TESTIMONIANZE:

Da: Daria  A: Alberto - Data: 28/09/2007 12.48.01- Oggetto: Favoletta

 

Ti invio questa favoletta che ho scritto. Mi piace come è venuta!!.

Commento di Aliberth: “Piace anche a me. Sicuramente potrà essere d’aiuto a tutti i praticanti!

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Un ottimo giorno

Un bel giorno la Coscienza sovrana, stanca di ricevere le solite insoddisfacenti notizie riguardo ai suoi servitori, decise di verificare di persona che tutto nel suo regno si svolgesse secondo i suoi dettami. Richiamò la sua suddita più fedele e la interpellò con la massima urgenza per farsi guidare in mezzo al popolo.

"Eccomi mia sovrana, la Volontà, tua prima servitrice, è qua per te".

"Impeccabile come sempre. Sei cresciuta a quanto vedo, sei forte e sicura, ti si legge negli occhi. Ho lasciato tutti anni fa sotto la tua guida, sicura che avresti sempre saputo aiutare il regno a realizzare se stesso e la sua natura. Dimmi ora, mia fedele amica, com'è la situazione? Come avete reso realtà le mie verità?"

La Volontà appariva entusiasta, per anni aveva aspettato che qualcuno venisse a verificare il suo enorme lavoro, i suoi infiniti sforzi. E ne aveva fatti davvero tanti.

"Tutto procede bene, mia Regina, sono stata anni al servizio dei tuoi sudditi per aiutarli a crescere. Abbiamo realizzato tanto insieme ed ora te ne parleremo".

Passò qualche minuto e la stanza si riempì, una riunione di tutti gli abitanti del regno era subito stata indetta per l'occasione. La Regina introdusse la riunione mentre tutti ascoltavano senza fiatare:

"Sono davvero soddisfatta del resoconto che mi ha fatto la Volontà, figli miei. Da quello che mi dice, lei ha aiutato tutti voi a realizzare voi stessi e sempre avrà la mia gratitudine. Voglio che oggi voi tutti abbiate i meriti che vi spettano per il vostro lavoro, che i vostri sforzi siano riconosciuti insieme a quelli della vostra guida. Raccontatemi dunque le vostre imprese e prendetevi i vostri giusti onori".

Dopo un attimo di silenzio e di imbarazzo si alzò il portavoce dei bisogni fisici, la fame:

"Lode a te, o Sovrana. Parlerò io per prima. Noi, i bisogni essenziali del tuo regno, abbiamo saputo organizzarci alla grande. Quando il regno era appena nato, è vero, abbiamo preso il sopravvento. La fame, la sete, il sonno e le operazioni di purificazione del regno erano le priorità. Non badavamo alle condizioni di nessun altro, sfruttavamo totalmente la Volontà a nostro vantaggio per perseguire i nostri obiettivi. Col tempo, però, mia regina, abbiamo saputo adeguarci, mangiare all'ora stabilita e bere ciò che in quell'istante era utile ai nostri sudditi. Defecare quando ce n'era tempo e condizioni. Con la Volontà abbiamo combattuto le nostre urgenze, così da poter essere utili agli altri".

"Grazie del resoconto, mia cara fame, ma suppongo che dovrò contestare il vostro metodo. Non è questo il rispetto del mio regno. Se il mio regno ha fame, allora il mio regno mangia. Se il mio regno ha sete, il mio regno avrà acqua, e solo acqua. E' la sete che dev’ essere soddisfatta, non il gusto, non il desiderio. Se il mio regno deve espellere i suoi rifiuti perché ne è colmo, prenderete il vostro tempo e rimanderete ciò che è di sicuro meno urgente".

'C'è qualcosa che mi sfugge nella loro logica', pensò perplessa la Regina.

"Ma ci siamo adeguati per motivi urgenti, Maestà, non per dei capricci. Mi ricordo una volta in cui i rifiuti restarono nel regno qualche ora più del previsto, ma era perché tutti nel regno erano al lavoro e il senso del dovere ci ha persuaso che fosse più giusto portare prima a termine ciò che avevamo iniziato e poi soddisfare il bisogno".

Il senso del dovere, sentendosi chiamato in causa, intervenne:

"Mia cara compagna, se ho espresso la mia opinione è perché la ritenevo giusta. Se un lavoro si inizia poi va finito, così sono stato addestrato dalla Volontà. Se il regno aveva un bisogno urgente, allora dovevate essere voi stessi bisogni, ad imporvi. Del resto anch'io a volte ho dovuto cedere ad alcune richieste, cosa credi? Forse ho solo saputo scegliere meglio di voi su cosa cedere. Ti ricordi di quella vecchina che stava attraversando la strada? Non desideravo altro che aiutarla, eppure la Volontà ha spedito qua l'indifferenza così che tutti soddisfacessimo il nostro bisogno di sonno. E così, via, tutti a riposare".

La Regina stava per parlare, ma l'indifferenza prese violentemente la parola:

"Ah bene, ora sarebbe colpa mia!! Non è così, io non sono neanche mai libera di intervenire quando voglio! Tutti voi mi escludete, mi considerate inferiore a voi. Mi chiamate solo quando servo, solo per eludere un compito che la Volontà ha dato ad ognuno di voi. E' così, mia Regina, mi era stato detto che avrei dovuto arginare tutto ciò che era inutile, ma sembra che l'unica cosa inutile sia io! Le uniche occasioni in cui vengo interpellata è quando il cane dei capi, il dolore, scappa dalla recinzione e crea il caos... allora arriva veloce la Volontà e mi cerca senza indugio... per arginare i soprusi dei potenti..."

La Regina sgranò gli occhi. "E chi sono questi potenti di cui parli? Nel mio regno non ho creato caste né gerarchie, non esistono potenti nel mio regno!"

Dal fondo della stanza si sentì partire un colpo di tosse. Sentimenti, passioni e desideri formavano un unico gruppo. Il colpo di tosse era stato fatto dall'amore, che si sentiva il leader assoluto, da quando aveva portato all'altare la rabbia.

"Ci sono problemi, mia Sovrana?" chiese con la sua voce roca e strafottente.

"Ebbene, ce ne sono eccome. Nessuno mai ha stabilito un’importanza così grande del vostro gruppo, dunque partono da voi gli ordini che rendono il mio regno così confuso e pieno di rancori?"

"Bèh, gentile Sovrana, all'inizio nessuno aveva di queste idee, ma vedi, le cose sono cambiate col tempo. Il nostro potere è cresciuto in base ai bisogni, noi più di tutti abbiamo bisogno di esprimerci all'interno del regno. Esistono eccome delle gerarchie, è inevitabile. Noi siamo indispensabili come tutti qua, è vero, ma la colpa non è certo nostra se davanti ai nostri bisogni svaniscono quelli degli altri".

"La colpa non è nostra, mia Regina, ma della debolezza altrui e della debolezza della Volontà, tua amata Serva. E' forse colpa mia se quando il regno ama, dimentica la fame, la sete, i diritti ed i doveri? E' forse colpa mia se neanche l'indifferenza resiste di fronte a me, ma preferisce godere delle mie espressioni?"

La Coscienza sussultò: "No, hai ragione, per quanto non mi piaccia la tua arroganza, devo dire che non puoi essere tu il colpevole" disse, girando lentamente lo sguardo verso la Volontà, che a testa china si accorgeva che i suoi sforzi non erano serviti a niente ma anzi, avevano creato un mondo alquanto sbagliato.

"Andiamo, Sovrana, guardami" continuò l’amore. "Non rimproverare con gli occhi la tua Serva perché si è fatta corrompere da me, guardami. Anche tu vedrai la mia potenza, anche tu cederai, come sempre hai fatto, al mio controllo. La Volontà che a tutti sembrava così sincera, sotto sotto aveva solo paura e nei momenti di difficoltà veniva da me e da mia moglie (la rabbia) per far si che con un colpo di bacchetta magica sparissero i bisogni del regno. E noi potevamo farlo. Ora che sai che il suo aiuto è nullo, sai di essere nulla anche tu... Non potete far altro che cedere al nostro volere" concluse l'amore mentre intorno passioni e desideri, spavaldi, masticavano una gomma in segno di sfida.

La Regina guardò di nuovo la Volontà, seduta in un angolo e umiliata da quelle parole. La speranza unì il suo sguardo a quello della Sovrana per aiutare la Volontà a capire che in fondo non era ancora del tutto finita.

La Regina era ormai decisa a dare all'amore il controllo del regno, in fondo era giusto, per anni non si era occupata di loro, fidandosi solo della sua compagna, ed ora non poteva pretendere di averne il controllo. "D'accordo, amore, conferisco a te e a tua moglie il titolo di..."

"Fermi!!!" gridò la Volontà. Non era arrabbiata, solo dannatamente decisa. "Per i poteri che ho, quale guida e controllore del regno, ritengo necessario dallo stesso l'esilio dei sentimenti, delle passioni e dei desideri. Per sempre".

Tutti rimasero in silenzio, le leggi consentivano alla Volontà di poterlo fare, il malcontento del popolo avrebbe assicurato che lo si sarebbe fatto davvero.

"Cosa? Tu ignobile mosca vorresti cacciarci dopo che per tanti anni ti abbiamo protetto? Tu non puoi farlo!". L'amore cercava con lo sguardo l'aiuto del senso di colpa, che però spaventato dalla rabbia di tutti gli altri decise di rimanersene in disparte.

"Io posso fare ciò che voglio" rispose composta la Volontà.

Il gruppo lasciò il regno sotto lo sguardo stupito di tutti. Finalmente ogni abitante del regno svolgeva le sue attività senza aver più paura di niente e di nessuno. Si faceva ciò che era giusto fare e la Regina lasciò il castello per vivere serena con i suoi sudditi. Anni dopo, l'amore tornò, bussò di nuovo alla porta del regno vestito di stracci e tutto lacero e sporco.

"La rabbia mi ha abbandonato, perché diceva che non se ne faceva nulla dell'amore senza il potere, le passioni sono scappate, attirate da una donna o dai loro oggetti di desiderio. I desideri piano piano sono morti, quando non hanno più trovato un sentimento a cui aggrapparsi... come mai sono ancora vivo io, o Sovrana?"

"Perché hai capito finalmente qual è la responsabilità di chi è più forte degli altri".

"Ma la Volontà aveva detto che non sarei mai più potuto tornare nel regno..."

"Figlio mio, se davvero hai capito chi sei, ritorna pure nel regno con gli altri e servimi umilmente per tutta la vita!".