Conferenza - di John TARRANT ROSHI
Traduzione in Italiano di Aliberth Meng -
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Stasera cercherò di riunire le due grandi correnti del pensiero occidentale del XX° secolo. Una è la psicologia del profondo, che varia dall'essere una passione fino ad arrivare ad un culto, suppongo, ma spesso, è di solito molto importante per il modo in cui noi vediamo il mondo. E l'altra è la visione della tradizione Zen – in generale la tradizione buddhista, ed il mio ramo particolare che è la tradizione dello Zen, - che ora credo sia anche una grande corrente nel pensiero occidentale, ed io spero che possa divenire una corrente ancor più grande, e che offre delle soluzioni ad alcuni problemi a cui noi stiamo realmente avvinghiati, sia individualmente che come cultura. Il mio interesse è di parlare un pò sugli aspetti più individuali di questo incrocio, questa confluenza di correnti di pensiero, di sentimenti e di passione. Ecco il mio modo di farlo.
Io prima mi sono addestrato nella tradizione buddhista per molti anni, in realtà ho cominciato nella tradizione Tibetana e poi sono finito nello Zen; ma poi ho appreso la tradizione psicologica perché volli immergermi nelle cose che sentivo ma non capivo, e sentii che avendo un altro luogo in cui stare, mi avrebbe aiutato a capire alcune cose sulla tradizione Zen. Quindi io sono in una posizione davvero diversa dalle molte persone che sono andate dalla psicologia allo Zen, per tentare di correggere la psicologia. Io ero più interessato a correggere lo Zen, e così sento che questa è la mia visione ed il mio interesse principale, perché io agisco come un insegnante Zen. Io sto scrivendo un libro su questa materia e recentemente scrissi un saggio in cui iniziai da due citazioni, e quindi avvierò questo discorso con queste. La prima è una citazione di Lin-chi, o Rinzai, che dice: 'Ufficialmente, neppure un ago può entrare; ufficiosamente, tu puoi guidare un cavallo e trasportare un carro'. Questa fu la mia esperienza di Zen. Io spesi molto del mio tempo nello Zen facendo cose che il mio insegnante mi disse di non fare e tentando in qualche modo di trovare i modi di farle funzionare. Io sentivo che era molto importante che lui mi dicesse di non farle, ma era anche molto importante che io le facessi. Entrambe le cose erano necessarie. E l'altra è il discorso di Prospero, l'apertura dell'epilogo a "La Tempesta."
Ora il mio fascino è andato tutto all’aria,
E quella forza che io stesso avevo,
Ora, è molto debole.
Se conoscete questo dramma, questo è il dramma del mago che sta finalmente gettando via gli attrezzi del suo mestiere, così che egli non andrà più a vivere la sua magia. Egli vivrà come un comune mortale, come un umano sulla terra. Io sento che questa è una classica posizione dello Zen. Che la gente tende a prendere la meditazione per molte varie ragioni. La ragione per cui io presi la meditazione fu per l'insight. Volevo vedere come il mondo era messo insieme e pensavo anche di essere un pazzo e che ciò potesse aiutarmi. Supponevo che lo facesse. Ma io volevo l'insight. Volevo capire la mia vita e scoprire il significato della mia vita. Penso che molta gente abbia intrapreso lo Zen e la meditazione per quella ragione. Almeno nella mia tradizione, ciò che si fa è di lavorare sodo con la meditazione, e tipicamente si scelgono i tempi e si fanno ritiri, e prima o poi qualcosa sorge, accade qualche cambiamento, accade una rivoluzione interna nella propria vita, che noi chiamiamo con nomi attraenti come illuminazione, o kensho, o satori. Il termine che a me piace di più è ‘intimità con l'esperienza spirituale’ che è un antico termine del gergo Cinese, e che io penso sia bello ed ha quel senso di calore e di collegamento all'universo, che appartiene alla vera esperienza spirituale. La vera esperienza spirituale non è una cosa che ci isola, ma un tipo di cosa molto intima e avvicinata.
Io mi sottoposi all’oscure e terribili prove dello Zen facendolo in modo assai duro e per me fu una buona esperienza. Io trovai e sentiii che sulla Via certe cose erano ufficialmente insegnate e certe altre erano insegnate inconsapevolmente, e così divenni molto interessato a conoscere quali fossero quelle cose, quelle della seconda categoria, perché noi sappiamo sempre ciò che è insegnato ufficialmente. Ognuna ti colpisce nella testa, ma noi stiamo pur sempre insegnando le altre cose.
Ognuno, prima o poi, nella propria vita, si scontra con una domanda. Di solito quella in un certo senso è una ferita. È un luogo in cui cadiamo, o solo che la nostra comprensione non lo afferra. Io penso a quelle volte come molto, molto importanti, perché sono situazioni-limite in cui tutto ciò che noi sappiamo si è insabbiato. Esse hanno appena prosciugato tutta l'acqua della nostra saggezza e noi veniamo lasciati senza niente. Lo Zen e tutte le tradizioni di buddhismo cercano per evocarlo in un punto. L'assunto è che quella situazione-limite è già là, ma noi non ne siamo sempre consapevoli, così la tradizione lo evoca. Nella nostra tradizione, noi lo facevamo con un koan che è una domanda da trattenere. I koan possono avere molte diverse caratteristiche e forme. Ci può essere una classica storia condensata presa dallo Zen Cinese (il Chan), che è un qualcosa che si mantiene finché non si diventa stravolti e poi qualcosa accade. Ma è un qual-cosa che sconfigge il vostro pensare. Sconfigge il vostro intelletto. Oppure può essere una domanda che sorge da sola nella vostra vita.
Un sabato sera, avevo cenato con una donna che non aveva mai ufficialmente preso un koan, ma era ossessionata da una particolare domanda nella sua vita e nel suo lavoro (lei è una scrittrice), e ne era stupita -- Lei aveva attraversato il corso dei miracoli, in questo strano libro dettato e incanalato, e stava cercando di immaginare come poteva essere accaduto questo e ciò che significava e come fosse tutto falso o vero. Lei si stava preoccupando di questo, e questa in qualche modo divenne la sua domanda riguardo a ciò che è oltre la nostra conoscenza. Ciò che è vero e ciò che è falso. Ad un certo momento, un tizio vicino ondeggiò e lei ebbe un'esperienza di illuminazione. Nel mondo tutto viene dalle mani del prossimo. Menziono questo solo perché è un recente esempio e abbastanza classico dell'esperienza spirituale. Le tradizioni del buddhismo tendono a evocare questo tipo di esperienze. Esse sono come pentole a pressione e tengono su il coperchio in vari modi, e poi se si ha questa esperienza di insight è una cosa meravigliosa, piena di gioia, che cambia la vostra intera vita e dopo si è sicuri di avere la risposta a tutto.
Nella mia tradizione, voi poi dovete fare molti più koan ed uno dei miei favoriti, che brevemente viene dopo questa esperienza è chiamato, "La persona illuminata cade in un pozzo". Indicando forse che qui sta accadendo qualcos’altro. E quel qualcos’altro che sta accadendo io penso che sia il sottostante insegnamento che c’è in tutte le grandi tradizioni. Io descrivo ciò che è nel carattere, o concettualizzo su ciò che è il mio carattere. Quel carattere, o anima, è un altro modo, un modo occidentale di porlo, quel carattere è qualcosa che può essere buono o cattivo. Il carattere di una persona può puzzare o può essere alquanto saldo, e noi in qualche modo possiamo stare con esso. Possiamo spingerci contro, o bussargli sopra e ci sembra buono, o ha un piano. Quindi, il carattere è qualcosa che è in sviluppo, no? In realtà, esso non è l'insight. Quando si vede nel centro dell'universo, si vede la stessa cosa che ha visto Shakyamuni Buddha e si vede la stessa cosa che vide chiunque altro, Jane Doe e Joan Blow, per secoli. La visione è realmente la stessa. Ciò sarà espresso nei termini del vostro universo unico, ma è realmente la stessa visione. C'è quindi un punto in cui l'insight rimane nell'eterno e non è molto interessato allo sviluppo, perché tutto è già perfetto. È bello, e noi ci diletteremo proprio in quello, e poi noi precipiteremo in un pozzo.
L'opposizione classica occidentale è tra spirito ed anima. Lo spirito è la funzione trasformativa ed è eterno. Esso in realtà non impara, io penso. È il modo in cui noi siamo tutti uno, ed è il modo in cui, quando anche voi lo siete – esso talvolta scalcia quando siete molto ammalati, se siete vicini alla morte, vi informa che la vostra vita è perfetta perfino in quel momento, anche se state morendo. Quel tipo di esperienze. È una classica vera esperienza di spirito. È molto utile, ed è utile nella nostra cultura, perché noi tendiamo ad essere molto attaccati agli oggetti, nella nostra cultura che ci spinge dentro e fuori nei negozi di shopping, osservando le nostre vite e facendoci notare quanta ricchezza ci sia intorno a noi, senza dover andare in primo luogo negli edifici con molti negozi. Lo spirito ha una bellezza in "né ed una trascendente e felice qualità ed è anche arrivato ad un gran rigore. Se già sedete in un centro di Zen, seduti per molto tempo a gambe incrociate e se il vostro corpo non sente dolore, allora siete straordinari, e se anche il dolore nel corpo non diventa estremo, voi siete straordinari. Alla fine, con buona speranza, noi arriviamo ad una diversa comprensione del dolore. Nello spirito c'è una qualità che libera. Anche se io muoio, io so che c’è il mondo - c'è qualcosa di meraviglioso in cui io posso rimanere. Noi non siamo così spaventati quando abbiamo questa esperienza e sentiamo di appartenere alla terra. Noi sappiamo chi siamo e dove stiamo. Questa è una cosa così meravigliosa che cambia realmente la vostra vita. C'è meno attaccamento per le cose che conosciamo. Noi siamo ben più fluidi e, con buona speranza, ci apriamo al nuovo.
Ma poi c'è tutta quest’altra parte del mondo che sembra disinteressato da questo fascino nei riguardi dello spirito. Lo spirito ha un suo proprio tipo di oscurità che sembra seguirlo. Questa altra parte della vita sembra bilanciarlo. Penso ai piaceri che sono molto transitori--cioccolato e biancheria intima, a cose così—che sono invero molto più veri interessi degli esseri umani, ed ovviamente, non possono essere aldifuori della natura di Buddha. Dal punto di vista dello spirito queste cose sono tutte buone, sono tutte l’uno, esse sono proprio come il chiaro di luna, ma poi c'è un'altra parte di noi che preferisce quel tipo di cioccolato o preferisce il cioccolato ai fiocchi di mais, o cose così. Quella parte del carattere, potremmo dire, che vuole essere ascoltato e se non è ascoltato o è ignorato, e se solo voi gli tagliate via la testa, qualcosa di cattivo accade nell'addestramento spirituale. Più avanti, vi parlerò di quali sono alcune di quelle cose cattive.
Io trovai nel mio proprio addestramento questo duplice impulso. Uno era verso l'eterno e lo spirituale, volendo avere una grande esperienza di meravigliosa illuminazione e risolvere tutto. Proprio vedere realmente come era messo insieme il mondo e condurre una vita veramente buona, era una sorta di integrità. E l'altro impulso era verso quel tipo di mondo transitorio, negletto, piccolo e furioso, che non è la vita eterna, ma la vita a causa della quale noi moriamo e moriamo vivendola bene. Questa è proprio una verità di cui non possiamo sbarazzarci.
La mia teoria circa tutto ciò, era che quando noi scoprimmo le grandi tradizioni dell'Asia, noi incontrammo lo spirito, ma l’anima è una cosa locale e noi non la portammo insieme con esso. Poi abbiamo cercato di avere molto più spesso questo evento che era un evento puramente spirituale, ma non era sufficientemente utilizzato. Quindi abbiamo avuto tutti questi scandali ed amori che sapete, e che ancora ci stanno affascinando e noi stiamo ancora tentando di lavorare su quello che essi sono, io penso. Un insegnante che va a letto con i suoi studenti, i viaggi di potere, ogni sorta di cose che succedono. Io penso che ciò sia stata la vendetta dell'anima. "Se tu mi trascuri, fai attenzione!". È la cosa scura che sta nell’angolo della stanza, che pensiamo sia così insignificante, ma all’improvviso noi ci giriamo ed essa cresce e ci afferra.
Cosi, io penso che il nostro compito sia di dimorare e trovare i modi personali di insediare le grandi tradizioni come lo Zen. La tradizione della psicoterapia del profondo può aiutarci un pò. Io penso che noi abbiamo bisogno di onorare ed osservare i modi in cui la stessa tradizione Zen sviluppa l’anima e sviluppa il carattere. Io volevo solo diventare illuminato. Io non mi sono dato una maledizione come invece ho fatto. Io arrivai in uno Zendo (Sala Zen). Venivo dall’Australia che probabilmente è una delle culture più secolari del mondo. Molto più secolare degli Stati Uniti. Gli Australiani odiano fare cose come prostrasi. Essi pensano che sia tutta una porcheria. Quindi io entrai e dissi, "Lei vuole che io mi prostri? Sicuro, io mi prostrerò. Qualunque cosa Lei vuole che io faccia, la farò. Io voglio solo diventare illuminato". Io penso che quello fosse un atteggiamento dei tempi. Erano gli anni settanta, quando io per la prima volta attraversai un tempio. Poi dopo capii che queste stupide forme, come il prostrarsi, sono sempre insensate per definizione. Il rituale è sempre insensato, altrimenti sarebbe un'attività pratica e non ci sarebbe alcun uso per le cerimonie. Queste cose insensate mi stavano cambiando. Il che, per me, era buono per lasciar andare la mia idea che io ero venuto da una cultura secolare ed ero molto più razionale ed immune alla seduzione di queste cose. Ricordo che il momento-chiave per me, fu quando andati dal mio insegnante con la mia domanda. Fu il koan Mu, che alcuni di voi possono conoscere, in cui fondamentalmente tu trattieni questa sola parola ‘Mu’, che per te non significa niente e che devi scoprire che cos’è. Qualunque risposta che tu dai sarà rifiutata, e così è una pratica molto semplice.
Io andavo pressocché ogni giorno dal mio insegnante e mi applicavo in un duro addestramento. Lavoravo di giorno e sedevo molta parte della notte e facevo molta meditazione. Era un tipo di vita gioiosamente alienata. Entravo nello zendo e facevo le mie tre piene prostrazioni di fronte al mio maestro, lui mi guardava e io dicevo, "Io non so niente". Lui aveva una piccola campana in mano che suonava quando si entrava, poi lui suonava la sua campana ed io mi inchinavo e poi andavo via. Era realmente una relazione perfetta. Feci tutto questo per parecchio tempo. Io venivo dall'Australia ed avevo meditato da solo per anni, inventandomi la ruota, così la prima volta che lo vidi io entrai nella sua vista. E lui disse,"Bene, cosa vuoi?". E io dissi, "Beh, io penso di voler diventare illuminato". E lui disse, "Bene!" Io allora dissi, "Ho già cominciato a lavorare sul koan Mu." Lui disse, "Hai qualche domanda?" Io dissi, "No", e lui suonò la sua campana. Quindi potete vedere che a quel livello, c'è qualcosa di stupido che va, perché si sta parlando di una cosa qualsiasi, ma ad un altro livello fa seguito qualcosa di molto profondo perché qualcosa di buono mi è stato dato e da quello mi sono stati conferiti poteri. Appena fui entrato- la prima cosa che pensai fu, "Bene, se io sarò proprio nella corretta struttura mentale quando entrerò ad incontrare il mio insegnante, sarò illuminato", e a cose come queste. Queste idee, chiaramente, poi gradualmente se ne andarono, ed io seppi che esse erano ridicole, ma io non potevo aiutare a sostenerle. Quella era, ancora, un'esperienza del carattere. Compresi che io non ero immune alle idee stupide che chiunque altro avrà avuto nello Zendo, che dovevo rispettare il mio stesso tipo di sciocchezza e permetterlo, ed in qualche modo essere morbido verso di esso. Imparai a conoscermi meglio, ma non potevo sostenere quell'idea, non potevo prepararmi a quell’incontro ed in qualche modo essere così. Gradualmente notai che poiché stavo lavorando e meditando da solo, io entrai e dissi, "Io non so niente". E lui suonò la sua campana, allora compresi che io stavo già vivendo la grande Vita. Che c'era qualcosa di bello e ben fatto in questa vita, che io non avevo mai sperimentato prima, che io in realtà mi preoccupavo di qualcosa, senza sapere realmente cosa, e che stavo sbagliando. C'era un onore in quello, una forza in quello, e che io mi stavo preparando a farlo per il resto della mia vita. Prima, avevo sempre avuto l'idea di voler raggiungere quello e farlo. Ma anche non ero consapevole di avere quell'idea. Alcune persone lo chiamano ‘materialismo spirituale’.
Realizzando di essere alquanto felice, poi all’improvviso non mi importò più di essere illuminato. Non mi importò più – di alcune di quelle cose. Così divenni chi io ero. Se io avevo un desiderio per il gusto di cioccolato o per la biancheria intima o per qualunque cosa fosse, allora potevo osservarlo ed iniziare a sperimentare la mia vita anziché tentare di svuotare all’infinito la mia vita, così da farci entrare qualcosa di migliore. Questa è l'esperienza di carattere che accade in un buon centro spirituale. Segue sempre il lavoro dell’anima. Infatti, io ricordo di non essere più molto interessato alla illuminazione. Io ero interessato, di non lasciare che si prendesse cura di se stessa, io pensai. Ovviamente, non potei farlo, così non fui troppo infastidito da questo, e divenendone più interessato, divenne molto più facile la mia meditazione, molto meno pura, divenni molto meno interessato a creare stati di mente. La tecnica, dico, insieme all’arroganza, è uno dei vizi dello spirito, perché lo spirito pensa sempre che se noi troviamo un'altra tecnica, noi saremo capaci di stare per sempre nel nostro luogo spirituale, dove tutto è puro. Mentre l’anima sa bene che nessuna tecnica potrà aiutarla. E che fra poco dovrete morire e lasciare le persone che amate e che dovrete trovare la vostra bellezza perfino là, nelle foglie dell’autunno, oltre che nella primavera.
Nella nostra tradizione, ciò che noi facciamo dopo che qualcuno ha avuto quel tipo di apertura spirituale, è che cerchiamo di trattenerli e non lasciarli andare, perché le persone tendono ad avere un'apertura spirituale, e poi di solito vanno fuori a commettere disastri nel mondo perché hanno una super-fiducia, una grandiosità, che arriva dallo spirito quando non è temperato. È una cosa terribile essere un nuovo insegnante di Zen. Io parlo per esperienza. C'è bisogno di seguire una certa tempratura, un riconoscimento della nostra vulnerabilità, e di tutte le cose che noi non conosciamo. La simultaneità della nostra saggezza e della nostra stupidità. Questo è il significato del koan "La Persona Illuminata precipita in un pozzo". In realtà si può avere una comprensione molto profonda del mondo spirituale eppure fare ancora qualcosa di stupido, e si possono ancora avere spazi della propria vita di livello inferiore in cui non si è molto buoni, e si è stupidi, e ciò non fa di voi una persona meno spirituale. Ma, osservandolo, questo di sicuro farà di voi una persona molto più spirituale. Essendo preparati ad avere vergogna e la delusione di quei comportamenti, che sono molto duri nella vostra grandiosità, questo in qualche modo permette allo spirito di rientrare in questa Via più pura. Allora qualcosa di reale può accadere. Può accadere il vero insegnamento. Può accadere il vero amore, e poi la bellezza del mondo è la bellezza del Sentiero del Buddha proprio là di fronte a noi.
Ma non è così se noi non siamo preparati ad accettare la nostra propria stupidità, non in un modo compiaciuto, ma in un modo che sia impegnato. Solo essendo consapevoli che non siamo molto buoni. Osserviamo pure il nostro dolore, quando esso è in noi, ma lasciamolo stare. Noi dobbiamo permettere che vi sia l'oscurità nel mondo, per poter sperimentare la luce. La nostra prima mossa nello spirito, è sempre di trascendere. Vogliamo sempre andar diritti verso la luce. La mia stessa esperienza fu di andar su e poi giù, e non sapere poi quale fosse la manovra successiva, suppongo. Noi dobbiamo lasciare gli opposti, in qualche modo presi, tenere le parti più piccole di ciò che noi siamo, insieme alle parti eterne un po’ più grandi, di ciò che noi siamo, e non lasciare che uno le trasporti. Quando le si trasporta con noi diventiamo meno che umani. Se le trasporta l'anima, è solo piena di brama e vapori. Diventiamo imbronciati tutto il tempo e nessuno può sopportarci. Quella coscienza dell’anima, quella coscienza molto personale, diventa consapevole di come è transitoria e che sta sempre cercando di tenersi sù con una macchina nuova, o qualunque cosa sia, cioccolato, un nuovo fidanzato, o qualsiasi altra cosa nuova. Essa è innamorata di ciò che il tempo produce. Vuole sempre andar fuori a fare una mistica fusione con le cose. Lo spirito sa che le cose entrano sempre in esistenza e poi passano via e non è così entusiasmato, ed è davvero una buona contro-indicazione al punto di vista dell’anima. Al punto di vista dell’anima spesso è molto risolutiva la psicoterapia, in certi modi, io penso, ma spesso ci perde lo spirito. O, quando essa si dedica allo spirito, spesso è molto meccanicistica; del tipo, ipnotizzami se sono stato molestato così che posso ripararlo, che è una cruda e classica mossa tecnica, mentre però ignora chi sei tu. È come se qualcuno volesse prendere la vostra BMW, e ripararla.
Ma l’anima è anche necessaria, perché senza di essa, senza quel punto di vista, ho notato che lo spirito tende a crearsi un sacco di regole. Se lo avete notato, quando una comunità spirituale diventa più vecchia, ha molte più regole e di solito quelle regole non sembrano aiutare molto. C'è molto più controllo. Accade che talvolta non vi sia abbastanza amore nello spirito. Lo spirito ha un'equanimità – o si vive o si muore; e questo è ok.. Le cose possono infilarcisi dentro per riempire il vuoto. Il potere, è interessato a infilarsi dentro. Ora, si trovano dei guru armati come guardie. Non è sufficiente solo condannare il guru, o parteggiare per il guru. Penso che si debba andar oltre questi due, né il biasimo né l’encomio. Io penso che si debba capire che c'è un gran processo che avanza dentro di noi, così pure se qualcuno, chiunque sia il vostro guru favorito, sia o meno un buon maestro, nella comunità spirituale (qui seguono alcuni nomi, che noi non mettiamo per prudenza e rispetto di ogni punto di vista- nota d. Trad. Ital.). Penso che si debba ammettere che queste persone abbiano avuto esperienze spirituali molto genuine, spesso molto potenti e furono in qualche modo trasportate da esse. Essi non ebbero abbastanza equilibrio per trattenersi, e che anche noi siamo così, e che noi abbiamo necessità di averli entrambi. Noi abbiamo bisogno di avere le nostre ali e di avere i nostri piedi.
La morale viene fuori dalla dimensione dell’anima, dal coltivare attentamente la dimensione dell’ anima. Se coltiviamo lo spirito e facciamo il nostro zazen, noi dobbiamo totalmente fare quello. Se lo facciamo con grazia e intelligenza, si comincia a permettere una consapevolezza di spazio ed una apertura nella nostra vita, e quindi poi possiamo fare bene il lavoro dell’anima. Perciò, io vedo che il lavoro dello spirito, in un certo senso, è primario. Noi dobbiamo costruire la super-struttura prima di costruire le fondamenta. Io non sono sicuro che ciò sia vero, ma al momento è un'idea con cui sto giocando. L'idea di moralità da parte dello spirito è di metter giù regole e dire, "non fare sesso con una donna che ha le mestruazioni". Un'asserzione classica dello spirito da parte di molte culture. Ciò che si troverà sulla moralità dello spirito è che la posizione della donna gradualmente ne avrà a soffrire. Ci sarà un rifiuto del dominio dell’anima, che tende ad essere proiettato sulle donne, che in realtà non porta necessariamente più dominio agli uomini, ma poiché gli uomini si rifiuteranno di doverlo proiettare sulle donne, e così essi potrebbero cominciare ad escluderle. Esempi di ciò, ne troviamo in tutti i luoghi. Uno degli studenti anziani del mio primo insegnante Tibetano, disse, "Se si è una donna, per diventare illuminati bisogna rinascere come uomo". Io pensai di rimanere in silenzio, ma capii che quello non era corretto. Capii anche di non sapere tutto, ma sapevo che questa non era una delle cose da aggiungere al mio elenco delle conoscenze. Questa è una mossa molto classica dello spirito. Molto spesso le donne sono il veicolo, ma ovviamente anche l'esclusione delle donne. Qualcuno proibì le dèe a seni nudi di Mayumi Oda (lei ha un'interpretazione molto femminile dell’iconografia buddhista) da uno Zendo, perché non era adatto per uno Zendo di vedervi ritratti di donne nude, e questa è una mossa classica dello spirito contro l'anima. La morale viene fuori dall'anima perché l'anima si interroga sempre e realmente essa non sa e ciò è un tipo di stupidità. Essa per molto tempo si sente parziale e così c'è quella qualità nebulosa che è così apprezzata nello Zen. Io penso che le immagini offuscate di nebbia siano caratteristica della virtù del non-conoscere, dell'incertezza che quando siamo insicuri, noi possiamo essere molto più vicini a ciò che è vero. Noi possiamo essere molto vicini ai doni della vita perché già non sappiamo, e non abbiamo chiuso fuori le cose dalla nostra conoscenza. Quando siamo insicuri, noi siamo incerti su una decisione e forse ci preoccupiamo di ciò e ne siamo un po’ ossessionati e non pensiamo che sia una cosa molto spirituale da fare, perché supponiamo che voi già lo sappiate, se siete spirituali, ma forse quella è la cosa corretta da fare e forse è così che nasce la morale. La morale non nasce tramite una certezza che viene giù dal cielo. Questo è come sorgono le regole. Qualcuno incide qualcosa nella pietra con una freccia lampeggiante. La morale sorge su dalla terra e sorge attraverso il parziale della base. Quindi dobbiamo sempre accettarci come siamo, ed in noi, amare le basi. Dobbiamo riconoscere che esse saranno là e che ciò è corretto, perché quelle sono le finestre attraverso le quali arriva la trasformazione. E se voi non avete trovato le vostre basi, allora per voi le avrà il vostro prossimo, e questa è una cosa orribile da fare al vostro prossimo.
Io non so se voi le avete trovate, ma io ho scoperto che ho incontrato il buddhismo quando ero andato alla Biblioteca Nazionale d’Australia e avevo letto ogni libro che c'era sullo Zen, cosa che in realtà appare più drammatica di quanto non sia stata. Tre libri. No, ce n'erano un po’ di più. Io li divorai, essendo appassionato del soggetto. Dopo un po', però cominciai ad osservare nei racconti le somiglianze che c'erano in questi eroici resoconti. Essenzialmente, ogni autobiografia è una forma di resoconto eroico dove qualcuno va fuori, capita in un territorio ignoto, trova la sua via d’uscita, e ritorna a casa con la saggezza, trovando in vari modi un aiuto lungo la via. Questa è una classica storia. Ma io trovai che spesso non c'era molta immaginazione, nella letteratura buddhista. Per me, il Canone Pali è un esempio più di ingegneria mentale privo di fantasia, che io non ho mai sentiero e benché in esso vi sia anche una grande profondità di luce, io un po’ mi sentivo offeso. Suppongo che l’assenza dell’anima nella letteratura classica buddhista, mi abbia sempre un po' offeso. Io penso che sia un po’ noiosa perché è senz'anima. Non permette all'immaginazione di spaziare. Non permette che possa accadere un qualche cosa di personale. E se non c’è qualcosa di personale, cominceremo ad avere una finta devozione in essa e fare qualcos’altro nella nostra vita privata. Quindi noi abbiamo bisogno di portare nello Zendo, nel tempio, il nostro personale e farlo diventare sacro e quello è il vero compito. Ci deve essere un senso di valore immaginativo nello Zen. Devono esservi giochi e risate, e cose così, perché l'anima ama queste cose, che sono così transitorie, e più tardi tu puoi spiegarlo, e non c’è senso in tutto ciò. Non si può metterlo nei sutra. I sutra non sono molto adatti agli scherzi, tuttavia, questa è una parte essenziale della vita umana.
L'ultima cosa che voglio dire, è che io penso che le grandi tradizioni incarnarono proprio questo. Questo lavoro sul carattere e l'onore dell'anima, e la transitorietà, i piccoli animali, i giardini, il femminile, in qualunque forma la cultura li renda allucinati. Tutto questo vi era nella grande tradizione. Nelle grandi tradizioni vi sono sempre stati dei misogini, ma ci sono sempre state anche grandi donne. Questo lavoro sull’anima vi fu sempre, anche se è difficile codificarlo e non fu codificato. Io penso che uno dei nostri compiti sia di approfondire realmente il buddhismo -- io penso che uno dei nostri compiti sia di cercare di aiutare la cultura, se noi approfondiremo realmente il buddhismo. Io penso che il primo luogo in cui farlo è in noi-stessi, che noi abbiamo da tenere quel conflitto dentro di noi e lavorare con la nostra propria confusione e dopodiché vedere quello che accade, e così poi seguiremo ed avremo fiducia nelle azioni che cominciano a venir fuori da quello, la generosità dell’azione che automaticamente verrà dalla nostra pratica spirituale, così che noi possiamo dare il nostro contributo di bodhisattva alla cultura.
Questo potrebbe essere per me un momento buono per prendere fiato. Io credo che fu Mark Twain che disse, "Dopo i primi venti minuti di un sermone, ben poche persone sono convertite". E forse questo richiede delle domande.
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DOMANDE e RISPOSTE, dopo la conferenza. (Le scritte tra parentesi stanno a significare che nella registrazione non si è impressa la voce, e quindi se ne sintetizza il significato)
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1° DOMANDA: (Qualcuno domanda su che cos’è la psicologia del profondo).
JOHN: Beh, io penso che la psicologia del profondo sia un qualcosa che sembra richiedere un tempo lungo e molti soldi. Ma il mio senso è che ciò che essa fa sul paziente, sia una cosa che riguarda lui. E penso che essa abbia un modo di indagare su di lui alquanto Zen. E che quando noi andiamo all’interno, non stiamo necessariamente cercando di riparare un nostro problema particolare, come la nostra paura di volare o qualunque altra cosa. Che ciò potrebbe guidarci a prestare attenzione a noi stessi. È più una questione di dove sta andando la mia vita, e chi sono io, e tende ad indirizzarsi verso quel tipo di domande. Nel mio caso, c’è un certo interesse, una certa fiducia in quello che l’inconscio sta cercando di fare, come pure ciò di cui è interessata la mia consapevolezza a livello di ego. In questo, è alquanto simile allo Zen. Lo Zen attacca l'ego piuttosto direttamente; mentre la psicologia del profondo tende più direttamente a trattare con esso, piuttosto che il karate o qualcosa come quello. Ma in entrambi, l'inconscio è portato più allo scoperto. Ciò che è più grande di noi, che è anche in noi, è invitato a presentarsi.
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2° DOMANDA: Lei non ha detto moltissimo sul cambiamento, e io mi sono proprio chiesto se ciò che Lei pensava era implicito nei Suoi commenti e la Sua esperienza, che erano.. .
JOHN: Questa è una bella domanda. Beh, io penso che noi cambiamo tantissimo e però non possiamo farci niente. Non c'è scopo nell'avere una particolare idea di come noi cambieremo, perché non cambieremo mai in quel modo. Noi in qualche modo vogliamo sempre cambiare A e B, ma quello che sempre ci sembra di chiedere è di cambiare C e D. Le cose che siamo disposti ad abbandonare, spesso le possiamo tenere. Le cose che non siamo disposti ad abbandonare, sono proprio quelle cose che dobbiamo lasciare. Si pensi alle piccole cose, non a grandi terribili cose. Ma modi di pensare, caratteristiche indulgenze e particolari sentimenti. Il mio motivo per cambiare. Ciò che penso che noi facciamo, è meglio che noi si possa armonizzarci con il Tao, ed il cambio avviene e noi si dovrà avere la buona grazia di accettarlo.
(Ampliamento della domanda. Stesso oratore…)
JOHN: Beh, noi ascoltiamo, siamo pazienti, e facciamo la nostra meditazione. La mia esperienza di fare molta meditazione fu, dio mio, di far accadere ogni sorta di cose. Io divenni molto abile nei profondi stati di mente, e piuttosto calmo, ma appena pensavo di essere molto bravo, acca-deva qualcosa di molto tempestoso. Dopo un po’, inoltre, ciò diventa parte di questo lavoro che io sto condividendo con voi, dopo un po’ io cominciai a realizzare che anche questo, era parte di esso. Quando appare quel qualcosa - dolore, sofferenza o qualunque cosa sia. O l’arroganza, o la rabbia o una certa pomposità, qualunque cosa sia, appare perché, in un certo senso, sta cercando di ritornare a casa. E quello è il grosso del cambiamento da notare che, in qualche modo, viene a patti con quella roba quando si manifesta.
DOMANDA: (Lo stesso interrogante) Io stavo pensando più in termini dell'esperienza iniziale di cui Lei ci ha parlato.
JOHN: L'esperienza di illuminazione?
DOMANDA: Sì.
JOHN: Beh, penso che qualcuno mi abbia detto che l'esperienza di illuminazione sia sedere qui tra il pubblico, in realtà, che Suzuki Shunryu Roshi descrisse come un cambiamento del punto di vista di 360 gradi. Poi, c'è il vecchio detto Zen che quando si comincia a praticare, le montagne sono montagne e i fiumi sono fiumi, e tutto quanto - la colazione è colazione-- è come è. Poi, dopo aver praticato per un po’, le montagne non sono più montagne ed i fiumi non sono più fiumi, così si comincia a vedere la trasparenza del mondo, che è sia bagliore che bellezza, ed anche l'insostanzialità delle cose è molto più evidente. Che questo è un sogno in cui noi stiamo vivendo. Non c’è proprio alcun dubbio riguardo a ciò. Ed il sogno ha sapori diversi e così via, ma è comunque un sogno. Ma poi, alla fine dell’addestramento, le montagne tornano ad essere montagne ed i fiumi sono di nuovo fiumi. Il che sta a significare, in qualche modo, che noi cambiamo enormemente il nostro punto di vista, e poi anche che lo lasciamo andare e non ci aggrappiamo a quello. E nel punto di vista, io penso che vi siano conseguenze. La gioia è una conseguenza di una vera esperienza di illuminazione. Anche la compassione sembra essere una conseguenza. Tu non puoi aiutare te stesso. La compassione non è una cosa voluta. È una sorta di cosa involontaria, programmata geneticamente a srotolarsi, emergendo nella persona. Così viene la compassione.
Concettualmente, la filosofia Hua-Yen (Giap. Kegon), che era una grande filosofia che però poi è morta anche perché era realmente complicata, credo, anche se brillante ed interessante, tentò di descrivere la filosofia di ciò che si vede sotto quel cambiamento. Nello Zen, di solito, noi diamo definizioni operative. Noi diciamo, "Fai questo e poi dimmi ciò che vedi", piuttosto che, "ciò che vedrai è questo". Perché le persone sono fissate su ciò che è la loro idea di quali sono quelle parole, e poi è molto duro. Ma, stranamente, le persone cominciano a vedere la barriera soggetto-oggetto che si rompe. Tu vedi che sei l'universo e l'universo è te, ad esempio. Si incontrano le persone della tradizione. Tu capisci ciò di cui essi stavano parlando. Era questa la tua domanda?
DOMANDA: Più o meno.
JOHN: È troppo vago, forse?
DOMANDA: Sì.
JOHN: Beh, allora cosa gradiresti? Fammi una domanda più specifica.
DOMANDA: Beh, quando Lei ha detto, `Tu sei l'universo e l'universo è te', che di sicuro questo avrebbe un qualche effetto sul comportamento. Voglio però risalire a qualcosa che Lei ha detto sul comportamento e che questa cosa nera potrebbe proprio afferrarti. Io stavo pensando più in termini di essere consapevolmente consapevoli di ciò che si fa.
JOHN: Sì. Beh, io penso che le cose siano più di quanto esse contengano. Penso che il carattere in un certo senso sia un contenitore per l'insight. Allo stesso modo, l’anima è il contenitore per lo spirito. Se noi abbiamo fatto molto lavoro e siamo già pazienti avendo lavorato con la nostra propria fallibilità, noi siamo umili ed abbiamo l'integrità e siamo onesti sulle nostre debolezze, allora là c'è un miglior contenitore. L'insight arriverà e non ci ferirà troppo. Noi saremo felici e compassionevoli e le persone probabilmente penseranno che noi siamo un pò migliorati nella nostra vita. Le persone intorno a noi noteranno la differenza e noi potremmo cambiare i nostri percorsi di carriera, o qualcosa di simile, ma generalmente io valuto molto di più la stabilità. Poiché sono un figlio degli anni sessanta, suppongo. Nell’addestramento spirituale, mettere un piede dopo l'altro ed accettare l'oscurità quando c’è, ecco cos’è molto importante. Poi la luce arriverà. Io penso che in questo vi sia fiducia e pazienza e non è che crediamo alla propaganda del ministero dello Stato d’Animo, se c’è. Noi siamo pazienti e aspettiamo cose che sono difficili a passare perché sappiamo che sotto c'è una conoscenza. Noi non dobbiamo avere così tanta fiducia, perché conosciamo. Per me, questa è la grande differenza. Ma poi noi dobbiamo ancora fare quel lavoro sull’anima che io descrissi, il lavoro sul carattere. Infatti, avere un buon occhio ed un brutto carattere è una cosa orribile, io penso. Una cosa terribile. Un vero tormento. Ed io penso che quando guardo indietro alla tradizione, posso vedere chi si trovava in quel dilemma.
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3. DOMANDA: Io prima vorrei vedere se ho capito ciò che Lei sta dicendo. Ciò che sta dicendo è che Lei ha l'esperienza dell’illuminazione, e che Lei è parte di essa. Poi c’è anche l’essere umano e le colpe dell'essere umano e tutto il resto. Quello che mi chiedo, sembra che la cosa principale che le persone stanno tentando di ottenere quando cercano l’illuminazione è l'esperienza dell’ illuminazione. Da quello che capisco su ciò che Lei dice, Lei sta dicendo che c'è più di quella che di quell’altra. C'è molto di più che deve essere fatto. Mi sto proprio chiedendo quale sia lo scopo dell’illuminazione che Lei direbbe. Direbbe che la mèta è una cosa per persone che.. .
JOHN: Beh, lo scopo dell’illuminazione è di dimenticare che tu sei illuminato. Questa è l’unica cosa che è davvero vera. Yamada Koun Roshi era uno dei miei insegnanti, il mio antenato, che David ed io dividemmo come insegnante. Lui era molto forte su questo. Chiunque fosse visibile in mezzo ad una folla, non sarebbe un illuminato. La sua idea era che lui doveva muoversi con la metropolitana a Tokio, come chiunque altro. Egli incarnava tutto questo in modo ammirevole, io penso. 'La puzza di Zen' è un antico detto Zen. Le persone che hanno una fresca esperienza di illuminazione sono in qualche modo un po’ sgradevoli. In quanto c’è bisogno di trattarle come tutto ciò che è giovane. È bello; è meraviglioso, e purtroppo ha bisogno di invecchiare come qualunque altra cosa.
Le nostre fantasie sulla illuminazione sono piuttosto meccanicistiche. Perché noi pensiamo che tutto cresce e cambia. Non ci accosteremmo mai al un’opera d’arte nello stesso modo in cui ci accostiamo alle nostre menti. Però, noi pensiamo che se abbiamo un'esperienza d’illuminazione, accadrà qualcosa di statico. Ma non c’è mai nulla di statico. Tutto è un flusso. Ed è sempre in cambiamento. Il contatto con la vostra esperienza di illuminazione morirà nella misura in cui voi vi aggrapperete alla mia stessa esperienza. Quindi, c’è più un lasciar andare, e poi potrete avere esperienze multiple di illuminazione. Nella tradizione. Qui ed ora. Noi dobbiamo lasciarle andare ancora e ancora. Dobbiamo essere una persona - Lin-chi la chiamò una ‘persona senza rango’. Perché se avete un rango, allora voi siete una persona che se ne va in giro con sù un cappello, una sorta di elaborato cappello di qualche tipo. Un berretto rosso (?) o qualcosa del genere. E con qualcuno del vostro rango, e voi non state più vivendo. E l'estatico è là dappertutto. C’è in ogni momento. Non c’è solo in una esperienza di illuminazione.
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4. DOMANDA: La mia domanda potrebbe essere, qual’è il movimento dell’intera cosa. Quale è la direzione di tutti gli affari?
JOHN: Qual’ è lo sviluppo della nostra fantasia?
DOMANDA: Qual’ è lo scopo dell’ illuminazione nell’umanità, o direbbe che ce n’è uno?
JOHN: Qual’è la grande visione, qui? Le grandi visioni non sono il mio punto forte, ma proverò. Penso che questa sia una domanda nobile. Io penso che noi possiamo averla. Penso che vi sia un sacco di cose. Infatti, voglio enfatizzare che il primo scopo deve sempre essere trovato -- La fantasia del bodhisattva è una leggenda, nella tradizione buddhista, in realtà è una persona che rimanda la sua propria completa illuminazione per salvare gli altri esseri. Perché se pure loro divenissero completamente illuminati, essi stessi in qualche modo scomparirebbero dal pianeta. Questa è evidentemente una fantasia, ma per me è una fantasia molto interessante. In altre parole, colui che fa la Via del bodhisattva è una persona che ha i suoi piani e li conosce, in quel modo sta facendo il lavoro sul carattere. E la grande visione viene dall'integrità molto semplice di ciò che accade ora nella vostra pratica di meditazione, sempre nella vostra vita. Se voi fate qualcosa di stupido, qualcuno potrebbe picchiarvi; voi potreste mentire e scappare da lui, ma voi non mentirete. È un compito molto importante. Noi possiamo fare molto più individualmente il nostro lavoro, che ha effetti ondulatori. Se tu realmente fai il tuo zazen, avrai conseguenze ben oltre ciò che puoi vedere. Esse sono invisibili a te. Io credo che benché questa sia una folle credenza, sia realmente vera. Noi non possiamo misurare quali saranno quelle conseguenze. I Nord-americani hanno una fantasia progressiva il cui grafico sale così…. Io ho un socio che è un maestro Zen Argentino e loro hanno questa fantasia. In cui tutto sta andando in malora ed ecco perché voi avete bisogno di praticare il buddhismo. È proprio così, senza speranza. La nostra fantasia è che abbiamo bisogno di praticare il buddhismo perché renderà migliore tutto per tutti. E questa è la mia fantasia. Io penso che ci sono le possibilità di una maggiore coscienza senza dividersi – suppongo che ciò è perché sto parlando qui stasera. Voi potete staccarvi e lasciare tutta questa confusione oppure potete tentarlo e non staccarvi troppo, non essere così puri, e tentare di avere l’intera cosa per diventare un pò più illuminati. Questa è la mia vera fantasia riguardo a ciò che noi facciamo.
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5. DOMANDA: (Domanda sull’illuminazione, e su Trungpa.) Lei come spiega tutto ciò?
JOHN: Beh, non è forse un indovinello? È molto interessante, ma anche doloroso e difficile. La mia spiegazione è che egli fosse molto seducente come insegnante spirituale. Quando si diventa maestri spirituali, le persone cominciano immediatamente a trattarvi in modo un pò differente. Non tutti. Con buona speranza, se vi sposate, ciò vi aiuta perché essi non vi tratteranno più in modo differente. Ma è molto seducente e c’è sempre qualche trappola che non si è visto prima. Io sto cadendo in qualcosa che mi ha fatto sempre pensare di essere saggio, ma poi arriva una nuova trappola ed io vi precipito dentro. Penso che quello di cui stiamo discorrendo si può dirlo in due modi. Si può dire che il suo insight non fosse abbastanza buono. Egli era grande, ma non abbastanza grande. Questa è la tradizionale risposta buddhista. Ma io penso di dire qualcos’altro. Che non c'era abbastanza lavoro sul livello di contenimento del carattere. Non c'era abbastanza lavoro sull’essere paziente e stupido ed umile e lavorare con la sua stessa oscurità. Quando si è un insegnante, e si soffre, è molto facile andar fuori ad insegnare ma è molto difficile fermarsi ad ascoltare il dolore, perché tutti vi chiedono di andar sempre fuori ad insegnare. Andare fuori ad insegnare è una cosa naturale, ma dire 'no', non è la stessa cosa. Quindi spesso finisce che l’insegnante non ha una sua vita interiore. Gli insegnanti famosi spesso possono trasformarsi in un guscio, perché ciò rapidamente accada.
(Commento dell’interrogante,???)
JOHN: Sì, sì. Si può diventare molto bravi nelle tecniche di meditazione, che vi permette di non dover dormire molto e cose così, (parte del testo va perduta, si è dovuto girare il nastro).
Ma io vedo questa illuminazione vissuta come lo scopo, è l'espressione, è la cosa vissuta.
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6. DOMANDA: (lo Zen e il portarsi le cose dietro,???)
JOHN: Io sto proprio pensando di cominciare a parlare di queste cose, di cui non conosco un acca. Questa è una di quelle cose che realmente distruggono gli insegnanti. Le persone pensino pure che noi conosciamo le cose. Poi, dannazione, io comincio a dare consigli. Quindi, in quel caso, che io non so nulla o quasi, lasciatemi dire che penso che sia bene praticare nei momenti di caos. Io penso che sia eccellente. Io non vorrei che qualcun altro si metta nel caos e non io. Specificamente, lo Zen fu sviluppato precisamente in un periodo di guerre civili, e la grande tradizione dei koan si coalizzò quando Gengis Khan venen avanti coi suoi cavalieri per bruciare le città. Le persone pensarono che sarebbe stato bene fare un po’ di zazen. Forse ciò le avrebbe aiutate. La grande tradizione fu tracciata in molti modi, nei diversi modi possibili. Alcuni vollero solo andare a meditare sulle montagne e in qualche modo sostenere così il mondo. Il modo in cui gli Hopi con le loro cerimonie sostengono il mondo per noi. Altre persone vollero andare a parlare coi supremi signori Mongoli per tentare di farli smettere di bruciare le città e governare il paese. Anche alcuni maestri Zen fecero questo. Ci sono quindi molte opportunità. Non c'è un solo modo di fare. Le grandi tradizioni dovrebbero essere buone sempre nei periodi duri. Nei periodi facili, qualunque tradizione può essere buona.
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7. DOMANDA: Io vorrei farle un'altra domanda su questo argomento. Vorrei chiederle come Lei vede la persona che ha questa esperienza di illuminazione, e poi ritorna al mondo ordinario e lavora sul carattere o purifica il veicolo, qualcosa così. Come la chiamerebbe o la vedrebbe, e come potrebbe quella persona, avere un impatto nel mondo, e quale sarebbe questo impatto?
JOHN: Beh, Ti sentirai mosso a fare qualcosa. E cosa faresti? Se sei un falegname, faresti alla fine diversi tipi di mobilia. Qualcosa faresti nel mondo. Avresti una certa influenza sulla gente. Contatteresti persone. Tu non saresti in grado di aiutare le persone solo con il contattarle, però esse potrebbero cambiare un pò interagendo con te.
DOMANDA: In che modo questo potrebbe cambiarle? Che cosa farebbe, cosa ispirerebbe?
JOHN: Soprattutto le persone. Qual’è il grande cambiamento? Scoprire che c'è una Via è il più grande cambiamento. Comprendere che c'è realmente una Via attraverso il mondo. Riconoscere che il mondo è realmente un bosco oscuro e molto caotico, pieno di animali feroci che saltano fuori digrignando i loro denti, ed è pieno della nostra stessa debolezza e auto-indulgenza in cui ci si smarrisce. Eppure, in realtà, c’è una pista attraverso il bosco. Vi è realmente un Sentiero. Quindi, riconoscere la verità della difficoltà, e che c'è realmente un sentiero, penso che ciò sia il più grande dei tesori. Infatti, queste sono le prime nobili verità del buddhismo. Che tu non hai neanche bisogno di aver imparato a ritenere che ciò sia un gran tesoro. Perché quando tu hai quel sentiero, le persone lo vedranno. Tu non devi sbatterglielo sulla testa.
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8. DOMANDA: Abbiamo parlato poco di alcuni degli abusi morali degli insegnanti. Io tendo ad essere permissivo e penso che in fondo essi siano solo delle persone (???). Penso che nei psico-terapeuti vi sia molta più difficoltà con la morale. Mi sono appena adesso confrontato con un problema personale di un amico che è in terapia, e in qualche modo vorrebbe uscirne e non può sfuggire a causa di quella chiusa relazione. Io ho un problema personale di cercare di entrare a dare consigli senza esserne richiesto e non so precisamente come farlo. Ma sono più interessato a quel tipo di gruppo chiuso della sessione di terapia, o al gruppo che non lo permette -- non penso che esso permetta troppo l’esame o l’interazione dal di fuori come dall'interno. Lei ha qualche commento su questo?
JOHN: Qualunque cosa può essere un culto. Lo Zen può esserlo. La psicoterapia può esserlo. Può essere una ‘folie a deux’, una follia a due, una serie infinita all’indietro di follie. Quindi, non lo so. Ci sono molti psicoterapeuti che sono manipolativi, proprio come ci sono molti praticanti Zen anziani che sono manipolativi. Perciò, non ne sono troppo sicuro. Io sono più interessato allo Zen curativo che alla psicoterapia curativa, suppongo, che è quello che la tua domanda mi propone. Ciò a cui io sono interessato - Michael ed io stavamo parlando oggi di questa stessa domanda, quale sia il concetto di redenzione. Che i leader spirituali hanno rovinato in qualche modo. Dobbiamo essere molto dualistici sul modo in cui abbiamo manipolato tutto questo. Noi, o abbiamo scacciato i bastardi o abbiamo abusato di loro, ingiuriandoli per anni, o negando che vi fosse un problema. In qualche modo, nessuno di essi è alquanto corretto, no? Ma le persone che ci hanno danneggiato, hanno anche potuto darci tanto. Le persone che ci hanno ferito, migliorano i nostri cuori in diversi modi. Qui c’è bisogno che sia fatto qualcosa di meglio. C’è il bisogno di sostenere quell'idea e smettere di abusare delle persone, ma anche guardare a ciò che è vero e a ciò che realmente funzionerà, ciò che noi vogliamo. Quindi io non sto guardando a questo dal punto di vista dello studente. In realtà, non potrei mai sentirlo--io mi sono sentito assai frustrato coi miei insegnanti spirituali, ma non ho mai sentito che essi facessero realmente qualcosa di malvagio eticamente o moramente. Penso che chiunque non abbia odiato il proprio insegnante spirituale con una certa passione, a qualsiasi livello, non abbia realmente percorso il sentiero spirituale. Chiunque non abbia avuto quel tipo di amore-odio, non è andato avanti. C’è qualcosa che in qualche modo viene su, appena hai trovato la tua propria Via. Sto facendo degli esempi. Io penso che si debba tenere insieme queste due cose. Le persone in realtà si rovinano e noi non possiamo dire, "Oh beh, i ragazzi sono ragazzi". D'altra parte, tu non puoi dire, "Oh, essi sono dei dèmoni. Espelliamoli e purifichiamo la tradizione", perché poi tu già hai prodotto un altro dèmone.
Riguardo al tuo amico, non so che dire. I miei amici sono recalcitranti sulla mia saggezza, come io lo sono alla loro. Tutto ciò che posso fare è di amarli e sperare che non si danneggino troppo.
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9. DOMANDA: Mi stavo chiedendo perché Lei ad un certo punto ha parlato sull’esperienza della illuminazione, e che era importante lasciarla andare. Mi chiedevo perché Lei l’ha detto, poiché a me sembra importante mantenere quella prospettiva, così che si possa agire con integrità.
JOHN: È come se tu volessi scrivere un poema, non essendo un poeta. Ciò è qualcosa di diverso dallo scrivere un poema. Se vuoi gettare via un pentola - qualsiasi cosa stai cercando di fare, se vuoi che sia ben fatta, devi cercare di gettarla via tu stesso. Ogni grande azione che tu fai, non puoi farla dalla posizione che già hai. Devi gettare via tutto quanto. Devi avere solo fiducia che quell'esperienza in te funzionerà e ti guiderà. Ma non puoi andare in giro riferendoti ancora ad un qualche modello interiore di esperienza che già avevi. Puoi trovare persone che lo fanno con esperienza di droga. Io talvolta penso che una buona esperienza di droga sia alquanto dannosa perché le persone con gli allucinogeni avrebbero spesso tipi di esperienze spirituali piuttosto potenti. Si incontrano persone che passano venti anni a cercare di ricreare quell'esperienze. Io ho una vera empatia per alcuni dei miei amici, perché facevano quello. Ma voi dovreste gettarle via. Solo ciò che è reale, non potete gettarlo via. È come camminare su una fune. Tu non puoi cercare di stare lassù per fare un spettacolo, devi solo cercare di mettere un piede dopo l'altro.
DOMANDA: (Continuazione) Io non stavo parlando di avere continuamente l'esperienza, però all'interno dell'esperienza c’è una comprensione o prospettiva, che è data.
JOHN: Giusto. Ma l’averla non ti può aiutare, vedi. Quella è solo una più profonda fiducia.
DOMANDA: (Continua…) Così Lei non sta dicendo di lasciar andare quella.
JOHN: Io non sto dicendo niente, se tu ci appendi sopra qualcosa, lasciala andare. Se tu non ci appendi sopra nulla, non la prendi. L’Illuminazione, non sono sicuro che sia qualcosa di diverso. Ti svegli al mattino e bevi il tuo caffè, o il tuo tè, o qualunque cosa sia. E questo è bello. Tu stai appena partecipando e non vorresti che fosse altrimenti. È importante essere nati e vivere la propria vita, e morire ed il giusto modo di farlo.
DOMANDA: (continua) Mi chiedo se Lei aveva un commento sull'idea che la maggior parte dei problemi psicologici sono grappoli di fenomeni di trance profonda, e che il ruolo del terapeuta dovrebbe essere, in effetti, di ipnotizzare il cliente e che il risultato finale di ciò sarebbe un tipo di consapevolezza Zen invece dello stato di trance.
JOHN: No, non penso di avere un commento su ciò. Io non sono sicuro di capire totalmente i tuoi termini e non voglio proprio costruirci sopra qualcosa.
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10. DOMANDA: (Potrebbe dire qualche cosa sulla responsabilità?)
JOHN: Vuoi dire se si ha un'esperienza, qual’ è la propria responsabilità di ciò?
DOMANDA: Sì.
JOHN: Io sono stato totalmente interessato ai precetti. Ci sono sedici precetti del bodhisattva. Per me è molto interessante il ‘Prendere Rifugio’. Poi, essenzialmente, ci sono dieci codici di condotta. Io intraprendo la Via di non mentire, o non rubare qualunque cosa, e di non uccidere. Io sono stato molto interessato in questi, come una forma che contiene qualcosa, gli permette di cuocere; e d'altra parte, come un qualcosa che libera, liberante. Così vedo la responsabilità. La responsabilità non è qualcosa che prendiamo e ci mettiamo su come un mantello. Noi siamo troppo piccoli per quello. Io penso ad essa come qualcosa che è proprio come la compassione, che è una naturale conseguenza dello sviluppo, che tu vuoi esprimere in certi modi. Tu in certi modi vuoi aiutare le persone. Come quella responsabilità si sistemerà in ognuno di noi, è una cosa realmente individuale. Alcune persone hanno bisogno di diventare attivisti politici; altre hanno bisogno di stare seduti su una montagna. Io non posso mai mettere la mia mente su ciò che devo fare. Sì, c'è una responsabilità per la saggezza. La saggezza proviene da se stessa, piuttosto che da fiere richieste.
DOMANDA: (Continua) (Gli altri insegnanti, la loro realizzazione e la loro responsabilità verso quello. Come loro conducono le loro proprie vite.)
JOHN: Io non vorrei che si pensi che sto condannando qualcun’altro per ciò che essi facevano, piuttosto io inserisco il dubbio, e mi dispiace, perché la cosa mi interessa.
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11. DOMANDA: C'è un insegnante Cristiano contemporaneo, Fratello David Steindl-Rast, che parla di come noi possiamo trasportare la nostra vita spirituale nella nostra vita di ogni giorno. Una delle cose che ha detto, è stata di coltivare ogni giorno un senso di sorpresa in tutte le nostre attività quotidiane. Quale sarebbe il parallelo del pensiero buddhista o dello Zen? Come lo si può fare, nelle circostanze dolorose?
JOHN: Fratello David, come tu saprai, ha avuto molta interazione col mondo Zen. Ed è una cosa piuttosto Zen dire di coltivare un senso di sorpresa. È un po' come uno di quei doppi sensi, 'siì spontaneo', no? Ma c'è una verità. Io penso che noi siamo aperti. Se tu ogni sera ritorni a casa e vedi tuo figlio, è molto facile fermare il ‘vedere il proprio bambino’, e proprio quando vedi la tua aspettativa e la tua immagine, e non comprendi che questo bimbo è unico e unito a questo momento ed ha un unico dono e richiesta per te. E se tu stai attento e non ritorni a casa con l'idea di aver bisogno di leggere il giornale o di fare una qualunque cosa, ma sei aperto a quel bambino, allora qualcosa, certamente, ti sorprenderà. L’attenzione porta alla sorpresa, oppure allo stupore.
L'altra cosa, è che ci sono momenti quando sei nell’oscurità e non puoi… -- Forse una delle caratteristiche della oscura discesa che ognuno è obbligato a subire in certi periodi, è che noi non possiamo più essere sorpresi in quel momento. Forse quella è una delle cose che nella discesa si perdono. Una vera discesa è un potente processo che proprio ci prende e noi non abbiamo molta scelta. L'oscurità è molto spessa. Non finché noi la onoriamo e cominciamo ad ammettere che stiamo diventando calvi. Io penso che sia piuttosto importante onorare il fatto che parte del sentiero spirituale spesso è proprio l'oscurità. L'oscurità non viene solo all'inizio. Si può averne uno scorcio quando si è piuttosto lontani. Può addirittura essere, nel suo stesso strano modo, una benedizione, ma è una benedizione molto dura, talvolta. Pure la feroce realtà di ciò in cui io credo.
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12. DOMANDA: (Mi stavo proprio chiedendo se Lei sentiva che era possibile vivere una vita di perfezione, ed anche se… ????)
JOHN: Se io dico sì, cosa farà?
DOMANDA: (Continua) (Che realizzare la comprensione è qualcosa che non è completamente abbastanza simile al fatto che uno sia umano.. . )
JOHN: Sì, tu vedi veramente il modo più importante che puoi impegnare con una domanda è di viverlo realmente. Per questo, io sono un sostituto minimo. Qualsiasi cosa io dica. È veramente importante. Se hai una domanda sulla perfezione, che è un tipo di domanda classica koan, tu lo hai appena rivelato ed io suppongo che è perché io ho questo impulso a risponderti molto seriamente, che tu devi vivere quella domanda. Chieditelo prima di andare a letto la notte e quando ti svegli la mattina, fatti questa domanda e scopri ciò che significa e scopri come la domanda si trasforma e sostiene lo zazen. Come disse Rilke, se tu sei molto fortunato e molto fedele, vivrai la tua Via nella soluzione della domanda. Se sei fortunato e fedele, io non lo sto citando perfettamente, tu vivrai la tua Via nella soluzione della domanda. Io non penso che la troppa perfezione sia una mèta nello Zen, ma in realtà io penso che tu hai questa meravigliosa domanda, e se tu sei sincero e la onorerai realmente, tu la inseguirai e farai qualcosa di buono nella tua vita. Se avete conosciuto Flora Courtois, lei era una donna che proprio inseguì la sua domanda ed ebbe un'esperienza di illuminazione. Lei la ebbe realmente mentre produceva male il piccolo libro che qualcuno buttò via, chiamato ‘Una Esperienza di Illuminazione’, che mostra un buon esempio di lei che semplicemente inseguendo una domanda e essendo troppo ingenua per sapere così che non si dovrebbe essere illuminati, proprio così lei fu illuminata.
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13. DOMANDA: (Rispose poi alla sua domanda?)
JOHN: Non lo so… Lei aveva una mente alquanto filosofica, così la sua domanda era piuttosto filosofica, qualcosa come 'Cos’è la vita?', più o meno così. La perfezione è uno Zen comune --Alcuni maestri Zen si sono dedicati a quella domanda. Penso che per me l'integrità sià molto più di una mèta adeguata. Io non mai sentito che la perfezione fosse nel mio destino. L'integrità è interessante, ed anch’essa è una sorta di approccio all'intero, no? Il vero tipo di intero si blocca. Noi abbiamo bisogno di qualcosa che possa fluire sempre.
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DOMANDA: (Continua l’interrogante n. 12) (Stavo pensando a come la perfezione si relaziona al vivente- ????)
JOHN: Già, a quelle domande noi possiamo realmente rispondere solo dal profondo del nostro cuore. Dobbiamo rispondergli con la nostra propria vita, col nostro stesso corpo.
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14. DOMANDA: Riguardo all'oscurità, che Lei ha proprio menzionato prima. Lei ha detto che noi dobbiamo sperimentare l'oscurità nella nostra vita, ciò fa parte della nostra vita che si trova nell’ oscurità. E’ forse la confusione.???
JOHN: Può essere qualsiasi cosa. Può essere il cancro. Può essere la depressione. Può essere le cose che non funzionano. Può essere qualcosa di terribile che sta accadendo…
DOMANDA: (Continua) La mia domanda era che il modo in cui io lo vedo è che gli insegnamenti spirituali come lo Zen, o qualunque altro insegnamento spirituale, avrebbero diversi metodi di guardare attraverso questa oscurità, ed avere questo sentiero sia un buon modo di trattare con l’oscurità. Così, mi stavo chiedendo in che modo Lei intende che lo Zen possa risolvere questo problema, e se oggi esso lo può fare per le persone di oggi.
JOHN: Tu non puoi vivere pensando di poterlo risolvere. Non funziona così. C'è troppo ego che si affanna a manifestarsi. È come se un motorista in un officina facesse un'invenzione e la brevettasse. Ciò che noi abbiamo è lo zazen. Fai il tuo zazen. Devi assolutamente fare zazen. Se percorri un sentiero spirituale, non potrai cavartela senza una disciplina spirituale. Devi fare zazen ogni giorno della tua vita ed accettare di farlo per tutto il resto della tua vita. Uno. Due. Comincia con l’osservare la tua vita. Forse qualche volta ti sentirai orribile quando fai zazen. Può darsi che ti faccia stare peggio. Comincia ad osservare quello. È molto intrigante. Non sempre ti farà sentir bene. Forse le tue fantasie sul meglio e peggio non sono così buone. Forse esse non sono così importanti. Così, in questo modo, si ammorbidisce la nostra idea di oscurità. Ma se tu sei realmente nell’oscurità e nel dolore, ti prenderà ancora di più - è come avere un corretto atteggiamento quando si è in un uragano. Nessuno ha l’atteggiamento corretto in un uragano. In un uragano tu sei solo, e quello è il vero Zen. Stai nel tuo uragano. In qualche modo, esso ti riporterà giù. Qualcosa ti accadrà in quell’uragano. Forse quell’uragano ha una bellezza ed un valore che non puoi concepire, perché tu stai continuando a cercare di uscirne o di adottare la corretta attitudine spirituale verso di lui. Un vero uragano farà volar via il tuo atteggiamento spirituale. Non ne avrai più uno qualsiasi. E allora ciò con cui sarai rimasto sarà il vero dharma. Qualcosa di molto vero, e tu potrai realmente morderlo perché è veramente solido, ma anche c'è qualcosa di intransigente in esso. Che si trova quando si sta nelle condizioni peggiori. Grazie mille, a tutti, o bodhisattva.------------------------------------------------------------------ fine del file
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Note supplementari: Il libro a cui ci si riferisce nel corso delle Domande e Risposte è: Courtois, Flora. 1986. ‘An experience of enlightenment’ (Un'esperienza di illuminazione). Wheaton. Ill.: The Theosophical Publishing House, A Quest Book. (tmc 7.03.93)
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BuddhaNetBBS (02) 660-3518 - Buddha Dhamma Meditation Assoc Inc. - PO Box K1020 Haymarket, NSW 2000 – Australia - All copyrights to this document belong to John Tarrant, California Diamond Sangha, Santa Rosa, Cal., USA - Enquiries: The Editor, "Mind Moon Circle", Sydney Zen Centre, 251 Young St., Annandale, Sydney, NSW 2038, Australia. - - "Soul in Zen" by JOHN TARRANT ROSHI - November 30, 1992, Berkeley, California
"Raggiungere La Luce
e l’Oscurità" –
titolo provvisorio di un teisho originariamente senza-titolo.
(Trad. Italiana di Aliberth Meng)
Questo articolo tratta di fondamentali e delicati argomenti religiosi. Quindi, dovrebbe essere letto, citato e analizzato con una mente attenta e consapevole. Discorso tenuto il 17 febbraio 1992 – presso il Center for Seven Generations Occidental, California ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^ ^
Il discorso di oggi riguarda come raggiungere la luce ed il buio. Per favore, sedetevi comodamente. Tutti vogliono raggiungere la luce, brillante e radiante, e vedere continuamente la connessione con tutti gli esseri. E nel vostro zazen, in cui non accade di aggrapparsi alla luce. In definitiva, ciò che accade è che voi avete cominciato a lasciar andare le cose. Anche lasciar andare le cose è fare troppo. Quando si comincia a lasciar andare le cose, il lago comincia a stabilizzarsi e l'acqua si schiarisce. Non c'è niente che potete fare per schiarire il Tao; è già chiaro. E così, non importa realmente quello che vi accade. Se vi mettono in prigione, questa potrebbe non essere considerata una buona idea, ma chi lo sa? Alcune persone hanno un figlio e neanche se l’aspettavano; altre persone perdono un bambino e neanch’esse se lo aspettavano. Tutti questi alti e bassi della Via. Spossati dal lavoro; avendo un lavoro, non ci potete stare. Troppe cose. Esse sono tutte porte e aperture della Via. E la luce è proprio così come risplende nelle dolci cose, osservando i fiori di narciso che fioriscono nella pioggia, facile no?.
Bodhidharma fu considerato - o quasi considerato - il fondatore del Chan, o Zen, in Cina e ci sono molte diverse leggende su di lui. Pare che egli fosse Indiano e che sia venuto in Cina, forse via-mare, per diffondere il dharma. Egli parla di due più importanti modi per entrare nella pratica. Molte strade conducono al sentiero, ma fondamentalmente ce ne sono solamente due. Una è quella che questo traduttore chiama "la ragione", ma io penso che sia pratica di "prajna". "Entrare con la ragione significa realizzare l'essenza tramite l’istruzione e comprendere che tutte le cose viventi condividono la stessa vera natura, che non è apparente perché è celata dalla sensazione e dall’illusione. Quelli che si rivolgono alla realtà, che meditano, e che conoscono l'assenza di sé ed altro, l'unicità delle persone ordinarie e dei saggi, e rimangono immobili anche dai sutra"(specialmente dai sutra),"costoro sono in silenzioso accordo col Tao. Senza muoversi, senza sforzo essi entrano, diciamo, in questa Via".
Un vecchio insegnante Cinese aveva un studente particolarmente promettente. Nessun altro sapeva che egli era promettente, ma l'insegnante capì che egli era promettente. Lui gli disse, "Sai, io potrei aiutarti se vuoi, ma tu devi volerlo".
Lo studente disse, "Bene, io sono disposto a fare qualsiasi cosa."
L'insegnante disse, "Bene, io ti darò la medicina che i veterinari usano per far ritornare alla vita i cavalli morti."
Lo studente disse, "Va bene".
Disse l'insegnante, "Così non mi infastidirai venendo al dokusan, e tutto quel nonsenso quando cerchi di dare risposte alle mie domande. Lascia solo che la tua mente diventi vuota e pura come un vecchio albero sulle montagne. Poi, se sei lento, qualcosa accadrà in dieci anni; se sei mediocre, forse ci vorranno sette anni; se sei veloce, forse solo tre anni. Proprio queste sono le complete istruzioni. E’ così. Ora, vai pure".
Lo studente passò la sua giornata mangiando, lavorando, cucinando qualcosa, meditando, e lui una volta era seduto meditando fino a tarda notte, e rotolò nell’oscurità ed improvvisamente la intera luce dell'universo lo abbagliò. Egli era così eccitato. Andò a trovare l'insegnante - lui non sapeva nemmeno se era giorno o notte e comprese che era a metà della notte quando lui arrivò e l'insegnante stava dormendo. Egli restò con la testa appoggiata ad una colonna e non poteva smettere di ridere. L'insegnante uscì fuori e disse. "Chi è che sta ridendo fuori della mia porta a mezzanotte?"- E immediatamente capì quello che era successo. Alla fine, quello studente divenne un grande insegnante.
Così, questo è l’entrare direttamente nella Via. Nessun sostegno, niente appigli. Si può dire che, in un certo modo, la sesshin incoraggi questa Via. Solo entrarvi; proprio ora. E questo è ciò che noi di solito chiamiamo il sentiero dell’insight, che è molto, molto profondo. Ma poi, credo che il sentiero dell’insight sia forse la metà del nostro lavoro. L'altra metà del sentiero è qualcosa di cui anche i Cinesi sono moltissimo interessati e che io ritengo di chiamare il lato di carattere del sentiero. Alcune persone sviluppano il lato dell’insight e poi devono ritornare a finire il lavoro del carattere. Se il nostro carattere non è abbastanza profondo e noi non abbiamo pazienza e non abbiamo quel tipo di grazia di saper proprio fluire con le circostanze, allora l'insight è come questa meravigliosa acqua che noi abbiamo messo nel vaso, che però perde e scorre via per tutto il tempo. Così poi si trovano persone che hanno realmente un genuino insight, ma che non resiste -- è rattoppato -- e può essere pericoloso per loro e per gli altri.
Bodhidharma, tempo fa, così parlò dell'altro lato, dicendo, "Questo è l’ingresso dalla pratica". Ed esso ha quattro metodi inclusi. Il primo è sopportare le ingiustizie, sarete contenti di saperlo. Adattarsi alle condizioni è il secondo. Il terzo è di non cercare niente. Ed il quarto è di praticare il dharma, nel caso che lo aveste perso per strada.
Sopportare l’Ingiustizia. "Quando quelli che ricercano il sentiero incontrano le avversità, essi dovrebbero pensare a se stessi. In innumerevoli ère passate, mi sono spostato dall'essenziale al banale, e ho vagato attraverso tutte le modalità diversive. Ogni modalità di esistenza, spesso adirato senza causa e colpevole di innumerevoli trasgressioni, ora che io non faccio più nessun errore, io sono punito per il mio passato. Né dèi né esseri umani, possono prevedere quando un essere malvagio sopporterà il suo frutto. Io l'accetto con un cuore aperto e senza lamentarmi dell'ingiustizia."
Questo è trovare l'oscurità. Sapete, mi ci è voluto molto, molto tempo per venire in contatto con il gatha di Purificazione, che noi recitiamo sempre all'inizio del nostro servizio di sutra. Io provo qualcosa di repulsivo verso di esso. "Tutto il cattivo karma da me creato fin dai primordi". Per molto tempo ho provato repulsione per questo. Io pensavo sempre che doveva esserci là, ed io non sapevo mai perché. Poi però ho saputo che era qualcosa che sembrava necessario, ma era anche repulsivo. Io penso che esso si riferisca all’intrattabile difficoltà che c’è in noi. Ed anche, che l'oscurità è qui. Accadranno ingiustizie - magari piccole, come restare senza cibo perché si è alla fine della fila nel pasto, o quelle grandi, come essere messi in prigione anche senza aver fatto qualcosa.
Qualcuno vi lascia, anche se voi lo amate, beh. Cose così. Quindi io penso al cattivo karma materiale, le grandi questioni della terra in cui lavoriamo, le circostanze della nostra vita. Tutti hanno le loro proprie difficoltà con cui arrivano al dharma. Forse qualche perdita, porta persone al dharma. Chi lo sa? Ognuno ha la sua propria storia e parte di quella storia è sempre il dolore che ci viene arrecato, ma quello stesso dolore è una sorta di entrata nel dharma. Quello stesso cattivo karma è materia primordiale che è convertita. E quando noi avanziamo realmente nella luce, vediamo la luce, allora comprendiamo che non vorremmo cambiare l'oscurità del passato. Qui noi siamo tutti proprio così come la luce ed il buio. Luce del sole ed ombra. Un'ultima cosa sull’ingiustizia. Bodhidharma dice, "I sutra dicono che quando si incontrano le avversità, non si deve essere sconvolti; questo ha senso".
Secondo, adattarsi alle condizioni. "Come mortali, noi siamo dominati dalle condizioni, e non da noi-stessi. Se dovessimo essere benedetti da grandi ricompense, come fama o fortuna, ciò è il frutto dei semi da noi piantati in passato. Quando le condizioni cambiano, questo finisce. Perché dilettarsi nella loro esistenza? Ma mentre il successo e fallimento dipendono dalle condizioni, la mente non cresce né decade". Quindi non possiamo essere attaccati a queste cose.
Recentemente, stavo parlando col mio amico Stephen Mitchell, che è uno scrittore e studente di dharma. Egli è diventato piuttosto noto e famoso, senza una sua vera e propria colpa. Mi ha parlato di un problema che gli era venuto durante la sua pratica. Lui pensa che se ti accade di avere successo, dovrai poi praticare più duramente per sopravvivere. A lui capitò questo tipo di cambiamento nella sua pratica e perciò disse, "Forse significa che ora dovrò proprio smettere di scrivere". Per lui non voleva dir questo, ma che la volontà di essere distaccato a quello è assai importante, è una parte realmente molto importante e liberatoria della pratica. Poiché scrivere è stata tutta la sua vita – scrivere, come pure le altre pratiche, ma certamente è stata una pratica centrale per lui. Così quella volontà di lasciar andare qualcosa. Se è nel Tao lasciarla andare; e aggrapparsi a qualcosa se è nel Tao, è molto importante. Adattarsi alle condizioni. Seguire il sentiero silenziosamente come un ladro di notte, strisciando intorno agli angoli, seguendolo ovunque conduce, invisibili.
Terzo modo, secondo Bodhidharma, è il non cercare niente. Le persone mentono sempre (?) per qualcosa, esse stanno sempre cercando qualcosa di esterno. E noi sappiamo che le cose esteriori non sempre hanno anche un buon gusto, quando le troviamo. Noi non siamo mai felici veramente, quando troviamo quello che vogliamo. Se trovi una macchina nuova, tutto ciò che hai trovato è una macchina. Non importa quale cosa cambi. Trovi una nuova città; tutto ciò che hai trovato è una città. E questo non ti cambierà. "Ogni cosa è vuota. Le calamità si alternano sempre con la prosperità e la persona saggia rimane immobile in mezzo a tutto questo". C’è solo il fluire. "Vivendo pacatamente in una casa che brucia".
Quarto, è praticare il dharma. "Il dharma è la verità che tutte le nature sono pure." Il buio e la luce che entrano in noi nelle varie circostanze. Tutti sono puri. La persona più irritante della vostra vita è il vostro maestro. Ed anche quella persona è pura. "Poiché ciò che è reale è anche vuoto". Bodhidharma dice, "Coloro che sono saggi danno il loro corpo, la loro vita, e la loro proprietà senza rammarico, senza la vanità del donatore, del dono o del ricevente, senza alcuna devianza o attaccamento. Per diffondere la luce essi insegnano agli altri, ma senza diventare attaccati alla forma. Attraverso la loro stessa pratica, essi sono capaci di avvantaggiare gli altri e glorificare la Via. Pur praticando tutte le virtù per eliminare l’illusione, essi non praticano nulla. Questo è quello che significa ‘praticare il dharma’."
Quindi io penso che Bodhidharma è la primitiva vera forma della nostra Via. E si può dire che sia già vigorosa e tagliente. Egli non è troppo interessato alla pietà, ma molto più interessato al sacro. Questo punto di vista, come poi più tardi fu stabilito, divenne però anche una sorta di velo davanti alle menti delle persone. Così, le persone vanno in giro dicendo un mucchio di cose sciocche. Uno di voi mi ha parlato di un uomo che disse, "Io sono buddhista, perciò non ho l’ego, e perciò non devo negoziare con te sui miei sentimenti, perché io non li ho". Questo tipo di cose - una sorta di perversione della Via, è molto comune. Io ho compassione per questa persona. Io penso che tutti noi abbiamo un pò di desiderio per quella sorta di luogo desolato, che non ha niente a che fare con il Nirvana. È un luogo che non entusiasma affatto - un luogo di morte, in realtà. Ma questo è presumere che non vi sia mistero; che tutto è già noto in questo momento. E’ anche presumere che la nostra stessa virtù sia sempre in errore. Poiché qualsiasi cosa cui noi ci aggrappiamo, non è altro che un qualcosa a cui ci afferriamo. E subito quello diventa un altro oggetto sul quale noi ci siamo attaccati.
Nei tempi antichi, questi detti poi cominciarono ad essere usati come koan - come un energico piccolo gioiello - come strumenti per aiutarci ad illuminarci. E cominciarono ad usare le scritture. Ecco un koan tratto dal Sutra dell’Illuminazione. Questo è dal Libro della Serenità, Caso 45.
"Il Sutra della Perfetta Illuminazione dice sempre di non produrre pensieri ingannevoli."
Questò è facile, basta smettere di produrre i pensieri illusori. È più facile di quanto si possa pensare. Perciò, non lo si faccia. "Ancora, non fermatevi, e annullate gli stati illusori della mente". E poi, di contrasto: "Non annichilite i pensieri ingannevoli" -- questo è più duro.
"Nei reami della falsa concezione, non si aggiunga ulteriore conoscenza. Non troverete la realtà in nessuna conoscenza".
Quindi, grande maestro Nan-chuan - noi allora ci muoviamo nel Fu-on (?) il reame dei koan, in cui non c'è aiuto; non ci sono né corde e né scale. Ma se voi siete in grado di assorbirlo in voi stessi, allora saprete. E’ assai meglio che essere capaci di recitare a memoria le scritture. Egli stava istruendo un governatore, ed il governatore venne a salutarlo perché era stato richiamato per i suoi affari statali.
Nan-chuan gli disse, "Come guideraile persone?"
Disse il governatore, "io le guiderò con la saggezza che Lei mi ha insegnato."
Disse Nan-chuan, "Esse soffriranno orrendamente."
Quindi, nei reami della falsa concezione non si aggiunga conoscenza.
Dice Lao-Tse, "Quando le persone precipitano nel Tao, sorgono la virtù e la benevolenza."
Nan-chuan era anche molto consapevole dei modi in cui noi tentiamo di discriminare tra la luce e l'oscurità - valorizzando l’una e rinnegando l'altra. Lui pensava che perfino la morte era una cosa interessante.
Qualcuno, quando lui stava morendo, gli chiese, "Maestro, dove andrai dopo che sarai morto?"
Lui disse, "io sarò un bufalo indiano d’acqua, ai piedi della collina."
Il discepolo disse, "io ti seguirò, Maestro"
Nan-chuan disse, "Se lo farai, dovrai portare un po' di erba nella tua bocca."
Egli fu un insegnante meraviglioso ed ebbe più di un grande discepolo, ma il suo discepolo più grande fu Chao-chou. Che fu quello che ci diede la maledizione e benedizione del “Mu di Chao-chou”. Anche Chao-chou ebbe molti discepoli.
Uno dei suoi discepoli, gli chiese, "Maestro, e tu dove andrai quando muori?"
Chao-chou disse, "io andrò diritto all’ inferno."
Il discepolo disse, "Oh, ma tu sei virtuoso. La tua riverenza non merita di andare all’inferno."
Chao-chou disse, "Se io non lo faccio, chi ti insegnerà?"
Quindi, vedete, che anche all’inferno si conosce - vi sono dipinti Tantrici in cui anche all’inferno ci sono questi piccoli buddha rossi con intorno a loro demoni con corna, zanne e cipigli, un tipo di predicare il dharma in forma accessibile - adottando le usanze del luogo.
Anche Nan-chuan, alla sua assemblea, disse, "Tutti i Buddha del passato, presente e futuro non sanno. Invece, i gatti e le vacche sanno…."
Allorché il Chan si sviluppò, quel tipo di dialoghi divennero una cosa davvero caratteristica e le persone non persero l’opportunità di trasformare nel dharma qualsiasi cosa. Quindi, c'era una certa lieve aria di pericolo intorno a questi insegnanti, perché non si sapeva mai quando la loro conversazione si sarebbe rivolta verso di voi, trasformandosi piuttosto in qualcos’altro. E così vi era quella sensazione talvolta vorticosa di non stare totalmente dove si pensava di stare. Ecco qui un altro bel caso.
L'Imperatore Suzong chiese all’Insegnante Nazionale Zhong, "Dopo essere morto, di cosa avrà bisogno?" (Quando Lei muore, di cosa avrà bisogno?()
Disse l'insegnante, "Oh, per favore, mi costruisca un monumento senza giunzioni."
Disse l'imperatore, "Oh, per favore, mi dia il disegno del monumento."
Così, qui la conversazione sta iniziando ad andare in due diverse direzioni. L'insegnante inizia a muoversi. L'insegnante poi si siede in silenzio e dopo un momento lui dice, "Ha capito?"
L'imperatore dice, "No, non capisco."
Yasutani Roshi diceva che c'è più di un genere di non-intelligenza. C'è il non sapere ciò che è in contatto col mistero di tutte le cose. C'è il non conoscere che è un tipo di gioco a tempo in un dialogo di dharma. Poi, c’è anche soltanto la semplice ignoranza. Quindi bisogna decidersi. E l'insegnante disse, "Io ho un discepolo a cui ho trasmesso l'insegnamento, chiamato Danyuan (Tongan, in giapponese): lui conosce questa materia".
Perciò, in seguito, dopo che l'Insegnante Nazionale morì, l'imperatore chiamò Danyuan e gli chiese il significato di tutto quello. Danyuan fu molto utile, lui disse: "A sud di Xiang, a nord di Tan: Dappertutto. Al suo interno vi è l’oro che riempie la terra sotto l'albero senza-ombra, la nave della comunità: Qual’è quell’albero senza-ombra, che sta sulla nave della comunità? Lei sta sulla nave della comunità? Nel palazzo di cristallo, non c’è nessuno che sa. Io Le dirò il verso seguente perché tocca qualcosa nel koan. ‘Solitario e trascendente, Rotondo e pieno: Dove il potere dell'occhio finisce, esso torreggia alto. Quel monumento. La luna discende, lo stagno è vuoto, il colore della notte è profondo. Quando le nubi recedono, la montagna è sottile, le facce dell’autunno sono molte. Le posizioni degli otto trigrammi sono corrette, Gli otto trigrammi dell'I-Ching. Le energie dei cinque elementi sono tutte in armonia. Il corpo è lì davanti – lo ha visto? È sempre stato là. Nanyang, padre e figlio (madre e bambino), sembrano sapere che esso esiste; I buddha e gli antenati non possono fargli nulla. Quindi, quando Lei è disposto a sopportare l'ingiustizia; quando Lei è disposto a non cercare più niente; quando Lei è disposto a praticare il dharma; e quando Lei è disposto ad adattarsi alle condizioni, una cosa proprio segue un'altra, in modo del tutto naturale.
L'imperatore chiede e l'insegnante proprio naturalmente replica. Egli usa qualunque cosa viene in mano. Lui afferra un martello perché è accanto a lui e con quello colpisce l'imperatore.
Un altro Insegnante Nazionale, non sono sicuro se fosse lo stesso o no, chiamò tre volte il suo attendente. Lui disse, "Attendente!" L’attendente disse, "Sì", e nulla più accadde.
Poi, un pò più tardi, egli ancora disse, "Attendente!" L’attendente disse, "Sì", e di nuovo nulla più accadde. Poi, più tardi, egli disse ancora, "Attendente!"- L’attendente disse, "Sì", e di nuovo non accadde nulla.
Allora l'Insegnante Nazionale disse, "Io pensavo di essere ingrato con te, ma ora trovo che sei tu ingrato con me."
Quindi, questo è un detto di grande apprezzamento per il suo discepolo. Un discepolo che sia così ingrato nessuno può trovarlo. Egli è nascosto nell'universo. Quella freschezza che ogni volta esce dall’attendente, che grande insegnante lui è, lui quando ogni volta dice, "Sì", senza una nube. Lui non dice, "Ma Lei sa che questa è la terza volta che Lei mi ha chiamato. Io sono un pò stanco di camminare su e giù per la sala e continuamente dire, ‘Sì’."
Una volta, una donna mi disse che questi koan l'aiutavano coi suoi bambini. ‘Sento che mi aiuta con i miei’. Ed è un tipo di storia commovente, perché lei disse che non importava quanto fosse duro il koan, lei perdeva la sua tempra e colpiva i suoi bambini. Lei camminava tornando a casa dal lavoro ed era veramente stanca e si sentiva poco bene, quando vide suo figlio che colpiva la sorellina e così lei gli disse di fermarsi e allora poi la bambina immediatamente ruppe qualcosa e così in una sorta di matta sequenza di eventi il ragazzo comincia a colpire di nuovo la sorella, lui colpiva la sorella e lei lo schiaffeggiò. Lei lo schiaffeggiò molto duramente e poi si spaventò. E lei disse, "Ciò che fu, è che io non dissi ‘sì’." La sua pratica è di rispondere, sì. Sì, maestro. Quando Lei soffre per l'ingiustizia dica, oh sì!. Risposta molto interessante.
E questo succede nel mondo interiore. Noi spesso pensiamo a questo, nel mondo esterno, e lavoriamo sulla rassegnazione e la pazienza e cose così, ma tutto ciò quasi non è buono come solo dire, sì!. E quando accade qualunque cosa nel mondo interiore– io ricordo una sesshin che stavo avendo e proprio entrandovi e meravigliandomi – mi dissi di aspettare fino alla successiva sessione prima di mettere il mio pugno contro il muro. Ed in qualche modo vi passai. Fu molto utile per me. Ed io non dovetti mettere il mio pugno contro il muro, che fu utile per me e anche per il muro. E così, al solo dire di sì a ciò che viene. Dire di sì significa non attivare realmente la rabbia o il dolore, necessariamente, ma "oh sì, alla rabbia, al dolore, a quel sentimento di totale frustrazione. Io lavoro sul mio koan da vent’anni eppure mi sento ancora come un asino". O, proprio cattivo, "Io ho superato 125 koan e io mi sento ancora come un asino. Ed ora so che io sono un asino". Ma il problema è che non sei realmente abbastanza di un asino. Tu non stai proprio guardando nel pozzo e vedendo un asino. In fondo, un asino è una cosa piacevole che è puramente riflessa indietro dal pozzo. Quindi è quella coscienza che c’è quando l'insegnante disse, "Attendente!", e l'altro insegnante disse, "Sì". Chi è l'asino e chi è il pozzo? Un pozzo che guarda un altro pozzo. Quindi è un tipo di mente che ci permette proprio di andare incontro naturalmente alle circostanze. Quando qualcuno sbattè una porta sul piede di Yun-men (Giapp. Unmon) e gli ruppe la gamba così che lui zoppicò per tutta la sua vita, in quel momento lui non trovò un avvocato, e allora fu illuminato. E fu la scelta migliore. E lui si illuminò perché era già aperto e profondamente sprofondato nel suo zazen, profondamente sprofondato nella Via del Tao. Quindi qualunque cosa vi venga addosso, non interessatevi se è calda o fredda. Voi potete apprezzarla e amarla per quello che è – sia l'oscurità che la luce. E se talvolta non sapete trovare come amarla, allora in quel momento quello è il vostro koan. Io non so trovare nulla che sia inattaccabile. È proprio come una roccia.
Ma voi sapete che ogni roccia che incontrate, alla fine scomparirà. La roccia è stata eretta dalla vostra stessa mente. Quindi la vostra stessa mente può farla andar via. Perciò, adesso che noi siamo qui nella sesshin, usiamo questo meraviglioso momento. Esso continua ancora ed ancora. Voi siete nel tempo eterno. Per favore, stabilitevi in esso, non facendo niente, mentre l'erba cresce e gli uccelli cantano. ------------------------------------------------- fine del record
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