Introduzione La maggior parte delle persone pensa allo Zen come iconoclasta, anti-autoritario, semplice, diretto, libero. La sua ragion d'essere è di far in modo che tutte le persone possano arrivare ad una fondamentale conoscenza nella vita, persone che non siano ingannare dalle apparenze o dalle idee. Il fatto è che quasi tutto ciò che riguarda la presentazione dello Zen, con le sue pratiche e rituali, è volto a produrre persone che abbiano buon senso, promettendo loro un maggior vantaggio in futuro. Benché questa sia, ovviamente, una dichiarazione generale che richiede ulteriori qualifiche, essa serve ad introdurre alcuni dei problemi fondamentali che affronteremo qui. Si prega di tenerlo a mente. Questa non è una idea nuova, né l’unica nel Chan/Zen. David Hume disse nel suo ‘Primi Principi del Governare’(1758) che "Per coloro che considerano le vicende umane con un occhio filosofico, riguardo alla facilità con cui i molti vengono governati dai pochi, e la sottomissione implicita con cui gli uomini rassegnano i propri sentimenti e passioni a quelli dei loro governanti, nulla appare più sorprendente..." Credo che la ragione di tale sottomissione, nel caso dello Zen, sia chiara, strutturale ed auto-perpetuantesi. Quello che voglio dire con "Istituzione Zen", al semplice scopo di questa conversazione, è un insieme di strutture organizzate che supportano il modello standard dello Zen. Secondo questo modello, la ‘Trasmissione-mente-a-mente’ ha avuto inizio con l’incontro tra il Buddha storico Śakyamuni e il ven. Mahakaśyapa, ed è continuato, in una linea ininterrotta, attraverso ventotto Patriarchi Indiani. L'ultimo di questi fu Bodhidharma, che in Cina dette inizio alla linea patriarcale che portò a Hui-neng, tradizionalmente considerato il Sesto e ultimo Patriarca del Chan. Questo sistema successivamente fu istituzionalizzato tramite il rituale della Trasmissione del Dharma. La Trasmissione-mente-a-mente implica che lo studente abbia raggiunto una comprensione pari al suo maestro/Roshi Zen, e così via a ritroso, essendo quindi uguale a quella comprensione originale, immediata, senza parole, che passò presumibilmente tra Śakyamuni e Mahakaśyapa. Sostegni affinché questo racconto sia ritenuto reale e non costruito comprendono i particolari metodi di meditazione e le interazioni tra insegnante e discepoli, nonché l'abbondanza di convalidate mitologie spesso presentate come storia reale in forma di biografie, insieme con comode opere letterarie e strumenti rituali. E' questa versione idealizzata di trasmissione del Dharma che dimostra che il Maestro è un essere illuminato che è la fonte della straordinaria dichiarazione di autorità del maestro Zen. Ciò non implica che non vi sia alcun valore da acquisire nella pratica dello Zen. Ma semplicemente significa che si è evoluta una struttura di potere che perpetua se stessa, anche se significa imputare la "realizzazione" di persone che in realtà non ce l’hanno. Per legittimare i vari lignaggi di famiglia all’ interno dello Zen, la stessa auto-definizione di Zen stabilisce una continuità ininterrotta della linea di trasmessione di maestri collegata al Buddha storico. La concezione di un lignaggio ininterrotto basato sul concetto della trasmissione mente-a-mente che risale al Buddha, oltrepassò una precedente idea di autorità che si basava sui testi, cioè, i sutra, che in precedenza avevano il senso di incarnare le parole del Buddha storico. Si può vedere come è molto più potente avere un insegnante presentato come un Buddha vivente, o almeno, simile al Buddha, il quale, invece di interpretare e spiegare le parole del Buddha, in realtà parla con la stessa voce, come il Buddha. Questo nuovo Buddha è anche vivo e presente e, quindi, più immediato e reale. Tutta questa autorità e potenza è manifestata nei riti del maestro Zen che commenta e giudica le parole e le azioni non solo dei suoi discepoli, ma anche di chiunque indietro nel lignaggio, compreso il Buddha storico. E’ una performance destinata a confermare e dimostrare il significato attuale, l'autorità e la realizzazione del maestro. Il libro di Michael Downing, ‘Shoes Outside the Door: Desire, Devotion, and Excess at San Francisco Zen Center’ (‘Le Scarpe fuori dalla Porta: Desiderio, Devozione, ed Eccessi al Centro Zen di San Francisco’) (2001) descrive molti scandali di tipo sessuale che circondano il Roshi Richard Baker, come pure i problemi finanziari e il comportamento generalmente arrogante di Baker. Non solo il libro è imprescindibilmente da leggere, ma anche, perfino più importante, fornisce i dati grezzi per vedere la mitomania Zen in azione. Esso ci permette di vedere da molto più vicino ciò che, ad esempio, non è possibile vedere attraverso le molte passate biografie dei maestri Chan in Cina durante la dinastia Tang (618-907 d.C.). Richard Baker è una persona estremamente brillante e di talento, e buon venditore. Shunryu Suzuki Roshi, poco prima della sua morte, avvenuta nel dicembre 1971, gli diede la trasmissione del Dharma nella setta Zen Soto, in tal modo rendendo Baker un autentico collegamento con il Buddha, per i suoi studenti e per tutte le future persone del suo lignaggio. A quel punto, Baker divenne anche il leader ufficiale del Centro Zen di San Francisco (SFZC). Baker è l'unico erede occidentale di Suzuki Roshi, un maestro Zen Giapponese che fondò il SFZC ed il suo centro di formazione in montagna, Tassajara, creato nel 1967. Downing intervistò circa ottanta persone, la maggior parte di loro studenti di Baker, circa diciotto anni dopo che Baker fu costretto a rassegnare le dimissioni. Lo "scandalo" del Centro Zen di San Francisco non è stato l’unico nella storia dello Zen Americano. In realtà, ci sono alcuni grandi centri non toccati da scandali sessuali o altri, ma il caso del SFZC, basta per la discussione che faremo qui. L'idea del maestro Zen illuminato, autenticato attraverso il rituale della Trasmissione del Dharma, e mantenuto da una ininterrotta linea che risale al Buddha storico, è il cuore della Tradizione Zen. In questo sistema, ogni docente può riportare il suo lignaggio, e quindi, l'autenticità, al Buddha storico. Le implicazioni di tale autorità in qualche modo superano di gran lunga quella concessa sulla più alta autorità laica, poiché qui c’è l'implicazione che il maestro Zen sia un essere pienamente illuminato e compiuto. Uno degli aspetti più interessanti del ‘caso Baker’ è che le persone al SFZC non modifica-rono la loro comprensione fondamentale del processo che avevano vissuto in alcuni casi per venti o più anni. Ciò non deve sorprendere, in quanto esso è un risultato naturale del costume e l'ambiente creato dall’Istituzione Zen. L'Istituzione Zen
[Nota: Questa sezione presenta sfondi per la maggior parte non contemplati nel libro di Downing.] Per una trentina d’anni, un significativo gruppo di studiosi esaminò lo sviluppo della setta Chan nel buddhismo Cinese. Essi ci hanno chiaramente mostrato che molto di ciò che dalla tradizione è stato presentato come "storia", in realtà è un mito creato con due scopi. Uno era di far sì che il governo considerasse il Chan come la setta principale del buddhismo. L'altro era di stabilire la supremazia del Chan sugli insegnamenti indigeni del Confucianesimo e del Taoismo, agli occhi dello Stato e l'elite della società. Lo stesso mito è stato poi utilizzato in Giappone per scopi analoghi, con lo Shintoismo che era il concorrente insegnamento indigeno. Nonostante la sua immagine iconoclasta, lo Zen in tutta la sua storia è stato in realtà una istituzione notevolmente conservatrice, quasi sempre legata e controllata dallo Stato e dagli elementi elitari della società. Certamente non vi è nulla di anti-autoritario nella nozione di lignaggio ininterrotto che risale al Buddha storico. Similmente, la Trasmissione del Dharma ebbe così tanta prosperità istituzionale, prestigio, autorità, continua accettazione e controllo da parte delle autorità imperiali, quanta ne ebbe sulle nozioni di illuminazione e perfezione spirituale. Il maestro Zen è un ruolo ben rappresentativo di ogni istituzione Zen. Egli occupa un posto autorevole nelle culture Est-asiatiche che sono già pervase da uno speciale livello di gerarchia fin dai tempi antichi. Si potrebbe dire piuttosto che ciò che viene effettivamente trasmesso dalla Trasmissione del Dharma è l'autorità istituzionale, piuttosto che la sapienza religiosa. Tuttavia, non intendo implicitamente dire che non vi sia un interiore contenuto spirituale nella tradizione Zen. La Trasmissione del Dharma, per molte ragioni, è stata, ed è ancora assegnata oltre la realizzazione spirituale. In realtà, essa spesso non è stata affatto basata sulla realizzazione spirituale, soprattutto nel Zen Soto Giapponese, che è la setta di Suzuki, Baker e del Centro Zen di San Francisco. In questa setta, la Trasmissione del Dharma è comunemente una rituale trasmissione da padre-in-figlio che si conclude con il figlio che eredita il tempio della famiglia. La realizzazione spirituale, conoscenza della verità senza tempo, o qualsiasi altro profondo cambiamento nella propria vita interiore praticamente non ha nessun ruolo, nella maggior parte di queste trasmissioni di Dharma o nelle quotidiane funzioni di questi roshi. Ma la setta Soto cerca di farlo in entrambi i sensi. Esso consente la trasmissione burocratica, ma usa anche biografie "storiche" di eminenti maestri presentati come esseri privi di desideri, i Koan, le varie storie e dialoghi (mondo) Zen per legittimare ed accrescere l'autorità, che rendono evidente che la trasmissione viene data grazie ad una profonda conoscenza della realtà o realizzazione spirituale. Per credere, leggere uno qualsiasi di questi testi sullo Zen, ‘The Book of Serenity’, una raccolta di koan della setta Soto, come buon esempio, e ciò sarà chiaro. Trasmissioni ‘vuote’, come quelle tra padre e figlio, sono così inserite nella linea ininterrotta proveniente dal Buddha. (Se il lettore ha voglia di argomentare che la trasmissione del Dharma nella setta Rinzai o nella moderna setta Sanbo-kyodan così popolare in Occidente, si scontra con l'ideale retorica Zen, mi scriva al mio indirizzo indicato nelle note sotto). Anche se la trasmissione di Dharma non riflette un certo livello di qualche cosa, possiamo chiamarla realizzazione spirituale, non essendo basata sulla versione idealizzata formulata dalla istituzione Zen: un mistico incontro di menti tra maestro e discepolo i quali condividono una verità senza tempo che porta invariabilmente le menti di tutti insegnanti a ritornare indietro nel lignaggio, ai sei Patriarchi Chan in Cina, e le ventotto generazioni del presunto lignaggio Indiano, fino al Buddha storico, e oltre. Questa è una mitologia dello Zen, una pura finzione. L’istituzione Zen richiede il maestro, perché si suppone che esso sia un esempio vivente dell’ideale dello Zen e, come tale, rappresenta tutta la sua legittimità e autorità. Una grande istituzione come lo Zen richiede centinaia di tali attori che vivono questo ruolo. Ciò richiede la produzione di quote virtuali di tali persone altamente esaltate, mentre nel reame della "realizzazione spirituale" è raro che se ne produca perfino una sola. Pertanto, nel mondo vivente di carne e sangue noi abbiamo persone con un così limitato livello di realizzazione, che occupano un ruolo definito come simili al Buddha, per attualizzare perfetta libertà e insondabile compassione al di là della normale comprensione della persona stessa e, quindi, della questione di cui sopra. Benché i testi Zen possano definire il ruolo, i maestri Zen non sono stati esseri pienamente illuminati oltre la questione. Negli anni ‘60 e '70, gli studenti del Centro Zen di San Francisco, come la maggior parte degli altri studenti Zen negli Stati Uniti, accettarono totalmente (tra una serie di evidenti inesattezze storiche) la retorica idealistica Zen, compreso il concetto che la trasmissione del Dharma è solo la realizzazione spirituale, che tutti i roshi sono essenzialmente uguali, e che le istituzioni Zen dell’Asia Orientale sono apolitiche e indipendenti dallo Stato. Interessante notare che queste credenze persistono fortemente anche nel 2000, al tempo delle interviste di Downing, quando c’erano già stati trentacinque anni di scandali finanziari e sessuali nelle comunità Zen in America. Questo fatto avrebbe portato qualsiasi osservatore imparziale a farsi domande sulle implicazioni spirituali della trasmissione del Dharma. Da allora vi è anche stata un'abbondanza di studi scritti e prove empiriche che esponevano gran parte della mitologia che circonda lo Zen. Quindi, perché nessuno degli studenti di Baker, come espresso nei loro colloqui con Downing, mostra la consapevolezza che l’istituzionale auto-definizione incoraggiò la loro idealizzazione di Baker, e che ha permesso, e forse anche favorito, l’evento di molti dei presunti abusi? Nessuno di essi ha avuto la possibilità di indietreggiare e visualizzare l'intera vicenda da un certo tipo di prospettiva sociologica, antropologica, psicologica o religioso-storica. E neanche qualcuno ha pensato di vedere la situazione attraverso la lente degli insegnamenti buddhisti stessi o perfino nei particolari insegnamenti del loro amato fondatore Suzuki. Penso che questo sia avvenuto perché l'insegnamento Zen di evitare parole e spiegazioni è stato preso troppo alla lettera e ha favorito uno sfortunato restringimento di visione. Questo è anche estremamente anti-autoritario e può portare a tutti i tipi di problemi, come dimostra chiaramente il caso del SFZC. Con una o due eccezioni, i punti di vista espressi sul comportamento errato di Baker tra i membri del Centro furono solo nel contesto della loro esperienza personale. Presumo che Downing avrebbe incluso una visione più ampia, se l’avesse sentita da uno qualsiasi degli intervistati. In Occidente, in generale, ma soprattutto in America, diamo una grande importanza all’individualità e all’unicità di ogni persona, e quindi alla nostra stessa esperienza personale. Sembra che si dimentichi che noi viviamo insieme agli altri esseri umani e che la società è un prodotto umano in cui noi agiamo e che agisce su di noi e in un certo senso ci produce. La nostra esperienza personale è socialmente costruita nel dialogo con la società e con noi stessi. Nel caso dello Zen, di solito gli studenti vanno dall'insegnante con una serie di pregiudizi, acquisiti in maggior parte attraverso le letture sui maestri Zen pienamente rrealizzati, quasi come se fossero virtualmente oltre la loro comprensione. I maestri Zen storici, che abbiamo tutti imparato a conoscere, sono sempre presentati in termini di presunte persone reali, con nomi, date e luoghi, e rapporti di conversazioni presumibilmente reali e le loro interazioni con altri monaci e, a volte, laici, come se non vi fosse alcun dubbio su tutto quanto quello con cui abbiamo a che fare riguardo a questi individui storici. Queste "storie" hanno il loro peso perché sono presentate come fatti biografici. Ai praticanti viene dato l'ultimo incoraggiamento di sapere che persone reali "ottennero l'illuminazione" e dunque tutti lo possono fare. Ma quanto sono vere queste storie? La maggior parte dei racconti dei primitivi eroi del Chan che leggiamo oggi sono stati composti centinaia di anni dopo gli eventi occorsi, pieni di letterali resoconti dell’interazione del maestro con un discepolo, presentati come se ci fosse uno stenografo a registrare tutta l'interazione. È interessante notare che la versioni successive dei supposti eventi sono spesso più dettagliati rispetto alle versioni precedenti, il che significa che normalmente si tratta di creazioni letterarie, piuttosto che biografie storiche. (Vedi Foulk, "Myth, Ritual, Monastic Practice", di cui alle note per una più ampia discussione.) Ci sono anche resoconti di persone che ricevettero la trasmissione da maestri che erano morti al tempo in cui la presunta trasmissione aveva avuto luogo. In breve, l'approccio biografico alla storia sembra essere utilizzato per la sua intima immediatezza alla vita reale. Nello Zen, scritti raffigurati come biografie sono molto spesso una presentazione idealizzata di come un maestro dovrebbe svolgere il proprio ruolo, piuttosto che la vita di una persona reale. Questa è agiografia, che è necessaria per le dichiarazioni di auto-legittimazione Chan della trasmissione mente-a-mente e l’ininterrotto lignaggio. Le generazioni passate sono presentate in una maniera esaltata e santa, che si aggiunge al prestigio della tradizione nel suo complesso, ma più importante, al prestigio dell’ultimo nome nella lista del lignaggio, l’insegnante attuale. Alla fine, sia insegnanti che studenti cadono in preda a queste fantasie. A questo proposito, Mr. Downing ha offerto un ottimo esempio sul caso di Richard Baker e il SFZC. Io sono grato al lavoro di Michael Downing, che è estremamente prezioso. Tuttavia, occorre rilevare, che egli lascia senza commento tutte le imprecisioni degli intervistati. Ad esempio, all'affermazione che i monasteri Zen in Cina erano auto-sufficienti, il che fa sembrare che essi non fossero a carico dello Stato e degli elementi d'elite della società, e che non fossero attivi nel promuovere se stessi per ottenere questo sostegno e patrocinio. Il fatto storico è che invece i monasteri avevano corteggiato attivamente i governi e gli elementi d'élite della società, dipendendo da donazioni di ricchi mecenati e/o dello Stato, avevano contadini che spesso lavoravano per loro nei vasti terreni donati e ereditati, aziende agricole, ecc. Un altro errore si vede nella frase che Yasutani Roshi rescisse la trasmissione di Dharma data a Philip Kapleau. In realtà, Kapleau in primo luogo non ricevette mai la trasmissione del Dharma, perciò non c’era nulla da rescindere. C'è un intera linea costruita sull'idea che Kapleau avesse ricevuto la trasmissione…(Con questo, non intendo dire che Kapleau non sia qualificato per insegnare, ricevere la trasmissione, o meno, ed infatti egli è uno dei pochi grandi insegnanti non coinvolti con scandali sessuali o di altro tipo, benché uno dei suoi discepoli ebbe uno scandalo anche maggiore). Casi come questo sono importanti semplicemente perché lo studio della storia dello Zen ci ha mostrato che l’intera tradizione del lignaggio è costruita pesantemente su opinabili resoconti scritti e parole-dette-a-bocca; ciò che viene detto attualmente sarà sicuramente ripetuto a lungo in futuro.
Problemi al S. Francisco Zen Center Credo che il problema al Centro Zen di San Francisco, e in molti altri importanti centri Zen di tutto il paese, fino ad oggi, sia causato da una mancanza di comprensione di come le idee sulla trasmissione del Dharma, il lignaggio ininterrotto, e il maestro Zen, sono state storicamente utilizzate. Il significato di questi termini si è evoluto come mezzo di auto-definizione per la setta Zen a differenziarsi da altre "nétte buddhiste, in un modo che particolarmente unì il sistema sociale Cinese basato sulla genealogia e ad ottenere legittimazione e autenticità dal potere imperiale, che mantenne sempre il buddhismo a stretto controllo. Sotto l'approccio Zen, i maestri Chan furono chiaramente più potenti dei monaci buddhisti di altre "nétte, che si limitarono a esplicitare il Dharma attraverso i testi, testi che spesso sono ulteriormente distanziati dalle loro origini autorevoli con l'atto della traduzione. Questa imputazione e realizzazione di potere ha dato ad un Roshi Zen dopo l'altro il potere di abusare della loro posizione, pur rimanendo al di là del rimprovero. Sotto la forma di legittimazione Zen, ogni Roshi Zen è visto come un santo. Negli ultimi decenni, rispetto al passato, abbiamo avuto una chiara visione personale delle vere persone coinvolte, con Richard Baker che è solo una di esse. Se il passato è in ciascuna indicazione, questi insegnanti attuali saranno riferiti come onorati patriarchi in futuro. Per uno sguardo in un periodo appena un pò prima del nostro, possiamo usare il libro ‘Zen at War’ di Brian Victoria. Victoria descrive come i più eminenti roshi (maestri) di tutte le sette Giapponesi di Zen interpretarono gli insegnamenti Zen per sostenere gli scopi imperialisti e militari del Giappone dagli inizi del ventesimo secolo andando alla fine della II° Guerra Mondiale, ed oltre. Prima che il libro di Victoria fosse pubblicato, queste persone, molte delle quali erano state influenti nel portare lo Zen in Occidente, furono regolarmente presentate come perfetti esempi di realizzazione Zen. Questo ha un impatto diretto sulla storia di Baker e il sistema mitologico continua ad essere costruito anche nel presente. Baker scrisse un’ introduzione al libro ‘Zen Mind, Beginner's Mind’ (Mente Zen, Mente di Principiante), una raccolta di discorsi di Suzuki, in cui Baker scrisse(pag.17), "Durante la Seconda Guerra Mondiale egli [Suzuki], fu il leader di un gruppo di pacifisti in Giappone". Questo è un pezzo molto interessante di "storia", che è senza dubbio destinato ad essere ripetuto. In realtà, David Chadwick, uno studente sia di Suzuki e di Baker, prestò poco credito a questa affermazione nel suo libro del 1999 su Suzuki, (‘Crooked Cucumber’). Tuttavia, a seguito di un'approfondita indagine, anche Chadwick fu costretto ad ammettere: "Tutto ciò che Shunryu Suzuki fece, potrebbe essere considerato remotamente anti-guerra come aveva fatto prima che iniziasse la guerra del Pacifico" (p. 97). Brian Victoria era così interessato alla possibilità di un pubblico monaco Soto, pacifista e anti-guerra, che contattò il figlio di Suzuki, Hoitsu, il quale gli disse: "Io non so da dove provenga tutto questo parlare antiguerra, ma mio padre e il resto della famiglia sostennero lo sforzo bellico del Giappone come tutti gli altri". (Va inoltre osservato che Victoria parla fluentemente il Giapponese mentre Baker e Chadwick non lo conoscono.) Inoltre, Chadwick disse a Victoria che quando lui (Chadwick) chiese una volta a Baker stesso la base delle sue dichiarazioni, Baker rispose che non riusciva a ricordare! Forse, Baker fece quella dichiarazione al culmine della Guerra del Vietnam, quando praticamente il 100% dei seguaci Zen si opponevano alla guerra e quindi avere un Roshi anti-guerra/anti-governo nel suo lignaggio era buona regola. Questa storia sembra essere un esempio di moderna creazione di agiografie che verrà ripetuta in futuro. Inoltre, questa creazione è ancora in corso. Essa non sarà per le generazioni future, se vi sono lacune nella linea delle sante figure. Voi dovreste chiedervi se Suzuki fosse a conoscenza delle affermazioni fatte da Baker e, in caso affermativo, per quale motivo egli le permise senza farle correggere. (Da notare che Suzuki poteva leggere in Inglese). Nel libro di Downing, vediamo che quando i membri del Centro Zen visualizzavano Baker, era proprio quella ottenuta visione idealizzata della trasmissione del Dharma che vedevano in se stessi, il Dharma trasmesso dal loro leader, almeno prima della rottura nel 1983. Baker e i preti più anziani respinsero qualsiasi interrogatorio sul comportamento o attività di Baker come una mancanza di conoscenza e di illuminazione da parte dell’interrogante. Quindi, lo scetticismo e il dissenso divennero una mancanza della persona che esprimeva un tale punto di vista. A volte, i discepoli anziani dovevano rassicurare, che tutto era in ordine, i nuovi arrivati che mettevano in dubbio il comportamento di Baker. Uno studente disse che quando i preti anziani furono interrogati su alcuni aspetti del comportamento di Baker, la risposta fu, "Richard ha la Trasmissione". Nel libro di Downing, un membro più anziano riferisce che Suzuki si rifiutò di ascoltare le critiche a Baker da altri membri del Centro, perché, come egli disse, "Per il modo di pensare [di Suzuki], l'impegno di Richard era ad un altro livello, così il resto di noi non era nella posizione di criticarlo". Poiché l'indottrinamento dei nuovi arrivati nella ideologia Zen era imperfetto, il loro infelice affidarsi sul senso comune impedì loro di riconoscere l’eccentricità di Baker come qualità di un maestro Zen illuminato. Baker stesso era pronto a rammentare al suo seguito che egli era l'unico americano ad aver ricevuto la trasmissione del Dharma da Suzuki Roshi. Questo promemoria servì per un importante scopo: i membri del Centro vedevano autorità di Suzuki, come se si trattasse di una fiat divino, e così qualsiasi critica o dissenso ebbero termine. Negli anni dal 1960 all’80, San Francisco era considerata da molti come la città più liberale d’America, in particolare quando si intendeva "libre", come la libertà da vincoli ideologici. I membri del Centro Zen non credevano che fosse necessario far uscire alcun pensiero di controllo o propaganda quando si trattava di Zen. I membri non avevano la minima idea che la loro visione dello Zen era controllata. Essi credevano che il loro modo di vivere e di praticare Zen era la migliore alternativa disponibile in America. Le persone mettevano tutto il loro cuore nella pratica e nel Centro, talvolta affermando che il Centro rappresentava il lato tagliente dello Zen in America. Quando poi un membro era sul punto di lasciare il centro (dopo lo scandalo Baker), anziché ricevere buoni auguri o una parola di consiglio dal suo insegnante- colui che veniva per essere il nuovo abate dopo Baker, gli veniva con compiacenza detto che sarebbe tornato dopo un anno. Dalle interviste di Downing appare chiaro che i membri del Centro Zen presumessero che non vi era alcuna ideologia da esser messa in discussione, cioè, l’inaffidabilità della storia dello Zen, l’agiografica figura del lignaggio, con la sua mitologica Trasmissione del Dharma, l’ininterrotto lignaggio, ed i suoi maestri Zen illuminati. Un certo numero di intervistati da Downing ha detto di aver ricevuto il vero e puro insegnamento Zen da Suzuki Roshi. Non sorprende, quindi, che quando presso il Centro sorsero i problemi fu maggiormente presunto che doveva esservi qualcosa di sbagliato con i membri stessi, o a causa del non aver saputo usare o maneggiare bene il puro insegnamento di Suzuki Roshi. Uno studente anziano si è espresso in questo modo, "Nelle nostre mani, ed era nelle nostre mani, esso [il puro insegnamento di Suzuki] divenne una sorta di potere, una fonte di competizione, di gelosia e di paranoia. Questo è ciò che abbiamo fatto di esso". Ogni problema presso il Centro fu interiorizzato e personalizzato da parte dei suoi membri. La mitologia istituzionalizzata, che aveva creato un quadro omogeneo di lignaggio ininterrotto con perfezione e realizzazione, pure e prive di desiderio, insediate nel corpo del maestro, non fu mai messa in discussione e, di conseguenza, è rimasta intatta. Baker manifestò la sua autorità, dando ai suoi seguaci due scelte: obbedire alle sue parole senza dubbi o rimanere emarginati, che equivaleva ad essere costretti ad andarsene. Quest'ultima scelta era troppo dolorosa per molti, per una serie di ragioni, tra cui: 1) molti credevano che il Centro era il posto migliore per praticare lo Zen e quindi, andarsene, voleva dire rinunciare a ciò che rendeva la vita più significativa, 2) la loro auto-identità come praticanti Zen erano collegate al Centro, 3) per la fedeltà a Suzuki Roshi, 4) non voler lasciare le forti amicizie stabilite con una vita in comune e soprattutto attraverso la pratica di meditazione insieme, 5) amare quello stile di vita e 6) la paura di perdere la propria posizione nella gerarchia e la possibilità futura di una posizione più elevata che culminerebbe con la propria Trasmissione del Dharma. Perciò, nella necessità di rimanere nel Centro, i membri avevano un forte incentivo per acquisire in pieno la mitologia dello Zen. Particolarmente vero per persone che volevano scalare la scaletta del Centro Zen verso posizioni di autorità, potere e prestigio, e che erano totalmente dipendenti dalle sanzioni di Baker. C’è un detto, "E' difficile che un uomo si convinca di qualcosa se la sua busta-paga dipende dalla sua non comprensione di essa"… L'obbedienza, la sottomissione, e la disciplina erano ben premiate in una grande istituzione come il Centro Zen di San Francisco, e che il libro di Downing dimostra ampiamente. Baker e Suzuki stessi, furono ricompensati da questo sistema. Oltre al potere personale della sua alta posizione, Baker viveva con viaggi pagati, l'abbondanza di costosi beni mondani, una serie di ben fornite residenze, una costante fornitura di aiuti domestici e assistenti, sesso con le sue studentesse e accesso ad amicizie di alto profilo. Il prestigio di Suzuki crebbe enormemente. Egli è stato il leader del più grande centro Zen negli Stati Uniti e fondatore del Tassajara, il primo vero monastero Zen in America; inviò molti discepoli americani a studiare in Giappone, ed era circondato, come lo stesso Baker, da centinaia di incondizionati e devoti seguaci, spesso giovani ed energici. Ma in verità, né Suzuki né Baker si adattarono ad essere modelli di santità. Suzuki Roshi
Suzuki Roshi, fondatore del Centro Zen di San Francisco e suo leader fino alla sua morte nel 1971, è stato una impressionante persona, sinceramente amato dalla maggior parte dei membri del Centro. L’introduzione di Baker alle parole di Suzuki, pubblicate nel noto libro, ‘Zen Mind, Beginner's Mind’ dà una descrizione di Suzuki, come l'ideale di maestro Zen pienamente realizzato. Ciò che l'insegnante realmente offre allo studente è letteralmente la prova vivente che tutte queste parole e tutte le mète apparentemente impossibili possono essere realizzate in questa stessa vita. Più in profondità si va nella pratica, più profondamente si trova che è la mente del proprio maestro, fino a quando non si realizza finalmente che la propria mente e la sua mente, è la mente di Buddha. Baker cita poi Trudy Dixon, l'editore del libro, avallando così le sue parole: "Un Roshi è una persona che ha attualizzato quella perfetta libertà che è la potenzialità di tutti gli esseri umani. Egli esiste liberamente nella pienezza di tutto il suo essere. Il flusso della sua coscienza non è la fissa ripetitività dei nostri abituali modelli di coscienza auto-centrata, ma piuttosto spontaneamente e naturalmente sorge dalle circostanze del presente. I risultati di ciò in termini di qualità della sua vita sono: vigore, straordinaria vivacità, semplicità, umiltà, sicurezza, gioiosità, perspicacia e insondabile compassione. Tutto il suo essere testimonia di ciò che significa vivere nella realtà del presente. Senza dover dire o fare nulla, solo con l'impatto di incontrare una personalità così sviluppata può essere sufficiente a cambiare tutto il modo di vivere di un altro. Ma, alla fine, non è la straordinarietà dell’insegnante che rende perplesso, intriga, e fa andare in profondità lo studente, è invece la sua totale ordinarietà". Suzuki infatti ebbe ordinarie e anche tragiche circostanze nella sua vita, come è mostrato nel libro di Downing, che fa riferimento al libro di David Chadwick, ‘Crooked Cucumber’, per i seguenti dettagli. Egli si sposò tre volte. La sua prima moglie contrasse la tubercolosi e ritornò dai suoi genitori poco dopo il matrimonio; la sua seconda moglie, fu brutalmente assassinata da un monaco irregolare e antisociale che Suzuki aveva tenuto come assistente del tempio, malgrado i consigli contrari dei suoi vicini e colleghi. La sua figlia più giovane, Omi, si suicidò dopo aver trascorso nove anni in un ospedale psichiatrico; dette la Trasmissione del Dharma a suo figlio Hoitsu, che non aveva studiato con lui e che neanche andava d’accordo con lui, ma che ereditò il suo tempio (questa è la normale procedura dello Zen Soto); dette ancora, come favore ad un amico, la Trasmissione di Dharma ad un tizio che non conosceva e con cui non aveva alcun contatto. Inoltre elevò un tempio praticamente nel periodo fascista, sotto il controllo del repressivo governo del Giappone. Questa è la serie dei dettagli, che potrebbe essere utile agli studenti presenti e futuri, ma che è assolutamente priva di tutte le biografie completamente standard dei maestri Zen, attraverso i secoli. Un tema ripetitivo nelle interviste di Downing è l’apparentemente bizzarra idea di Suzuki di riformare il Soto Zen in Giappone con l’inviarvi i suoi studenti Americani come esempi viventi di riforma. I suoi studenti Americani accettano quest’argomento senza far domande. Pure, dopo che Tatsugami Roshi, uno dei più importanti insegnanti del metodo di Eiheji, uno dei due principali monasteri di pratica Zen Soto in Giappone, ebbe condotto un solo periodo di formazione a Tassajara, il monastero del Centro Zen in California, Suzuki "fece in modo" che lui non ritornasse perché i suoi studenti Americani erano così insoddisfatti. Inoltre, i suoi pochi studenti Americani che si erano recati in Giappone ne ritornarono delusi, il che sconvolse Suzuki, perché egli pensò che questi studenti avrebbero poi pensato di meno al buddhismo. Sembrava esservi un grande divario culturale tra gli studenti del Centro Zen di Suzuki e i monaci Zen Giapponesi che si mostrarono, sia in America che in Giappone. Suzuki certamente sapeva che i suoi colleghi Roshi e preti Soto Giapponesi avrebbero difficilmente accettato gli Americani come esempi per la riforma dello Zen, specialmente in Giappone. Quindi è naturale chiedersi, perché gli studenti di Suzuki e di Bakers ne parlarono così spesso? E qual’era l’intenzione di Suzuki qui? Inoltre, se c’era un qualcosa da riformare nel Zen Soto Giapponese, l’automatica trasmissione del Dharma per quasi tutti i preti, spesso tra padre e figlio, sarebbe la prima della lista. Perché Baker perpetuò una tale semplicistica visione di Suzuki? Io non lo so per certo, ma il libro ‘Zen Mind, Beginner's Mind’ fu pubblicato nel 1970, solo un anno prima che lo stesso Baker ricevesse la trasmissione del Dharma e il titolo di maestro Zen. Downing rivela che dal 1969 Suzuki l’aveva reso noto, a Baker e ad altri nel Centro, che Baker doveva essere il suo erede del Dharma. E Baker usa le parole di Dixon per iniziare la descrizione di Suzuki Roshi, con la strana frase "un Roshi è. .." Questa sostituisce ciò che dovrebbe essere la descrizione del loro stretto e amato insegnante Suzuki Roshi, una persona reale, con l'astrazione "un Roshi". Ma Baker certamente sapeva che, nella migliore delle ipotesi, ogni Roshi doveva essere pienamente realizzato. Detto più estesamente, Baker inserì una più idealizzata descrizione delle presunte qualità e caratteristiche di Suzuki Roshi, generalizzandola a tutti i Roshi, in realtà sapendo che inevitabilmente, a breve, avrebbe dovuto essere applicata a se stesso. Anche se le burocratiche "trasmissioni" nella "nétta Soto non hanno nulla a che fare con una visione spirituale, l’istituzione Soto non fa nulla per dissuadere le persone che pensano che ci sia una sicura connessione mente-a-mente tra i suoi "roshi" e il Buddha storico. In realtà, il lignaggio di Suzuki, ora e fino a quando la linea sopravviverà, prosegue tramite suo figlio Hoitsu, Baker, ed una sconosciuta persona. In particolare, al Centro Zen di San Francisco, la linea di Suzuki prosegue con la burocratica "trasmissione" a suo figlio Hoitsu. Nel tempo, Suzuki, Baker, Hoitsu, e lo Sconosciuto si fonderanno in quella immacolata "storia" dei patriarchi. Questa non è storia antica. Davanti ai nostri occhi abbiamo una persona vivente che diventa un personaggio non-storico senza volto. E’ un’equilibrata descrizione in cui ogni qualunque Roshi è sostituibile con qualsiasi altro Roshi, e che in realtà non è affatto una persona. Non vi è nulla nella descrizione che consenta a qualcuno, in futuro, di distinguere Suzuki, Hoitsu, o uno qualunque dei loro eredi, da uno dei migliaia di antenati santificati. Questa formulata raccolta di qualità di un maestro Zen, non è neutrale. Le esperienze di legittimità, realismo e credibilità celano le nascoste correlazioni di potere. Questa "non-persona", cioè, un Roshi, è un persona generica, che presumibilmente è un vero membro della famiglia del Buddha, detentore della Verità Assoluta, la cui funzione, oltre a creare un erede per mantenere vivo il lignaggio, è quella di esercitare l'autorità: di essere ascoltato, obbedìto e riverito. E forse l'aspetto più importante, la sua autorità sarà intesa con qualità date-per-scontate come naturali. Potere istituzionale, autorità, ordine e gerarchia sono, quindi, compiuti attraverso l'auto-censura da parte dei membri, un metodo ben più efficace per controllare il dissenso e le varie domande, che non la coercizione da parte dei leader. Nelle interviste, non si fa menzione che Suzuki stesso potrebbe essere in parte responsabile per quei successivi problemi. E' possibile che Suzuki avesse un tipo di attaccamento paterno per Baker. Suzuki dette seguito al successivo problema dando la trasmissione solo a Baker, escludendo altri occidentali, non avendo capito il carattere di Baker, non riuscendo a mitigare la sua autorità in qualsiasi modo, e non riuscendo a spiegare chiaramente il metodo storico e comune della trasmissione del Dharma così com’era stato ed è utilizzato nel Soto Zen. Non essendo stato in grado di spiegare chiaramente, ai suoi discepoli al SFZC, il significato della sua trasmissione a Baker, pur sottolineando che essa era "reale", Suzuki decise di perpetuare una finzione e disonorare la fiducia che essi gli avevano dato. La sua volontà che il Centro crescesse rapidamente e di riforma del Soto Zen in Giappone, può anche aver contribuito ai problemi che si crearono. Comprensibilmente, Suzuki potrebbe non esser stato in grado di leggere tutto il divario culturale tra il Giappone e l’America e quindi non vedere i difetti del carattere di Baker che erano evidenti per alcuni dei suoi studenti Americani non illuminati. Infine, poiché Suzuki scusò Baker per quanto stava per fargli, cioè, di dare a lui e solo a lui la trasmissione del Dharma, Suzuki sapeva che con Baker non era tutto giusto o maturo. Tuttavia, per ragioni note solo a lui, egli procedette a fare di Baker il suo unico erede Americano del Dharma. È difficile quindi non concludere che Suzuki, in molti altri modi una persona ammirevole, ebbe una grande responsabilità dei problemi che seguirono la sua morte. Perché dovremmo pensare che Suzuki scelse Baker come suo unico erede Americano del Dharma in base al suo livello di "realizzazione spirituale?" Dopo tutto, le uniche sole due precedenti trasmissioni di Dharma che Suzuki dette, a suo figlio Hoitsu ed allo Sconosciuto, non furono affatto basate sulla loro realizzazione. Ricordo lo studente senior che citò la frase di Suzuki: "L'impegno di Dick (Baker) è a un altro livello, così che il resto di noi semplicemente non era nella posizione di criticarlo". C’è da notare che Suzuki non menzionò la "realizzazione spirituale", ma piuttosto l'impegno. E questo non sorprende se si pensa che "realizzazione spirituale" nello Zen Soto raramente diventa un criterio di trasmissione del Dharma. Tuttavia, ci si può chiedere, "A quale impegno si stava riferendo Suzuki?" Forse che l'impegno di Baker nella pratica dello Zen era maggiore rispetto a quello degli altri discepoli assai impegnati e vicini a Suzuki? Oppure Baker, oltre all’impegno nello Zen, era forse impegnato più alla crescita istituzionale che ad altri tipi di ricerca e, soprattutto, l'unico discepolo che possedesse le necessarie competenze e qualità per raggiungere il livello di crescita, quel tipo di crescita che Suzuki desiderava? Tutto questo, nel contesto di Suzuki, era ‘il maestro Zen’, un uomo la cui qualità di vita è descritta come: "equilibrio, vigore, onestà, semplicità, umiltà, sicurezza, gioia, vera perspicacia e compassione insondabile". Si tratta di una persona senza-difetti, che non ha interessi personali, desiderio, calcolo interiore, o manchevolezze. Eppure sappiamo tutti che una persona così non è umana. Solo Suzuki, o qualsiasi altro maestro Zen, appaiono così, se però non guardiamo alla loro vita reale. Ma questo è il modo in cui Suzuki o Baker o qualsiasi Roshi viene presentato. E questa stessa presentazione è la merce della macchina Zen. Essa significa, "Non chiedere. Credi a me". E’ un sogno istituzionale che deve essere analizzato utilizzando la sua stessa descrizione. Mente Zen?
Richard Baker è un uomo che attraverso il rituale della trasmissione del Dharma è stato insediato nell’ "autentico" lignaggio ininterrotto della "nétta Zen Soto, che risale al Buddha storico. In futuro, il suo nome sarà utilizzato come prova di autenticità per qualcun altro, il quale, anch’egli sosterrà questa autentica connessione con il Buddha. Questa è l’unica ragione per cui stiamo lavorando al suo caso, per vedere come funziona il sistema, come ha sempre funzionato. Quando si arrivò alla trasmissione data da Suzuki a Baker, tutti gli studenti intervistati da Downing praticamente supponevano che si trattasse di una "reale" trasmissione. Era ritenuta "reale", perché arrivata dal santo Suzuki, e Suzuki stesso disse che essa era "reale". Dicendo questo, egli sottolineò la garanzia che in Baker risiedeva l'essenza del lignaggio Zen. Uno studente addirittura dichiarò che "L'unica cosa che pareva indiscutibile era la Trasmissione di Richard". Non aveva importanza il fatto che Baker non sembrasse offrire ai suoi studenti "la prova vivente che... l'obiettivo apparentemente impossibile [dello Zen] può essere realizzato in questa vita", come lo stesso Baker aveva descritto la funzione dell’insegnante. In effetti, un certo numero di studenti più anziani, che avevano conosciuto Baker per anni, lasciarono il Centro Zen, quando egli si installò come Roshi e abate del SFZC. Se qualcuno cercava di fare domande su qualche aspetto del comportamento di Baker, sia Baker che i discepoli anziani gli ricordavano che Baker era l'unico Americano erede del Dharma di Suzuki. In più, i discepoli anziani costantemente sottolineavano che la trasmissione di Baker era reale, che essa lo rendeva un "puro vaso (contenitore) del Dharma", un uomo di saggezza, ben oltre l’ovviamente limitata comprensione e sospetti dell’interrogante. Era tutto quasi come una magia teatrale, in cui, se qualcuno riceveva la trasmissione del Dharma, e, di conseguenza, era un presunto essere illuminato, sarebbe diventato una persona diversa che poteva fare tutto ciò che voleva. Una delle giustificazioni sentite a volte dalle mie orecchie, è che l'illuminazione non riguarda la moralità. Non sorprende, quindi, che praticamente il 100% delle volte, queste violazioni della moralità siano proprio al servizio degli interessi e del piacere dei presunti ‘illuminati’. Sembra che l'enfasi sulla saggezza dello Zen, che dà alla compassione solo qualche parola, sia veramente posta più sul potere. E' chiaro che i membri anziani del Centro Zen, intorno a Baker, erano ben indottrinati su questa presunta ideologia Zen. Finché si intese che Baker era l'unico erede del Dharma di Suzuki, fu estremamente difficile per tutti fare domande circa il comportamento e lo stile di Baker. Perciò, certe domande non gli furono mai apertamente poste: Stava egli agendo in un modo arrogante? Aveva abusato di confidenze fattegli in dokusan (l’incontro privato tra insegnante e studenti, relativo alla pratica dello studente, un elemento molto importante nella formazione Zen) per scopi personali? (nelle interviste di Downing emerse che egli lo fece). Era ipocrita nel reprimere i suoi studenti a non flirtare tra di essi, mentre lui svolgeva numerosi affari con le sue discepole di sesso femminile, tra cui uno che ruppe il matrimonio del suo migliore amico? Il suo stile di vita era meno che esemplare? Stava egli agendo principalmente con il suo proprio auto-interesse in mente? Cosa era, o non era, implicato della trasmissione di Suzuki in Baker? Forse che egli non era una persona pienamente realizzata? Queste e molte altre domande, denunce, critiche, e fatti forniti dai suoi discepoli, non furono poste. In America, è comune nello Zen e in altre comunità guidate da un insegnante carismatico, visionare eventi che potrebbero generare domande e problemi come questi, non come ‘reali’ problemi di vita, ma come "mezzi abili" utilizzati per trasmettere l'essenza dell'"Insegnamento". Ho visto tale punto di vista espresso in altre quattro principali comunità Zen, come pure in una comunità Tibetana. Tra i praticanti in Occidente, è di moda considerare il pensiero critico come "anti-Zen". Con questo punto di vista, l'intero spettro del possibile pensiero è ora racchiuso e limitato in una presentazione mitologica dello Zen, che fu una creazione completata nel XI° secolo in Cina. L’analisi e/o l’uso attivo della "mente discriminante" è disapprovato, o peggio, è visto come segno di un ego troppo grande. Qualsiasi genuina interpretazione o il puro domandarsi sul significato della trasmissione del Dharma, del lignaggio, del Roshi Zen, il loro posto nell’istituzione, le loro responsabilità, e così via, sono fatti sembrare assurdi. L'idea e il rituale della trasmissione del Dharma, piuttosto che il significato o il contenuto di tale trasmissione, diventa il fatto preminente e significativo. Lo Zen eleva i suoi leader allo stato super-umano, e quindi enfatizza che noi si debba essere obbedienti e sottomessi ad una potente ed estremamente compiuta autorità, proprio perché il leader è estremamente potente e compiuto. C'è forse da meravigliarsi che da ciò ne conseguano gli inevitabili abusi che abbiamo visto negli ultimi trenta anni? I Membri del Centro Zen
I praticanti del Centro Zen di San Francisco hanno un serio impegno verso la loro pratica. Un ripetuto tema in tutto il libro di Downing è l’ingiunzione di Suzuki a "sedersi", il che significa fare la seduta di meditazione. Interessante è che Downing abbia spesso calcolato le ore che i singoli membri anziani avevano meditato. Egli calcola dagli anni Settanta 10-15000 ore, e che la maggior parte dei praticanti senior dal 1987 aveva meditato sui cuscini ognuno per circa 20-25000 ore. Con questo investimento, è plausibile che uno potrebbe non voler osservare troppo da vicino il comportamento del maestro. Va tenuto presente che, dal 1982, i membri anziani avevano spesso più di quaranta anni ed erano stati a praticare nel Centro Zen per quindici o più anni. Aldilà del comportamento discutibile di Baker, l’erede scelto da Suzuki, Downing rivela che molte delle persone anziane si accapigliavano per le posizioni di autorità, potere, denaro e vantaggi. Alcuni dei membri più anziani apparivano timorosi di sollevare domande difficili con Baker, forse per paura di perdere la propria posizione privilegiata. Uno studente ha detto che, "alcuni dei preti più alti erano con lui per una trasmissione-a-premio", o come ha affermato un altro, "Erano ambiziosi, e solo Richard poteva darla [la trasmissione] ad essi, perché era l'unico che la aveva". Uno dei membri più anziani e forse più espliciti e che alla fine fu scacciato da Baker, ha affermato, "questo era un sistema in cui bisognava far finta di niente, perché era troppo rischioso farsi vedere svegli". I nuovi arrivati, ovviamente cercavano i preti anziani come guide o amici, ma così facendo, essi potevano essere stati tratti in errore. Era tutto come una sorta di "gioco" Zen in cui se uno parla o fa domande sbagliate, il "gioco" è rovinato o finito, almeno per quella persona. I membri senior sembravano anche ciechi alle voci degli altri e chiudevano le critiche. C’era la diffusa presunzione nel loro pensiero che essi fossero il centro, o il "lato acuto" dello Zen, in America, inconsapevoli che molti altri gruppi Zen stavano formando dei Centri in città e paesi e anche sperimentando idee di creare monasteri, gruppi di pratica, e di formare un sangha di vita in comune. Downing mostra che ogni giorno essi anche negoziavano per attrezzature utilizzate nei loro ristoranti quando aprirono Green’s Restaurant, essi ebbero uno sproporzionato senso della propria importanza in una più vasta comunità. I membri anziani ciecamente e inconsciamente acquisirono la mitologia Zen e la trasmissione di Baker essendo al di sopra e fuori questione. Come è comune tra i membri di nuove religioni, essi si consideravano speciali. Ci si dovrebbe chiedere se c'è qualcosa di carente nella semplice prescrizione di Suzuki a "solo sedersi"… Purtroppo, questo fatto non è sorto né considerato da nessuno dei membri del Centro Zen intervistati nel libro. Va notato che dopo il 1983 fu istituito lo studio di sutra, testi Zen e storia. Ma, dato che nessuno intervistato nel libro espresse alcun parere al di fuori del modello di Zen standard, uno potrebbe chiedersi se la storia dello Zen insegnata presso il Centro Zen di S. Francisco non fosse solo leggenda? Anch’io sono stato membro di un Centro Zen, in cui anche noi sentivamo che il nostro gruppo e lo stile di pratica erano in qualche modo unici. Il problema qui non è come fosse stato interpretato dai singoli studenti in maniera insensata, o anche in modo autonomo, il monito a "sedersi"- perfino per ventimila ore – esso non è una garanzia contro la stupidità o illusione. I moniti a "solo-sedersi", "solo praticare", sono un modo in più in cui la fiducia nella propria facoltà di discriminazione o di qualsiasi altra pratica buddhista sono tagliati fuori. In realtà, essi significano, "non domandare, non guardare!" E' importante ora ricordare che le interviste di Downing furono condotte nel periodo 1998-2000 molto tempo dopo che gli eventi al SFZC ebbero luogo. Le persone intervistate hanno avuto la comodità del senno di poi. Nonostante ciò, pochi intervistati sembrarono essere consapevoli che continuamente ripetendo la storia della trasmissione senza riflettere e senza fare lo sforzo di comprendere ciò di cui essi facevano parte, in realtà, essi erano diventati parte integrante della creazione di un nuovo mito, che poi fu utilizzato da persone come Richard Baker. Gli studenti del Centro Zen di San Francisco ed anche gli altri studenti nel corso della storia sono stati una delle cause del problema. Lo studente che entra nella "pratica" dopo aver letto un mito, si aspetta di trovare il mito, e poi pensa di aver trovato il mito. Quello che invece viene realmente trovato è un'altra storia di cattivo comportamento umano. Baker è la somma di tutto ciò…
Baker, circa sei anni dopo esser stato costretto a lasciare, nel 1989 minacciò di riprendersi il Centro Zen andando in tribunale. Baker affermò che il Centro "stava rinnegando 2500 anni in cui il buddhismo si era sviluppato e continuato...". Egli fece una serie di altre affermazioni storicamente inesatte e, alla fine, fece una causa dicendo di essere stato costretto ad istituire la minaccia per colpa di un avvocato di un suo studente: "Questo avvocato mi ha spiato con microspie". Baker inoltre affermò che stava cercando di "proteggere l'eredità e il lignaggio di Suzuki Roshi". Downing cita uno studente di spicco dei più anziani che si espresse in modo diverso, "Dick cercò di riprendersi il Centro Zen". La causa costò al SFZC da $35.000 a $40.000 in spese legali in un periodo in cui esso era sotto una pressione finanziaria. Mentre era leader del SFZC, Baker acquistò una nuova BMW bianca e divenne un punto di riferimento per gran parte della rabbia e dei risentimenti che membri del Centro Zen sentivano verso di lui. Al momento dell’acquisto, Baker aveva giustificato la necessità di una macchina così costosa a causa del suo dover guidare troppo. "Questa ha una guida fantastica", disse, "e si è sicuri nel guidare perché si può mantenere le gambe nella postura zaZen". Baker aggiunse anche di stare "su un rotolo", mentre amoreggiava con la sua ultima fidanzata, e che i suoi pari, come Werner Erhard ed il noto maestro Tibetano Chogyam Trungpa, avevano gli autisti e grandi Mercedes, e quindi "Io ho pensato di dover comprare una vera macchina"… Durante la sua intervista con Downing, Roshi Baker spiegò che avere una "bella macchina", le fidanzate e l’andare a cena fuori, erano adempimenti nell’impegno di Suzuki Roshi di una pratica laica. "L’uomo santo non è ciò che è, ma è ciò che significa agli occhi di coloro che non sono santi, ciò che offre il suo valore storico nel mondo. E' per questo che si sbaglia su di lui, ecco perché si travisano i suoi stati d'animo e si tracciano linee così forti, come è possibile tra sé-stessi e lui, come se egli fosse un qualcosa di assolutamente incomparabile e stranamente sovrumano – da aver maturato quello straordinario potere con cui egli potè dominare l'immaginario di intere popolazioni ed epoche". (Friedrich Nietzsche, ‘Human, All Too Human’ (1878) --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Note bibliografiche Introduzione: Si accolgono con favore le osservazioni da parte dei lettori. Si prega di inviare una mail a slachs@worldnet.att.net. Per una recensione di ‘Shoes Outside the Door’, vedi Crews, Frederick, "Zen e The Art of Success", The New York Review of Books, 28 mar 2002: 8-11.Io sono stato interessato allo Zen in America per oltre trent’anni, durante i quali ci sono stati molti problemi e sconvolgimenti, alcuni simili al caso di Baker descritto nel libro di Michael Downing, ‘Shoes Outside the Door’, altri più sottili e meno evidenti. Buona parte dello scopo del buddhismo è quello di ridurre la sofferenza e l’illusione. Un componente del Buddhismo è di riconoscere la causa e l'effetto. Eppure, ho trovato che all'interno delle comunità Zen c'è ben poco di auto-esame riguardo allo Zen come istituzione e alla sua auto-definizione e che gli effetti di questo si vedono nel mondo di carne e sangue delle persone. Nel libro di Downing abbiamo visto che nel Centro Zen di San Francisco c’era molta illusione, sofferenza e dolore, una situazione che, purtroppo, si è ripetuta in ogni altra parte dell'America per circa trentacinque anni. Alcuni mi hanno detto che la mia visione, istruita dallo studio storico (in contrapposizione alla fittizia storia propria dello Zen), sociologia, politica e analisi sociale, nonché dal lungo coinvolgimento personale, è stata utile per chiarire alcuni della loro illusione e nel ridurre il dolore di altri. Spero che sia così anche con questo mio articolo. Scrive Peter L.Berger, noto sociologo Americano, "Diversamente dai burattini, noi abbiamo la possibilità di fermarci nei nostri movimenti, osservando e percependo il meccanismo con cui noi veniamo spostati. In questo atto si trova il primo passo verso la libertà". In questo articolo non si dice che non c'è posto per un maestro Zen. Così come in ogni campo, vi è la necessità di insegnanti esperti ed emancipati. Tuttavia, dare credito ad un insegnante, grazie al suo titolo o ruolo, e presunte qualità che in realtà non possiede, significa incappare in problemi. Un maestro Zen può certamente aiutare i suoi studenti nella loro pratica, può incoraggiare gli studenti a essere diligenti, guidare la loro pratica di meditazione sia in incontri pubblici e privati, offrire aiuto nei momenti difficili, spiegare testi Zen agli studenti per arricchire il senso della tradizione ed esplicitare le idee buddhiste e Zen. Soprattutto, l’insegnante può ispirare i seguaci stabilendosi come un esempio vivente tramite le interazioni con gli studenti, con le altre persone e con la condotta della loro stessa vita, per dimostrare che la pratica Zen può far diventare un essere umano più saggio e più compas-sionevole. Inoltre, poiché intorno all'insegnante ci sono altri praticanti, è molto utile far parte di una comunità (o gruppo) di praticanti esperti. Il caso Baker è avvenuto all'interno di un determinato contesto, e per capire come è accaduto, è utile guardare non solo a Baker, ma anche alle ‘auto-definizioni’ dello Zen istituzionale ed ai modelli di vita sociale che essi hanno generato negli Stati Uniti. Finché uno inizia a vedere le istituzioni religiose, come istituzioni che funzionano in un contesto particolare, soggetto come le istituzioni secolari alle stesse problematiche relazioni di potere, problemi come quelli verificatisi al Centro Zen San Francisco e nelle organizzazioni buddhiste in tutto l'Occidente saranno quasi inevitabili. L'attuale crisi della Chiesa Cattolica comprova la necessità per una tale analisi istituzionale. L'opinione pubblica dimostra che mentre i parrocchiani sono, ovviamente, turbati per l'abuso di bambini e giovani ragazzi da parte dei sacerdoti, essi sono ancor più sconvolti dal fatto che le stesse istituzioni coprano e neghino un tale comportamento. La suprema gerarchia della Chiesa ha mostrato una costante preoccupazione nel proteggere e mantenere la preminenza dei prelati abusivi e la santità della istituzione della Chiesa Cattolica, piuttosto che preoccuparsi per i bambini e gli adolescenti affidati alle loro cure. Il mio punto di vista sullo Zen come istituzione, su alcuni dei suoi problemi, e su come essa opera, di massima è totalmente espresso nel mio articolo "Means of Authorization: Establishing Hierarchy in Zen Buddhism in America", (vedi traduzioni su questo sito: http://www.superzeko.net/dharma_di_aliberth_da_rivedere/chanzen.htm e http://www.superzeko.net/dharma_di_aliberth_da_rivedere/gerarchia.htm) scritto come parte di un saggio sul Chan all'American Academy of Religion Conference, a Boston nel 1999. E’ anche disponibile su Internet – sul sito della AARC (dove è possibile accedere anche ad altri articoli sul Ch'an) o su DarkZen (anche in questo sito si possono trovare altri saggi sullo Zen). Questo articolo può servire, anche a chi non è uno studioso, come panoramica o introduzione allo studio dello Zen moderno ed offre una visione critica delle idee Zen più importanti del maestro, della trasmissione del Dharma, e del lignaggio ininterrotto. Non solo il lavoro di scrittori Zen, ma di analisti politici, critici sociali e sociologi, hanno formato il mio coinvolgimento con la pratica e la mia riflessione sullo stato dello Zen contemporaneo in Occidente. Ho trovato particolarmente illuminante il lavoro dei seguenti analisti sociali: Peter L. Berger, Pierre Bourdieu, Noam Chomsky, Edward Herman, David C. Korten, Thomas Lukach, Howard Zinn e Angela Zito. In particolare il libro di Peter L. Berger, ‘The Sacred Canopy: Elements of a Sociological Theory of Religion, Doubleday’, 1967, pp. 3-101, che applica la costruzione sociale della teoria della realtà, e la religione. Berger dice, "Ogni società umana è un impresa di costruzione del mondo. La religione occupa un posto preminente in questa impresa". Paradossalmente, ciò che segue è per molti aspetti un testo religioso. Raccomando fortemente questo libro, soprattutto le prime 101 pagine. Sono anche assai grato a Mark Baldwin, Sandra Eisenstein, Simeon Gallu, Grace Luddy, Kevin Matthews, Bruce Rickenbacher e Marlene Swartz per le molte ore di discussione, i suggerimenti utili, e per l’assistenza editoriale.
L'Istituzione Zen: C'è una ricchezza di emozionanti studi, disponibili in inglese, sul contemporaneo Zen. Sono molto in debito con i lavori dei seguenti studiosi, tra gli altri, le cui intuizioni critiche nello Zen/buddhismo hanno fortemente influenzato la mia opinione: Robert Buswell, Alan Cole, Bernard Faure, T. Griffith Foulk, Robert M. Gimello, Peter N. Gregory, John Kieschnick, John R. McRae, A. Charles Muller, Mario Poceski, Robert H. Sharf, Morten Schlutter, Gregory Schopen, Brian Victoria, Albert Welter e Dale Wright. Esaminare il lavoro di uno qualsiasi degli studiosi qui sopra è di grande utilità per i lettori interessati che desiderano esplorare lo studio del buddhismo/Zen contemporaneo. Un buon modo per cominciare ad esaminare lo studio e la visione della storia e dello sviluppo del primitivo Chan è leggere il libro di T. Griffith Foulk, Myth, Ritual, and Monastic Practice in Sung Ch'an Buddhism in, Religion and Society in T'ang and Sung China, Ed by Patricia Buckley Ebrey and Peter N. Gregory, University of Hawaii Press, 1993, pp 147-205. Per vedere come i più eminenti Roshi Zen Giapponesi, ed alcuni dei Roshi associati, che portarono lo Zen in America, nonostante la retorica del modello standard di Zen, operavano in Giappone circa dal 1911 attraverso la Seconda Guerra Mondiale, vedere Brian Victoria, ‘Zen at War’, Weatherhill, 1997. Vedere anche il suo ‘Zen War Stories’ pubblicato nel 2002. Purtroppo, la comunità Zen Occidentale non ha esplorato le molte importanti questioni implicite in Zen at War. C’era un articolo di Brian Victoria che argomentò osservazioni antisemite formulate da Yasutani Roshi nella rivista ‘Tricycle’ (autunno/inverno 1999). Un interessante dibattito tra Victoria e i membri del gruppo Deshimaru (AZI) che difendevano il coinvolgimento bellico di Sawaki Roshi, maestro di Deshimaru, risalente già alla seconda guerra mondiale,è disponibile su internet. Questo gruppo è il più grande gruppo Zen della Franca ed è attivo negli Stati Uniti così come in altre parti d'Europa. Per una più ampia visione dei koan Zen vedere, The Koan, Ed. by Steven Heine and Dale S. Wright, Oxford University Press, 2000. Una nota speciale vi è negli articoli di Heine, Wright, Foulk, McRae, Welter, Schlutter, Michel Mohr e Shudo Ishii. Per un esame più approfondito dei primi lignaggi del Chan e delle verità sostenute, è bene leggere un’analisi critica testuale piuttosto che leggere "informazioni sulla Verità e Pratica" o "affermazioni storiche della loro verità", vedi Alan Cole, "It's All in the Framing", un articolo di cui al U.C. Berkeley, 17 marzo 2002. Cole, che insegna al ‘Lewis & Clark College’, ha scritto anche due provocatori libri che saranno presto pubblicati, uno sui sutra Mahayana e l'altro sui primi testi Chan e la "nascita" dei Buddha Cinesi. Il fatto che Kapleau non ha mai ricevuto la trasmissione del Dharma, è stato esposto in una pubblica lettera da Yamada Roshi nel febbraio 1986. Koun Yamada è erede del Dharma di Yasutani Roshi. Egli divenne leader della scuola Sanbo-kyodan Zen iniziata da Yasutani. Vedere anche la lettera pubblica inviata da Kapleau a Yamada, sempre nel febbraio del 1986. Ho le copie di entrambe tali lettere. Se qualcuno desidera una copia, inviatemi una email…. Per un eccellente articolo sul Sanbokyodan Zen, un’importante "nétta Zen in Occidente, vedere Robert Sharf, "Sanbokyodan, Zen and the Way of New Religions", Giornale Giapponese di Studi Religiosi, Fall 1995, vol. 22, n.3-4. Yamada dette la trasmissione del Dharma a Robert Aitkin, benché Aitkin ed il suo Diamond Sangha in seguito si separarono dall’organizzazione Sanbo-kyodan dopo la morte di Yamada. Questo accadde perché Aitkin, essendo straniero, dal nuovo leader Kubota Roshi, fu inibito dal dare la trasmissione del Dharma, mentre Giapponesi di pari grado che stavano nell'organizzazione erano autorizzati ad avere questo privilegio (p.451). Problemi Al Centro Zen di San Francisco - Per un importante sguardo alla biografia ed agiografia del buddhismo, e non solo Chan, il lettore può cercare John Kieschnick, ‘The Eminent Monk’, University of Hawaii Press, 1997. In alcune di queste biografie, le persone in seguito nominate come monaci Chan furono elencate in altre categorie, ad esempio, Master Yantou Huo come asceta e Master Xingzhi come benefattore. In una nota raccolta, il famoso grande Maestro Yunmen non è affatto registrato. Motivi istituzionali e personali giocarono un ruolo importante nella stesura delle raccolte biografiche buddhiste; questo è particolarmente vero nei testi degli antichi lignaggi del Chan. Per uno sguardo di come fantasie religiose possono causare problemi, specialmente con i leader, vedere "Religion and Alienation" in Peter L. Berger, ‘The Sacred Canopy’, pp, 81-101. Dal punto di vista del potere e del controllo, la politica e la sfera religiosa si sovrappongono. Per uno sguardo dalla prospettiva politica che ha applicazione nella scena religiosa, vedere David Edwards, "A Chest of Tools for Intellectual Self-Defense" in Burning All Illusions, South End Press, pp. 177-224.
Suzuki Roshi - Per le parole pubblicate di Suzuki Roshi vedere il noto ‘Zen Mind, Beginner's Mind’, ed. Weatherhill, 1970. Si veda anche, Edward E. Brown, “Not Always So: Practicing the True Spirit of Zen, Harper Collins, 2002, Branching Streams Flow in the Darkness: Zen Talks on the Sandokai, Ed. Mel Weitsman and Michael Wenger, University of California Press,1999, e per una biografia della vita di Suzuki vedere, David Chadwick, Crooked Cucumber: The Life and Zen Teaching of Shunyru Suzuki, Broadway Books, 1999. Per ulteriori informazioni sull’istituzione del Soto Zen in Giappone vedere T. Griffith Foulk, "The Zen Institute in Modern Japan ", pp.157-177, Zen, Tradition and Transition, Kenneth Kraft ed., New York, Grove Press, 1988. Per una storia dell’antico Zen Soto e come la setta Soto ha inteso la trasmissione del Dharma dal 1700 circa, vedere William M. Bodiford, ‘Soto Zen in Medieval Japan’, University of Hawaii Press, 1993, p. 215. "La trasmissione Zen del Dharma tra maestro e discepolo si potrebbe verificare solo se il discepolo ha realizzato l'illuminazione, proprio per questo è stato approntato il lungo rito di iniziazione personale".Per un’analisi dell’idealizzato stile uni-dimensionale di descrivere un Roshi, essendo quello di Suzuki in Zen Mind, Beginner's Mind solo un esempio attuale, consultare la sezione "Simpleness" dell’articolo di Alan Cole già menzionato in precedenza, "It's All in the Framing", p. 6. Vedi anche il suo prossimo libro sui primi testi Chan per un unica dissezione dei dichiarati primi lignaggi e i suoi testi a sostegno. Per l'analisi delle relazioni di potere insiti nella descrizione uni-dimensionale di un Roshi e per come è ritenuto naturale, consultare "Symbolic Violence and Social Reproduction" and "Uses of Language" in Richard Jenkins, Pierre Bourdieu, Routledge, 1992, pp.103--110 e pp.152-162, rispettivamente. Si veda anche, The Sociology di Georg Simmel, trad. e ed. Con Kurt Wolff, Free Press Paperback, 1950 per una discussione sull’autorità, prestigio, subordinazione e socialità. L’ingiunzione di Suzuki a "solo-sedersi", come un tipo di medicina per rispondere a tutte le questioni e problemi, apparentemente non si applicò al suo figlio del Dharma trasmesso, Hoitsu. Mentre era in Giappone, per cercare di creare un luogo di pratica per i membri del Centro Zen, Baker scrisse, "Noi dovremmo spiegargli che lui [Hoitsu] non è affatto chiamato a partecipare alla pratica, ancor meno come capo... Egli non si siede in zaZen, e solo canta quando deve fare un servizio per qualcuno". E Downing aggiunge, "Suzuki ricordò a Richard [Baker] che Hoitsu aveva una famiglia e due figli. Non risultava che anche Richard avesse una famiglia, come invece l’avevano la maggior parte dei preti del Centro Zen"(Shoes Outside The Door), p.135. E' interessante tener presente che il lignaggio di Suzuki è tuttora vivo oggi al Centro Zen di San Francisco proprio per le trasmissioni date da Hoitsu. E' stato anche detto che Suzuki credeva che la trasmissione del Dharma deve essere "reale", il che implica che non vi è una trasmissione del Dharma "non-reale". Anche se questi temi sono menzionati diverse volte dagli studenti, appare curioso che nelle interviste di Downing nessuno abbia mai messo in discussione ciò che questo significasse, nessuno menzionò cosa volesse intendere Suzuki, perché la trasmissione a Baker fosse presumibilmente reale o se Suzuki o Baker spiegarono mai la differenza tra trasmissione "reale" e non-reale. I templi Soto in Giappone sono spesso un affare di famiglia, sono tramandati di padre in figlio, come Suzuki stesso fece con suo figlio Hoitsu. E’ però importante che il capo di ogni tempio Soto debba avere la trasmissione del Dharma. Quindi, circa il 95% di tutti i sacerdoti Soto in Giappone hanno la trasmissione del Dharma, e molti dei quali la ricevettero dopo aver trascorso al massimo tre anni in un monastero, alcuni addirittura con meno di sei mesi. (T. Griffith Foulk,"The Zen Institute in Modern Japan", pp. 157-177). Nell’ultima parte del libro, Downing sottolinea che il Centro Zen di San Francisco ha burocratizzato la trasmissione del Dharma così che una persona, per ricevere la trasmissione del Dharma, è costretta a passare dieci o dodici anni accettando di dover sottostare al sistema. Questo è molto simile al Soto Zen Giapponese, con minime variazioni per differenze sociali e culturali. Ironicamente, uno potrebbe chiedersi, che cos’è quello che Suzuki sperava di riformare? In questo caso, sembrerebbe che egli abbia fallito questo compito in America. Mente Zen? - L'idea che lo Zen dia più importanza alla saggezza, mentre in realtà dà solo una scarsa voce alla compassione e quindi al suo potere, è una idea che ho appena cominciato ad esaminare. Ottenere la saggezza, nella visione Zen, è basato sulla trasmissione del Dharma, il che implica che la persona sia un essere illuminato. Più comunemente essa è offerta o data da un maestro ad un altra persona con limitata realizzazione, allo scopo di mantenere vivo il suo lignaggio. In ogni caso, questa supposta saggezza è al di là delle parole, non è comprensibile per i non illuminati, i quali quindi non sono qualificati per giudicarla o valutarla, sia se espressa a parole o nel comportamento del saggio. Il presunto Maestro illuminato ha l'ultima parola nel giudicare non solo il comportamento dello studente e le sue risposte verbali, ma anche tutto l’illuminato lignaggio passato, compreso il Buddha storico, commentando e giudicando ognuno e tutti i Maestri del passato, nei vecchi casi-zen (koan) e nei loro detti registrati.
Michel Foucault in "The Means of Correct Training - Discipline and Punish”,Vintage Books,(ristampa) 1995, pp. 170-195 discute una serie di aspetti del sistema penale, suo potere disciplinare e i semplici strumenti da cui deriva il suo potere: l'osservazione gerarchica, il normalizzante giudizio, e l’effetto della loro combinazione, cioè l'esame. Egli scrive: "Il perfetto apparato disciplinare sarebbe possibile se si riesce con un solo sguardo a vedere costantemente tutto". La comprensione Zen della saggezza imputa al Maestro la frase di Foucault "un solo sguardo per vedere tutto costantemente". Nei Centri Zen è normale parlare di poter sentire che il Maestro parli del tuo stato di mente proprio nel sentire i tuoi passi mentre ti rechi a fare sanzen/dokusan, semplicemente mentre ti vede in ogni attività, e con un solo colpo d'occhio, o nella versione più idealizzata, "egli ti riconosce perfino a distanza!" I Membri del Centro Zen – Ciò che nella società passa per "conoscenza" è costruito sulla base del lin-guaggio. I membri del Centro Zen hanno accettato e interiorizzato la maggior parte di tutte le auto- definizioni dello Zen, la sua storia e le forme sociali. Le attività fortemente ritualizzate dello Zen hanno aggiunto un'istanza viscerale alla struttura cognitiva. I membri, insieme a Baker, letteralmente costruirono il loro mondo basato sul linguaggio e la visione dello Zen accompagnato da un ritualizzato comportamento che al senso di essere incarnato vi ha aggiunto l’essere un partecipante attivo di quel mondo sacro. Un membro ha citato che Baker disse, "Io ho sempre agito con motivazioni pure; non mi sono mai interessato al mondo"(‘Shoes Outside The Door’, pag 237). Questa è la coerente visione del maestro presentata dallo Zen, il "Roshi puro, semplice, privo di desideri e auto-contenuto" che fu accettato inconsciamente dai membri del Centro Zen. Al tempo stesso, questa presunta immagine del Roshi privo di desideri è intesa come ispirante in noi il desiderio di lui. Cfr. Alan Cole, "It's All in the Framing". Sotto la leadership di Baker, sembra che il Centro funzionasse come una dis-funzionale famiglia, che nega che qualcosa sia sbagliato o problematico. Come è stato detto nell’articolo, i membri più anziani rassicuravano costantemente che tutto andava bene, quando i membri più nuovi facevano domande sull’attività di Baker. Curiosamente, uno dei membri più vecchi del Centro Zen, uno psicologo, fece un "sondaggio informale" delle persone che erano state nel Centro Zen per più di otto anni. "Qualcosa come più del novanta per cento di noi proveniva da famiglie alcolizzate o da nuclei familiari che erano stati dis-funzionali, con lo stesso modello". (Shoes Outside the Door, pag 289).
Baker è la somma di tutto ciò…- Per una prima visione degli eventi immediati intorno al caso Baker, vedere Katy Butler, "Events Are the Teachers", The CoEvolution Quarterly, inv. 1983, pp. 112-123. Baker ha affermato che il Centro, scacciandolo, "ha rinnegato 2500 anni di come il buddhismo è stato sviluppato e continua..." Tuttavia, il gioco di prestigio di Baker sostituisce la tradizione di 2500 anni di buddhismo con un fittizio ininterrotto lignaggio Zen risalente al Buddha. Lo Zen è un’invenzione Cinese che ebbe inizio all’incirca a partire dal settimo o ottavo secolo di questa epoca.
Alcuni seguaci Zen sono convinti che lo Zen sia solo interessato all'illuminazione e non sia interessato ad un comportamento personale o alla morale comune. Tuttavia, per un esame approfondito dei primi codici monastici del Chan e di come l’antico Chan vedeva e presumibilmente trattava l’erroneo comportamento dei monaci, vedere: T. Griffith Foulk,"The Ch'an School’ and Its Place In the Buddhist Monastic Tradition" Diss. University of Michigan, 1987. Questa testo si chiede pure se la scuola Chan esistesse del tutto come una "nétta separata e distinta nella dinastia Tang, (la presunta "età dell'oro del Chan"). Foulk dubita che la scuola Chan esistesse come una "nétta durante la dinastia Tang, con le sue proprie istituzioni monastiche. "Per riassumere, noi non abbiamo affatto fonti provenienti dal T'ang che menzionino o descrivano esplicitamente le "istituzioni Chan", p. 267. Lo Zen attribuisce a Pai-chang (morto nel 814), il suo primo codice monastico che presumibilmente stabiliva l’eccezione del Chan come una "nétta nella dinastia Tang. Tuttavia, non vi è alcun superstite testo delle ‘Regole’ di Pai-chang. Uno dei primi testi esistenti è "Regulations of the Chan Approach" (Ch'an men Kuei-shih, che non può essere datato prima del 988) che alcuni studiosi pensano fosse la prefazione alle ‘Regole’ di Pai-chang. Foulk non è d'accordo con questo punto di vista. Foulk offre le traduzioni, passo passo, di due versioni del testo, e analizza il contenuto e la loro struttura interna (pp. 347-379). "Essa è, fondamentalmente, una descrizione di una serie di procedure monastiche implicitamente attribuita a Pai-chang, scritta quasi come contesto storico e presentata con le proprie spiegazioni e gli elogiativi commenti degli autori".
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°° - Finito di tradurre nel mese di Febbraio 2009, per conto del Centro Nirvana, senza scopo di lucro - °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
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