A metà degli anni ‘20, un giovane Americano di circa venticinque anni o poco più, a seguito di una esperienza di guerra alquanto straziante in cui vide il suo migliore amico morire proprio davanti ai suoi occhi, iniziò una decennale ricerca spirituale che lo ha portato verso l'Estremo Oriente, l'India e, infine, all’Illuminazione. La storia di questo giovane, persona reale nella vita reale, è stata riportata in un libro scritto come un romanzo da W. Somerset Maugham, dal titolo “Il filo del rasoio”. Il giovane, nel libro con lo pseudonimo Larry Darrell, dopo una serie di eventi finì nel sud dell'India studiando sotto un venerato sant’uomo che Maugham nel suo libro chiama Shri Ganesha, ma che in realtà era l'Illuminato Saggio di Arunachala, Bhagavan Sri Ramana Maharshi. Fu sotto l'egida del Bhagavan che colui che Maugham chiamò Darrell si risvegliò all'Assoluto. Molti anni più tardi, quando io ero un ragazzo, fu mia fortuna e privilegio di incrociare il mio sentiero e conoscere nella vita reale la stessa identica persona di cui Maugham scrisse che si era Illuminata sotto la grazia e la luce del Maharshi. Il nostro primo incontro abbastanza insolito avvenne molti anni prima caratterizzato dall’influenza dei cosiddetti Siddhi, stati di percezione soprannaturali conosciuti in ogni tradizione Hindù e buddhista e da me riportati nella riunione: Un Untold Story of Sri Ramana. Nel processo di quel rapporto, l'uomo della porta accanto è diventato il mio mentore spirituale non appena ho iniziato a studiare sotto la sua guida. Il flusso di tale incontro e la relativa amicizia a lungo termine è abbastanza nascosto nell’Illuminazione ZEN: Il Sentiero si snoda, mentre chi e che cosa è successo nella vita reale alla persona di nome Larry Darrell è esplorato in un documento che ho scritto sul mio mentore. Ciò che in quei giorni mi è successo, tuttavia, fu non strettamente così utile come quello che accadde nei primi giorni con il mio mentore. Cosi infruttuosi erano i miei tentativi lungo il Sentiero, che il mio mentore era quasi pronto a rinunciare quando entrò in ballo il Karma. Così accadde che un maestro Zen Giapponese altamente considerato, col nome di Yasutani Hakuun Roshi, stava arrivando negli Stati Uniti per diversi mesi e, poiché il mio mentore lo conosceva, egli dispose che io studiassi la pratica Zen sotto di lui. Diversi anni dopo, il mio mentore decise che io continuassi ancora a studiare lo Zen sotto l'egida del misterioso maestro Zen Americano Alfred Pulyan. Così, queste tre esperienze mi aprirono la porta per farmi ottenere ‘l'esperienza, la conoscenza e la pratica’, sotto gli auspici sia dei rami Indiani e Cinesi del Risveglio. Il che ci riporta alla dicotomia Indiano-Cinese del titolo. Il mio Mentore pensò che la mia direzione seguiva più strettamente lo Zen di quello che normalmente è possibile trovare sotto gli insegnamenti Indiani. Ed aveva ragione. Il perseguimento Indiano del Risveglio ha in Dio una delle principali tesi dell’Assoluto. Lo Zen non richiede una tale cosa. Alla fine, è come pitturare le gambe su un serpente, non lo fanno certo camminare meglio. Come D. T. Suzuki scrive: “Il creatore può essere trovato occupato a plasmare il suo universo, o può essere assente dalla sua bottega, ma lo Zen prosegue con il proprio lavoro. Esso non dipende dal sostenere un ‘creatore’, è soddisfatto quando si coglie la ragione per vivere la vita. Hoyen (Wu-tsu Fa-yen, 1024-1104) era solito mostrare la propria mano e chiedeva ai suoi discepoli il motivo per cui era chiamata “mano”. Quando si arriva a conoscere il motivo, vi è il Satori e noi abbiamo lo Zen. Mentre, con il Dio della mistica, vi è l'afferarsi ad un determinato oggetto; quando avete Dio, tutto ciò che è non-Dio viene escluso. E questo è auto-limitante. Lo Zen vuole una libertà assoluta, anche da Dio. "Nessun luogo in cui dimorare" significa proprio questo; "Pulisci la tua bocca quando pronunci la parola Buddha" è la stessa cosa. Il grande saggio Indiano Siddharameshwar Maharaj, contemporaneo di Sri Ramana, realizzò il ‘Sé’ utilizzando un lungo, lento, noioso metodo meditativo chiamato Pipilika Marg, la "Via della formica". Dopo la realizzazione, tuttavia, egli insegnò il Vihangam Marg, la "Via dell'uccello" (The Bird's Way). Questo è un metodo rapido di Comprensione, molto simile allo Zen, anche se Indiano, VIA DIRETTA all’Auto-Realizzazione. Il Vihangam Marg fu anche l'insegnamento di Sri Ranjit Maharaj, il più valido studente di Siddharameshwar. Abbastanza interessante è che all’incirca nello stesso periodo in cui il giovane Ranjit incontrava per la prima volta il suo Maestro, anche il giovane Americano di cui sopra incontrò Siddharemeshwar nella sua ricerca spirituale verso l'Illuminazione, essendo uno dei primi americani a farlo(Fonte). Anni più tardi a Sri Ranjit Maharaj, ormai pienamente Saggio Illuminato e Maestro per suo diritto, in un format di domande-e-risposte fu chiesta la seguente domanda, e, anche se fautore del metodo diretto della "Via degli uccelli" egli rispose dal suo Stato risvegliato riflettente la prospettiva Indiana: Domanda: Se esiste l’illusione, siete voi stesso un'illusione? Maharaj: Oh, sì! Io sono la più grande illusione! Tutto quello che dico con tutto il cuore ed in modo così franco, è tutto falso! Ma il falso "io" può farvi raggiungere questo punto. L'indirizzo della persona non è l'obiettivo. Quando si raggiunge la casa, grazie all’indirizzo che ci è stato dato, l'indirizzo è vero solo fino al momento in cui si entra in casa. Non appena vi si arriva, però, l'indirizzo non serve più e svanisce. Le parole non sono altro che indicazioni, non hanno realtà in se stesse. Se rimane l’"Io", anche l’Io è illusione. Non rimane come "Io". Questa è la più alta comprensione della filosofia. Saint Tukaram, disse: "Ho visto la mia propria morte, e quello che vi ho visto, la gioia che è stata rivelata, è ciò che io so!". Prima di tutto, devi morire. "Io" e "Tu" significano illusione. Perciò, quello che dico è falso, ma tuttavia è anche vero, perché Io parlo di Quello. L'indirizzo è falso, ma quando si raggiunge la mèta, si è Realtà. Allo stesso modo, tutte le scritture e i libri filosofici sono intesi solo per indicare quel punto e, quando lo si raggiunge, essi diventano inesistenti, vuoti. Le parole sono false; soltanto il significato che esse trasmettono è vero. Esse sono illusione, ma portano ad un significato. Quindi, TUTTO è illusione, ma per comprendere l'illusione, l’illusione è necessaria. Ad esempio, per eliminare una spina infilata nel tuo dito si utilizza un’altra spina, poi tu le butti via tutt’e due. Ma se conservi la spina che è stata utilizzata per rimuovere la prima, sicuramente sarai nuovamente punto da un’altra. Per rimuovere l'ignoranza, è necessaria la conoscenza, ma alla fine entrambe devono essere dissolte nella realtà. Il tuo vero ‘Sé’ è senza ignoranza, senza conoscenza. Pertanto il Maestro ed il cercatore sono illusione, perché essi sono "uno-solo". Se conservi la seconda spina, che significa ‘la conoscenza’, anche se si tratta di una spina d'oro, tu verrai bloccato [da questa seconda spina]. L'ego è la sola illusione e l’ego è la conoscenza. E’ detto che per catturare un ladro si deve diventare ladri. Poi a lui si può dire: "Stai attento, io sono qui e so che sei un ladro, così che tu non sarai in grado di derubare me". Ma non si può catturare il ladro, perché lui ha 4 occhi, se noi ne abbiamo solo 2!. In un colpo d'occhio il ladro valuta i tuoi beni, e se tu non stai attento, egli ti deruba. L’Illusione è come il ladro, così si deve essere più forti del ladro. La tua mente deve accettare che tutto è illusione, solo illusione. Poi, potrai essere il "più grande dei più grandi". La conoscenza è una grande cosa, ma dev’essere solo un rimedio. Quando la febbre si spegne grazie alla medicina che avete preso, si deve interrompere l'assunzione di essa. Non serve prolungare il trattamento, altrimenti si creeranno più problemi. La conoscenza è necessaria solo per rimuovere la malattia dell’ignoranza. Il medico prescriverà sempre un dosaggio limitato! Prima di tutto, occorre capire che l’"Io" è illusione, e ciò che l’"io" dice è illusione. Anche il Maestro, e ciò che Egli dice, è illusione, perché in realtà, "Io" e "Lui" non esistono più. Vai in profondità dentro te stesso, così in profondità da scomparire. Altrimenti, vedi ciò che accade. Una capra arriva in casa vostra e per farla uscire bisogna riaprire la porta. La capra va fuori, ma entra un cammello. Il cammello è proprio come l'illusione. Quindi, liberatevi dall’illusione. Per contrasto, leggete i seguenti punti di vista Zen, da “Tutte le cose sono Zen”: Dicendo: 'Tutto è illusione' o 'Il mondo è illusione', è dire implicitamente che l’illusione/delusione c’è, che esiste, che ha una propria esistenza indipendente, esistendo indipendentemente senza necessità. D'altra parte, l’originazione dipendente implica che oltre l'interdipendenza di tutte le cose e dietro questo mondo reale non vi può essere assolutamente nulla che sia reale o eterno. A causa di questa interdipendenza tutto ciò che esiste è di per sé inerentemente vuoto. A livello convenzionale si può argomentare che vi sia un nesso di causalità che potrebbe o dovrebbe sostenere l’illusione/delusione, ma poiché la causazione non ha esistenza intrinseca, quindi non può averne l’illusione/delusione. Percepire che la causalità ha una inerente esistenza è ciò che si chiama ignoranza. Percepire che vi è l’assenza di esistenza intrinseca della causalità è saggezza. Chiunque abbia letto almeno un po’ di Zen, inizia a pensare che nulla esiste perché tutto è di per sé inerentemente vuoto, quindi ciò che percepiamo come realtà deve essere illusione. Ma il vuoto è solo l'assenza di esistenza indipendente. Il che significa che qualcosa deve esistere, e uno dei titoli o qualità di quell’esistenza è che è vuota... l’assenza di esistenza indipendente è possibile solo perché c'è qualcosa che esiste... altrimenti non ci sarebbe 'bisogno' di assenza di esistenza indipendente, e se non ci fosse l’assenza di esistenza indipendente, allora tutte le cose non sarebbero vuote (fonte). Semplice e chiaro. Tuttavia, quello che la maggior parte delle persone, Cristiani, Musulmani, Indù e simili, inizia a saltare su e giù, a urlare e questionare, non è tanto su illusione o non-illusione, ma sulle implicazioni che lo Zen dichiara che non c'è un Dio... Che non è proprio il caso. Dio o non Dio, ciò che è espresso, ma trascurato o ri-scritto con una certa dose di zelo, non è che non vi è un Dio, ma, diversamente, ad esempio, dal lato Indiano delle cose, che, nel caso dello Zen, l'esistenza o non-esistenza di Dio non è obbligatoria o necessaria componente dell'equazione ‘Illuminazione’. Ancora, citando D.T. Suzuki che si riferisce al Satori e all’esperienza di Illuminazione: "...vi è sempre ciò che potremmo chiamare un senso di ‘Oltre’; l'esperienza infatti è mia, ma io sento che è radicata altrove. Il guscio individuale in cui la mia personalità è così saldamente incapsulata, al momento del Satori esplode. Non è necessariamente che sono diventato unito con un essere a me superiore o che mi sono assorbito in esso, ma che la mia individualità, che ho scoperto rigidamente tenuta insieme e decisamente mantenuta separata dalle altre singole esistenze, diventa in qualche modo rilasciata dal mantenere la sua presa e si scioglie in qualcosa di indescrivibile, qualcosa che è di un ordine molto diverso da quello a cui siamo abituati. La sensazione che ne consegue è quella di un completo rilascio o di una definitiva pace - la sensazione che uno è finalmente arrivato a destinazione... Riguardo a come è considerata la psicologia del Satori, un senso di OLTRE è tutto ciò che possiamo dire in proposito; chiamare questo l’Oltre, l'Assoluto, Dio, o una Persona, è andare oltre la stessa esperienza (Categoria Errore) e immergersi nella teologia o metafisica"(fonte). Si potrebbe obiettare che forse ci sono forme di "esistenza sottile", che non affrontano i problemi di cui sopra, come ad esempio la Categoria Errori, ed altri. Sembrerebbe che il Budda, e quindi poi lo Zen, poiché dopotutto lo Zen è una setta del buddhismo, abbia permesso la possibilità di più elevati livelli di esistenza, come i reami di spiriti o divinità. Questo fu un naturale corollario della Dottrina della Rinascita, per cui uno che viva l’Ottuplice Sentiero potrebbe migliorare la sua condizione, ma non potrebbe raggiungere il Nirvana o l’Illuminazione finale in questa vita, come il Venerabile Pindola Bharadvaja, e quindi, continuare nelle rinascite. Tuttavia, questi possibili più elevati reami di esistenza, benché migliori, non erano ancora stati considerati eterni. Oltre l’illusione, mano a mano con la dicotomia Advaita-Zen nell'India e nella Cina, vi sono degli stati percettivi soprannaturali chiamati Siddhi. Anche se i Siddhi sono noti sia nel buddhismo che nello Zen, di solito la maggior parte di essi sono associati con il lato Advaita delle cose. Assai spesso la cosa è attribuita al contrasto nei metodi di meditazione e differenze sottostanti ai punti di vista filosofici delle culture da cui Advaita e Zen provengono e sono praticate - Il Pipilika Marg, la "Via della formica" e il Vihangam Marg la "Via degli uccelli", la scuola improvvisa più vicina allo Zen, per esempio. Dal lato Advaita, e applicabile anche allo Zen, va notato che Bhagavan Sri Ramana Maharshi disse che una persona Realizzata può non avere Siddhi, ma può successivamente cercare di acquisirli dopo la sua Realizzazione (come la Regina Chudala, nel Vasishtha Yoga). Egli ha anche detto che alcune persone Realizzate non hanno bisogno di nessun tipo di Siddhi. Per chiarimenti si prega di vedere: SIDDHIS II: Personal Insights Into Supernormal Perceptual States. (di prossima traduzione) --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Per ulteriori informazioni sull’Advaita vedere il prossimo articolo “I pericoli del pseudo Advaita” di Aziz Kristof, un Maestro Advaita-Zen non-tradizionale.
Original version ALL IS ILLUSION?A Chinese-Indian Dichotomy In Advaita and Zenhttp://www.angelfire.com/indie/anna_jones1/illusion.htmlby the Wanderling"There is, O monks, an unborn, an unbecome, an unmade, an unconditioned; if, O monks, there were not here this unborn, unbecome, unmade, unconditioned, there would not here be an escape from the born, the become, the made, the conditioned. But because there is an unborn,...therefore there is an escape from the born...." UDANA viii, 3 In the mid-1920s, a young American about age twenty-five or so, following a somewhat harrowing wartime experience where he saw his best friend die right in front of his eyes, began a ten year spiritual quest that led him to the Far East, India and eventually, Enlightenment. That young man's story, an actual person in real life, was chronicled in a book written as a novel by W. Somerset Maugham titled The Razor's Edge. The young man, given the pseudonym Larry Darrell in the book, ended up in the south of India after a number of events, studying under a venerated holy man Maugham called Shri Ganesha in his book, but who was actually the Enlightened sage of Arunachala, Bhagavan Sri Ramana Maharhsi. It was under the auspices of the Bhagavan that the man Maugham called Darrell Awakened to the Absolute. Many years later as a teenage boy, it was my fortune and privilege to cross paths with and get to know in real life, the exact same person Maugham wrote about that was Enlightened under the grace and light of the Maharshi. Our somewhat unusual first meeting unfolded many years earlier marked by the influence of so-called Siddhis, supernormal perceptual states known throughout Hindu and Buddhist lore and chronicled by me in THE MEETING: An Untold Story of Sri Ramana. In the process of that relationship the man next door became my spiritual Mentor as I began studying under his guidance. The downstream outflow from that meeting and eventual longterm friendship is covered fairly thoroughly in ZEN ENLIGHTENMENT: The Path Unfolds, while who and what happened to the person that was Larry Darrell in real life is explored in a discussion paper I wrote about my Mentor. What happened to me in those days, however, was not nearly so successful as what transpired with my Mentor in his early days. So unsuccessful were my attempts along the path, my Mentor was just about ready to give up on me when Karma stepped in. It just so happened a highly regarded Japanese Zen master by the name of Yasutani Hakuun Roshi was coming to the United States for several months and, in that my Mentor knew him, he arranged for me to study under him. Several years later my mentor arranged for me to continue additional study-practice in the Zen vein under the auspices of the mysterious American Zen master Alfred Pulyan. Thus the triad of experiences opened the door for me to have experience, knowledge and practice under the auspices of both Indian and Chinese branches of Awakening. Which brings us to the Chinese-Indian dichotomy in the title. My Mentor thought my direction more closely followed Zen than what is typically found under Indian auspices. And he was right. Indian pursuit of Awakening has God a main thesis in the Absolute. Zen requires no such thing. In the end it is like painting legs on a snake, they won't make him walk any better. As D.T. Suzuki writes:The creator may be found busy moulding his universe, or he may be absent from his workshop, but Zen goes on with its own work. It is not dependent upon the support of a creator; when it grasps the reason for living a life, it is satisfied. Hoyen (Wu-tsu Fa-yen, 1024- 1104) used to produce his own hand and ask his disciples why it was called a hand. When we know the reason, there is Satori and we have Zen. Whereas with the God of mysticism there is the grasping of a definite object; when you have God, what is no-God is excluded. This is self-limiting. Zen wants absolute freedom, even from God. "No abiding place" means that very thing; "Cleanse your mouth when you utter the word Buddha" amounts to the same thing. The great Indian sage Siddharameshwar Maharaj, a contemporary of Sri Ramana, realized the Self using a long, slow, tedious meditation method called Pipilika Marg, the "way of the ant." After Realization, however, he taught "the bird's way," Vihangam Marg. The Bird's Way is a rapid way of Understanding, a more Zen-like, albeit still Indian, DIRECT way of Self-Realization. Vihangam Marg was also the teaching of Siddharameshwar's most accomplished student, Sri Ranjit Maharaj. Interestingly enough, at about the sametime the young Ranjit was meeting his Master for the first time, the same young American on a spiritual quest toward Enlightenment mentioned above, visited Siddharemeshwar as well, one of the first Americans to do so.(source) Years later, Sri Ranjit Maharaj, a now fully Accomplished sage and Master in his own right, in a question and answer format, was asked the following, and, even though an advocate of the direct method of "the bird's way" responded from his Awakened state reflective of an Indian perspective: QUESTION: If illusion, are you yourself an illusion? MAHARAJ: Oh, yes! I am the greatest illusion! All that I say with full heart and so frankly is all false! But the false "I" can make you reach that point. The address of the person is not the goal. When you reach the house, thanks to the address you have been given, the address is true only until the moment you enter the house. As soon as you come in, the address vanishes. Words are nothing else but indications; they have no reality themselves. If "I" remains, I am also illusion. Don't remain as "I." That is the highest understanding of philosophy. Saint Tukaram said: "I have seen my own death, and what I have seen there, the joy that was revealed, that I know." First of all, you must die. "You" means illusion. Therefore, what I say is false, but true, however, because I speak of That. The address is false but when you reach the goal, it is Reality. In the same way, all the scriptures and the philosophical books are meant only to indicate that point, and when you reach it they become non-existent, empty. Words are false; only the meaning they convey is true. They are illusion, but they give a meaning. Therefore, all is illusion but to understand the illusion, illusion is needed. For example, to remove a thorn in your finger you use another thorn; then you throw both of them away. But if you keep the second thorn which was used to remove the first one, you'll surely be stuck again. To remove ignorance, knowledge is necessary, but finally both must dissolve into Reality. Your Self is without ignorance, without knowledge. Therefore, the Master and the seeker are illusion because they are "one." If you keep the second thorn, which means knowledge, even if it is a golden thorn, you'll be stuck [by the second thorn]. The ego is the only illusion and ego is knowledge. It is said that to catch a thief you must become a thief. Then you can tell him: "Be aware, I am here and I know you are a thief so you won't be able to rob me." But you cannot catch the thief because he has 4 eyes and you have only 2 eyes. At a glance the thief notices the valuables, and if you are not aware, he robs you. Illusion is like the thief, so you must be stronger than the thief. Your mind must accept that all is illusion, only illusion. Then you'll be the "greatest of the greatest." Knowledge is a great thing but it must be only a remedy. When the fever goes off thanks to the medicine you take, you must stop taking it. Don't prolong the treatment or you will create more problems. Knowledge is necessary only to remove the disease of ignorance. The doctor will always prescribe a limited dosage! First of all, understand the "I" is illusion and what "I" says is illusion. The Master and what He says are also illusion because in Reality, "I" and "He" do not exist anymore. Go deep in yourself, so deep that you disappear. Otherwise see what will happen. A goat came in your house and to make it go out you open the door. The goat goes out but a camel comes in. The camel is just like the illusion. Thus, be out of illusion. In contrast read the following Zen viewpoint from All Things Zen:Saying 'All is delusion' or 'The world is delusion' is by implication saying illusion/delusion IS, that is, that it exists, that it has it's own independent existence, existing independently without need. Dependent origination on the other hand, implies there can be absolutely nothing whatsoever that is real or eternal behind this actual world and beyond the interdependence of everything. Because of that interdependence all that exists is inherently empty. It can be argued on the conventional level there is causation that could or would back up illusion/delusion, but because causation has no inherent existence either, neither then could or would illusion/delusion. To perceive that causation DOES have inherent existence is what is called ignorance. Perceiving that LACK of causation in inherent existence is wisdom.Almost everybody that reads a little about Zen starts thinking that NOTHING exists because everything is inherently empty, so what we perceive as reality must be delusion. But emptiness is the absence of independent existence. What that means is SOMETHING must exist and one of the qualifications of that existence is emptiness...the absence of independent existence is only possible because there is SOMETHING that exists...otherwise there would be no 'need' for the absence of independent existence, and if there was no absence of independent existence, then everything would not be empty. (source)Pretty straight forward stuff. However, what most people start jumping up and down yelling about and taking issue with, Christian, Muslim, and Hindu alike is not so much illusion or non-illusion, but the implication that Zen is saying there is NO God...which is JUST NOT THE CASE. God or no God, what is being expressed, but overlooked or re-written by a certain amount of zealousness, is not that there is no God, BUT, unlike, for example the Indian side of things, that in Zen's case, God's existence or non-existence is not a mandatory or necessary component of the Enlightenment equation. Again, citing D.T. Suzuki refering to Satori and the Enlightenment experience: "...there is always what we may call a sense of the Beyond; the experience indeed is my own but I feel it to be rooted elsewhere. The individual shell in which my personality is so solidly encased explodes at the moment of Satori. Not, necessarily, that I get unified with a being greater than myself or absorbed in it, but that my individuality, which I found rigidly held together and definitely kept separate from other individual existences, becomes lossened somehow from its tightening grip and melts away into something indescribable, something which is of quite a different order from what I am accustomed to. The feeling that follows is that of complete release or a complete rest---the feeling that one has arrived finally at the destination...As far as the psychology of Satori is considered, a sense of the Beyond is all we can say about it; to call this the Beyond, the Absolute, or God, or a Person is to go further than the experience itself (Catagory Mistake) and to plunge into theology or metaphysics." (source) One may object that perhaps there are forms of "subtle existence" which do not face the above problems such as Catagory Mistakes, et al. The Buddha, and thus then Zen it would seem, as Zen is a sect of Buddhism afterall, DID ALLOW for the possibility of higher realms of existence, such as realms of Gods or spirits. This was a natural corollary of the Doctrine of Rebirth, for one living the Eightfold Path may improve his or her station but not achieve Nirvana or final Enlightenment in this life, like the Venerable Pindola Bharadvaja, and thus continue on for rebirth. However, these possible higher realms of existence, while better, were still not considered eternal. Besides illusion, hand in hand with the Chinese-Indian Dichotomy in Advaita and Zen are supernormal perceptual states called Siddhis. Although Siddhis are known in both Buddhism and Zen, they are most usually associated with the Advaita side of things. Often the case is attributed to the contrast in meditation methods and differences underlying philosophical viewpoints of the cultures in which Zen and Advaita emanate and are practiced --- Pipilika Marg, the "way of the ant" and the closer to Zen sudden school "the bird's way," Vihangam Marg, for example. On the Advaita side, and applicable to Zen as well, it should be noted the Bhagavan Sri Ramana Maharshi has said that a Realized person may not have Siddhis, but may later seek or acquire them after Realization. (i.e., Queen Chudala in Yoga Vasishtha). He also said that some Realized persons need not have any Siddhis. For clarification please see SIDDHIS II: Personal Insights Into Supernormal Perceptual States. For more on Advaita see The Dangers of Pseudo Advaita by Aziz Kristof, a Non-traditional Advaita Zen Master.ALL IS ILLUSION? A Chinese-Indian Dichotomy In Advaita and Zen | | |