il Gran Maestro. "Oh Venerabile, ed a chi hai trasmesso il tuo Dharma?" "In Cina, dopo quarant'anni, ci sarà Hui-K'o!". Sung Yun ritornò al suo paese e segnalò l'evento. "Recentemente, in Ts'un Ling, io ho incontrato il Patriarca Bodhidharma che mi ha detto che il re del nostro paese era morto e mi ha consigliato di tornare indietro verso la capitale. Quando sono arrivato, l’ho trovato esattamente come aveva detto. Come poteva saperlo?" I suoi concittadini lo schernirono, "Bodhidharma è già morto. Come puoi tu averlo incontrato sulla strada?" Quindi, essi si precipitarono alla tomba del Patriarca e la trovarono vuota, con dentro niente altro che solo una scarpa. Dove era andato Bodhidharma? Nessuno lo sa. Forse è giunto in America. Dovunque stia vagando, nessuno può riconoscerlo, perché lui può cambiare e trasformarsi a seconda di come gli conviene. Quando giunse in Cina, egli disse di avere centocinquanta anni, e quando se n’è andato, era ancora un vecchio di centocinquanta anni. Nessun riferimento storico può essere trovato. Quando Bodhidharma stava per entrare nel Nirvana, disse, "Io sono venuto in Cina e ho trasmesso il mio Dharma a tre individui. Uno ha ricevuto il mio midollo, uno ha ricevuto le mie ossa, e uno ha ricevuto la mia carne". Dopo la trasmissione, il Patriarca stesso non aveva più un corpo. Il Grande Maestro Hui K'o ricevette il midollo ed il Maestro Ch'an Yu Tao ricevette le ossa. Alla Bhikshuni Tsung Ch'ih toccò di recitare il Lotus-Sutra alla memoria. Dopo che ella morì, un verde fiore di loto nacque dalla sua bocca. Essa ricevette la carne di Bodhidharma. Alla fine, Bodhidharma non aveva più alcun corpo. Quindi non cercatelo in America, non cercatelo da nessuna parte, non lo trovereste.
3) - HUI-K'O (487-593) secondo Patriarca del Chan Cinesehttp://www.angelfire.com/electronic/bodhidharma/hui-ko.html Il testo sul dipinto dice: Hui-K'o, il gran generale (che si era ritirato), era disturbato nella sua ricerca della Via. Molte volte aveva implorato Bodhidharma di istruirlo, al fine di tranquillizzare la sua mente. Ma Bodhidharma aveva sempre rifiutato. Per dimostrare la sua assoluta sincerità, Hui-K'o si tagliò la mano sinistra. "Che cosa cerchi?", gli chiese allora Bodhidharma. "La pace della mente", rispose Hui-K'o. "Mostrami la tua mente", disse Bodhidharma, "ed io te la pacificherò". "Ma quando io cerco la mia mente, non riesco a trovarla", fu la risposta. "Ecco!", disse Bodhidharma, "ho pacificata la tua mente!" "Sì!", disse Hui-K'o, e si mise a ridere. "La Trasmissione della Luce" racconta la storia di Hui-k'o, noto anche come Dazu Huike e Daiso Eka, che si recò al monastero di Shaolin dove soggiornava Bodhidharma, e rimase fuori tutta la notte in una tormenta di neve, perché gli fu rifiutata l'ammissione. All'alba, si presume che Bodhidharma gli disse: "Come puoi sperare nella vera realizzazione, con così poca virtù, poca saggezza, cuore debole, e mente arrogante?" Hui-k'o prese questo come un monito misericordioso, che gli provocò il pianto e gli fece avere una forte determinazione, per dimostrare la quale egli con una spada si tagliò il braccio sinistro. Hui-k'o fu ammesso e trascorse otto anni con Bodhidharma. "Mystic Devices in the Room" cita che un giorno Hui-k'o scalò insieme a Bodhidharma il Picco-Poche-Case e durante la salita il suo maestro disse qualcosa che gli attivò la piena realizzazione della sua vera essenza. Si dice che quando Bodhidharma era vicino alla morte chiamasse i suoi quattro principali discepoli e chiese loro di dichiarare le loro intuizioni originali. Dopo aver sentito il primo oratore, Bodhidharma gli disse che lui era come la pelle di Bodhidharma, al secondo, che era come la sua carne, al terzo, che era come le sue ossa. A Hui-K'o, che parlò per ultimo, Bodhidharma disse che era come il suo midollo, conferendogli quindi la veste e la ciotola del Patriarca. Hui-k'o infine trasmise la ciotola e la veste al suo successore Seng-ts'an, il terzo Patriarca, volendo significare la continuità della Trasmissione del Dharma. Hui-k'o, che da Bodhidharma aveva ricevuto il sigillo di approvazione dopo il taglio del braccio nell’episodio di cui sopra, se ne andò poi vagando di qua e di là, bevendo e vivendo come un selvaggio con le offerte dei bordelli del distretto. Quando la gente gli chiedeva come un Patriarca della scuola Zen poteva fare una cosa simile, rispondeva a tutti con: "Che ve ne importa a voi?"(fonte). Nel 593 Hui K'o fu accusato della cosiddetta "dottrina eretica" da un male-informato funzionario imperiale, il secondo ad essere accusato nella linea di Sakyamuni (il primo fu il ventiquattresimo Patriarca Indiano, il Venerabile Aryasimha, a cui per questo motivo fu tagliata la testa dal re Dammira). Il Secondo Patriarca della Cina del Nord, Hui K'o, restò in carica dal 550 al 577 d.C.. Il suo nome di famiglia era Shen Kuang. Quando egli nacque, i suoi genitori videro il Bodhisattva Wei T'ou, l'essere spirituale dalla corazza dorata, venuto ad offrire protezione, quindi essi chiamarono il loro figlio "Shen Kuang" che significa "luce spirituale". Non solo fu un patriarca intelligente, ma egli aveva anche una ottima memoria, e le sue competenze e poteri di discriminazione erano così notevoli che egli poteva leggere dieci versi nel tempo che una persona metteva a leggerne una. In un’assemblea di cento persone, in cui tutti parlavano insieme, egli poteva distinguere chiaramente ogni conversazione. Tuttavia, il Gran Maestro, aveva una forte rabbia, egli non andava d'accordo con tutti ed era sempre pronto a combattere. Quando Shen Kuang spiegava i Sutra, come ho detto, usava il suo rosario fatto di ferro per convincere le sue argomentazioni. In seguito, dopo che egli si inginocchiò per nove anni alla ricerca del Dharma, fu la sua grande rabbia che gli consentì di tagliarsi il braccio e di non sentire dolore. Fu anche a causa di questa rabbia che però dopo sentì il dolore. Non afflitto dalla rabbia, non avrebbe sentito alcun dolore. Il dolore è proprio un afflizione e l’afflizione è la causa del dolore. Il secondo Patriarca aveva quaranta anni quando lasciò Bodhidharma. Avendo ottenuto il Dharma, (cioè, essendosi Illuminato) cercò di nascondersi, perché Bodhiruci e il Maestro Vinaya Kuang T'ung, avendo già fatto sei attentati alla vita di Bodhidharma, volevano uccidere anche i suoi discepoli. Così, anche se Hui-K'o aveva una grande rabbia, obbedì comunque al suo maestro e andò a nascondersi per altri quaranta anni. Quando ne ebbe ottanta, egli cominciò quindi a propagare il Buddhadharma, istruendo e trasformando gli esseri viventi. Più tardi, i discepoli di Bodhiruci e del Maestro Vinaya Kuang T'ung, cercarono di uccidere il maestro Hui-K'o, che si finse pazzo per ridurre la gelosia dei suoi rivali. Ma egli non cessò mai di salvare gli esseri viventi che erano pronti a ricevere le sue istruzioni. Poiché così tante persone continuavano a fidarsi del Secondo Patriarca, i discepoli di Bodhiruci erano ancora gelosi. Così denunciarono Hui K'o al governo, accusandolo di essere una disumana creatura magica. "Egli confonde le persone che lo seguono", essi dicevano, "Egli non è nemmeno umano". L'imperatore quindi ordinò al magistrato del distretto di arrestarlo, e Hui-K'o fu fermato e interrogato: "Sei umano o sei un mostro?" gli chiese il magistrato. "Sono un mostro", rispose il maestro Hui-K'o. Il magistrato sapeva che il Patriarca aveva detto questo per evitare la gelosia, così gli ordinò di dire la verità. "Parla con chiarezza", gli chiese, "che cosa sei?" Il Gran Maestro ripetè, "Sono un mostro". I governi non possono consentire a strani mostri di vagare sulla terra, e così Hui-K'o fu condannato a morte. Ora, non è forse così la via del mondo? Il Patriarca, piangendo, disse ai suoi discepoli, "Ora, io devo sottostare alla punizione". Egli era un uomo coraggioso, di certo non uno che griderebbe per paura della morte. Egli era triste perché il Dharma non era stato ampiamente compreso, durante la sua vita. "Il Buddhadharma non fiorirà fino al tempo del quarto Patriarca", egli annunciò, e poi affrontò il carnefice. "Vieni e uccidimi!" egli disse. Il boia alzò la sua scure e la oscillò verso il collo del maestro. Voi cosa pensate che siai successo? Probabilmente starete pensando: "Egli era un Patriarca con grande forza spirituale. Di sicuro, la lama si spezzerà e il suo collo non sarà neppure graffiato". No. L'ascia gli tagliò la testa, ed essa non si riformò. Tuttavia, invece del sangue, un lattiginoso liquido bianco fluì giù dal punto del taglio. Voi penserete, "Ora, in realtà, questo è proprio troppo". Se ritenete che essa sia una buona cosa, se non credete che sia troppo bella; allora dimenticatevene. Tuttavia, vi darò una semplice spiegazione del perché non ci fu il flusso di sangue dal collo del patriarca: Quando un saggio entra nel bianco regno yang, il suo corpo diventa bianco perché il suo corpo è completamente trasformato in yang, non lasciando più alcuna traccia di yin. "Non ci credo", direte voi. Naturalmente non è necessario. Se l'avete fatto, voi sareste proprio come il secondo Patriarca. Quando il boia vide che il maestro non sanguinava, esclamò: "Ehi! Egli era davvero un mostro! Io gli ho tagliato la testa, ma ciò che uscì fuori non era sangue, ma questo bianco liquido lattiginoso. Ed il suo volto appare esattamente come quando era in vita!" L'imperatore sapeva di aver giustiziato un santo, perché si rammentava che anche il Ventiquattresimo Patriarca Indiano, Aryasimha, era stato decapitato e non aveva emesso sangue, ma un liquido bianco lattiginoso, perché anche lui non aveva avuto flusso. Quando uno non ha più l’ignoranza, può raggiungere uno stato senza perdita di sangue e può entrare nel bianco regno dello yang. Voi penserete: "Ma hai appena detto che il Patriarca Hui-K'o aveva grande rabbia. Come potrebbe egli esser stato senza ignoranza?" Voi siete sicuramente più intelligenti di me, perché io non rifletta su questa domanda. Ma ora che voi l’avete proposta, io vi risponderò. La sua, non era una piccola rabbia come la vostra e la mia, che esplode come petardi, "Pop! Pop! Pop". La sua rabbia era una forma di saggezza e perciò il suo corpo diventò yang. Grande pazienza, grande conoscenza, grande coraggio, grande saggezza: Questo è ciò di cui il suo temperamento era composto. Realizzando che Hui-K'o era un Bodhisattva incarnato, l'imperatore sentì grande vergogna. "Ahimè, un Bodhisattva è venuto nel nostro paese", disse, "e invece di offrirgli protezione, l’abbiamo ucciso". Allora l'imperatore, con tutti i funzionari, prese rifugio in questo strano Bhikshu. Quindi, anche se il secondo Patriarca era già stato giustiziato, egli ancora accettò i suoi discepoli.
4) SENG TS'AN – (Terzo Patriarca del Ch’an) Il Terzo Patriarca della dinastia Sui, Seng Ts'an, era di famiglia e di origine sconosciuta. Quando lui venne la prima volta in visita al Secondo Patriarca, il suo corpo era coperto di piaghe ripugnanti come quelle di un lebbroso.
"Da dove vieni?" chiese il Secondo Patriarca. "Che cosa stai facendo qui?" "Sono venuto qui per prendere rifugio nel Grande Maestro e per studiare e coltivare il Buddha-dharma," rispose Seng Ts'an. "Hai una malattia ripugnante e il tuo corpo è sporco. Come puoi studiare il Buddhadharma?" Il Maestro Hui K'o era intelligente, ma il Maestro di Dhyana Seng Ts'an era ancora più intelligente. Egli disse, "Io sono un uomo malato e voi siete un grande Maestro, ma nella nostra vera mente dove è la differenza?" Allora, il secondo Patriarca trasmise il Dharma a Seng Ts'an dicendo: "Questa veste e la ciotola sono state trasmesse da Bodhidharma. Esse certificano che tu hai ricevuto il Sigillo del Dharma. Allo scopo di proteggerlo, tu devi rimanere nascosto, perché i seguaci di Bodhiruci cercheranno di danneggiarti. Sii molto attento e non lasciare che qualcuno sappia che tu hai ricevuto la trasmissione". Anche il Terzo Patriarca finse la pazzia, mentre insegnava agli esseri viventi. Durante la persecuzione contro il buddhismo, da parte dell'imperatore Wu della dinastia Chou-Nord (regnò dal 561-577 d.C), il Patriarca fuggì rifugiandosi nelle montagne. Mentre egli era nascosto lì, tigri, lupi, leopardi, ed altri animali feroci scomparvero tutti da quei luoghi. Secondo il Ching-te Ch'uan Teng-lu, considerato il più antico e influente dei testi della "Trasmissione della Lampada" (Teng-lu), gli animali apparentemente sarebbero ricomparsi al tempo di T'ao Hsin, il Quarto Patriarca che ricevette il Sigillo del Dharma da Seng Ts'an. Testimonianza del caso pubblico è quanto segue: "Vi era una volta un saggio di nome Niu T'ou-Fa-Yung (Gozu Hoyu, Niutou Farong Fa-jun, 594-657), che viveva in un solitario tempio elevato in montagna. Un giorno, egli fu visitato da un monaco, che era T'ao Hsin, il Quarto Patriarca del lignaggio Cinese del Ch'an. Mentre i due stavano parlando, un animale selvatico ruggì lì vicino. T'ao Hsin, benché fosse pienamente Illuminato, trasalì. "Vedo che tu ce l’hai ancora", disse Fa-Yung... riferendosi, ovviamente, all’istintiva "passione" di paura. Poco dopo, mentre era per un momento inosservato, T'ao Hsin inscrisse il carattere Cinese per indicare il Buddha sulla roccia su cui Fa-Yung era abituato a sedersi. Quando il saggio asceta tornò a sedersi, egli vide il sacro Nome ed esitò a sedersi. Allora T'ao Hsin replicò, "Vedo che anche tu ce l’hai ancora!" (fonte) Dopo aver trasmesso il Dharma al Quarto Patriarca T’ao Hsin, il Maestro Seng Ts'an invitò un migliaio di Bhikshu ad una grande festa vegetariana. Dopo che essi ebbero mangiato, egli disse: "Voi pensate che sedersi nella postura del loto intero sia il modo migliore per morire. Guardate! Io vi dimostrerò la mia indipendenza oltre la nascita e la morte!" Il Maestro lasciò la sala da pranzo, seguito da tutti i mille bhikshu. Indi si fermò presso il tronco di un albero, e dopo un momento di pausa, con un salto afferrò un grosso ramo. Quindi, mentre si dondolava sull'albero con una mano egli entrò nel Nirvana. Nessuno seppe mai il suo nome o il suo paese natale. Qualcuno potrebbe essere spaventato (succede spesso a chi si avvicina al Ch’an le prime volte – Nota di Aliberth) e pensare: "Il Primo Patriarca è stato avvelenato più volte, il Secondo Patriarca è stato decapitato, il Terzo Patriarca è morto appeso ad un albero. Io non vorrei certo essere un Patriarca. E’ troppo pericoloso". Con questo atteggiamento, anche se voi voleste essere un Patriarca, non potreste mai esserlo. Finché c’è la paura della morte, fino a quando si teme ogni cosa, non si potrà mai essere neanche un discepolo del Patriarca. I Patriarchi non hanno paura della sofferenza. Essi non hanno paura della vita e non hanno paura della morte. Senza fare distinzioni tra la vita e la morte, essi vanno tra le persone, istruendole e cercando di trasformarle. Come Fo T'o e Yeh She, essi sanno che l’afflizione è solo Bodhi (Illuminazione) e la nascita e morte è il Nirvana. Allora, adesso ditemi, chi è che non ha paura della nascita-e-morte? Se vi è un solo individuo di questi, farò di lui un Patriarca. Il suddetto articolo tratto da: THE FIVE PREVIOUS CHINESE PATRIARCHS - The Sino-American Buddhist Association The Buddhist Text Translation Society San Francisco 1977 Translated from Chinese by The Buddhist Text Translation Society - Primary Translation: Bhikshuni Heng Yin Reviewed By: Bhikshuni Hen Ch'ih- Edited By: Upasaka Kuo Chuo Rounds - Certified By: The Venerable Master Hua Copyright c 1977 by the Sino-American Buddhist - Assn, Buddhist Text Translation Society
5) CHIYONO (Mugai Nyodai- 1223-1298 ) La prima donna Maestro-Zen del Giappone http://www.angelfire.com/realm/bodhisattva/chiyono.html “Nessuna acqua, nessuna luna” La fonte originale di questo koan è stata tradotta in inglese da un antico testo chiamato Shaseki-shu (Raccolta di Pietre e Sabbia), scritto nel tardo secolo XIII dal maestro Zen Giapponese Muju ("non-dimorante"), e da aneddoti di monaci Zen presi da vari libri pubblicati in Giappone intorno alla fine del XX° secolo. La monaca Chiyono (Mugai Nyodai, 1223-1298), mostrata nella stampa qui a lato, opera del Maestro Yoshitoshi Taiso, studiò e meditò per anni sulla questione ultima dell’esistenza, principal-mente sotto il venerabile maestro Zen Wu-hsueh Tsu-yuan (Bukko, 1226 – 1286, che fu il fondatore del tempio Engakuji, e che arrivò in Giappone dalla Cina nel 1280), ma fino ad allora non era stata in grado di raggiungere l’altra sponda. (vedi fonte). Più essa desiderava l’Illuminazione e più questa sembrava lontana. Ma una notte, mentre al chiaro di luna stava trasportando un vecchio secchio riempito con l'acqua di un pozzo che casualmente aveva il suo stesso nome, proprio mentre camminava, lei notò la luna piena riflessa nel secchio d'acqua. Cosi facendo, essa stava proseguendo lungo il percorso, quando l’asta di bambù che sosteneva il secchio si ruppe. Il secchio prese a rotolare di lato e il fondo si staccò, e l'acqua scomparve nel suolo sotto i suoi piedi, e il riflesso della luna scomparve con essa. In quel momento, Chiyono realizzò che la luna che lei aveva visto era solo un riflesso della cosa reale... proprio come era stata tutta la sua vita... così lei si voltò a guardare la luna vera in tutta la sua silenziosa gloria, e... quella era lì. Come la luna piena che spinse l'evento circondando l’Illuminazione del misterioso monaco errante Totapuri, o il simile chiaro di luna che spinse l’evento preannunciato dal Mentore Zen del Wanderling e descritto nell’articolo “Dark Luminosity” (Oscura Luminosità, vedi in questo sito – N.d.T.), la stessa Chiyono scomparve. Lei NON c’era più -- ed era ciò che è. In seguito lei scrisse la seguente poesia: "In un modo o nell’altro, Io ho cercato di tenere insieme il secchio dell'acqua, sperando che il debole bambù non si fosse mai spezzato. Ma improvvisamente il fondo si è rotto: non più acqua non più luna nell’acqua e il vuoto nella mia mano!"
Nel XIII secolo, uno straordinario ritratto realistico (chinso chokoku) è stato scolpito in una statua che raffigura la Monaca-Badessa Mugai Nyodai all’età di settant’anni. Le statue chinso sono una categoria di statue di realistiche e notevoli dimensioni che raffigurano le figure sedute di storici maestri Zen fatti come sostituti della persona vivente allo scopo di trasmettere l'essenza del maestro ai suoi discepoli dopo la sua morte. Questa statua del tredicesimo secolo, è l’unica statua-ritratto di un maestro Zen femminile che sia esistente.
Cortersia:Istituto Giapponese per gli studi Medioevali - : INSTITUTE FOR MEDIEVAL JAPANESE STUDIES
Tradotto nel mese di Gennaio 2009 – senza scopo di lucro- per conto del Centro Nirvana di Roma | | |