Articoli di Aliberth

EGO o NON-EGO, Questo è il Problema…

Come in altre occasioni, Aliberth anche stavolta prende spunto da uno scambio di mail con una amica di penna, per esprimere il suo punto di vista (che, poi è quello generato dalla sua esperienza trentennale di studio e pratica del Dharma) riguardo l’interpretazione di “cosa è realmente l’Ego”…
 

 
 
 

Domanda di E.: "Perché l'Ego esiste?"… Io continuo a percepire un gran desiderio di annientarlo questo ego, ma non ne comprendo il motivo. Per me, l’Ego è differenziazione ed esiste in natura. Le nostre stesse cellule sono programmate per averlo, tanto che da due cellule distinte che s'incontrano si ottiene la vita (come nella creazione di tutto ciò che in ayurveda avviene tramite purusha e prakriti). Mano a mano che si riproduce la vita, le cellule si differenziano a tal punto che ognuna di loro concorre a formare un organo e continuerà ad essere cellula costituente quella parte, per tutta la sua vita. L'ego esiste intorno a noi.. c'è varietà in natura. E così l'ego esiste in noi, per dare varietà agli uomini e al loro fine sulla terra. In ayurveda, Purusha, o spirito, vivendo nella materia fa l’esperienza della materia. E' vero.. l'origine è la stessa e in ognuno di noi c'è parte di divino e non certo in proporzioni variabili da individuo ad individuo. Ma se questo divino fa esperienza nella materia, farà tutte le esperienze possibili.. il bene il male, la luce, l'ombra, la pianta, l'animale, l'uomo in tutte le sue varietà. Perché quindi prendersela con l'ego?
L'ego è una funzionalità e serve alla differenziazione. Esiste in natura e di conseguenza anche nella mente, visto che è pur sempre organo materiale. Ok... Io sono un essere divino che non nasce e non muore. Però faccio esperienza nella materia. Bene.. io sperimenterò che essa è un continuo divenire e trasformazione (vita-morte) e farò esperienza anche della mente e della sua capacità di differenziare e dare nomi alle cose. Abilità che è possibile tramite l'ego. E quindi? Dov'è il diavolo perché io non lo vedo… E' ben per questo che secondo me ci si frustra inutilmente. Sembra che ogni ideologia religiosa o spirituale debba trovare un demonio a cui dare le colpe delle cose che non vanno. Le religioni ufficiali ci mettono il diavolo, molte scuole di pensiero orientali ci mettono l'ego. La verità (a mio parere) è che bisogna diventare consapevoli.. come? Vedendo le cose così come sono. L'ego è una cosa buona e cattiva assieme. Come l'acqua che sostiene la vita ma se me ne bevo 3 litri in un'ora rischio la pelle. La cosa migliore è la giusta Via di Mezzo. Come lo siamo noi.. che finché stiamo nella materia, stiamo nel mezzo… con le piante dei piedi a terra e tutto il resto verso il cielo. Ognuno di noi ha un suo Dharma e da cosa è caratterizzato? Dall'ego. Finché siamo qui ce lo dobbiamo tenere, altrimenti saremmo già passati a "miglior vita". L'importante è imparare a usarlo. Del mio corpo non posso decidere che i piedi non li voglio più e mi fanno schifo. Me li devo tenere, e così è l'ego che è parte dell'esistenza materiale e anche se lo rifiutiamo ce lo dobbiamo tenere e magari imparare ad adoperarlo altrimenti il rischio è creare un anti-ego che ce l'ha con lui.. ma è sempre ‘ego’.

Centro Nirvana : Si, fondamentalmente hai ragione… ma io non parlerei solo dell’Ego... o almeno non direttamente... Io parlerei della ‘sofferenza’. Se è l'ego che coglie su di sé la sofferenza, allora quando non c'è più sofferenza (come dimostrano le storie dei santi), dov'è finito QUELL'EGO? Forse ne è nato un altro? Ma, comunque, tutto ciò che nasce DEVE morire... quindi... Allora, l'Ego, muore o non muore?... In ogni caso, io parlo della mia esperienza... Prima di aver compreso il Dharma, soffrivo, come tutti probabilmente (ma non ci metterei la mano sul fuoco, sul fatto che tutti sappiano di dover soffrire)… anche se in punto di morte, come pure nelle malattie e nelle reazioni verso chi ci maltratta, sembra esserci molta sofferenza...Però, il Buddha disse che quando si comprende realmente il Dharma, non c'è più sofferenza... Dunque, se si ha ancora sofferenza significa che non si è ben compreso il Dharma, ed allora c’è ancora solo l’Ego… Tutto qui.

E.: Certo che l'ego “muore”, come muore il nostro fegato o il cuore. Però nessuno disprezza queste parti. Anche queste si ammalano e ci fanno soffrire, ma nessuno le elimina per questo. Casomai si curano e si vede bene di preservarle in salute in modo che proseguano a funzionare. Bene.. perché non si valuta allo stesso modo anche l'ego? Questa è la mia domanda… Io credo che si soffra perché esiste conflitto dentro di noi. Parti di noi non seguono la finalità per cui esistono. Non è eliminando l'ego che si elimina la sofferenza, ma portando anch'esso a seguire il Dharma per il quale siamo qui. Non c'è sofferenza se non c'è conflitto. Ma se io distinguo tra parti buone e parti cattive dentro di me, sto già soffrendo…

Centro Nirvana: Sì, ma allora se qualcuno non distingue le parti cattive dentro di se (mente, o organi malti), significa che non soffrirà? Nemmeno se poi qualcun altro lo farà soffrire facendogli pagare il fatto di avere quelle sue parti cattive? Non credo che la soluzione sia contraddire ciò che è stato detto dai grandi Saggi... Se alcune persone si sono evolute, e tu cara E. potresti essere una di quelle, visto che parli con la tua esperienza, non si può dimenticare tutte le altre persone che vivono su di esse la loro sofferenza e, magari, ascoltando o leggendo le facili osservazioni di chi la sofferenza l'ha risolta (almeno così si spera, fino a prova contraria) ritiene che il proprio ego è giusto e sano e che la colpa della propria sofferenza è sempre di qualche altra persona più cattiva e malvagia. Quindi, chi poi lavorerà duro su se stesso? La Via indicata dal Buddha è la Via dell'eliminazione della sofferenza, l'unico vero dramma del nostro esistere, perché già al nascere si inizia a soffrire...

E.: Forse non sono stata chiara. Distinguere ciò che è bene o male non è un errore. E' definire che l'ego è male e va estirpato e che tutta la sofferenza dipenda da lui che è sbagliato (a mio parere). Nessuno può estirpare l'Ego finché vive nel differenziato mondo materiale. E' una cosa frustrante se ci pensi, perché non esiste soluzione… Bisogna distinguere ciò che va sanato, e per sanare una cosa la si deve amare. Il Buddha sana il genere umano con il suo amore. Non ha mai detto “tu sei cattivo e devi sparire, tu sei buono resta”. La mente o un organo malato non è una cosa cattiva, non è una cosa negativa. E' solo una cosa da curare. Non credo che le mie osservazioni siano così semplicistiche. Mi pare invece che lascino grande libertà di perdonarsi e accettarsi. Per di più, di difficile non c'è proprio niente nella pratica spirituale.. il problema sta tutto li. Per il resto a me non importa di contraddire i grandi saggi. Loro hanno vissuto il loro Dharma, io ho il mio. Ma con molta onestà ti dico, che le mie parole non vanno assolutamente in disaccordo con il loro pensiero.. casomai si discostano da quelle dei loro allievi. A me importa poco. L'unica mia maestra è la vita.

Centro Nirvana- Ecco, vedi come l’Ego subito si rizza sospettoso… Perché dici che le tue parole si discostano dagli allievi dei Saggi? Questa non è forse discriminazione dualistica? Non ti rendi conto che più questa partita di ping-pong continua, e più l'ego, che tu dici essere obbligatorio, insiste e persiste? E se io te la do vinta, liberando il mio Ego dal dover ribattere perché il vero insegnamento del Dharma dice di lasciar andare (se non si vuol soffrire... dato che il soffrire della mente significa anche continuare a ribattere), sarai in grado, senza batter ciglio, di accettare il mio lasciar andare e senza continuare questa diatriba? Se si, allora vedrò la tua grandezza, altrimenti non vedo molta differenza con le reazioni umane delle menti illuse che parlano bene e razzolano male… ma il Chan va oltre questa vita (peraltro molto breve, rispetto all'eternità, a cui tende il Chan...) Quindi, da qui si vede che si sta parlando da due punti di vista diversi... L'ego ha una valenza nei settanta- ottanta anni della nostra esistenza individuale... il Non-ego (o non-mente) riguarda tutto il nostro essere assoluto (il koan del Chan dice: Qual era il tuo volto originale, prima che TU nascessi?...) Quindi, abbiamo ragione entrambi... Sia chi parla da questo punto di vista mondano, e sia chi parla dal punto di vista dell'Assoluto... Questo è il bello della sintesi spirituale, che non è affatto psicologica... Mia cara, nel Chan la battaglia si può vincere anche dando ragione all'altro... e perciò ti do ampiamente ragione... Per concludere, voglio raccontare questo antico e saggio raccontino: Un buon uomo, curioso come tutti coloro che si son già incamminati sulla via metafisica pur ignorando l'a.b.c. della spiritualità, andò a far visita ad un vecchio monastero. All'anziano monaco che l'accolse premurosamente confessò di sentirsi attanagliato dai dubbi, di essere alla ricerca d'un impulso esistenziale più profondo della semplice soddisfazione fisica. Egli aveva la sensazione che qualcosa d'essenziale gli sfuggisse. E così chiese: "Quali sono i benefici della tua austerità, della tua vita di silenzio, meditazione e preghiera?". Tra le mansioni quotidiane del monaco c'era quella di attingere acqua dal pozzo. Il paziente maestro, perché di un asceta si trattava, uno di quelli che non perdono il loro tempo a illustrare l'indecifrabile, ma mostrano con l'esempio il cammino da seguire, lo condusse nel chiostro, al cui centro spiccava la balaustra a riparo del fosso da cui sgorgava la benedetta fonte primitiva. Il monaco attinse l'acqua. Quindi, rivolgendosi perentoriamente al suo cortese ospite l'apostrofò: "Guarda giù in fondo al pozzo! Che cosa vedi?". Il buon uomo osservò attentamente. Scorgeva soltanto un intenso fluttuare ondivago. Come se il sogno della sua vita cominciasse appena appena a concretizzarsi, ma non ancora ne intuisse la praticità effettiva. Trascorse qualche breve istante, poi il monaco l'incalzò di nuovo: ”Guarda ancora... Che cosa vedi nel pozzo?". L'uomo s'inchinò osservando più attentamente finché non trasalì di stupore. In fondo al pozzo, riflesso in superficie, c'era proprio lui, che scrutava speranzoso alla ricerca dell'impossibile. "Quando io immergo il secchio, l'acqua è agitata", commentò l'eremita. "Ma non appena si calma, ecco che nel totale silenzio, appare me stesso…".