Poiché, con ogni probabilità, il novizio non capì la risposta di Ummon "Un bastone per lo sterco secco", egli si ritirò in cucina a lavare i piatti, perplesso e sentendosi in colpa per la sua incapacità di comprendere. Dopo un po’ di tempo, gli fu detto di andarsene, e provare a cercare fortuna altrove. Quindi, così egli inizia la fase più importante della sua istruzione Zen, cioè il hsing-chiao, diventare un vagabondo, "viaggiando a piedi". [2] Quei critici che chiamano il metodo Ch'an irrazionale e mistico e, quindi, "assolutamente al di là dell’umana capacità di comprensione", sono uomini che non riescono ad apprezzare il grande valore educativo di questa terza fase, che consiste di spingere lo studente a viaggiare da una montagna all'altra, da un monastero all’altro, da una scuola all'altra, studiando sotto un certo maestro e poi da un altro. Molti dei famosi maestri Ch'an trascorsero quindici, venti o trent’anni vagando e studiando sotto molti altri noti maestri.
Lasciatemi citare ciò che Chu Hsi (1130-1200) disse nel suo profondo apprezzamento per il valore del "viaggiare a piedi" per le varie scuole Ch'an. Il grande leader dei movimento Neo-Confuciano era a letto malato e stava avvicinandosi alla morte, che arrivò pochi mesi più tardi. Uno dei suoi preferiti discepoli anziani, Ch'en Ch'un (1159-1223), era venuto a visitarlo ed a trascorrere alcuni giorni nella sua scuola. Una sera, Chu Hsi dal suo letto di malattia disse al visitatore: "Ora devi emulare il metodo hsing-chiao (viaggiare a piedi) dei monaci. Ciò ti permetterà di incontrare le migliori menti del regno, di osservare gli affari e le condizioni del paese, vedere il paesaggio e la topografia dei monti e fiumi, e di studiare le storiche tracce di origine e caduta, di pace e di guerra, giuste o sbagliate, dei governi di ieri e di oggi. Solo in questo modo potrai vedere la verità in tutti i suoi vari aspetti.... non vi è mai stato un saggio che non sapesse nulla degli affari del mondo. Non vi è mai stato un saggio che non sapesse affrontare situazioni nuove e mutevoli. Non vi è mai stato un saggio che sia sempre rimasto seduto da solo in meditazione a porte chiuse. ...".
Ritorniamo al nostro novizio vagabondo che, come un monaco, viaggia sempre a piedi, portando con sé solo un bastone, una ciotola, e un paio di sandali di paglia. Egli chiede sempre l’elemosina per il suo vitto e alloggio, spesso dovendo cercare rifugio in templi in rovina, grotte, o case abbandonate lungo la via. Egli soffre per le asperità della natura e talvolta deve sopportare la malvagità dell'uomo. Egli vede il mondo e incontra ogni sorta di persone. Egli studia sotto le grandi menti dei saggi, e impara a fare domande migliori e comincia ad avere reali dubbi su se stesso. Egli assiste i suoi simili con cui discute problemi e scambia opinioni. In questo modo, la sua esperienza viene approfondita e ampliata, e la sua comprensione aumenta. Poi, un giorno, gli capita di sentire la voce di una donna di servizio, o il canto frivolo di una ragazza che danza, o di odorare la dolce fragranza di un fiore senza nome - e all’improvviso, egli comprende! Com’è vero, "il Buddha era come un pezzo di sterco"! E com’è vero, "anche tre libbre di lino"! Tutto è così evidente, adesso. Come quello che accadde al primo maestro Zen femminile del Giappone, Chiyono, che vedendo le fasi della luna riflessa disse, "Il fondo del secchio è bucato". Ed egli copre lunghe distanze per ritornare dal suo vecchio maestro e, con le lacrime agli occhi e gioia nel cuore, gli rende grazie e venera i suoi piedi per aver voluto il suo bene e per non avergli reso le cose facili, così che egli ha potuto illuminarsi. In un precedente articolo, io faccio cenno al mio fratello più giovane che, mentre un giorno stava facendo pulizia nel suo attico, scoprì un grosso scatolone dimenticato di cose messe via che un tempo appartenevano a me. Tra i contenuti della scatola c’era una consunta copia del testo di buddhismo Zen di D.T. Suzuki: ‘Scritti Scelti di D.T. Suzuki’ (New York: Anchor Books, 1956), un libro che era rimasto al chiuso per almeno 20 anni. Le pagine erano consumate e sbiadite, e con gli angoli piegati verso il basso. Note a matita su tutti i margini e all’interno delle copertine. Le sentenze erano state sottolineate con inchiostro. Interi paragrafi erano evidenziati in un giallo ora appena visibile. Mio fratello mi ha ricordato di come io, non diversamente da Te Shan, ero abituato a portare questo libro come una bibbia nei miei ultimi due anni del liceo e anche molti anni dopo. A quel tempo chiunque avesse detto qualcosa su una qualunque cosa, sarebbe venuto fuori il mio libro. .. sempre pronto con una "risposta Zen". Non appena mi misi a sfogliare quelle fatiscenti pagine per la prima volta da più di 20 anni, le note, la sottolineatura, le evidenziature, tutto sembrò così strano. Andando indietro con la memoria, mi ricordai di come incontrai il mio mentore. Egli tra le due guerre aveva studiato sotto il Baghavan Sri Ramana Maharshi al suo ashram. Quando lo vidi per la prima volta rimasi colpito dalla sua calma serenità che sembrava dimorare in lui. Io allora lo pregai di "rendermi simile a lui". Poco alla volta, egli mi forgiò. Infine, pensando che non si sarebbe mai sbarazzato di me, egli cominciò a farmi delle proposte. Egli mi parlò del Vihangam Marg, la ‘Via dell’Uccello’; mi esortò ad acquistare e leggere il libro di Suzuki; poi mi inviò a studiare sotto il Roshi Yasutani Hakuun. Ma, niente. Allora mi spinse ad andare a studiare la pratica sotto il misterioso e anonimo maestro Zen americano, Alfred Pulyan. Stretto, molto stretto. Un giorno, eravamo appoggiati sulla ringhiera fortemente incrostata e arrugginita che si affaccia sul Pacifico lungo il bordo roccioso di un parco non lontano da dove vivevamo. Io non stavo affatto pensando al Buddha, né a che cos’è l’Illuminazione, quanto e se era qualcosa di lino o meno. Ciò che ora volevo sapere, era come io, cioè me specificatamente, potevo raggiungere, realizzare, fare, o diventare Illuminazione. Così chiesi: "Che cos'è l'Illuminazione?" Il mio mentore, girandosi e indicando leggermente all’interno, oltre il bordo del parco, un prato dietro di noi, rispose, "La cacca del cane diventa bianca stando al sole". Di sicuro, sembrava che un cane avesse lasciato il suo biglietto da visita sull’erba del prato, ma, avendone abbastanza di risposte Zen, io chiesi ancora, "Come posso essere illuminato?" Egli disse, "L'erba al centro cresce molto più alta e con un verde più scuro che non l’erba che sta intorno". Parlando del caso n. 36 nel Mumonkan, “Né le parole, né il silenzio di Goso”, Phillip Goodchild scrive che le domande poste ai maestri mostrano il linguaggio che funziona come una manifestazione delle credenze e dei desideri del richiedente. Queste convinzioni sono correlate con concetti che non sono pienamente formati e, di conseguenza, sorgono domande concernenti tali concetti. La mente attiva del richiedente rimane sul livello dei desideri soggettivi e concetti astratti, mentre la risposta abbandona tali argomenti e ritorna alla superficie della vita di tutti i giorni (Fonte). Come dice la ‘guaritrice-sciamana’ Maria Sabina, "La saggezza proviene dal luogo in cui è nata la sabbia". Ora, voi adesso avete una sensazione alquanto buona sul modo in cui il Wanderling ha ottenuto il suo nome, dalla tradizione Zen hsing-chiao, “viaggiando a piedi”. Ora, la questione è, ‘come viaggiare in altri modi...; Il Wanderling, è in grado di volare? --------------------------------------------------------------------------------------------------------- Quanto sopra, ad eccezione del dialogo tra il Wanderling ed il suo mentore, è stato estrapolato tutto o in parte da: Hu Shih. 1953. “Ch'an (Zen) Buddhism in China: Its History and Method “. Philosophy East and West, 3, 1: 3-24. --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Le Tre Fasi dello ZEN: Ci sono tre stadi o fasi di formazione che tipicamente è comune trovare nello Zen: - I - La prima fase è shojin, il periodo di formazione in cui sono coinvolti la volontà e lo sforzo consapevole e può prendere da tre a cinque anni di pratica assidua.
- II - La seconda fase è il periodo di concentrazione senza sforzo cosciente. Il discepolo è in pace. Egli può diventare un assistente del maestro e successivamente un maestro egli stesso e a sua volta, insegnare agli altri.
- III - Nella terza fase, lo spirito raggiunge la vera libertà, l’Illuminazione. Vi sono sempre stati storici Zen che citano che l'esperienza della piena liberazione è in parte realizzata (ma non limitata) al Hsing-Chiao, che consiste nell’inviare il discepolo a viaggiare da una montagna all'altra, da una scuola all'altra, ed a studiare sotto uno o l’altro maestro.
La parola Giapponese usata per la prima fase, Shojin, si traduce come "sforzo incessante" o "sforzo costante". E’ il termine Giapponese per la parola Sanscrita "Virya" (in Pali: Viriya). Nel buddhismo, c'è uno speciale insegnamento e pratica noto come PARAMITA. La parola Sanscrita "paramita" significa, come si trova nella storia classica buddhista ‘La Parabola della Zattera’, "Andare all'altra sponda", ovvero, nel trascendentale. E così il lavoro con le paramita può risultare nella realizzazione del trascendente e nell’espressione del nostro vero sé. Ci sono sei paramita di base, anche se alcune liste ne contengono altre quattro. *La prima paramita è la Dana paramita, la perfezione della generosità. Generosità priva di attacca-mento, apertura infinita, amore incondizionato. Cuore aperto, mente aperta, mano aperta. *La seconda è la Sila paramita, virtù, moralità, comportamento retto e onesto *La terza è la Kshanti paramita, pazienza, tolleranza, perdono, accettazione, persistenza morale. *La quarta è la Virya paramita: energia, fatica, sforzo entusiastico, cioè, Shojin. Quindi, la quarta Paramita è in realtà la prima fase delle tre fasi dello Zen. La pratica di Virya è una pratica in cui noi stessi dobbiamo esercitarci al meglio in qualsiasi compito ci si impegni. Il Buddha Shakyamuni ci consiglia di non essere apatici e pigri in qualunque cosa facciamo, ma di mettere in essa tutto ciò che abbiamo. Farlo con un cuore pieno, e metterci tutta la nostra energia. Essa è la numero due dei cinque punti di forza, Energia / Sforzo / Persistenza (viriya, virya). *La quinta è la Dhyana paramita, meditazione, assorbimento, concentrazione, contemplazione. (Vedi Samadhi, nonché Shikantaza). Numero quattro dei cinque punti di forza. *La sesta è la Prajna-paramita: la "Perfetta-saggezza", la saggezza "che è andata al di là"- cioè, il modo come stanno le cose dalla prospettiva finale, dal punto di vista di una vera persona Illuminata. Questo è un concetto filosofico sviluppato nella Tradizione buddhista Mahayana, e coinvolge una serie di dottrine paradossali che si scontrano radicalmente con la comprensione ordinaria ed il ‘comune-senso’ delle cose. La comprensione ordinaria e del senso comune (compresi gli opposti come Nirvana e Samsara, che sono una cosa sola, cioè Sunyata) sono interpretazioni prodotte dalla non-illuminata prospettiva ego-centrica obbligata a creare oggetti a causa diTanha, (Tanha era dea della tentazione e una delle tre figlie di Mara, ed anche uno dei Tre Veleni, cioè Kama-raga, "desiderio sensuale"). Bisogna considerare che la realtà ultima non può essere affatto colta da tanha. Quindi, nella visione ultima o finale, quando è correttamente visto per quello che veramente è, il Nirvana non è altro che il Samsara, gli opposti sono annientati, e tempo ed eternità sono due aspetti della stessa unicità. Così, sperimentare il Nirvana significa essere uno con ogni momento del flusso della vita così come accade, sperimentare la beatitudine dell’assoluta unicità con tutte le cose quando si trascende tutte le forme. Numero cinque dei Cinque punti di forza. Nel suo libro ‘La Voce del Silenzio’, pubblicato nel 1889, Madame H.P.Blavatsky, teosofista in tutto e per tutto e una dei principali fondatori della Società Teosofica, ebbe l’idea di delineare un Sentiero verso l'illuminazione spirituale che, pur essendo non-buddhista, era molto simile alla tradizione del Buddhismo Mahayana. Nel libro, la Blavatsky descrive il passaggio attraverso "tre grandi sale" che è necessario per raggiungere lo Stato Ultimo, il Turiya: - Sala dell’ignoranza
- Sala dell’apprendimento
- Sala della Sapienza
La Sala dell’ignoranza, la Sala dell’apprendimento, e la Sala della Sapienza sono paragonabili a stretto contatto con le tre fasi della formazione Zen. Come lei arrivò a tali conclusioni non è chiaro, tuttavia, il noto studioso buddhista Zen D.T.Suzuki, citato sopra, scrive in ‘The Eastern Buddhist’ (vecchia serie, 5:377): "Indubbiamente, Madame Blavatsky in qualche modo era stata iniziata al lato più profondo dell’insegnamento Mahayana e così poi potè dare quello che per il mondo occidentale è ritenuto saggio..." --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- HU SHIU (1891-1962), filosofo e saggista Cinese, intellettuale liberale e leader del ‘May Fourth Movement’ (1917-23). Studiò sotto John Dewey presso la Columbia Univ., diventando un sostenitore vitalizio del pragmatico cambiamento evolutivo. Mentre era professore di filosofia alla Pechino Univ., scrisse per il giornale iconoclasta New Youth (vedi Chen Duxiu). Il suo contributo più importante fu la promozione della letteratura vernacolare per sostituire la scrittura in stile classico. Hu Shih inoltre fu uno dei principali critici e analisti della cultura e del pensiero tradizionale Cinese. Fu ambasciatore negli Stati Uniti (1938-42), cancelliere della Pechino Univ. (1946-48), e dopo il 1958, presidente della ‘Academia Sinica’ in Taiwan. Vedi J.B.Grieder, ‘Hu Shih e il Rinascimento Cinese (1970). The Columbia Encyclopedia, 6° ed. Copyright © 2002 Columbia University Press CH'EN CH'UN - Anche se il Neo-Confucianesimo può essere visto in un contesto reazionario contro i vari precetti come sostenuto dai buddhisti, anche i Neo-Confuciani riconoscono che poiché la moralità è una qualità innata della persona, uno deve cercare di coltivare il principio al suo interno. Ch'en Ch'un, uno studente di Chu Hsi, sostiene che la ricerca per l'obiettivo finale della saggezza dipende fondamentalmente da due cose, "l'estensione della conoscenza" e "la seria pratica costante". Egli dice: "L'estensione della conoscenza, è il modo per capire le diecimila cose nella propria mente così che non ci saranno più dubbi... La seria pratica costante è di ricoverare in se stessi le diecimila bontà, così che nessuna sia mancante. Se la conoscenza non è estesa, come si può distinguere ciò che è veramente giusto e sbagliato?"(Ch'en Ch'un, "Neo-Confucian Terms Explained" traduz. di Wing-tsit Chan). --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- NOTA (1) - Per quanto riguarda la versione di cui sopra, della risposta di Yun-men alla domanda del monaco, "Che cos'è il Buddha?", con "sterco-essiccato" (o talvolta, "merda-secca") che è la risposta del maestro, è stato detto che il Koan dovrebbe essere risolto soltanto usando la parola kanshiketsu a causa del suo "vero" significato. Kanshiketsu fu legittimamente interpretato come bastone per la merda-secca, comune strumento in uso a quei tempi, come lo oggi è l'uso della carta igienica, oppure semplicemente come la stessa merda (sterco-secco), interpretazione derivata dall’utilizzo di Chuang-Tzu, descritto qui di seguito. Alcuni preferiscono usare la risposta del "bastone-per-la-merda", a causa del tipo di shock mentale che esso esercita, e in come è divertente dire o scrivere merda, in quelli che sono concepiti essere un po’ come circoli religiosi. Vero è che esso arrivò con un taglio molto più difficile e specifico, tuttavia per essere catturati in tutta la sua semantica, e sostenerlo ancora e ancora per ore ed ore oltre le sottili sfumature più di qualsiasi determinata parola, quando ciò che è veramente voluto è un innato afferrarsi al concetto generale, non bisogna sprecare un sacco di tempo, creando artificialmente degli inutili blocchi stradali lungo il cammino verso l'Illuminazione. (The Wanderling) Dove è il TAO? Master Tung Kwo chiese a Chuang :"Mostrami dove si può trovare il Tao." Chuang Tzu rispose: "Non vi è nulla che non può essere trovato." Il primo insistette: "Mostrami almeno un posto preciso dove il Tao si trova". "È in un formica", disse Chuang. "E’ solo in un essere così piccolo?" "E’ anche nelle erbacce". "Puoi andare oltre nella scala delle cose?" "E’ in questo pezzo di tegola". "Altre ancora?" "E’ in questa stessa merda". (PARTE II, libro XXII, 6) --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- NOTA (2): Come il WANDERLING prese il suo nome: Nell'anno in cui io nacqui, fu pubblicato un romanzo di Marjorie Rawlings Kinnan assai ben accolto, intitolato ‘The Yearling’ (Il Cucciolo), che in seguito riceverà il Premio Pulitzer. In un sito web della rete, con il titolo The Battle of Los Angeles, è descritto un nefasto evento con un gigantesco oggetto di origine sconosciuta che inonda sommergendola la città di Los Angeles, e in una sezione sottotitolata ‘Una breve nota personale’, si trova la seguente nota: "Mio zio (cioè, lo zio del Wanderling, nel testo originale) la prima volta che mi ha visto, mi disse che fondamentalmente io non ero molto di più di un bimbo di uno o due anni che sgambettava qua e là. Questo era ciò che si ricordava quando un giorno era venuto a casa nostra per vedere mia madre e mio padre, mentre era in viaggio attraverso la California del Sud. Dopo di allora, passarono quasi sei anni prima che noi ci fossimo di nuovo incrociati". Proprio intorno a quel tempo, in cui mio zio ed io ci incontrammo di nuovo, uscì il film ‘IL CUCCIOLO’. Anni prima, quando mio zio mi aveva visto per la prima volta mentre sgambettavo da bambino, mia madre aveva letto il libro ‘IL CUCCIOLO’ che era stato appena pubblicato. Egli allora disse che io ero un "CUCCIOLO". Quando ci siamo incontrati di nuovo ed uscì il film, lui si ricordò di come mi aveva chiamato da bambino. Da allora, essendo mia madre purtroppo da tempo morta, ed essendosi mio padre risposato, io non ero più così remotamente vicino ad essere qualcosa che somigliava ad un CUCCIOLO. Sapendo che io ero stato in India e tornato in qualche modo a 'non poter assolutamente mettere il dito su uno stato alterato’ in cui mi sembrava di "vagare" dentro e fuori, mio zio, in un interessante capovolgimento del destino, cominciò a chiamarmi il "Wanderling" - una sorta di gioco di parole intorno al termine ‘Yearling’ (Cucciolo) con cui mi chiamava da piccolo". Il Wanderling | | |
(Versione originale)HSING-CHIAO, TRAVELING ON FOOTZEN CAN BE FOUND IN ANY ACTIVITYHow the Wanderling Got His NamePRESENTED BY:...the Wanderling Prologue- UMMON'S DRIED DUNG. A monk asked Ummon, "What is Buddha?" Ummon answered, "A dried stick of dung." Mumon's Comments: We must say that being so poor, Ummon cannot appreciate plain food, or he is so busy that he cannot even scribble properly. He is disposed to support his school with dry dung. Look at how devastated the Buddhist teaching has been! Lightning flashes, Sparks of striking flint. In a blink of your eyes, You have passed by (and missed it). (CASE 21: Mumnonkan) HSING-CHIAO, TRAVELING ON FOOT: When the master Wen-yen (Ummon, 864-949), founder of the Yun-men School, was asked by a novice monk "What is Buddha?" he answered: "A dried stick of dung."[1] Such an answer is not nonsensical. It harkens back to the iconoclastic teachings of Wen-yen's lineage and spiritual grandfather, Hsuan-chien, that is, Te Shan (781-867), known for burning all his books and commentaries on Zen following his Awakening, who had actually said: "The Buddha is a dried piece of dung of the barbarians, and sainthood is only an empty name." Since, in all probability he would not understand Ummon's response "A dried stick of dung," the novice retires to the kitchen and washes the dishes. He is puzzled and feels ashamed of his failure to understand. After some time, he is told to leave, and try his luck elsewhere. Here he begins the most important phase of his Zen education, hsing-chiao, becoming a Wanderling, "traveling on foot."[2] Those critics who call the Ch'an method irrational and mystical and, therefore, "absolutely beyond the ken of human understanding," are men who fail to appreciate the great educational value of this Third Phase, which consists of sending the learner traveling from one hill to another, from one school to another, studying under one master and then another. Many of the famous Ch'an masters spent fifteen or twenty or thirty years wandering and studying under many well known masters. Let me cite what Chu Hsi (1130-1200) said in deep appreciation of the value of "traveling on foot" in the Ch'an schools. The great leader of the Neo-Confucianist movement was sick in bed and was approaching his death, which came only a few months later. One of his favorite mature disciples, Ch'en Ch'un (1159-1223) had come to visit him and spend a few days at his school. One evening, Chu Hsi in his sickbed said to the visitor: "Now you must emulate the monk's method of hsing-chiao (traveling on foot). That will enable you to meet the best minds of the empire, to observe the affairs and conditions of the country, to see the scenery and topography of the mountains and rivers, and to study the historical traces of the rise and fall, peace and war, right and wrong, of the past and present governments. Only in that way may you see the truth in all its varied respects.... There was never a sage who knew nothing of the affairs of the world. There was never a sage who could not deal with novel and changing situations. There was never a sage who sat alone in meditation behind closed doors...." Let us return to our traveling novice, who, as a monk, travels always on foot, carrying only a stick, a bowl, and a pair of straw sandals. He begs all the way for his food and lodging, often having to seek shelter in ruined temples, caves, or deserted houses by the roadside. He suffers the severities of nature and sometimes has to bear the unkindness of man. He sees the world and meets all kinds of people. He studies under the great minds of the age and learns to ask better questions and have real doubts of his own. He befriends kindred souls with whom he discusses problems and exchanges views. In this way, his experience is widened and deepened, and his understanding grows. Then, one day, he hears a chance remark of a charwoman, or a frivolous song of a dancing girl, or smells the quiet fragrance of a nameless flower—and he suddenly understands! How true, "the Buddha was like a piece of dung"! And how true, "he is also like three pounds of flax"! All is so evident now. As what happened through the moon-driven events of Japan's first female Zen master, Chiyono, "The bottom of the bucket dropped out." And he travels long distances back to his old master, and, with tears and with gladness at heart, he gives thanks and worships at the feet of his good; teacher, who never made things easy for him. At the above link on Te Shan I talk about my younger brother, who, while cleaning out his attic one day discovered a long forgotten carton of stuff stashed away that at one time belonged to me. Among the contents of the box was a beat up copy of D.T. Suzuki's ZEN BUDDHISM: Selected Writings of D.T, Suzuki (New York: Anchor Books, 1956), a book that had not seen the light of day in at least 20 years. The pages were faded and worn. Corner after corner of pages folded down. Pencil notes all over the margins and inside the covers. Sentences were underlined in ink. Whole paragraphs were highlighted in a now barely discernible yellow. My brother reminded me of how I, not unlike Te Shan, used to carry that book around like a bible my last two years of high school and several years afterward. Anytime anybody said anything about anything out would come my book...always ready with a "Zen answer." As I turned those crumbling pages for the first time in over 20 years, the notes, the underlining, the highlights, all seemed so odd. Going back I remembered how I met my Mentor. He had studied under the Baghavan Sri Ramana Maharshi at his ashram between the wars. When I saw him the first time I was set aback by the calm serenity he seemed to abide in. I begged him to "make me like him." Time after time he brushed me off. Finally, thinking he would never get rid of me he began to make a few suggestions. He told me about Vihangam Marg, the bird's way; he urged me to buy and read Suzuki's book; he sent me to study under Yasutani Hakuun Roshi. But nothing. He arranged for me to study-practice under the mysterious and anonymous American Zen master Alfred Pulyan. Close, very close. One day we were leaning on the the heavily encrusted rusted pipe railing overlooking the Pacific along the clfff edge of a park not far from where we lived. I didn't care about the Buddha, what Enlightenment is, how much flax was something or not. What I wanted to know was how I, that is, me specifically, could reach, attain, do, or become Enlightenment. So I asked: "What is Enlightenment?" My mentor, turning and pointing slightly inward beyond the edge of the park lawn behind us, replied, "Dog poop turns white in the sun." Sure enough it seemed a dog had left his calling card on the grass, but, having enough of the Zen answers I asked, "How can I be Enlightened?" He said, "The grass grows in a circle much taller and darker green than the surrounding grass." Speaking to case number 36, GOSO'S NO WORDS, NO SILENCE in the Mumonkan, Phillip Goodchild writes that the questions posed to the masters show language operating as a manifestation of the beliefs and desires of the questioner. These beliefs correlate with concepts which are NOT fully formed, and hence questions arise concerning these concepts. The active mind of the questioner remains upon the level of subjective desires and abstract concepts, whereas the response relinquishes such matters and returns to the surface of everyday life.(source) Like the Curandera Maria Sabina says "Wisdom comes from the place where the sand is born." Now you now have a fairly good feel on how the Wanderling got his name, from the Zen tradition of hising-chiao, traveling on foot. The question is now, how about traveling in other ways...Did the Wanderling Fly? THE ABOVE, EXCEPT THE WANDERLING-MENTOR DIALOG, EXTRAPOLATED WHOLE OR IN PART FROM: Hu Shih. 1953. "Ch'an (Zen) Buddhism in China: Its History and Method." Philosophy East and West 3, 1: 3-24. THE THREE PHASES OF ZEN:There are three phases or stages of training typically found common to Zen: · I The First Phase is shojin, the period of training in which the will and conscious effort are involved, and may take three to five years of diligent practice. · II The Second Phase is the period of concentration without conscious effort. The disciple is at peace. He can become an assistant to the master and later become a master himself and teach others in his turn. · III The Third Phase the spirit achieves true freedom, Enlightenment. Over and over it is found Zen historians citing the experience of full liberation being brought about by (but not limited to) hsing-chiao which consists of sending the learner traveling from one hill to another, from one school to another, studying under one master and then another. The Japanese word for the First Phase, Shojin, translates as "ceaseless effort" or "constant effort." Said to be from the Sanskrit word "Virya" (in Pali: Viriya). In Buddhism there is a special teaching and practice known as PARAMITA. The Sanskrit word "paramita" means, as found in the classic Buddhist story, Parable of the Ferryboat, "going to the other shore," or, the transcendental. And so the working with the paramitas can result in the transcendental empowerment and expression of our true selves. There are six basic paramitas, although some lists contain an additional four. · The first paramita is dana paramita, the perfection of generosity. Unattached generosity, boundless openness, unconditional love. Open heart, open mind, open hand. · The second is sila paramita, virtue, morality. See Sila. · The third is shanti paramita, patience, tolerance, forbearance, acceptance, endurance. · The fourth is virya paramita: energy, effort, exertion, that is, Shojin. Thus then, the Fourth Paramita is actually the First Phase of the Three Phases of Zen. The practice of Virya is a practice in which we exert ourselves to the fullest in whatever task we undertake. Shakyamuni Buddha advises us not be halfhearted about whatever we do, but to put everything we have into it. Do it with a full heart, and put your backs into it. Replicates number two of the Five Strengths, Energy/Effort/Persistence (viriya, virya). · The fifth is dhyana paramita, meditation, absorption, concentration, contemplation. See Samadhi as well as Shikantaza. Number four of the Five Strengths. · The sixth is prajna-paramita: "Perfect wisdom," the wisdom that has gone beyond" -- i.e., how things are in an ultimate perspective, from the perspective of a truly Enlightened person. This is a philosophical concept developed in the Mahayana Buddhist tradition, and involves a number of paradoxical doctrines that conflict radically with ordinary and commonsense understandings of things. Ordinary and commonsense understandings (including opposites like Nirvana and Samsara being one, Sunyata) are said to be interpretations produced by an unenlightened ego-centric perspective to create objects for Tanha (Kama-raga, temptation, "sensual desire." Tanha, one of the Three Daughters of Mara, aka one of The Three Poisons). Whereas ultimate reality cannot be grasped by tanha at all. In the ultimate perspective, then, Nirvana is none other than Samsara but rightly seen for what it truly is. Opposites are annihilated; Time and Eternity are two aspects of the same whole. To experience Nirvana is to be one with each moment of the live flow as it occurs, to experience the bliss of utter oneness with all things as one transcends all forms. Number five of the Five Strengths. See Paramitas. In her book Voice of the Silence published in 1889, Madame H. P. Blavatsky, a theosophist through and through and one of the major founders of the Theosophical Society, outlined a non-Buddhist way toward spiritual Illumination that was very similar to the Mahayana tradition. In the book Blavatsky describes the passage through "three great halls" that are necessary to reach the Ultimate State, Turiya: 1. Hall of Ignorance 2. Hall of Learning 3. Hall of Wisdom The Hall of Ignorance, the Hall of Learning, and the Hall of Wisdom parallel very closely with the three phases of Zen training. How she arrived at those conclusions is not clear, however, noted Zen Buddhist scholar D. T. Suzuki, mentioned above, writes in The Eastern Buddhist (old series, 5:377) "Undoubtedly Madame Blavatsky had in some way been initiated into the deeper side of Mahayana teaching and then gave out what she deemed wise to the Western world..." HU SHIU 1891–1962, Chinese philosopher and essayist, leading liberal intellectual in the May Fourth Movement (1917–23). He studied under John Dewey at Columbia Univ., becoming a lifelong advocate of pragmatic evolutionary change. While professor of philosophy at Beijing Univ., he wrote for the iconoclastic journal New Youth (see Chen Duxiu). His most important contribution was promotion of vernacular literature to replace writing in the classical style. Hu Shih was also a leading critic and analyst of traditional Chinese culture and thought. He was ambassador to the United States (1938–42), chancellor of Beijing Univ. (1946–48), and after 1958 president of the Academia Sinica in Taiwan. See J. B. Grieder, Hu Shih and the Chinese Renaissance (1970). The Columbia Encyclopedia, Sixth Edition. Copyright © 2002 Columbia University Press CH'EN CH'UN Although Neo-Confucianism can be seen in a reactionary context against the various precepts as advocated by Buddhists, Neo-Confucians also recognize that because morality is an innate quality of the individual, one must seek to cultivate principle internally. Ch'en Ch'un, a student of Chu Hsi, claims that the quest for the ultimate goal of sagehood depends on two things, the "extension of knowledge" and "earnest practice." He says: "The extension of knowledge is the way to understand the ten thousand things in one's mind so that there will be no more doubt.. . To practice earnestly is to recover the the ten thousand goodnesses in oneself so none will be missing. If knowledge is not extended, what is truly right and wrong cannot be distinguished" (Ch'en Ch'un, "Neo-Confucian Terms Explained," translated by Wing-tsit Chan). ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- FOOTNOTE [1]:In regards to the above version of Yun-men's response to a monk's question, "What is Buddha?" with "dried dung" being the master's reply (or "dried turd" sometimes), it has been said the Koan should be answered ONLY using the word kanshiketsu because of it's "true" meaning. Kanshiketsu has been interpreted legitimately either as a dried shit-stick, a standard implement that was used as we now use toilet paper OR simply as a dried turd (dung), an interpretation that has been derived from Chuang-tzu's usage below. Some people just love to use the "shit-stick" answer because of the sort of shock value it carries and how much fun it is to say or print shit in what is conceived to be somewhat religious circles. True, it does come across much more hard edged and specific, however to get caught up in the semantics of it all and argue on-and-on-and-on for hours-and-hours over the subtle nuances over any given word when what is really wanted is an innate grasping of the overall concept, is nothing short of wasting a lot of time and artificially creating unnecessary roadblocks along one's path toward Enlightenment. the Wanderling WHERE IS TAO? Master Tung Kwo asked Chuang: "Show me where the Tao is found." Chuang Tzu replied: "There is nowhere it is not to be found." The former insisted: "Show me at least some definite place where Tao is found." "It is in the ant." said Chuang. "Is it in some lesser being?" "It is in the weeds." "Can you go further down the scale of things?" "It is in this piece of tile." "Further?" "It is in this turd." PART II, Book XXII, 6 FOOTNOTE [2]HOW THE WANDERLING GOT HIS NAME:In the year I was born a very well received novel that would ultimately receive a Pulitzer Prize titled The Yearling, by Marjorie Kinnan Rawlings, was published. In a website on the net titled The Battle of Los Angeles, wherein an incident about a giant object of unknown origin that overflew the city of Los Angeles is described, in a section subtitled A QUICK PERSONAL NOTE, the following is found: "My uncle (i.e., the Wanderling's uncle in the original text) told me the first time he ever saw me I was basically not much more than a walk-around one or two year old toddler. According to how he remembered it he came by the house one day to see my mother and father while on a trip through Southern California. After that, nearly six years went by before we were to cross paths again." Right around the sametime my uncle and I crossed paths again, a movie of The Yearling was released. Years before, when my uncle first saw me as a walk-around toddler, my mother was reading The Yearling as it was just published. He called me a "Yearling" then. When we met again the movie just came out, and he was reminded of what he called me as a toddler. By then, of course, my mother was long gone, my father remarried and I was no longer remotely close to being anything that resembled a Yearling. Knowing I had been to India and returned in a somewhat can't quite put your finger on it altered state where I seemed to "wander" in and out, my uncle, in an interesting twist of fate, began calling me "the Wanderling" --- a sort of play on the words of the term "the Yearling." the Wanderling §§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§ (Libera Traduzione di Aliberth, per il Centro Nirvana di Roma - senza scopo di lucro) | | |