Articoli di Aliberth

Un commento allo
ZEN moderno

 

L’articolo “Modi per stabilire Gerarchia ed Autorità nel buddhismo Ch'an/Zen in Occidente” di S. Lachs, tratto dal sito www.darkzen.com, da me liberamente tradotto e postato sul nostro sito (*), pur essendo assai meritevole di estrema attenzione e ponderazione, dimostra ancora una volta se mai ce ne fosse bisogno, quanto caos, quanti pregiudizi e quanta confusione vi siano nell’ambiente che ruota intorno a quel processo spirituale così frainteso com’è lo Zen. Infatti, fin da quando io stesso mi sono avventurato sulla Via spirituale, ho sempre dovuto sentire chiacchiere e pettegolezzi che, almeno in quei primi tempi, riguardavano altri insegnanti o maestri, ed a cui, per ovvii motivi, non ho mai voluto prestare vera attenzione o cieca adesione.

Se avessi dato ascolto ai vari pettegolezzi e critiche che continuamente si sono sempre fatte sulle figure degli insegnanti, più che agli insegnamenti di Dharma, sicuramente oggi non sarei così tranquillo e imperturbabile nei riguardi di ciò che, nel tempo, si è detto anche su di me. Infatti, in diversi casi, anch'io sono stato tacciato di essere ben più interessato alla gratificazione personale, in special modo con le persone giovani dell’altro sesso (questo, in verità, molti anni fa… ora per fortuna mi sembra che non se ne parli più) che non all’accettazione delle regole gerarchiche, come la sottomissione a qualche monaco o maestro ufficiale qualificato. Ad ogni modo, anche in questi tempi, talora sono ancora stato accusato di essere un po’ troppo complicato, di usare metodi aggressivi nell’insegnamento del Chan, o di utilizzare arbitrariamente il ruolo di insegnante pur essendo del tutto fuori delle istituzioni ufficiali.
Perciò, sembra che allorché una persona si dia da fare per aiutare gli altri a scoprire i meandri ed i misteri della mente, si vada a scatenare un tale vespaio in altre menti e perfino nelle stesse menti che si vorrebbe aiutare, tale da generare ondate impetuose di potente energia egoica, a volte mascherata da apparente buona intenzionalità che in realtà tenta solo di distruggere e offendere chi, coi suoi metodi e i suoi sistemi, ha osato assumersi il ruolo di “salvatore”. Ora, se un chirurgo applica i suoi specializzati metodi in campo medico e decide di tagliare pezzi di carne o organi incancreniti da velenosi tumori, nessuno si sognerebbe di criticarlo o ostacolarlo per quella drastica operazione, dati i buoni risultati che potranno presentarsi in seguito. Al contrario, se un umile ‘bodhisattva’, anche se sconosciuto, tenta di applicare in campo spirituale i suoi “mezzi abili” per estirpare i velenosi tumori mentali (pensieri e malvagie intezioni) dei malati samsarici, si grida subito allo scandalo o alla usurpazione del ruolo o, peggio ancora, ad un presunto desiderio umano ed egoistico di ricercare una gratificazione, o l’esaudimento di voglie e brame di tipo mondano.
Si sa per certo che, almeno una volta, quasi nessun Maestro sia stato esente da voci subdole intenzionate a danneggiarlo o a metterlo in discussione (abbiamo letto di esempi anche nell’articolo di cui si parla). Figuriamoci quante chiacchiere maligne e malvagie si possono dire su persone meno famose e più indifese, pur se anch’esse stanno cercando di aiutare altri individui. In definitiva, non si critica tanto ciò che queste persone “dicono”, quanto piuttosto ciò che esse “fanno”. Aderendo meglio al motto evangelico “Fate quel che dicono, non fate quel che fanno”, il che appunto chiarisce dov’è il problema, - si dovrebbe capire che il problema sta tutto nella nostra “personale interpretazione” dei fatti. Se, con la mente macchiata dal nostro modo di vedere e pensare, noi siamo condizionati a vedere ed interpretare che “fare questo o quello” sia un male, mentre alcuni lo fanno senza quella mente “macchiata” ma anzi, spesso a fin di bene, cosa pensate che si possa concludere verso questo minimo livello di maturità spirituale? Ecco che sarebbe poi giusto rifarsi ancora al motto evangelico “Chi è senza peccato, scagli la prima pietra!”...
Il che, secondo la mia opinione, significa che nessuno ha diritto di accusare, incolpare o giudicare chicchessia, tanto più comprendendo che neppure chi questa frase l’ha detta (Cristo), ha poi scagliato la prima pietra! Infatti, il Dharma del Buddha, in tutta la sua risplendente verità, cerca di insegnare proprio questo. Prima di giudicare ed interpretare in modo totale e definitivo qualunque aspetto, o apparenza, di questo mondo illusorio, si dovrebbe provare a capire, attraverso il dialogo inclusivo, e non esclusivo, quanto di vero ci sia realmente nell’intenzione o motivazione di colui che viene accusato, o se invece tutto non sia solo il frutto della nostra ostinata ingiustizia nel voler per forza vedere aldifuori ciò che invece, purtroppo, ancora risiede nei nostri cuori oscurati e nella nostra mente sottoposta ad una incancellabile ignoranza.
Resta comunque il fatto che alcune cose del suddetto articolo sono indubbiamente vere e inoppugnabili. C’è tutto un palcoscenico adornato di rituali e segni obbligati a far da scenario alla teatralità delle moderne ‘Istituzioni-Zen’ ufficiali. E spesso sono gli stessi Maestri/roshi ufficiali (magari, proprio quelli che sono stati nominati non per meriti spirituali, e quindi sono non-illuminati) a lanciare la famosa prima ‘pietra’ contro altri individui innocenti, da loro non riconosciuti come insegnanti, ma considerati dei reietti perché, diversamente da essi, mantengono evidenti comportamenti da ‘persone ordinarie’.
Ora, questi impavidi ricercatori della verità espressa dal Buddha (cioè, che ogni essere senziente è un Buddha potenziale), pur non volendo proporsi ad un ‘ruolo’ ufficiale da Maestro ma cercando di insegnare il Dharma in un modo autonomo, si contentano soltanto di aiutare le persone idonee a trovare in se stesse la mente originaria e la ‘vera coscienza buddhica’ tramite la riscoperta della propria autoconsapevolezza spontanea. E poiché, come l’autore dell’articolo in questione dice, il ruolo ‘ufficiale’ da Maestri-Zen spesso non significa altro che essere degli ‘alienati’, pur apparendo ambiziosamente valutati come ‘esseri superiori’, per essi non è proprio il caso di mostrarsi ulteriormente alienati per ‘fingere’ di essere qualcosa di diverso da ciò che, in definitiva, tutti siamo e restiamo: semplici esseri umani.
Infatti, questi esseri umani, una volta compreso veramente il messaggio del Buddha, anche se appaiono come dei superuomini, conservano in se stessi e nella loro propria auto-consapevolezza la coscienza del loro corpo mortale e della loro impermanenza e vacuità. Ed è proprio questo che, in definitiva, fa di essi degli ‘esseri eccezionali’, è proprio questo che unifica e assimila i grandi maestri ufficiali illuminati ai più anonimi e sconosciuti ‘adepti’ segreti. La perfetta e univoca comprensione della verità-vacuità.
A mio parere, non c’è quindi alcuna ragione di considerare dissacrante l’articolo di Stuart Lachs. Esso rende in modo ammirevole la diversa angolazione di prospettiva che c’è tra il modo comune di vedere le cose dal punto di vista mondano e quello di una dimensione alquanto ‘privata’ e totalmente personale dell’ambiente spirituale, più specificatamente Zen, pur con tutto il bagaglio di regole e rituali obbligati. Grave appare invece il fatto che, pur non essendo originati dai primi antenati del Chan, questi rituali e varie regole sono poi stati creati ad arte e misura per procrastinare e conservare non tanto il vero insegnamento del Dharma, quanto un modo arduo e complicato di presentarsi come trasmettitori ufficiali del messaggio salvifico del Buddha.
Ecco perché, per quanto mi riguarda, io ho preferito applicare una sorta di ‘ritorno’ all’antico Chan, così come veniva fatto da quegli isolati ‘cani-sciolti’ che ci riportano le cronache del Chan (Fa-yen e Ta-hui, per citarne solo un paio). Cosicché, anche ai giorni nostri, sia possibile applicare una pratica di Dharma e avvicinarsi il più possibile alla verità testimoniata dal Buddha, mantenendola viva all’interno del proprio cuore con la continua e costante auto-meditazione, e insegnandola a quei pochi arditi che osano avere il ‘coraggio’ di affidarsi a coloro che, fuori dai canali ufficiali, potranno aiutarli a trovare la reale ‘Mente–Unica’ di tutti gli esseri, all’interno di se stessi. (*)

UNA STORIA ZEN - Nan-in, un Maestro Giapponese dell'era Meiji (1868-1912), ricevette la visita di un professore universitario che era andato da lui per interrogarlo sullo Zen.
Nan-in servì il tè. Colmò la tazza del suo ospite, e poi continuò a versare il tè. Il professore guardò traboccare il tè, poi non riuscì più a contenersi. "E' ricolma. Non ce n'entra più!".
"Come questa tazza" disse Nan-in, "tu sei ricolmo delle tue opinioni e congetture. Come posso spiegarti lo Zen, se prima non vuoti la tua tazza?".

(*) Questo articolo è stato tratto da un precedente commento che, nella sua prima stesura, si trova alla pagina (http://www.centronirvana.it/chanzen.htm). Esso quindi è stato rivisitato e corretto e dunque può essere leggermente diverso da quello originale.