Articoli di Ch'an e Zen

GLI EREDI di BODHIDHARMA…

© 1998, da parte del Vajra Regent DongShan Wu-Tsen
http://sped2work.tripod.com/bdharma.html

 

 
 

BODHIDHARMA (470 - 543) 28° Patriarca del buddhismo Indiano e Primo Patriarca del Lignaggio Chan (Zen) Cinese

Bodhidharma è accreditato di aver portato il buddhismo Zen (Ch’an) in Cina ed è il Primo Patriarca del Lignaggio Zen Cinese. Si dice che sia nato il 5° giorno di Ottobre (Calendario lunare cinese) nel Sud dell'India, e che era il terzo figlio di un re indiano, la cui famiglia reale apparteneva alla casta dei Bhramin. Il suo maestro di buddhismo, Prajnatara, che era il 27° Patriarca del buddhismo Indiano, istruì Bodhidharma per molti anni, gli donò la Trasmissione della Mente e il nome Bodhidharma, facendolo così diventare il 28° Patriarca. Seguendo le istruzioni del suo Maestro, di andare in Cina a trasmettere il Dharma, nel 526 dC Bodhidharma si mise in viaggio e arrivò nel sud est della Cina. Al suo arrivo a Kwang Chou, egli fu accolto cerimoniosamente e grandemente onorato dal locale ufficiale militare di nome Shao Yang. Lo stesso anno, fu invitato nella Capitale Nanchino, per incontrare l'imperatore Wu Di della dinastia Liang. Poiché la comunicazione tra l'imperatore e Bodhidharma fu reciprocamente insoddisfacente, Bodhidharma lasciò il palazzo, attraversò il fiume Yangtzé, e continuò a nord fino ad arrivare al tempio Shao Lin, nella Provincia di Ho Nan. Qui, Bodhidharma divenne famoso per la sua meditazione di 9 anni davanti ad un muro.

Dopo aver dato Manto, Ciotola, il Lankavatara Sutra, e la Trasmissione della mente al suo discepolo Hui K'o, Bodhidharma andò al Tempio di Chen Sung (Mille Santi) per propagare il Dharma. Poi passò nel Nirvana nel 536 d.C. e fu sepolto nel Shon Er Shan (Bear’s Ear Mountain) in Ho Nan, e per lui fu costruito uno stupa nel tempio Pao Lin. Successivamente Dai Dzong, imperatore della dinastia Tang, chiamò Bodhidharma con il nome di Gran Maestro Zen Yuen Che, e ribattezzò il suo stupa come Kong Kwan (Visualizzazione della Vacuità).

Gli Insegnamenti di Bodhidharma:

Bodhidharma dette incarico ai suoi discepoli che il Lankavatara Sutra fosse utilizzato per sigillare la mente. Il metodo di coltivazione della pratica trasmesso da Bodhidharma indicava che noi dovremmo prestare stretta attenzione a questo sutra assai importante. Il suo insegnamento maggiore è che ci sono due Vie per entrare nella Porta del Dharma: lo studio e la pratica. Con il primo, attraverso lo studio delle scritture e dei sutra buddhisti, si comprenderà la Natura di Buddha. Di solito, l’ originale nostra Natura di Buddha non si manifesta perché è offuscata dalle contaminazioni, come ad esempio: l’attaccamento, l'avidità, la passione, l'aggressività e l'ignoranza. Secondo, la pratica: quando si seguono i principi buddhisti nella nostra vita quotidiana, si scopre che la propria Natura di Buddha è quella del Buddha. I tre principi della pratica sono:

1. Bao Yen Hsin: La disponibilità ad accettare, senza lamentarsi, la sofferenza e l’infelicità, perché si comprende che questo è il nostro karma.

2. Sui Yen Hsin: La comprensione che tutte le situazioni sono le conseguenze di cause karmiche, e così occorre mantenere l'equanimità in ogni circostanza, sia negativa che positiva.

3. Tsung Fa Hsin: La realizzazione tramite la pratica che proprio l'equanimità è l'essenza della nostra natura di Buddha.



HUI-K'O (487-593) - Il Secondo Patriarca dello Zen Cinese (Ch’an)

Hui-K'o, il grande generale (in pensione), era preoccupato per la sua ricerca della Via. Molte volte egli aveva implorato Bodhidharma affinché gli insegnasse il modo di tranquillizzare la sua mente. Invece, Bodhidharma si rifiutava sempre di farlo. Per dimostrare la sua assoluta sincerità, Hui-K'o si tagliò la mano sinistra. Allora Bodhidharma gli chiese: "Che cosa cerchi?" "La pace della mente", gli rispose Hui K’o.

"Mostrami questa tua mente", disse ancora Bodhidharma, "ed io te la pacificherò".

"Ma quando io cerco la mia mente, non riesco a trovarla", fu la risposta.

"Ecco!", disse Bodhidharma, "Vedi? Te l’ho pacificata!"

"Sì!", disse Hui-K'o, e si mise a ridere.

"La Trasmissione della Luce" racconta la storia di Hui-k'o, noto anche come Dazu Huike, e Daiso Eka, mentre si reca al monastero di Shaolin dove soggiornava Bodhidharma e che per tutta la notte resta fuori mentre c’è un forte tormenta di neve, perché gli è stato rifiutato l'ingresso. Presumibilmente, al mattino Bodhidharma gli disse: "Come puoi sperare in una vera realizzazione con così poca saggezza, poca virtù, poco cuore e una mente così arrogante?" Hui-k'o lo prese come un misericordioso monito, che lo fece piangere ed aumentare la sua determinazione, e per dimostrare ciò egli con una spada si tagliò il suo braccio sinistro.

Hui-k'o fu così ammesso e trascorse otto anni con Bodhidharma. "Mystic Devices in the Room" narra che un giorno Hui-k'o salì con Bodhidharma il Picco con Poche Case, e che durante quella salita il suo insegnante gli disse una cosa che attivò la piena realizzazione della sua vera essenza. E’ detto che quando Bodhidharma era vicino alla morte abbia chiamato i suoi quattro principali discepoli ed abbia chiesto loro di indicare le loro intuizioni originali. Dopo aver sentito il primo oratore, Bodhidharma gli disse che lui era come la pelle di Bodhidharma, al secondo, che era come la sua carne, al terzo, che era come le sue ossa. A Hui K'o, che aveva parlato per ultimo, Bodhidharma disse che era come il suo midollo, conferendogli quindi il sigillo Patriarcale della sua veste e della sua ciotola. Hui-k'o infine trasmise il manto e la ciotola di Bodhidharma al suo successore, il Terzo Patriarca Seng-ts'an, a voler significare la Trasmissione del Dharma.

Dopodiché Hui-k'o, che aveva ricevuto il sigillo di approvazione da Bodhidharma stesso quella volta dopo il taglio del braccio, nell’episodio di cui sopra, se ne andò vagando ovunque, bevendo e vivendo come un selvaggio, accettando le offerte dei bordelli dei vari distretti. Quando la gente gli chiedeva come un Patriarca della scuola Zen poteva fare una cosa simile e tutto il resto, egli avrebbe risposto, "Cosa vi importa a voi?" (fonte). Nel 593 d.C. Hui K'o fu accusato della cosiddetta "dottrina eretica" da un male informato funzionario imperiale. Egli fu il secondo, nel lignaggio di Sakyamuni, a venire accusato (il primo era stato il ventiquattresimo Patriarca Indiano, il Venerabile Aryasimha, la cui testa fu tagliata dal re Dammira).


 

SENG TS'AN (CHIEN-CHIH- circa 520-606)

Il Terzo Patriarca Seng Ts'an della dinastia Sui, era di famiglia e di origine sconosciuta. Quando Seng Ts'an si presentò per la prima volta davanti a Hui-K'o, il Secondo Patriarca, il suo corpo era coperto di piaghe ripugnanti come quelle di un lebbroso. "Da dove vieni?" gli chiese il Secondo Patriarca, "Che cosa stai cercando qui?"

"Sono venuto qui per prendere rifugio con l'Alto Maestro e per studiare e coltivare il Buddhadharma", rispose Seng Ts'an.

"Hai una malattia ripugnante e il tuo corpo è sporco. Come puoi studiare il Buddhadharma?"

Master Hui K'o era intelligente, ma Master Seng Ts'an era ancora più intelligente. "Io sono un uomo malato e voi siete un alto maestro", egli disse, "ma qual’ è la differenza nella nostra ‘vera’ mente?"

Allora, il Secondo Patriarca trasmise il Dharma a Seng Ts'an, dicendo: "Questo vestito e la ciotola mi sono stati trasmessi da Bodhidharma. Essi certificano che tu ora hai ricevuto il Sigillo del Dharma. Al fine di proteggerti, tu devi andare a nasconderti, perché i seguaci di Bodhiruci cercheranno di farti del male e di danneggiarti. Presta molta attenzione e fai in modo che nessun’altro sappia che tu hai ricevuto la trasmissione".

Anche il Terzo Patriarca finse la pazzia, mentre insegnava agli esseri viventi. Durante la persecuzione del buddhismo da parte dell'imperatore Wu della dinastia Chou-Nord (che regnò dal 561-577 DC), il Patriarca fuggì in montagna. Mentre vi si nascondeva, si dice che tigri, lupi, leopardi ed altri animali feroci scomparvero tutti.

Secondo il Ching-te Ch'uan Teng-lu, considerato il più antico e il più influente dei testi del Teng-lu (cioè, La Trasmissione della Lampada), sembra che questi animali fossero riapparsi al tempo di T'ao Hsin, il Quarto Patriarca che ricevette il Sigillo di Dharma da Seng Ts'an. Testimoniato dal seguente caso pubblico (koan):

"Vi era una volta un saggio di nome Niu T'ou-Fa-Yung (Gozu Hoyu, Niutou Farong Fa-jung, 594-657), che viveva in un solitario tempio sulla montagna. Un giorno, egli fu visitato da un monaco errante, T'ao Hsin, il Quarto Patriarca del Lignaggio Ch'an Cinese. Mentre i due stavano parlando, un animale selvatico ruggì lì vicino. T'ao Hsin, che era Illuminato, trasalì. "Vedo che è ancora con voi", disse Fa-Yung... riferendosi, ovviamente, alla istintiva "passione" di paura. Poco dopo, mentre era inosservato per un momento, T'ao Hsin inscrisse il carattere cinese per ‘Buddha’ sulla roccia su cui Fa-Yung era solito sedersi. Quando il saggio tornò a sedersi, egli vide il sacro Nome ed esitò a sedere. "Anch’io", disse allora T'ao Hsin, "Vedo è sempre con te!" (fonte)

Dopo aver trasmesso il Dharma al Quarto Patriarca T’ao Hsin, Master Seng Ts'an invitò un migliaio di Bhikshu ad una grande festa vegetariana. Dopo che essi ebbero mangiato, egli disse: "Voi pensate che sedersi in pieno-loto sia il modo migliore per morire. Guardate! Io ora vi dimostrerò il mio essere indipendente da nascita e morte!" Il Maestro lasciò la sala da pranzo, seguito dai mille bhikshu. Egli si fermò presso il tronco di un albero, e dopo essersi riposato per un attimo, fece un salto ed afferrò un grosso ramo. Quindi, mentre oscillava da un lato all’altro dell'albero, egli entrò nel Nirvana. E mai nessuno aveva saputo il suo vero nome o il suo paese natale.

Qualcuno, impaurito, potrebbe pensare: "Il Primo Patriarca, Bodhidharma, fu avvelenato, il Secondo Patriarca è stato decapitato, il Terzo Patriarca è morto appeso ad un albero. Non vorrei certo essere un Patriarca. Mi sembra troppo pericoloso". Con questa attitudine, anche se uno volesse essere un patriarca, non potrebbe. Finché si ha una tale Paura della Morte, finché non si avrà più alcun timore, non si potrà neanche essere un discepolo del Patriarca. I Patriarchi non hanno e non possono aver paura della sofferenza. Essi non hanno paura della vita, e non hanno paura della morte. Senza fare distinzioni tra la vita e la morte, essi vanno tra le persone, insegnando loro e trasformandole. Come Fo T'o e Yeh She, che realizzarono che la sofferenza è proprio Bodhi (Risveglio) e la nascita e morte è il Nirvana. Allora, adesso ditemi, c’è qualcuno che non ha paura della nascita e morte? Se c’è anche uno solo di questi, farò di lui un Patriarca.



SHIH-T'OU HSI-CH'IEN (Sekito Kisen - 700-790)

Il corpo del maestro Ch'an (Zen) Shih-t'ou Hsi-ch'ien (Sekito Kisen, in Giapponese) è conservato ancora ai giorni nostri in un tempio in Giappone. La vita di Shih-t'ou è molto interessante e il modo in cui egli divenne Illuminato è un altro istruttivo esempio del metodo dell’allusione. Quando Shih-t'ou aveva dodici anni, ebbe un incontro con Hui-neng, il Sesto Patriarca, al tempio di Ts'ao-hsi. Il Sesto Patriarca ebbe subito simpatia per lui e gli disse: "Ti prenderò come mio studente." Shih-t'ou divenne uno studente molto onorato del Sesto Patriarca alla tenera età di dodici anni.

Purtroppo, il Sesto Patriarca visse ancora solo per altri tre anni, quando Shih-t'ou ne aveva quindici. Prima del trapasso del Sesto Patriarca, Shih-t'ou gli aveva chiesto che cosa avrebbe dovuto fare dopo la sua morte. Il Sesto Patriarca gli disse, "Vai presso Hsing-Szu". In cinese, il nome Hsing-Szu suona uguale alla parola "Hsun-Szu," che significa ‘contemplare’. Perciò, non sorprende che Shih-t'ou poté fraintendere le parole del Sesto Patriarca morente, e si mise ogni giorno a meditare. Fortunatamente, un monaco anziano capì ciò che era accaduto, e disse a Shih-t'ou, "Hai sbagliato. Il nostro maestro ti ha detto di andare dal tuo fratello di Dharma Hsing-Szu. Egli ora dà insegnamenti di Dharma presso le colline di Ching-Yuan; dovresti andare a fargli visita". Ora che Shih-t'ou finalmente capì ciò che il Sesto Patriarca voleva che lui facesse, partì immediatamente per Ching-yuan.

Appena egli fu arrivato a Ching-yuan, il maestro Ch'an Hsing-Szu gli chiese: "Da dove provieni?"

"Vengo da Ts'ao-hsi", rispose Shih-t'ou, dicendo in sostanza a Hsing-Szu che egli proveniva dal Sesto Patriarca. Hsing-Szu chiese ancora, "Hai ottenuto qualcosa, stando lì?"

"Non mi mancava nulla, anche prima che ci andassi", rispose Shih-t'ou. Egli intendeva dire che la sua Natura di Buddha era completa, anche prima che lui andasse lì, non c'era niente di dover ottenere.

"Se non hai bisogno di nulla, perché sei andato a Ts'ao-hsi?"

Shih-t'ou spiegò, "Se io non fossi andato a Ts'ao-hsi, come avrei potuto sapere che non ho bisogno di nulla?" In altre parole, egli disse che se non fosse andato a Ts'ao-hsi, non avrebbe capito di aver sempre avuto la Buddha-natura. Come si può vedere da questo scambio, i maestri Ch'an possono non indicare direttamente il (vero) significato. Questo è ciò che è detto il metodo dell’allusione.

Il corpo di Shih-t'ou fu mummificato nella lacca nera. Essendo rimasto danneggiato da un incendio, fu poi portato in Giappone nel 1911, durante il periodo della Rivoluzione Cinese. Esso può essere visto ancor oggi al tempio Soto-Zen di Soji-ji a Yokohama. (Per ulteriori informazioni relative ai resti di Shih-t'ou, vedere B. Faure, The Retoric of Immediacy: A Cultural Critique of Zen, pp. 167-168, con illustrazioni).
 


ZHAOZHOU (CHAO-CHOU TS’UNG-SHEN, JOSHU, 778-897)

Un monaco chiese una volta al maestro Chao-Chou, "Un cane ha la Natura-di-Buddha, o no?"

Chao-Chou rispose, "Mu!"…

Chao-Chou Ts'ung-shen (Zhaozhou, giapp.,Joshu) fu uno dei principali maestri Ch'an/Zen in Cina, e successore Dharma di Nan-chuan P'u-yuan (giapp., Nansen Fugan). Egli ebbe la profonda esperienza di Illuminazione all’età di diciotto anni, che a lui semplicemente indicò che c’era una valida Via da cui proseguire oltre (cioè, l'Illuminazione non è il fine, ma un punto del Sentiero). Dopo quaranta anni di formazione con Nan-chuan, egli viaggiò per la Cina, in cerca di altri maestri Ch'an. Egli, infine, all'età di ottant'anni si stabilì a Chao-Chou, con un gruppo di discepoli attorno a lui. Egli li istruì con modi gentili e tranquilli, anche se in maniera molto forte e rapida. Tra i suoi Koan, il suo famoso koan ‘Mu’ è spesso dato ancora ai principianti studenti-Zen come loro primo koan: 'Un monaco una volta chiese al maestro Chao-Chou, "Un cane ha la natura di Buddha-[o, buddhità] o no?" E Chao-Chou rispose, "Wu" (in giapponese, Mu).

Chao-Chou fu particolarmente importante per mostrare come il Ch'an e il Tao si interrelano insieme, aprendo la strada ad una creativa co-esistenza. Quando egli domandò a Nan-chuan riguardo al Tao, Nan-chuan rispose, 'La mente ordinaria è il Tao'. Chao-Chou gli chiese come ci si dovrebbe muoversi verso di essa. Nan-chuan rispose 'Se si tenta di muoversi verso di essa, ci si allontana da essa'. Chao-Chou chiese ancora: 'Ma se non ci si prova, come si fa a sapere che si tratta del Tao?' Nan-chuan rispose, 'Il Tao non comporta "conoscere" o "non-conoscere": conoscere è illusione, non-conoscere è vuota vacuità. Se realmente si raggiunge il Tao del Non-Dubbio, esso è come un vasto abisso, senza confini e senza limiti. Come, allora, può esserci un ‘giusto e sbagliato’ nel Tao?'. A queste parole, Chao-Chou fu immediatamente illuminato, e la sua Illuminazione è nota come ‘funi-daido’, cioè 'non-dualità del grande Tao' --- che è stretto sinonimo di Natura-di-Buddha vuota di sé, Anatta, Non-sé, e priva di differenziazione.

Il carattere "MU" si può tradurre come "non ha", "è senza", "senza", "mancanza di", "assenza di"…

Nel seguente estratto, Maestro Dogen Zenji esplora vari strati di significato della famosa espressione, registrata come dialogo tra il maestro Chao Chou e uno dei suoi studenti.

“Un monaco una volta chiese al maestro Chao-Chou, "Ha un cane la natura-di-Buddha, o no?"

Chao-Chou gli rispose, "Mu!"

Dobbiamo chiarire il significato di questa domanda. Un ‘cane’ è un cane. La domanda non chiede se la Buddha-natura può o non può esistere nel cane, ma chiede se anche un uomo di ferro impara la verità. A far succedere che un tale veleno porti forse materia di un profondo rammarico, e allo stesso tempo, richiami lo scenario dell’incontro, dopo trenta anni, con una persona per metà santa. Chao Chou dice: "Ne è privo (‘Mu!’)"

Quando noi sentiamo questa espressione, ci sono concreti metodi da cui impararla: l’"essere-senza" con cui la Buddha-natura descrive se stessa può essere espressa in questo modo, il "non avere", che descrive il cane stesso, e che può essere espresso così come il "non c’è nulla", esclamato da uno osservatore, può essere espresso in questo modo. Può esserci un giorno in cui questo "essere-senza" diventa semplicemente il disintegrare una pietra.

Il monaco dice: "Tutti gli esseri viventi in totale hanno la natura di Buddha. Perché il cane è senza?" L'intenzione qui è la seguente: "Se tutti gli esseri viventi non esistono, allora la Buddha-natura non esisterebbe e anche il cane non esisterebbe. Che dire su questo punto? Perché la Buddha-natura del cane dovrebbe dipendere dalla 'non-esistenza'?"

Chao Chou dice: "Perché esso ha la coscienza karmica".

L'intenzione di questa espressione è che, anche se il motivo per cui essa esiste è la coscienza karmica e l’avere la coscienza karmica è la ragione per esistere, il cane è senza niente, e la Buddha-natura è senza niente. La coscienza karmica non capisce mai intellettualmente ciò che il cane è, quindi, come potrebbe il cane riscontrare la sua Buddha-natura? Sia che noi si elimini la dualità o che si trattenga entrambi i lati di essa, la situazione è proprio e solo la costante opera della coscienza karmica.

Un altro monaco chiede a Chao Chou, "La Buddha-natura esiste anche in un cane, o no?"

Questa domanda può esserci per il fatto che questo monaco è capace di tenere testa a Chao Chou. Così, affermazioni e domande circa la natura di Buddha sono il cibo quotidiano dei patriarchi buddhisti.
Chao Chou dice: "Esiste".

La situazione di questo "Esiste" è al di là della "esistenza" dei commenti scolastici degli insegnanti e simili, e al di là della "esistenza" dogmatica della Scuola dell’Esistenza. Dobbiamo proseguire avanti ed imparare il significato di ‘Esistenza’ del Buddha. La ‘Esistenza’ del Buddha è la risposta "Esiste" di Chao Chou. La risposta "Esiste" di Chao Chou significa "il cane esiste", e "il cane esiste" significa che "la Buddha-natura esiste".

Il monaco dice: "Essa già esiste - allora perché deve entrare con forza dentro questo concreto sacco-di-pelle?"
Questa espressione del monaco nei riguardi della verità, pone la questione se l'esistenza è presente, se l'esistenza è passata, o se essa è già Esistente, e benché l’Esistenza già assomigli alle altre "esistenze", l’Esistenza chiaramente già esiste da sola. L’Esistenza che è già, ha necessità di forzare il suo entrare in essere? O l’Esistenza già non necessita di forzare la sua entrata in essere? L'azione di entrare con forza in questo concreto sacco-di-pelle non ci permette oziose, incuranti considerazioni.
Chao Chou dice: "Poiché essa coscientemente commette una deliberata violazione"

(Basato su ‘Shobogenzo' del Maestro Dogen, Book 2, "Bussho" tradotto da Gudo Nishijima & Chodo Cross, Windbell Publications)


(Lin-chi Y-sen, Lin-chi I-Hsuan, Rinzai Gigen) (Morto nel 867)

http://sped2work.tripod.com/linchi.html

Il Venerabile Maestro Lin Chi Yi-Sen fondò una delle più influenti scuole di buddhismo, dopo il Sesto Patriarca Hui Neng. Per secoli i suoi seguaci sono stati i principali maestri buddhisti Ch'an (Zen) della Cina. Nel XII° secolo, i suoi insegnamenti si diffusero in Giappone e costituirono la Scuola Rinzai del buddhismo Zen.

Il metodo di insegnamento di Lin Chi era semplice, schietto, e rozzo. Egli non esitava nell’usare il suo bastone sui suoi discepoli, se pensava che esso servisse per far eliminare il loro attaccamento ed il loro logico ragionamento convenzionale. In qualche modo, questo stile rifletteva realmente lo spirito nazionale della Cina, che era fiero e un pò guerriero; la Cina stava costantemente in guerra con gli invasori provenienti da Ovest (Tartari, Turchi, ecc.). Lo stile del buddhismo di Lin Chi, (più tardi noto come Zen in Giappone), fu un modo di aprire la mente al di là di ogni intellezione. Alle domande filosofiche o metafisiche Lin Chi rispondeva con un rapido colpo. Studenti e discepoli erano portati ad abbandonare i loro abituali paradigmi e schemi di pensiero. Quando Lin Chi faceva una domanda, la loro risposta non poteva essere basata sulla logica, né sulla ragione o sugli insegnamenti tradizionali. Essi non potevano aggrapparsi a nessun abituale modello di pensiero. Lin Chi tirava via il tappeto da sotto a tutti. Gli ordinari modelli di pensiero non erano accettati e non c’era nulla su cui aggrapparsi. Quando gli studenti chiedevano sinceramente e a tutto il cuore di conoscere la verità, gli veniva detto di abbandonare tutti i precedenti pensieri, e la mente si sarebbe aperta alla diretta esperienza della loro propria natura.

Lin Chi rigettava le convenzioni religiose del buddhismo nonché l’approccio filosofico e accademico agli insegnamenti del buddhismo. Nel suo approccio, Lin Chi sottolineò la spontaneità, la assoluta libertà e vacuità: "Molti studenti vengono a trovarmi da ogni luogo. Molti di loro non sono liberi dal loro essere intrecciati con le cose oggettive. Io li curo proprio sul posto. Se il loro problema è l’attaccamento, io li colpisco alle mani. Se il loro problema è un parlare dissoluto, io li colpisco in bocca. Se il problema è celato nei loro occhi, è lì che li colpisco. Finora non ho trovato nessuno che sia capace di liberarsi da solo. Questo è dovuto al fatto che essi sono stati tutti imprigionati negli inutili modi di vecchi maestri. Quanto a me, io non ho un unico metodo che posso dare a tutti, ma io do conforto qualunque sia il problema e faccio sì che gli uomini possano liberarsi".

"Amici, vi dico questo: non c'è nessun Buddha, nessun sentiero spirituale da seguire, nessuna pratica né realizzazione. A cosa state correndo dietro così febbrilmente? State mettendo un’altra testa sopra la vostra testa, o ciechi idioti? La vostra testa è già proprio dove dovrebbe essere. Il problema sta nel vostro non credere abbastanza in voi stessi. Poiché non credete in voi stessi, bussate qui e là in tutte le condizioni in cui troverete voi-stessi. Essendo schiavi e rivolti verso le situazioni oggettive, voi non avete nessuna libertà, non siete padroni di voi stessi. Smettete di rivolgervi all’esterno e non siate neppure attaccati alle mie parole. Smettete di restare aggrappati al passato e di anelare per il futuro. Questo sarà molto meglio che fare dieci anni di pellegrinaggio".

Quando Lin Chi era un giovane monaco, aveva studiato sotto il Maestro Huang Po Si-Yin (? -857) nel Huang-Po-Shan (Yi-Fong, Jiangxi). Durante i primi tre anni al tempio, Lin Chi passò inosservato. Egli pensava ai suoi affari e faceva ciò che gli veniva detto, inclusa la sua pratica giornaliera: il lavoro nei campi, la meditazione, aiuto nelle cucine, e la preparazione dei bagni per i monaci anziani.

Il capo monaco, Mu Chou, l’osservava e notò la consapevolezza e la meditazione in azione di Lin Chi. Egli restò impressionato dalla sua umanità e genuinità, e volle far conoscere Lin Chi al Maestro. Dato che Lin Chi era così semplice e onesto non aveva mai avuto nulla da chiedere al Maestro, per nessun motivo non si era mai messo al centro dell’attenzione. Così, Mu Chou consigliò a Lin Chi di porre la seguente domanda: "Qual è il principio fondamentale del buddhismo?" Così, Lin Chi fece per tre volte questa domanda a Huang Po, e ogni volta Huang Po lo colpì con un palo lungo sei piedi. Lin Chi con questi colpi non comprese la verità, e decise di lasciare il monastero. Nella tradizione di ciò che nella storia Zen divenne noto come Hsing-chiao, ‘viaggiare a piedi’, egli decise di essere un ‘vagabondo’ e imparare dalla vita ordinaria ciò che egli non era riuscito ad imparare nella vita monastica. Quando egli andò a congedarsi dal suo Maestro, Huang Po gli disse di non andare lontano, e di andare prima dal Maestro Ta Yu, che gli avrebbe insegnato ciò che era necessario sapere.

Lin Chi andò al monastero di Ta Yu e gli disse ciò che gli era accaduto. Ta Yu allora disse: "Perché, Huang Po con te è stato come tua nonna. Perché sei venuto qui all'improvviso, parlandomi dei tuoi errori?" Allora Lin Chi si illuminò. Fino a quel momento, Lin Chi aveva avuto una percezione dualistica del buddhismo e degli insegnamenti, essi erano idee nella sua mente, separati da se stesso. Egli aveva sempre cercato la verità al di fuori di se stesso, ma ora, in un lampo, sperimentò l'esistenza come è in se stessa, e realizzò la vacuità di pensieri, parole, e spiegazioni filosofiche...

Egli allora comprese che il bastone di Huang Po indicava la verità del proprio essere, e che perfino la sua domanda sul buddhismo veniva dall’illusione. Egli realizzò la vera generosità e gentilezza liberante del Maestro Huang Po. Così capì che tutte le domande sul buddhismo provengono dall’illusione! Allora, da dove provengono le vostre domande?

Quando Lin Chi fece ritorno al monastero del Maestro Huang Po, gli raccontò ciò che era accaduto. Huang Po ne fu felice e disse: "Aspetta che Ta Yu venga qui. Darò a quel mammalucco una tale serie di colpi…". Lin Chi gridò: "Perché aspettare? Tu ce l’hai (la Realtà) proprio qui ed ora!" E Lin Chi colpì il Maestro Huang Po, che fu segretamente divertito da questo. Ma, per mantenere l'atteggiamento di Maestro, strillò, "Questo pazzo! E' tornato per tirare i baffi della tigre". Lin Chi quindi rispose con un grande e tonante urlo "Ho!". L’urlo "Ho" di Lin Chi è diventato famoso ed è ancora usato dai maestri Rinzai, e divenne "Kwatz" in Giapponese. Questo termine viene urlato per svuotare la mente dello studente e liberarlo dalla dualistica percezione ego-centrata.

Gli insegnamenti di Lin Chi incoraggiano le persone ad avere fede nel fatto che il loro funzionamento naturale e spontaneo è la vera-mente di Buddha. In questo stato di puro essere, uno non ostacola, non blocca, non trattiene, né reprime nulla. In questo ‘stato di essere’, libertà dall’attaccamento non significa essere senza sensazioni, piuttosto significa: entrare in ogni attività con tutto il vostro cuore, ma non trattenersi su nulla, essere uno in qualsiasi situazione. Questo è il modo illuminato di vivere una vita ordinaria. Quando gli studenti di Lin Chi gli dissero di essere alla ricerca della Liberazione da questo mondo, avrebbe chiesto loro: ‘Se vi liberate dal mondo, dove mai potreste andare?’ Egli dette ai suoi studenti il consiglio di vivere con semplicità ed entusiasmo, senza cedere all’imprigionante e cieco desiderio: "Quando è il momento di vestirsi, mettetevi i vostri abiti. Quando dovete camminare, camminate. Quando dovete sedere, allora sedetevi. Siate proprio l’ordinario ‘sé’ nella vostra ordinaria vita, disinteressatevi della ricerca del Buddha. Quando siete stanchi, sdraiatevi a riposare. Le persone stolte vi derideranno, ma colui che è saggio capirà".

Anche se Lin-chi ha poche simpatie nei circoli Zen per il suo stile severo e l’approccio brusco, egli ha anche espresso discorsi lunghi. Primario tra i suoi insegnamenti è la sua nozione di "vero uomo": "Il Maestro prese posto sul suo alto seggio nella Sala. Egli disse: 'Dentro questo pezzo di carne rossa c’è un vero uomo senza segni che va sempre dentro e fuori dal volto di ciascuno di voi. Coloro che non lo hanno ancora sperimentato, guardino, lo cerchino!"

Lin-chi fa una distinzione tra il corpo, che è il cosiddetto "pezzo di carne", e il vero agente che fa uso di esso. In un altro discorso, è registrato: "Il Maestro disse: Guardate le marionette di legno che praticano qui sulla piattaforma! I loro salti e gli scatti dipendono tutti dall’uomo che c’è dietro".

Questa è la classica dicotomia tra il ‘Sé’ e il veicolo, agente spirituale e meccanismo. La dichiarazione di Lin Chi sembra più Indù che buddhista; la dottrina Indù postula un principio di Sé Superiore come l'agente che utilizza il corpo fisico. È interessante notare che Lin Chi ha fatto uso di questa nozione. La seguente dichiarazione chiarisce la questione: "Questo vostro corpo fisico, composto dei quattro grandi elementi, non può esporre il Dharma [l'insegnamento buddhista] né può ascoltarlo... Così, cos’è ciò che proprio può esporre il Dharma ed ascoltarlo? Questo vero uomo che sta distintamente in piedi davanti a me senza alcuna forma, solo luminosità - costui può esporre il Dharma ed ascoltarlo! Così, dovete comprendere in questo modo, e voi non sarete diversi dai Patriarchi e dal Buddha".

Lin-chi sta realmente dicendo che il ‘Buddha essenziale’ non è altro che ‘Colui’ che controlla il corpo fisico. Questo "vero uomo senza segni" non ha forma e sicuramente non è una cosa. Il "vero uomo" è intrinsecamente libero dalla qualità fondamentale dei fenomeni materiali e mentali. ‘Colui’ che siede in questo pezzo di carne rossa è libero dall’impermanenza, dalla sofferenza, e dalla insostanzialità – che sono ciò che i buddhisti chiamano "i tre segni" dei fenomeni condizionati. La vera natura è libera intrinsecamente, ora e per sempre. E però, questo è anche il "vero-uomo" di cui Lin-chi dichiara che "sta distintamente" davanti a lui. Qui, l'insegnamento è realmente non troppo diverso dalla predetta concezione Induista. Lo stesso discorso, poi spiega:

"Seguaci della Via, la mente è senza forma e pervade le dieci direzioni... Fondamentalmente, essa è una pura radianza; una volta divisa essa diventa le sei sfere di senso armoniosamente unite [i cinque sensi fisici, più l’intelletto]. Poiché la mente è non-esistente, ovunque voi siate, voi siete emancipati".
L'insegnamento di Lin Chi non è interessato all’idea di Buddha-come-Dio, ma alla Realtà dell'Essere Umano. Un vero essere-umano non dovrebbe cercare ciò che può portarlo fuori dalla vita, ma ciò che la Vita è in sé-stessa. Un vero uomo vede le cose così come sono, è libero dalle idee erronee circa la realtà ed agisce sempre e continuamente in armonia con l'universo.

Quando il Maestro Lin Chi era vivo, i suoi metodi di insegnamento erano considerati eccentrici e fuori del comune. Tuttavia, mentre passava nel Nirvana, egli compose questa profonda stanza per rivelare il suo ultimo insegnamento finale: "Non si può fermare il pensiero che sorge e che scompare nella vostra mente, con la vera consapevolezza che risplende illimitatamente, è necessario concentrarsi su ciò che non si muove. Per realizzare che non ci sono né forme, né nomi, niente da perseguire,
deve essere usata la Spada della Saggezza, perciò affrettatevi a perfezionarla".



Le informazioni sono state tratte da "Zen-Direct Pointing to Reality", di Anne Bancroft, pubblicato da Thames e Hudson, New York, U.S.A. 1993, nonché, "The Record of Lin-chi", di Ruth Fuller Sasaki; Kyoto, Japan: Institute for Zen Studies, 1975. Ulteriori chiarimenti ed elaborazioni riguardanti il "vero uomo senza segni" di Lin Chi, sono stati trovati grazie a Scott Mandelker, Ph.D.


 

Il Patriarca Dong Shan Liang Chieh (TUNG SHAN - TOZAN RYOKAI)(806 - 869)

(Fondatore e Primo Patriarca del Lignaggio Soto Zen (Cinese: Tsao Dong Ch’an)

In gioventù, egli aveva seguito un insegnante e recitava il Sutra del Cuore. Arrivando al punto in cui si dice, 'Non c'è occhio, né orecchio, né naso, né lingua, né corpo, e né mente', improvvisamente egli “sentì” il suo volto e chiese all'insegnante, "Io ho occhi, orecchie, naso, lingua, e così via; perché il Sutra dice non ci sono?" L'insegnante, sorpreso da ciò, disse: "Io non posso essere il tuo maestro". Dopodiché gli disse di andare sul Monte Wu Hsieh (Chekiang, Cina), a rendere omaggio al maestro Ch'an Mo (Ling) (746-818), riconosciuto come uno dei successori di Ma-Tsu (egli effettivamente si illuminò sotto Shih T'ao e fu suo attendente per venti anni), sotto cui era stato monaco. A ventuno, egli andò a Sung Shan e ricevette tutti i precetti.

Viaggiando tutt’intorno, egli prima andò da Nan Ch'uan; e quando vi arrivò, era proprio l'anniversario della morte di Ma-Tsu, per cui si stava preparando una festa cerimoniale. Nan Ch'uan allora chiese alla comunità, "Domani ci sarà una festa per Ma-Tsu; pensate che Ma-Tsu arriverà, o no?" Nessuno rispose. Ma il maestro (Dong Shan) uscì fuori e rispose: "Se ha un compagno, verrà". Ch'uan disse: "Anche se questo ragazzo è giovane, è assai adatto per l’intaglio e la lucidatura". Dong Shan disse: "Maestro, non opprimere un Liberato (Liang, nome personale di Dong Shan) per farne uno schiavo..." (Il Tsu T'ang Chi dice che dopo questo evento, egli venne riconosciuto come un adepto).

Successivamente, egli andò presso Kuei Shan e gli domandò: "Di recente, ho sentito che il Maestro Nazionale Chung di Nan Yang ha detto qualcosa sugli oggetti inanimati che espongono il Dharma, ma non ho compreso a fondo la sua sottigliezza." Kuei Shan disse: "Non te lo ricordi?" Il Maestro disse: "Si, ricordo". Kuei Shan disse: "Prova a recitarlo per me". Allora il Maestro recitò, "Un monaco chiese: 'Qual è la mente di un antico Buddha?' Il Maestro Nazionale disse: 'Muri, tegole, e ciottoli'. Il monaco disse: 'Muri, tegole e ciottoli, non sono oggetti inanimati?' Il Maestro Nazionale disse, 'Si, è così'. Il monaco disse: 'E possono esporre il Dharma, o no?' Il Maestro Nazionale disse: 'Essi lo espongono sempre chiaramente, senza alcuna interruzione'. Il monaco disse: 'E perché non riesco a sentirlo?' Il Maestro Nazionale disse: 'Tu, proprio tu non lo senti, ma non dovresti celare colui che lo può sentire'. Il monaco disse: 'Chi è che lo può sentire?' Il Maestro Nazionale disse: 'Tutti i santi possono sentirlo.' Il monaco disse: 'E anche tu puoi sentirlo, Maestro?' Il Maestro Nazionale disse: 'Io non lo sento'. Il monaco disse: 'Dato che non lo senti, come sai che gli oggetti inanimati possono esporre il Dharma?' Il Maestro Nazionale disse: 'E' una fortuna che io non lo senta, se lo sentissi, allora io sarei simile ai santi e tu non potresti sentire me esporre il Dharma'. Il monaco disse: 'Allora gli esseri senzienti non hanno parte in ciò'. Il Maestro Nazionale disse: 'Io spiego per gli esseri senzienti, e non per i santi'. Il monaco disse: 'Come sono gli esseri senzienti dopo che lo hanno sentito?' Il Maestro Nazionale disse: 'Non sono più esseri senzienti'. Il monaco disse: 'Su quale Scrittura è basato "l’inanimato che espone il Dharma"?' Il Maestro Nazionale disse: 'Ovviamente, se le parole non si accordano con i classici, non è il parlare di un gentiluomo: non hai letto ciò che dice l’Avatamsaka Sutra, "Ogni Paese lo espone, gli esseri viventi lo espongono, tutte le cose nei tre tempi lo espongono'?".

Quando il Maestro ebbe terminato di recitare, Kuei Shan disse, "Anch'io ho qualcosa qui, ma un uomo valido è difficile da trovare". Il Maestro disse: "A me non è ancora chiaro, ti prego indicamelo". Kuei Shan alzò la frusta e disse: "Allora, hai capito?" Il Maestro disse: "No, non ho capito. Ti prego di spiegamelo". Kuei Shan disse: "La bocca nata da mio padre e mia madre non potrà mai spiegartelo". Il Maestro disse: "C'è un altro che cercò la Via contemporaneamente a te?" Kuei Shan disse: "Da qui, fino al distretto di Li Yu Lung, in cui vi è una serie di grotte di pietra, lì vi è un uomo della Via, Yun Yen, se tu sei capace di estrarre le erbacce per trovare la sua Via, egli ti sarà di aiuto". Il Maestro disse: "Com’ è questo uomo?" Kuei Shan disse: "Una volta egli mi chiese, 'Se io volessi servirvi, come potrei farlo?' Ed io gli dissi, 'Dovresti solo tagliare assolutamente ogni dispersione prima di tutto'. Egli disse, "E dovrei anche essere in grado di non andare contro il vostro insegnamento, o no?' Io dissi: 'Prima di tutto, non dire che io sono qui".

Dong Shan prese congedo da Kuei Shan e andò diritto da Yun Yen; dopo aver citato il precedente episodio, egli chiese: "Chi può ascoltare oggetti inanimati che espongono il Dharma?"

"L'inanimato può udirlo", disse Yun Yen.

"E tu puoi udirlo, maestro?" chiese Dong Shan.

"Pur se io lo sento, tu potresti non sentire il mio esporre il Dharma".

"Perché io non potrei sentirlo?" contestò Dong Shan.

Yun Yen sollevò la sua frusta e gli disse: "Lo hai sentito?"

"No", rispose Dong Shan.

"Tu non senti neanche la mia esposizione del Dharma, come potresti sentire l'inanimato che espone il Dharma?" rispose Yun Yen.

"Quale Scrittura riporta che l’inanimato espone il Dharma?" chiese Dong Shan.

"Non hai letto che l’Amitabha Sutra dice, 'Fiumi, uccelli, alberi, e boschi, tutti commemorano i Buddha e il Dharma'," replicò Yun Yen.

A questo, il maestro ebbe l’insight; dopodiché pronunciò questo versetto:

"Com’è meraviglioso! Com’è meraviglioso!

L’inanimato che espone il Dharma è inconcepibile;

Se voi usate le vostre orecchie per ascoltare, non potrete mai capire –

Solo quando lo sentirete nei vostri occhi, allora saprete…".

Dong Shan chiese a Yun Yen, "Io ho conservato abitudini che non sono ancora esaurite." Yun Yen disse: "Cosa mai hai fatto?" Dong Shan disse, "Non ho neanche praticato le verità sante". Yun Yen disse, "E non sei felice?" Dong Shan disse, "Non è che sono senza gioia, ma è come trovare un gioiello che sta in un mucchio di sterco".

Quando stava per andarsene, egli chiese a Yun Yen, "Dopo la tua morte, se qualcuno mi chiedesse improvvisamente di descrivere il vostre vero aspetto, come dovrei rispondere?" Yun Yen se ne restò in silenzio per un po’ di tempo, poi disse: "Proprio così com’è". Il maestro era totalmente assorto in meditazione contemplativa; Yun Yen disse, "Reverendo Chieh, ora che hai ripreso l’argomento, devi essere molto attento e deciso".

Dong Shan aveva ancora qualche dubbio, poi, mentre stava attraversando un fiume, egli vide la sua immagine riflessa e fu subito fortemente Risvegliato al senso interiore di ciò che era accaduto prima. Quindi, compose un versetto che dice:

"Bisogna evitare proprio di cercare dagli altri,

Altrimenti si sarà totalmente estraniati da se stessi.

Ora, io me ne andrò da solo. Così Lo incontrerò ovunque –

Egli ora è proprio Me-stesso, ma io ora non sono Egli:

Uno dovrebbe comprendere in questo modo

Al fine di riunirsi con la Talità".

Dalla fine dell’epoca Ta Chung (847-859) di Tang, il Maestro ricevette e guidò gli studenti sul monte Hsin Feng; dopodiché, grazie a lui, l'insegnamento cominciò a prosperare a Monte Dong (Dong Shan) in Yi-Fong, Provincia di Jiangxi. Egli aprì provvisoriamente i ‘Cinque Ranghi’, e abilmente gestì le tre potenzialità (alta, media, bassa), poi aprì magistralmente il ‘Suono Unico’ e lo diffuse attraverso le miriadi di classi. Egli estrasse la sua preziosa spada laterale e tagliò la foresta delle diverse visioni: la sua mirabile armonia si diffuse ovunque, tagliando tutte le migliaia di razionalizzazioni.

Egli scoprì anche Ts'ao Shan Pen-Chi (840-901), che fu profondamente Illuminato nella vera essenza, e meravigliosamente esaltò la Via felice, l'armonia delle vie del Signore e vassallo, influenzata e vera interdipendenza. A causa di questa mistica brezza del Dong, la successione si sviluppò in tutto il paese. Perciò, i maestri del Ch'an l’apprezzarono dappertutto e lo chiamarono il Lignaggio Ts'ao Dong Ch'an. Dong Shan ebbe ventisei successori, tra i quali uno dei più grandi maestri del tempo, Yun Chu Tao Ying (835-902), che guidò una comunità di millecinquecento discepoli e produsse ben ventotto Illuminati (fonte). Un altro illustre successore di Dong Shan fu Su Shan Kuang Jen (837-909), con venti discepoli Illuminati. La linea più duratura della successione Dong fu quella trasmessa attraverso Yun Chu; lui e Hsueh Feng, che si dice fosse chiamato a Dong Shan nove volte, furono i maggiori maestri della loro epoca nel sud e sud-est della Cina. Il lignaggio Ts'ao Dong si sparse in Cina fino al XVII secolo, inoltre fu trasmesso in Giappone nel XIII secolo, attraverso Ju-Ching (1163-1228), il 13° Patriarca detentore del lignaggio Ch'an Ts'ao Dong, con il Giapponese Dogen Zenji (1200-1253), oltre trecento anni dopo i fondatori, e ancora vi continua, in una forma modificata, fino ai nostri giorni.

Soto Zen Lineage: Il lignaggio Zen fondato dai Maestri Tozan Ryokai (cinese: Dong Shan Liang Chieh, 806-869), e Sozan Honjaku (cinese: Ts'ao Shan Pen Chi, 840-901); il ramo Giapponese di questo lignaggio è stato fondato dal Maestro Dogen Zenji (1200-1253) e Keizan Jokin (1268-1325).


Alcune informazioni sono state tratte da ‘The Blue Cliff Record’ tradotto da Thomas Cleary & JC Cleary. Pubblicato da Shambhala 1992.



ALCUNI PATRIARCHI MINORI (Maestri Ch’an poco noti al grande pubblico)

TU SHUN (557-640 dC)

http://www.angelfire.com/realm/bodhisattva/tu-shun.html


Il nome di Dharma di Tu Shun era Fa-Shun, con Tu come cognome. Egli era conosciuto anche come Dushun. Egli era assai noto nei circoli buddhisti Zen per il suo saggio sulla ‘Meditazione del Dharma-dhatu e per il suo discorso sulla ‘Rete Ingioiellata di Indra'. Tu Shun fu ordinato dal maestro Ch'an Tao-chen, e si dedicò alla pratica di meditazione dhyana (Ch’an). Grazie alla sua grande abilità di far guarire tramite il potere dei Siddhi e alla profonda conoscenza del buddhismo, dall'imperatore gli fu dato l’onorifico titolo 'Il Santo del Cuore Imperiale'. A causa del sua potere miracoloso, la gente lo chiamò 'il Bodhisattva di Tun-huang'.

Tu-Shun è considerato il Primo Patriarca della scuola Hua-Yen del buddhismo Cinese, che è centrato sull’Avatamsaka Sutra [Sutra della Ghirlanda Fiorita]. Questa scuola non ha un’omologa controparte Indiana. Il Hua-yen classifica Scritture e dottrine buddhiste in cinque livelli, mettendo il suo proprio insegnamento al posto più alto e più completo. Secondo questa scuola, tutti i fenomeni sorgono simultaneamente dal principio universale del Reame-di-Dharma. Il principio 'ultimo', o assoluto, e le cose manifeste si interpenetrano reciprocamente senza ostruzione. E contemporaneamente, tutti i fenomeni incarnano l'Assoluto, e riflettono, e sono identificati gli uni con gli altri.

Tu-Shun non aveva seguito un particolare insegnante nella gerarchia di questa scuola. Egli concentrò i suoi studi sul Hua-yen e visse sul Monte Zhong-nan per molti anni. Attraverso il suo saggio sulla ‘Meditazione di Dharmadhatu’ egli stabilì il concetto della ‘Contemplazione del Dharmadhatu’, che ha rappresentato il modello per i successivi commentari. Stabilì anche il concetto di 'Dottrina Circolare', che riflette la visione totalistica della Setta Hua-yen.

La metafora della ‘Rete Ingioiellata di Indra’ attribuita a Tu-Shun propone di visualizzare una vasta rete che: * In ogni giunzione c'è un gioiello;

* Ogni gioiello riflette tutti gli altri gioielli in questa matrice cosmica.

* Ogni gioiello rappresenta una singola forma di vita, atomi, cellule o unità di coscienza.

* Ogni gioiello, a sua volta, è intrinsecamente e intimamente collegato a tutti gli altri;

* Quindi, un cambiamento in una gemma si riflette in tutte le altre.

Quest’ ultimo aspetto della rete ingioiellata, è esplorato in un dialogo a domanda/risposta tra maestri e studenti nell’Avatamsaka Sutra. In risposta alla domanda: "come possono tutti questi gioielli essere considerati un unico gioiello?" si risponde: "Se non credi che un solo gioiello... sia tutti i gioielli... basta mettere un punto sul gioiello [in questione]. Quando un gioiello è appuntato, ci saranno punti su tutti gli altri gioielli.. . Visto che ci sono punti su tutti i gioielli. .. Sappiamo che tutti i gioielli sono un unico gioiello"...".

La morale della ‘Rete di Indra’ è che gli interventi costruttivi e compassionevoli che una persona fa o potrebbe fare, producono un effetto positivo o un’azione benefica che si riverbererà in tutto l'universo, o fino a quando esso esisterà. Per lo stesso motivo, uno non può danneggiare un settore della rete, senza danneggiare gli altri o senza provocare un effetto a cascata di distruzione totale.

Quanto sopra riporta alla mente il seguente commento attribuito a Larry Darrell, il personaggio principale alla ricerca dell’Illuminazione Spirituale nel romanzo ‘The Razor's Edge’ di W. Somerset Maugham in cui, alla fine dell’importantissimo capitolo sei, Larry dice: "Nulla di quello che succede è senza effetto. Se buttate un sasso in uno stagno, l'universo non è più lo stesso come era prima... Può essere che se io conduco la vita che ho programmato per me, ciò può incidere sugli altri; l'effetto può non essere maggiore di un’onda causata da una pietra gettata in uno stagno, ma un’onda ne provoca un’altra, e una terza ancora…; forse solo poche persone potranno vedere che il mio stile di vita offre felicità e pace, ed esse, a loro volta, insegneranno ad altre persone ciò che hanno imparato ". (fonte)



FA-TSANG (643-712)(Terzo Patriarca della Tradizione Hua-yen)

http://www.angelfire.com/realm/bodhisattva/fa-tsang.html


Informazioni biografiche: Nato: 643 d.C., in Asia centrale (Samarcanda); Morto: 712 d.C. Fa-Tsang fu uno scrittore incredibilmente prolifico, produsse più di sessanta opere originali, una vasta gamma di commenti su testi buddhisti e manuali di meditazione, e partecipò almeno ad alcuni dei progetti di traduzioni buddhiste del suo tempo. Molti dei suoi capolavori sull’esegesi del Hua-yen Jing, che a volte sono riportate in Sanscrito, come l’Avatamsaka Sutra (Il Sutra della Ghirlanda Fiorita). Una completa lista delle sue opere sarebbe poco pratica, ma alcune delle opere principali sono:’Hua-yan Wujiao Zhang’ (Saggio sui Cinque Insegnamenti del Hua-yen), ‘Huayan Yihai Baimen’ (Le Cento Porte del’Insondabile Significato del Hua-yen), ‘Huayan Fa Putixin Zhang’ (Saggio sullo Sbocciare della Mente-Bodhi nel Hua-yen), e ‘Qixinlun Yiji’ (Commento sul Risveglio della Fede del Mahayana).

Le sue idee erano che il mondo della realtà è composto da interpenetranti eventi collegati in relazioni di causalità. In questo senso, ogni cosa è la causa e l'effetto di ogni altra cosa. Questa profondità può essere descritta in termini dei "dieci misteri". Per questa ragione, "le cose" nel mondo sono vuote di auto-essenza o auto-definizione, essendo formate con la stessa Talità di cui è composta la stessa Realtà.

Questo vuoto, o vacuità, non è negativo, anche se, poiché la realtà delle cose vuote è, in effetti, l'unica realtà di cui è significativo parlare. La storia e la diversità della tradizione buddhista può essere classificata in base a cinque diversi tipi di insegnamento, ciascuno dei quali presenta una diversa attitudine spirituale. Tutti questi insegnamenti, a loro volta, possono essere descritti come uno dei tre "veicoli", che possono in un certo senso essere descritto come aspetti di "un unico veicolo".

Fa-Tsang è spesso considerato come il grande ‘ordinatore’ di una tradizione del buddhismo Cinese nota come ‘Scuola Hua-yen’, dal nome ‘Huayan-Jing’ o ‘Avatamsaka Sutra’ in Sanscrito), cioè "Sutra della Ghirlanda Fiorita". Questa scuola fiorì durante la cosiddetta età d'oro del Buddhismo Cinese, che culminò nel corso della dinastia Tang (617-907 dC). A quel tempo, molte delle scuole buddhiste in Cina presero come loro base uno o l'altro Sutra buddhista, alcuni autentici e alcuni apocrifi. Esse però non ignoravano le altre scritture, ma ognuna sembrava considerare un particolare testo come la più alta espressione della dottrina del Buddha. Ad esempio, la scuola rivale più vicina al Hua-yen, cioè la scuola Tien-tai, considerava il ‘Sutra del Loto’ (Saddharma Pundarika Sutra) come l'epitome degli insegnamenti buddhisti.

Il messaggio del Sutra Hua-yen, com’è esposto dalla tradizione che porta il suo nome, principalmente è quello dell’interpenetrazione e intercausalità. L'idea di una concreta tradizione Hua-yen non emerge chiaramente se non dopo la venuta di Fa-Tsang, ed è in qualche modo retrospettiva. Tuttavia, devoti e commentatori successivi designarono Fa-Tsang come il Terzo Patriarca della Tradizione Hua-yen, anche se la sua sistematizzazione è forse il più sofisticato trattamento della visione dell'universo del Hua-yen. Egli ereditò una quantità di dottrine dai suoi predecessori, in particolare l'idea dei "quattro dharmadhatu", che costituisce in un certo senso la formulazione originaria su cui tutta la tradizione è basata.
Il termine Dharmadhatu (Skt.) si riferisce al reame di eventi totali che costituisce l’ ‘Omniverso’. Esso si estende in molteplici dimensioni di tempo e spazio, ed è spontaneamente e costantemente sempre prodotto attraverso l'interazione di tutti gli elementi dell’esistenza. Parlare dei "quattro" dharmadhatu significa suggerire che questo omniverso può essere visto da quattro diverse prospettive. Queste sono:
1. La prospettiva dei fenomeni in quanto tali. Ciò costituisce in un certo senso un’accettazione tacita o ingenua del mondo, così come esso appare, vale a dire, concreto, distinto, e più o meno costante.
2. La prospettiva del principio sottostante a tali eventi, cioè la vacuità di auto-definizione o di auto-essere. La vacuità di una natura essenziale delle cose costituisce in un certo senso la loro essenziale natura stessa, per quanto paradossale ciò possa sembrare.

3. La prospettiva della interpenetrazione del principio e dei fenomeni. La vacuità delle cose infatti non interferisce con la loro realtà, e di fatto ‘costituisce’ la loro realtà. L’essere vuoto, è essere ‘reale’, dato che ‘essere reale’ significa essere parte della rete della causalità. Vale a dire, si può dire che le cose esistano se e solo se esse partecipano in relazioni causali con tutte le altre cose. Se vi fosse una cosa che non partecipasse a tali relazioni di causalità, non avrebbe alcun effetto su nessuna cosa, e quindi non potrebbe mai essere percepita o conosciuta, né potrebbe porre fine alla sofferenza, che è l'unica significativa mèta della tradizione buddhista.

4. La prospettiva della compenetrazione dei fenomeni con altri fenomeni. Vale a dire, poiché tutte le cose sono in rapporto causale con le altre cose, il loro essere si sovrappone, per così dire, ed è quindi sbagliato concepire le cose come separate o distinte. In questo senso, la realtà stessa può essere descritta come "talità" o "realmente così". Questa prospettiva è talvolta espressa in termini di ‘La Rete Ingioiellata di Indra’. Questa immagine è una gigantesca rete, che si estende in tutto lo spazio, con un multi-sfaccettato gioiello ad ogni nodo o giunzione della rete. Ciascun gioiello, quindi, può essere visto riflesso in ogni altro gioiello. Questa è un’immagine alquanto olografica, dato che si può vedere in un certo senso che ogni parte contiene il Tutto.

Fa-Tsang fu un favorito dell’Imperatrice Wu, a causa della sua creatività nella ricerca di dispositivi per illustrarle vividamente queste idee astratte, di cui due delle più famose saranno adesso descritte. La prima di esse è la sala degli specchi. Fa-Tsang costruì una stanza rivestita con specchi su tutti i lati e sul soffitto e pavimento. Al centro della sala vi mise una candela. Non solo la candela veniva riflessa in ciascuno degli specchi, ma anche ogni singolo specchio si rifletteva negli altri specchi e li rifletteva a sua volta tutti. L'effetto era come se uno fosse tra due specchi e vedesse un’infinita regressione di immagini, ciascuna contenuta all'interno di ciascuna delle altre.

L'altro dei suoi più famosi strumenti fu il Chin shih-tzu chang (Saggio sul Leon d’Oro). Il leone dorato sembrerebbe avere capelli, artigli, occhi, ecc, ma tutto questo in realtà era composto della stessa sostanza, l'oro. Ciò illustra come la sola unica ‘talità’ della realtà può sembrare di essere differenziata, anche se questa differenziazione in realtà non è nulla più di una superficiale e acritica distinzione.

I dieci misteri

Fa-Tsang caratterizzò la visione Hua-yen dell’Omniverso, in termini di uno strumento euristico che egli chiamò i "Dieci Misteri", anche se alcuni di essi si sovrappongono. Egli basò questa sua lista su precedenti versioni prodotte dai suoi predecessori, anche se la sua è diversa in vari aspetti.

I dieci misteri sono:

Completamento simultaneo e reciproca corrispondenza: vale a dire, il generale e lo specifico, o il principio e l'evento, coesistono senza impedimenti.

Libertà non-impedita di tutte le cose in inter-relazione spaziale: questa si riferisce al grande ed al piccolo, al finito e infinito, ecc, e implica che qualsiasi cosa sia grande e piccola (ecc), allo stesso tempo, rispetto alle altre cose.

La reciproca compatibilità e differenza tra l'uno e i molti: in altre parole, una certa cosa è parte di un tutto e contemporaneamente è un’entità individuale.

Reciprocità di identificazione e autosufficienza di tutti i fattori dell’esistenza: questa si riferisce al fatto che le cose operano per proprio conto, nonché a nome del tutto, senza impedimenti.

Reciproca complementarità del celato e del manifesto: questo si riferisce ad un accento quasi gestaltico sulla reciproca necessità di figura e base, o evento, e il contesto in cui si distingue.

Reciproca compatibilità di tutte le cose senza la minima perdita di identità individuale: ciò si riferisce al fatto che le cose non perdono la loro individualità, anche se considerate parte di un più ampio complesso di totalità.

La Rete di Indra: questa immagine è stata descritta in precedenza.

Si deve far affidamento sui fenomeni perché si riveli il principio: cioè, poiché il principio della vacuità e i fenomeni che esprimono questo principio non si ostacolano e non sono impeditivi, si può trovare il principio in ogni fenomeno. In altre parole, un singolo filo d'erba può portare qualcuno all’Illuminazione.

Distinta esistenza e reciproca inclusione di separati fattori di esistenza distinti nel tempo. Vale a dire che ogni fattore di esistenza partecipa a qualunque altro senza perdita di individualità.

Armoniosa intercambiabilità di principio e fenomeni: Questo si riferisce ai quattro modelli dei dharmadhatu discussi in precedenza.

Questi dieci si sovrappongono, ma offrono modi diversi di intendere l'interpenetrazione dei fenomeni con il principio e gli uni con gli altri senza ostruzione. In un certo senso, questo può essere inteso come la relazione tra un contesto e gli elementi che compongono il contesto;- il contesto dipende dai suoi elementi, proprio come gli elementi sono privi di significato al di fuori di un contesto.

La classificazione delle dottrine di Fa-Tsang: Quando il buddhismo arrivò in Cina, lo fece in un modo frammentario e non sistematico. Come effetto si ebbe che la tradizione si diversificò, fino al punto di confondersi. Non fu immediatamente chiaro il motivo per cui c’erano tali differenze tra le diverse dottrine buddhiste. La tradizione Cinese fu sensibile a questa diversità organizzando i differenti tipi di insegnamenti in vari tipi di categorie, basate sulla sequenza temporale della dottrina, o sofisticazione dell’insegnamento, o sui metodi stessi dell’insegnamento, e così via. La versione Fa-Tsang di questa classificazione, denominata "panjiao" o "classificazione delle dottrine", assunse la forma di cinque diverse categorie di insegnamento, basate sulla loro sofisticazione e la diversa sistemazione dei limiti degli esseri senzienti. La sua premessa era che, dal momento che gli umani si differenziano in termini di talento per il risveglio, ci devono essere insegnamenti diversi per indirizzarsi a queste differenze individuali.
Le cinque categorie della classificazione di Fa-Tsang sono:

1. Hinayana: nella primitiva tradizione buddhista, era insegnato che il ‘sé’ non esiste, ma che i fattori di esistenza sono reali.

2. Mahayana iniziale: include i primi insegnamenti sulla vacuità, che si trovano nella letteratura della Prajnaparamita e nella tradizione Madhyamika, così come nell’antica tradizione Yogacara.

3. Mahayana finale: include le tradizioni ed i testi, come il Tathagatagarbha Sutra, il Ruggito-di-Leone della Regina Srimala, e Il Risveglio della Fede Mahayana, che parlano del "grembo" o "embrione" dello Stato-di-Buddha (tathagatagarbha) come la matrice da cui il mondo si genera.

4. Insegnamento Improvviso del Veicolo Unico: qui il termine "improvviso" indica che questo inse-gnamento fa poco o niente per coloro che non hanno uno speciale talento per il Risveglio. Successivi commentatori furono inclusi in questa categoria della tradizione Ch'an, che non era ancora realmente affermata al tempo di Fa-Tsang e che alla fine di per sé si sviluppò nelle cinque varietà di Zen.

5. Insegnamento Completo del Veicolo Unico: ecco, questa categoria si riferisce specificatamente alla tradizione Hua-yen. Fa-Tsang ritiene che la tradizione Hua-yen sia dottrinalmente superiore alle altre scuole, che sono solo provvisorie, e incomplete, precisamente perché esse fanno almeno alcune concessioni ai limiti degli esseri senzienti.

La categorizzazione di Fa-Tsang si basa su un ottimistico anche se non molto convincente modello storico, in cui il Sutra Hua-yen possa essere il primo Sutra predicato dal Buddha, seppur mentre egli era ancora nelle fasi iniziali della sua Illuminazione. Così esso rappresenterebbe più da vicino il punto di vista Illuminato dell’Omniverso, senza modifiche per motivi di chiarezza. Secondo questo modello, nessuno comprese una parola del sutra, e quindi a quel punto il Buddha fece ricorso ad una serie di insegnamenti che prendevano in considerazione i limiti degli esseri senzienti, con l'intenzione di portarli gradualmente a superare tali limiti. Così ogni successivo insegnamento fa diventare obsoleti i precedenti, anche se tutti essi continuano a funzionare in modo tale da essere utilizzati dal maggior numero di esseri senzienti.

Questo è un punto importante in cui la Scuola Hua-yen differisce dalla Scuola Tiantai. Entrambe le scuole concordano sul fatto che il Huayan-Jing (Avatamsaka-sutra) sia stato il primo sutra predicato dal Buddha, mentre era ancora all’alba della sua esperienza di Illuminazione, e che il Sutra del Loto sia stato uno degli ultimi. Ma per la Scuola Tiantai, questo fa sì che il Sutra del Loto sia il più prezioso e importante dei Sutra, dato che è il più sofisticato ed utile insegnamento in termini di consentire il risveglio degli esseri senzienti.


La continuata influenza di Fa-Tsang

L’insistenza di Fa-Tsang nel cercare una base ontologica per la funzionalità e la generazione del dharmadhatu ha avuto un effetto duraturo sul buddhismo Est-Asiatico. La priorità che fu data all'idea del ‘tathagatagarbha’ o "grembo di Budda" portò a stabilire l'agenda per il successivo sviluppo della tradizione Mahayana, come si trova in Cina, Corea e Giappone. Anche se alla fine la scuola Hua-yen come tradizione separata scompare, la sua impronta può essere trovata ovunque, soprattutto in tali tradizioni come il Ch'an e, infine, lo Zen Giapponese. Questa ricerca di una sottostante ontologica base dell’Omniverso è, secondo alcuni studiosi, totalmente in contrasto con la tradizionale insistenza buddhista Indiana, per cui non ha senso parlare di realtà fondamentale, e quindi in realtà la ricerca di una tale linea di fondo è essa stessa la malattia che la dottrina buddhista cerca di curare. Di recente, in Giappone, è emerso un movimento all'interno della comunità scolastica buddhista che ha il nome di "buddhismo Critico", che si chiede se il buddhismo Est-Asiatico possa giustamente essere chiamato a tutti gli effetti ‘buddhismo’, a causa di questa apparente discrepanza.

Per di più, Fa-Tsang apparentemente trovò possibile conciliare questa apparente discrepanza tramite il ricorso al tradizionale concetto di upaya (cin. fangbian), cioè "mezzi abili", riferito alla capacità di diagnosi pedagogica del maestro illuminato, che consente e giustifica il suo uso di qualsiasi mezzo sia necessario per realizzare il risveglio degli esseri senzienti. Finché non si prende la formula per il fatto, si può usare qualsiasi tipo di insegnamento e di strumenti a propria disposizione per effettuare la necessaria trasformazione.

Approfondimenti e Ulteriori Letture:

Wing-Tsit, ‘Chan’, ed. A Sourcebook in Chinese Philosophy: Princeton University Press, 1963. Il Chan offre una profonda raccolta, anche se tradotta in modo non uniforme, dei materiali non disponibili altrove.
Garma C.C. Chang, ‘L'Insegnamento buddhista della Totalità: La Filosofia del buddhismo Hwa Yen’.
University Park: Penn State Press, 1971 (Vers. Italiana edita da Ubaldini Astrolabio, Roma). La guida più utile del pensiero Huayan, e del pensiero Buddhista in generale, comprese le traduzioni di alcune delle opere centrali e biografie dei più importanti pensatori.

Yu-lan Fung. ‘A History of Chinese Philosophy’, Vol. 2. tr. Derk Bodde, Princeton University Press, 1952, 1953. Impressionante studio della storia del pensiero Cinese da parte di uno dei più importanti filosofi Cinesi moderni.

Ming-wood Liu, ‘The Teaching of Fa-Tsang: An examination of Buddhist Metaphysics’. Ann Arbor: University Microfilm International, 1979. Un resoconto molto approfondito degi aspetti metafisici del pensiero di Fa-tsang, così come altri dettagli della sua carriera e della tradizione Huayan.

Takakusu. Elementi essenziali di filosofia buddhista (Essentials of Buddhist Philosophy). Honolulu: University of Hawaii Press, 1956. Anche se datata, questa è una chiara ed esauriente presentazione delle nozioni di base delle varie scuole buddhiste come si sono conservate nelle tradizioni Giapponesi.

Si ringrazia: Alan Fox (Dipartimento di Filosofia, Università di Delaware – ‘I Grandi Pensatori del Mondo Orientale’ - ed. da Ian P. McGreal - HarperCollins Publishers Inc., 1995, pp. 99-103.


 

TE SHAN Hsuan-chien (Deshan Xuanjian, Tokusan Senkan) [781-867].

http://www.angelfire.com/electronic/awakening101/TeShan.html


Te Shan fu erede del Dharma di Longtan Chongxin. Egli dette la trasmissione a Yantou Quanho e Xuefeng, oltre ad essere considerato antenato spirituale di Wen-yen (Ummon). Famoso per la sua frase "Trenta colpi se dici ‘sì’, trenta colpi se dici ‘no’". Egli appare in The Blue Cliff Records, Record of Silence, 14, 22, 46, 55, e Gateless Gate, 13 e 28. Appare anche in ‘Detti e Azioni di Dongshan’ (Dongshan yulu) 37, 54, 56, 83. In precedenza aveva dato conferenze sul Sutra del Diamante. Vedi il Shinfukatoku di Dogen.

Te Shan bruciò tutti i suoi libri e commentari sullo Zen subito dopo il suo risveglio alla verità. Perché? Il Maestro Zen Munan dette a Shoju il suo libro sacro sullo Zen, che era stato tramandato attraverso sette generazioni di maestri. Shoju lo gettò nei carboni ardenti. Perché?

Te Shan Hsuan Ch'ien inizialmente era uno monaco conferenziere e grande studioso del Diamond Cutter Sutra, conosciuto in tutti gli ambienti Zen grazie al caso 4 del Blue Cliff Record ed ai Koans 13 e 28 del Mumonkan di Wumen. Alcuni dicono che Te Shan è più famoso per l'uso di colpire i suoi studenti con il bastone, tuttavia, per me, egli è più importante a causa di ciò che fece subito dopo la sua esperienza di Illuminazione.

Quando Te Shan viaggiando a piedi verso Sud lasciò il Nord della Cina, determinato a distruggere ciò che aveva sentito come l'insegnamento di una ‘speciale trasmissione al di fuori della dottrina’, era un devoto studioso buddhista pienamente attaccato all’insegnamento formale. Un giorno, quasi alla fine del suo viaggio verso il sud, egli incontrò una anziana donna che vendeva bibite fresche lungo la via. Egli posò a terra il suo zaino per comprare una bibita fresca, quando l’anziana donna gli chiese quali testi egli portasse con sé visto che gli erano così cari. "Commentari sul Sutra del Diamante", rispose lui, (in realtà questi erano libri sul modo di essere della realtà, che egli considerava così indispensabili da doverli portare con sé ovunque andasse). La vecchia donna allora disse: "Il Sutra del Diamante dice 'la mente del passato non può essere colta, la mente presente non può essere colta, la mente del futuro non può essere colta': quale mente l’erudito monaco desidera rinfrescare?" Te Shan restò muto, malgrado la sua formazione accademica.

Dopo aver raggiunto il monastero, egli era totalmente devastato dalla sua 'sconfitta', soprattutto per il fatto che essa era venuta da parte di una 'semplice' venditrice di strada. Ma Te Shan non aveva più voglia di fare dispute o di battagliare con l'insegnamento di una speciale trasmissione al di fuori della dottrina. Per tutto il giorno, Te Shan portò con sé il modo di come sperimentare il Risveglio sotto l'egida di Long T'an e con la sequenza ora famosa di 'soffiare sulla candela'.


La mattina seguente alla sua Illuminazione, Te Shan prese tutti i suoi commentari e li portò nella sala degli insegnamenti, accese una torcia al di sopra di essi e, a tutti i monaci lì riuniti, dichiarò: "Perfino se si scandagliasse in profondità in tutte le vostre conoscenze, ciò non sarebbe più che perdere un capello nella vastità del grande vuoto, e per quanto importante sia la vostra esperienza nelle cose del mondo, essa è anche meno di una singola goccia d'acqua caduta in una vastissima valle".

Prese poi la torcia e dette fuoco ai suoi commentari, riducendo in cenere i suoi libri, una volta d così tanto valore[1].

Nota [1] - La famosa immagine di Te-shan che strappa i sutra in un’estasi di liberazione è l'immagine di un Te-shan che ha fatto propri i sutra e li ha interiorizzati. Forse che Te-shan ha distrutto i testi per sovvertirne l’autorità e perché la sua stessa Realizzazione è in conflitto con quella prevista dai testi? Assolutamente no! La Realizzazione di Te-shan si deve intendere come l’attualizzazione della stessa 'Via' che ha dato luogo alla Realizzazione del Buddha, che è descritta nei sutra, proprio come la Realizzazione di Te-shan è impressa nel resoconto testuale del suo agire iconoclasta.

Il fatto che l’‘atto’ iconoclasta non è la denuncia di un'autorità che sia stata rotta e superata, è altrettanto implicito nella vita di Lin-chi. Dopo aver schiaffeggiato il suo insegnante, Huang-po, e così ostentando la sua libertà dall’autorità del buddhismo, Lin-chi si stabilisce nel monastero per studiare sotto il maestro, probabilmente per più di due decenni. L'atto liberatorio del 'gettare-via', fu raccolto in una più comprensiva intenzione diretta verso la comune pratica che includeva l'obbedienza, la lealtà e l'apprendimento.


 

SHOJU:
Facendo un salto in avanti di mille anni, il maestro Zen Cinese Shido Munan Zenji (1603-1676) aveva un solo unico discepolo che egli considerava degno successore, un monaco di nome Shoju. Un giorno Munan chiamò Shoju nella sua stanza e gli mise in mano un antico e consunto libro, dicendo: "Io sto diventando vecchio e, per quanto so, tu sei l'unico che potresti portare avanti questo insegnamento. Questo libro è stato tramandato da maestro a maestro per sette generazioni, in esso vi ho aggiunto molti punti in base alla mia comprensione. E’ assai prezioso ed io te lo dò per rappresentarti come mio successore".

Shoju rispose: "Se il libro è così importante e prezioso tu dovresti tenerlo, poiché io ho ricevuto il tuo Zen senza scritture e sono soddisfatto con esso, così come è". Mentre parlavano, i due erano in piedi accanto a un braciere di carboni ardenti. Munan continuava ad insistere sul fatto che Shoju prendesse il libro e glielo mise in mano. Nel momento stesso in cui Shoju sentì il libro nelle sue mani lo gettò nel fuoco.

Quindi, perché bruciare i libri? Forse perché l’esperienza del Risveglio è oltre ogni parola? Se è così, perché è al di là delle parole? Quale natura di comprensione si cela oltre il reame delle non-parole? Se una persona ha avuto un'esperienza a quel complesso di non-parole, potrebbe mai applicarsi nel senso come esso è, potrebbe egli 'conoscere' quale fosse quell'esperienza, o cosa potesse anche… 'conoscere' come senso nella sintassi verbale della parola.

Va ricordato, tuttavia, che non tutte le esperienze di Risveglio sono profonde al livello del Buddha e dell’Anuttara Samyak Sambodhi. A volte, come spesso si trova nella letteratura Zen, l'esperienza può essere di breve durata, o poco più di un flash, a seconda della persona e della profondità delle esperienze, per il tempo in cui l'esperienza poi si "indebolisce", se non fermata. Altre volte si verifica anche il contrario e l'esperienza "matura", come rilevato per esempio con il Sesto Patriarca del Ch’an, Hui-neng e con Tung Shan, il fondatore del lignaggio Soto Zen Cinese. Questo è il motivo per cui ci sono cose come i ‘Cinque Livelli’ di Tung Shan, le ‘Cinque Varietà di Zen’, e gli ‘Otto Stadi di Jhana’.

Quindi, l'esperienza dell’Illuminazione non è parziale; vale a dire che anche se la profondità di una certa Esperienza può variare per "gradi", una persona non è risvegliata in alcune parti e non in altre, essa è totalmente onnicomprensiva e quindi coinvolge 'tutta la persona' che per inferenza suggerisce tutte le dimensioni dell’esperienza umana. Detto questo, allora, l'esperienza può o non può essere totalmente priva di, o esclusiva del linguaggio. Ma, proprio poiché il linguaggio vi è incluso, così anche in questa 'intera-persona' vi è inclusa un’area che sta oltre la metafora, in cui la parola ‘sapere’ conoscendo, non si applica, quindi:

“Sapere, è non sapere”

“Non sapere, è Sapere”

'Sapere', come indicato nella prima riga, è 'non sapere,' con il primo 'sapere' che significa sapere nel senso di sapere come un libro di studio o di insegnamento, mentre il 'non sapere' è ‘sapere’, ha il significato che significa il ‘NON-non-sapere’ nel senso Zen.

Il 'non sapere' della seconda riga non significa lo stesso tipo di ‘non-sapere’ di cui all'ultima parte della prima riga, mentre il 'sapere' nell'ultima parte della seconda riga si riferisce alla ‘conoscenza’ nel senso Zen, che è il ‘non-sapere’ ciò che noto come ‘sapere’ nel senso tradizionale del termine.

Vi è una chiara distinzione tra le idee, concetti e simboli, nati dai processi del pensiero e le effettive cose, fisiche o mentali, a cui si riferiscono questi processi di pensiero. A volte, le parole possono essere sovrapposte alle idee, concetti e simboli, e si instaura un chiaro significato tra due o più parti, altre volte no. Il Risveglio Zen è difficile, perché una volta che si è sperimentato esso è una sorta di come ottenere il via per un gioco che non fate per la prima volta su e giù e dopodiché voi non potete ricordare o capire ciò che in primo luogo NON c’era da ottenere. Tuttavia, i giochi generalmente per la maggior parte rientrano nella sfera delle parole e possono di solito essere maggiormente intesi in termini di parole. Come brevemente sopra accennato, esiste nella coscienza dell'uomo una somma di non-conoscenza-conoscenza innata a cui ci si può attaccare o utilizzare senza l'uso di parole o di un concetto, una sorta di non-sintassi non-linguaggio oltre il serbatoio verbale della 'talità' di cui essa risiede in se stessa.

Come mai? Come può essere? Può essere semplice come un primordiale ominide che andava a caccia di un animale per il suo prossimo pasto ed era in grado di interpretare i segni naturali degli animali, come le tracce dell’animale che era passato. La orme diventano un 'simbolo' della ricerca alla bestia anche se l’ominide può non avere visto l'animale in se stesso, né avere l’abilità-sintassi di ricostruire la scena in ‘parole’. Ad un livello più astratto lo stesso ominide potrebbe avere bisogno di essere in grado di scegliere validi alleati, per esempio, per fare alleanze che lo aiutino nella vera caccia o che si lascino alle spalle la famiglia con la 'comprensione' che permette da entrambi i lati di poter ritornare, un sorta di 'gratta la mia schiena, io gratterò la tua', tutto frutto di una comprensione pre-verbale, di non-parole. Se un tale reame pre-verbale, fatto di non parole, non esisteva, allora queste esperienze non sarebbero accadute, ma sembra che in passato ci fossero state, cosa che indicherebbe che un tale regno esisteva.

Tutto bene, ma come fanno Te Shan e Shoju, bruciando i relativi libri, a dire: 'Noi, l'esperienza Zen, l’Illuminazione, e la tipica corsa quotidiana al lavoro, in giardino, la varietà delle persone che vivono nel Samsara? Una sottile o vaga comprensione, che è intuitivamente aggrappata a livello intestinale, è rivelata se il velo che annebbia una tale persona è autorizzato a schiarirsi. Il bruciare i libri, e per inferenza le parole, implica una costante necessità interiore di una non-necessità.

Se tale è il caso, allora perché un adepto dello Zen, cioè noi, avrebbe la briga di indulgere in qualcosa di così banale come un sito web? Per una cosa, sempre in agguato nell'ombra, comunque lontana e tuttavia annunciata o non-annunciata, è la semi-devozione di base dell’adepto ai Voti del Bodhisattva, voti che non sono connaturati in lui, ma si generano da una luce interiore che viene delicatamente messa in atto piuttosto che ingerita o dispensata dalle parole. La 'comprensione' di tutto questo, è presentata in un vecchio detto Zen che dice più o meno così: “Coloro che non hanno ottenuto il Risveglio dovrebbero penetrare il significato della Realtà, mentre coloro che lo hanno già raggiunto dovrebbe praticare mostrando l’espressione verbale di quella Realtà”.

Detto questo, nonostante il Risveglio, ci sono comunque "aree costruite con domande verbali", in cui perfino il Buddha ebbe la necessità di camminare in punta di piedi e che chiamò ‘categoria di errori’.

Per ulteriori chiarimenti: http://ccbs.ntu.edu.tw/FULLTEXT/JR-ADM/wright.htm

(EMANCIPATION FROM WHAT: The Concept of Freedom in Classical Ch'an Buddhism) – di prossima traduzione…