TESTIMONIANZE:

GLI SCOPI DELL'ESISTENZA UMANA*

(* Tratto dal Bollettino Vidyà di Settembre 2007- e da ‘The Divine Life’ - marzo 1976)

 

  I problemi di chi ricerca la Verità possono essere esa­minati e si può tentare di risolverli solo se si riesce a definirne le cause, anche quelle remote non immediatamente ricono-scibili o scopribili, ma dietro le quali, forse, si nasconde ogni problema umano. Come un buon medico che durante ­una visita non si affretta a dare una ricetta per la malattia, basandosi semplicemente sull'osservazione dei sintomi ester­ni, ma si preoccuperà di esaminarne adeguatamente le cause, perché è solo quando si cura la causa che viene curato automaticamente l'effetto, così succede nei loro aspetti esteriori con le difficoltà della vita umana che le fanno sembrare ognuna indipendente dall' altra, mentre con tutta probabilità si tratta solo del diverso apparire di alcuni o persino di un solo fondamentale problema.

Se dovessimo applicare questo scientifico e logico metodo di indagine alle cause dei problemi umani, saremmo contemporaneamente portati a ricercare le cause dei fenomeni della Natura che formano l'atmosfera o l'ambiente dell'individuo, nonché la società nel suo insieme. Anche se la prescrizione di una ricetta medica viene preceduta da un attento esame scientifico basato sulla perfetta conoscenza dell'anatomia, della fisiologia e della filosofia della scienza medica, un'in­dagine sulla natura dei problemi umani e la scoperta dei loro rimedi richiederebbero una più approfondita ricerca logica condotta in maniera sistematica; ma questo procedimento dovrebbe essere guidato dai princìpi della filosofia della vita stessa. Un'analisi induttiva dell'insieme dei fenomeni per­sonali e naturali ci conduce alla scoperta di princìpi più profondi e inclusivi piuttosto che alle persone, agli oggetti o cose, e siamo guidati verso la visione di un mondo completamente nuovo, il quale potrebbe rivelarsi non più un assieme di persone e di oggetti isolati, ma un giuoco interrelato di potenze, di leggi e di forze unite in un abbraccio fraterno. Questo significa che l'oggetto d'indagine non resta il singolo elemento, persona o cosa, e neanche un gruppo di oggetti o di eventi, ma diventa una distesa senza limiti che può ricoprire l'intero universo.

Ma come si può conoscere tutta la Natura, o come si può conoscere qualsiasi cosa, se non c'è una coscienza che testimonia o che osserva? Come ci può essere l'oggetto di conoscenza se non c'è un conoscitore? Ed è superfluo far presente che mentre è possibile che l'oggetto di conoscenza possa essere senza coscienza o materiale, il conoscitore non può esserlo. Il conoscitore deve essere consapevole. Non solo: la consapevolezza non può essere semplicemente un suo attributo, ma dev'essere la sua stessa essenza, altrimenti si tratterebbe di un attributo con una base inconscia, e ciò sarebbe assurdo. Ne consegue che il conoscitore deve essere con­sapevolezza nella sostanza e nell'essenza, ed è proprio quella consapevolezza a conoscere i fenomeni.

Ma qual è la relazione tra la coscienza e il suo oggetto? La relazione stessa deve essere conscia o essere un modo della coscienza, altrimenti una relazione che fosse inconscia non consentirebbe a nessuno di conoscere qualcosa. Il fatto certo è che esiste una cosa come la conoscenza, e ciò dovrebbe provare non solo che il conoscitore è un centro di coscienza, ma che la relazione tra il conoscitore e il conosciuto è un processo della coscienza stessa. Inoltre, poiché questa rela­zione tra il conoscitore e il conosciuto, cioè il processo del conoscere, deve essere collegata in qualche modo con l'og­getto di conoscenza, e il suo collegamento costituirebbe una seconda relazione che dev'essere ora spiegata, possiamo concludere che è impossibile avere un collegamento tra il conoscitore e il conosciuto a meno che l'oggetto non sia esso stesso prodotto dalla coscienza. Ed eccoci finalmente pervenuti a una stupe-facente conseguenza: la coscienza conosce la coscienza tramite la coscienza. Tutta l'esistenza è coscienza; e ciò è espresso dal famoso detto della filosofia Vedanta: sat è cit - Esistenza è Coscienza. Questa è la realtà, conclusione alla quale arriviamo attraverso la semplice analisi logica.

Ciò cui siamo pervenuti induttivamente viene avvalorato dalle Upanishad che parlano dell' Assoluto, disposto ad as­sumere una forma causale sottile. Questa potenzialità prin­cipiale nel Vedanta viene chiamata lshvara o Creatore su­premo. Detta potenzialità latente di manifestazione assume quindi i contorni del contingente e formale universo, e questo stato di essere universale manifestato viene chiamato Hiranya­garbha. Un ulteriore passaggio si attua allorché i contorni disegnati nello stadio precedente si materializzano in una forma visibile più grossolana dell 'universo conosciuta come Virat. Questa è la forma ultima o più bassa della manife­stazione universale, dove le forme, pur differenziate tra loro, non costituiscono punti isolati o circoscritti di auto-afferma­zione, non sono cioè delle individualità ma punti focalizzatori del singolo Essere universale in quanto, appunto, Virat.

Il processo di "individuazione" comincia quando questi punti focalizzatori affermano la loro indipendenza e diven­tano forme assolutamente differenti e separate l'una dall'al­tra dallo spazio e dal tempo, apparentemente a sé stanti, perché l'azione dello spazio e del tempo è precisamente quella di segregare o isolare una parte dall'altra, una forma da un'altra forma. Si determina, allora, un improvviso sconvolgimento: ogni centro individuale auto-affermativo sente una profonda inquietudine, come se la morte lo avesse sorpreso, e la paura della distruzione incombente lo minaccia da tutte le parti, poiché, è comprensibile, quando l'individuo si stacca dalla Realtà universale che è la sua Forza sostentatrice non può non avvertire con angoscia che ogni cosa è nel caos e sentire la paura espandersi dovunque. Per rimediare a questa paura e sottrarsi a tale disastroso stato di cose, l'individuo lotta per riconquistare ciò che ha perso, possibile solo con un ritorno alla forma universale di unità, perché l'universale include ogni individualità in una unità totale; unità che l'individuo, il quale ha perso la coscienza di tale unione, tenta di manifestare e di vivere lottando per stabilire un contatto con altre forme o altri individui. Egli crede, erroneamente, che il contatto fisico e psicologico con altri individui sia un rimedio per ritrovare l'universalità e l'inclusività. Per sta­bilire questo contatto fisico e psicologico con un altro individuo, la coscienza interna proietta accuratamente i poteri dei sensi: vista, udito, gusto, odorato e tatto, assieme agli organi fisici corrispondenti tramite i quali quei poteri ven­gono esercitati. Essa proietta anche i corpi sottili dell'ego, del pensiero, della sensazione e del volere, per il contatto psichico con gli altri individui. Egli crede, in questo modo, di produrre l'universalità necessaria, o unità, con ogni indi­viduo o forma e, con tale convinzione, si dirige verso gli altri individui, con una veemenza e una impetuosità piene di speranza non solo di entrare in contatto con essi all' ester­no, ma addirittura di assorbirli, così che, eliminando l'ogget­to ovvero l'esistenza di altri individui, resterebbe solo l'uni­versalità della sua stessa individualità. Questo è ciò che sta dietro la percezione degli oggetti, il pensiero degli oggetti, e il desiderio per gli oggetti, tramite i sensi e la mente. Lo scopo di tutte queste attività da parte della coscienza indi­viduata è di ristabilire l'universalità della sua individualità, ma questo è impossibile perché l'universalità non può essere ristabilita tramite il contatto sensoriale con gli oggetti esterni e neanche col pensiero di questi, dal momento che l'este­riorità, peculiare caratteristica dello spazio e del tempo, im­pedisce la fusione di un individuo con un altro. Il possesso e il godimento dell'oggetto non potranno mai dare la vera pienezza e la vera pace, la divina gioia senza oggetto.

Questa è la vita. Questa è l'esperienza umana e la natura umana. Questo è il signi-ficato, nella vita, di tutta l'attività sociale, personale o psicologica. Questo è il grande dolore dell'individuo, e il solo rimedio per questa malattia sta nel trovare i modi e i mezzi per ristabilire la vera universalità, indipendente dallo spazio e dal tempo, i quali sono associati all'estroversione e al rifiuto di tutto: oggetti, persone ed eventi. L'uni-versalità viene raggiunta non attraverso il contatto dei sensi ma tramite una identità di coscienza. Questa è la grande filosofia dello Yoga, il fondamento della sua psicologia come pure il principio della sua pratica.

Come viene fatto tutto questo? Qual è il modo per redimere l'umanità da tale penoso stato di vita sulla terra, determinatosi nel modo che abbiamo descritto? Il modo è semplice e consiste precisamente nell'invertire il processo, riassorbendo gli effetti nelle loro cause, un poco alla volta, senza tralasciare nemmeno un anello della catena in questo movimento di ritorno della coscienza alla sua universalità ultima. È essenziale, pertanto, osservare e investigare atten­tamente le cause di ogni esperienza che si fa nella vita e risalire dagli effetti alle loro cause. Il riconoscimento delle cause ci con-sentirà di includere in esse gli effetti, così che questi cesseranno di esistere e rimarrà la sola causa. Alla fine ci sarà solo la causa ultima, cioè l'Universale assoluto, la cui realizzazione rappresenta lo scopo della vita.

All'inizio si dovrebbe imparare l'arte e la scienza di scoprire uno scopo nella propria vita, in tutte le attività e in tutti i moventi. La maggior parte della gente vive senza uno scopo e va alla deriva, portata dal vento delle circo­stanze, stimolata dal piacere dei sensi, quando l'ego viene toccato ovvero quando i sensi vengono stimolati. Questo è davvero uno stato penoso e pietoso, anche se l'uomo considera la condizione umana come il culmine della civiltà e della cultura. È strano: l'individuo vuole governare persino nell'inferno piuttosto che servire in paradiso, ma non è forse tempo che l'umanità si renda conto dei suoi errori, sia nel pensiero che nell'azione, e si accinga a scoprire l'unico rimedio per la malattia dell'esistenza mortale, per il travaglio della vita terrena?

I rapporti personali e sociali sono soltanto la proiezione della mente umana attraverso l'esteriorizzazione, nel tempo e nello spazio, di tutto ciò che è obbligata a considerare distinto e separato da se stessa. Lo scienziato moderno è portato a credere che ci sia un avanzamento nel processo evolutivo dalla materia alla vita, dalla vita alla mente e dalla mente all'intelletto. Questo è davvero un avanzamento, ma nel senso in cui esso procede da più uno a meno uno, da meno uno a meno due, da meno due a meno tre e da meno tre a meno quattro, ecc. Certo, meno quattro è di gran lunga superiore a più uno, più ricco davvero, perché il numero quattro è là e sembra più grande dell'uno! Ma questo grossolano errore nella valutazione della vita non viene percepito dalla mente umana, ed essa si affretta precipito­samente nel baratro del destino soffrendo, non sapendo che il perseguimento di ciò che per essa è significativo e prezioso bene, è in realtà il perseguimento della sua stessa distruzione. È sorprendente che perfino in quest’ epoca di sbalorditive scoperte, quali la Teoria della Relatività e le sue sorpren-denti conclusioni, l'uomo debba continuare a essere così ignorante riguardo alla natura del mondo fisico, riguardo alle relazioni umane e alla vita in generale, e debba scambiare le apparenze per realtà. Se, secondo le scoperte dei fisici moderni, il fenomeno tridimensionale del mondo è un' astra­zione falsamente costruita dalla mente, soggetta a tutte le limitazioni di un organismo, come si può continuare a produrre desiderio per gli oggetti dei sensi o a dipendere dai cosiddetti oggetti esteriori del mondo tridimensionale del tempo e dello spazio quando nella continuità spazio-temporale nessun individuo può mai esistere isolato dagli altri in qualche modo?

Eccoci dunque a una strana e inaspettata mescolanza di scienza e metafisica. La conoscenza, dopo tutto, sembra aver trovato ancora una volta la sua strada per un'intuizione integrale, che in realtà esiste, piuttosto che per una perce­zione sensoriale o cognizione mentale di un'esteriorità spazio-temporale di persone, cose e rapporti. Il ricercatore della Verità deve invertire il suo processo di apprendimento, conoscendo e sperimentando, dagli effetti alle loro rispettive cause, in un movimento graduale di ordine ascendente.

Qual è lo Scopo della Vita? Ora, la risposta dovrebbe essere ovviamente chiara. Lo Scopo è un innalzamento della coscienza dall'esteriore all'interiore e dall'interiore all'Uni­versale, all' Assoluto. Prima di tutto è necessario ritirare la coscienza dall’ "esteriorità" e da ogni tipo di "rapporto" con ciò che è esterno, sorretti da quella comprensione che ri­conosce una volta per tutte che un rapporto esteriorizzato è impossibile in un mondo dove una profondità tridimen­sionale o distanza non può essere una realtà. Dopo questo ritiro coscienziale dalla falsa esteriorità dei rapporti, il passo da fare è quello di comprendere quali siano davvero le necessità, e non i lussi, della nostra vita, e vivere in un'at­mosfera e in una condizione in cui ogni superfluità sarebbe solo un lusso. Mentre la Natura consente la necessità, non consente invece i lussi, neanche in minima parte. Essa provvede dunque solo alle necessità, dal momento che il lusso altro non è che uno sfruttamento delle circostanze in cui l'ego individuale indulge a svantaggio di altri ego nel mondo che lo circonda. Le necessità della natura umana ridotte al minimo, come il cibo, i vestiti, il riparo e l'istruzione, oltre al contatto con le persone e le cose nel mondo circostante, dovrebbero essere scien-tificamente e logicamente calcolate e fissate, e si dovrebbe cercare perciò di vivere in condizioni modeste sia nel sostentare il complesso corpo-mente sia nello stabilire i rapporti umani. Questa è, forse, la cosa più difficile da fare per tutti, poiché l'uomo non è abituato a pensare né scientificamente né logicamente, dato che egli agisce sempre sulla base dei sentimenti e delle emozioni, impulsato dalle sensazioni e dalle sollecitazioni dei sensi. È venuto il momento di capovolgere la situazione e di intra-prendere una vita assolutamente nuova, secondo un sistema educativo intellettuale, morale, sociale e spirituale completamente rivoluzionato.

Non c'è bisogno di dilungarsi sui processi ulteriori dell'ascesa coscienziale, poiché tutto dovrebbe essere chiaro se si è compreso il processo evolutivo descritto prima. Ciò che si richiede è semplicemente di ripercorrere all’ indietro i passi fatti dalla coscienza, dagli effetti alle loro cause, stadio dopo stadio, senza tralasciare neanche un singolo piolo nella scala dell'ascesa. Dai rapporti sociali si arriva alle necessità personali e dalle necessità personali ad un adeguamento della propria individualità alle leggi dell' universo. Queste leggi, nei Veda conosciute come "Rta", non sono altro che i mezzi operativi e la metodologia messa in atto dall' Universale supremo. Lo scopo della vita può sembrare molteplice, ed ai livelli inferiori può in realtà essere così per quanto concerne l'azione pratica, ma essi sono tutti collegati al Sistema centrale dell' Integrazione suprema rappresentata dall' Assoluto. Così, ogni pensiero, ogni parola, ogni azione e ogni modalità di contatto con le persone e le cose nella vita deve essere esa­minato ed elaborato, tenendo presente questa ‘reale’ costituzione universale della suprema Realtà.

COMMENTO di ALIBERTH: Mi sono permesso di inserire nelle TESTIMONIANZE del nostro sito questa meravigliosa rivelazione (‘shruti’), tratta dal Bollettino ‘VIDYA’ che mi arriva puntuale ogni mese dall’ Ashram-Vidyà del Maestro Raphael. L’ho fatto, oltre che per la pregevolezza dell’articolo, anche e soprattutto per far verosimilmente notare quanta somiglianza vi è tra l’Asparsha-Vada (sentiero-senza-sostegno), che è la branca dell’Advaita-Vedanta di Shamkara, con le profonde ingiunzioni del buddhismo Chan dei Patriarchi Cinesi… Chiunque legga la maggioranza degli articoli del nostro sito non potrà non rimanere meravigliato nel notare come i due processi di liberazione dal mondo samsarico siano fondamentalmente simili e speculari. Di conseguenza, questo sta ancora una volta a dimostrare che la Verità è una sola, anche se i metodi per descriverla e, quindi per arrivarvi, a volte potrebbero essere diversi nell’aspetto e nella forma, ma mai veramente dissimili nella sostanza.