UNA SERENA ESPERIENZA

DI MORTE di Alberto Mengoni (Aliberth)

(Pubblicato sul Bollettino Nirvana News)

Essendo da poco tempo passata la data-anniversario della scomparsa dell’adorata Cristina, appare doveroso mettere sul sito un vecchio articolo di Aliberth, suo compagno finale, ed alcuni brani dei Diari della stessa Cristina (invero, terribilmente profetici!)

A distanza di qualche anno, sento adesso il dovere proprio di testimoniare una esperienza di "buona morte". Buona, non nel senso di far avere una morte indolore da parte di compassionevoli strutture ospedaliere che, al contrario, su questo vi sarebbe parecchio da recriminare, bensì "buona morte" nel senso più spirituale del termine. Poiché la prematura scomparsa di CRISTINA, dolcissima creatura che fu al mio fianco per una decina d'anni, per me e per tutti coloro che la conobbero è stata il più fulgido esempio di come si dovrebbe santamente e serenamente prepararsi a lasciare questo mondo e quindi come saper affrontare la morte.

La sua esperienza di vita è durata solamente quarant'anni, ma è stata fortemente impregnata di valori spirituali e morali, sapientemente e diligentemente messi in atto con una pratica spirituale continua e sempre più progressiva verso la comprensione profonda dei misteri dell'esistenza. D'altra parte, proprio l'insegnamento buddhista, da lei tanto apprezzato e fedelmente seguito, rivelando la vanità della vita umana se non utilizzata come campo di conoscenza, le dette una grossa mano per aiutarla a liberarsi mentalmente della brama di esistenza. Lo stesso atteggiamento del Dharma buddhista verso la morte, può essere riassunto da questi versi estratti dal "Libro Tibetano dei Morti" del grande Saggio Padmasambhava:

"Quando il Bardo della Morte sorgerà su di me, allora

Io abbandonerò ogni desiderio, brama ed attaccamento...

Senza distrarmi, entrerò nella Chiara Luce della Consapevolezza

E, lasciando questo composto corporeo di carne e sangue,

Conoscerò alfine che anche questa è un'illusione transitoria!''

Ed anche Milarepa, il leggendario Yogi-eroe della Tradizione Tibetana, nei suoi "Canti", ci lasciò questa testimonianza di come il suo approccio alla morte fosse, per lui, una vera occasione di Liberazione Finale:

"La paura della nera morte - mi ha condotto su queste montagne -

  Qui ho meditato sull'Incertezza - che nasconde l'ora della sua venuta -

  Ma poi, quando ho finalmente compreso - ho raggiunto la rocca immortale,

  Ove ha sede la vera Natura dell'Essere - ed il timore si è così dileguato...".

Noi non possediamo la certezza di questi sublimi esseri, è vero, al massimo coviamo una qualche speranza; ma nel peggiore dei casi (cioè quello più frequente) veniamo presi dallo sconforto e dall'angoscia, a causa della nostra non-conoscenza della verità e per la eventuale aspettativa di precipitare in una sorta di Nulla! Però è immaginabile riconoscere che, al momento della morte, solo due cose contano: ciò che abbiamo fatto in vita e lo stato mentale in cui ci troveremo allora.

Come ci vien detto dal Dalai Lama: "In punto di morte, gli atteggiamenti con cui si ha maggior consuetudine prendono il sopravvento e si apprestano a dirigere la nostra successiva rinascita". Così, lo stato mentale che sussiste al momento della morte è fatalmente decisivo; il modo migliore per morire serenamente è quello di essersi sbarazzati di tutto, sia oggetti materiali ma anche e soprattutto convinzioni e idee, di modo che nell'attimo cruciale si abbiano quanti meno desideri, brama ed attaccamento possibili, a cui la mente possa afferrarsi.      

Questo fu l'atteggiamento mentale distaccato e tranquillo che ebbe Cristina, che infatti trascorse i suoi anni, offrendo con quell'amore disinteressato di cui era dotata, il frutto della sua esistenza modesta ma generosa e della sua morte prematura ma accettata serenamente, in uno stato di pacifica disposizione mentale. Lo spontaneo e cosciente evolversi dell'ultimo atto della sua vita è stata una conferma del suo fermo proposito prioritario. Quello cioè di mantenere una flduciosa ed attenta calma mentale ed una controllata autoconsapevolezza sulla propria esperienza, ottenendo in cambio un sereno e composto trapasso.

Malgrado le difficoltà derivanti dalla triste situazione ospedaliera, i suoi ultimi giorni (poco più di un mese di ricovero) furono contrassegnati da un atteggiamento paziente e rasserenante al massimo livello. Benché la sua fine fosse ormai prevedibile, ed il tremendo male l'avesse costretta a permanere in un reparto di terapia intensiva, ricordo che un giorno (lei era al corrente del male infausto e incurabile che l'aveva colpita) disse alle infermiere di rivolgersi ad una sua vicina di letto che si lamentava (sebbene fosse lì per una semplice operazione di ernia). Mentre lei, che pure era pervasa da lancinanti e feroci dolori alla testa, chiedeva soltanto iniezioni di morfina per non sentire il dolore.       

Questo, per precisare di quanto compassionevole altruismo ella fosse dotata e quanto ritenesse più importante la sofferenza altrui, rispetto alla propria. Anche nella sua vita privata, pur essendo una notevole anima creativa, rifiutò sempre compromessi gratificanti e manifestò la sua estrema sensibilità artistica soltanto nel segreto del suo piccolo studio domestico o in laboratori privati di persone amiche, lasciando opere sorprendentemente delicate, come mandala e immagini sacre, nonché poesie e diari di una profonda testimonianza spirituale. Anni ed anni di sincera preparazione, vissuti in modo umile e riservato, furono in grado di formarla spiritualmente in una maniera davvero profonda, distogliendola pian piano dai bisogni affermativi ed arrivistici di questo attuale mondo materialista.

Ecco ciò che maggiormente ricordo di Cristina: il suo meraviglioso spirito caritatevole, il grande amore per tutti gli esseri viventi, e la sua speranza che la sua morte significasse una nuova vita, una vita eterna e celestiale, lontana dalle angoscie di questo mondo samsarico. Morendo, lei ha voluto consegnarmi un messaggio di apertura verso la verità. Una Verità che illumina la nostra condizione di sofferenza, che ci spinge alla ricerca delle cause del nostro esistere, in questo mondo di gioie e di dolori. Una verità che dischiuda all'umanità intera, malgrado la sua ostinata difficoltà nel volerlo riconoscere, il senso stesso di questa sconosciuta verità.

Dopo un simile esempio, tutta la conoscenza spirituale acquisita in decenni di pratiche e ricerche, rischia di essere nient'altro che un mero supporto. O forse, soltanto adesso e grazie a quel messaggio, può cominciare a dare frutti. E’ per questo che, cercando di utilizzare questo dono in questa vita, io stesso mi sono riproposto di condividerlo con altri che abbiano medesime orecchie per intendere, fintanto che ci sarà tempo per fare qualcosa. Infatti, iniziare fin d'ora a meditare sulla propria morte è la miglior pratica spirituale e, in definitiva, l'unica veramente utile per la nostra Liberazione. Ma, per poter eseguire alla perfezione questa pratica meditativa, bisogna abbandonare tutte le illusorie tentazioni di questa vita mondana. Non che si debba abbandonare la propria casa, i propri familiari o la propria posi-zione sociale. Ciò che deve essere abbandonato è l'attaccamento e la brama verso la ricerca esagerata di ricchezza, l'inseguimento egoistico di fama ed onori, la seducente necessità di lodi e di fortuna, smettendo di rifiutare la povertà, l'anonimato, le calunnie e i dispiaceri, quando queste cose si presentano. Mantenendo in vita la consapevolezza della morte, si è naturalmente portati a propendere verso le virtù e la pratica del Dharma. In questo modo, la morte non potrà sorprenderci e non sarà causa di paure e rimorsi.

La gran parte degli esseri umani (praticamente, più o meno tutti) assolutamente non conosce nulla di ciò che l’aspetta durante, e dopo la morte! Per tutta la vita le persone si sono interessate solo a ciò che può essere loro utile durante l’esistenza terrena, che riguarda soltanto di un breve periodo misurabile in anni. Alcuni aspirano a migliorare il loro rapporto con il lavoro, altri quello con i propri simili, oppure migliori condizioni di salute. Certi altri, tutt'al più, sentono il bisogno di allargare le loro conoscenze, ma limitatamente al campo dell'erudizione generica, mentre altri ancora si spingono fino al tentativo di approfondire i problemi dello spirito e della psiche, ma principalmente allo scopo di sentirsi bene con se stessi e per il loro bisogno di felicità nei riguardi di questa stessa esistenza. Solo pochissimi individui si sentono magneticamente attratti dal mistero che c'è dopo la vita (e prima della nascita), e sono quindi motivati a cercare la conoscenza di questi spazi ignoti.

Secondo il Buddhismo, tutti coloro che fanno questa scelta sono già potenzialmente futuri Bodhisattva. Essi sono esseri che hanno dovuto interrompere il loro precedente cammino spirituale, prima della conclusione, e pertanto sono ritornati per eseguire e completare l'opera. Oppure, ma in casi estremamente più rari, sono menti altamente evolute, forse Bodhisattva già realizzati, che però hanno deciso di reincarnarsi per la profonda Compassione provata nel vedere le sofferenze degli esseri. Quindi, questa loro decisione serve per poter trasmettere il Dharma e gli Insegnamenti trascendenti alle menti preparate e già in cammino, cioè agli esseri di cui abbiamo parlato prima.

Ognuno di noi può obiettivamente posizionarsi su di uno o l'altro scalino, in questa scala di valori spirituali; quello che però è certo, è che Cristina era sicuramente in una di queste ultime due posizioni, vista la qualità delle sue esperienze di vita e di morte e, pertanto, ritengo doveroso onorarne la memoria. Oltretutto, affinché la sua esperienza di serena morte non vada perduta, a mia volta avrò cura di prepararmi diligentemente e cercherò di istruire altri esseri, per far sì che la tenebrosa Morte non generi più paura nelle menti degli esseri senzienti, visto che se è sperimentata con paziente e spirituale partecipazione, essa potrà dare origine ad un vero "matrimonio con l'eternità"…

L'ANTICAMERA DEL SIGNORE DELLA MORTE ­

di CRISTINA MARTIRE – (Roma, 16-10-1954 –+ 07-06-1995)

Dai Diari di Cristina, mia compagna di vita e di Dharma, scomparsa serenamente anni fa come una Realizzata, vorrei proporre alcuni passi delle sue preveggenze ante-mortem. Tenendo conto della sua prematura scomparsa, a breve distanza da queste riflessioni, c'è proprio veramente da pensare che anche tutti noi ci troviamo nella sala d'aspetto del Signore della Morte, fin dalla nostra comparsa in questo apparente e illusorio scenario chiamato Vita. (A.M.).

"ILLUSIONI- In ultima analisi, sembra che anche lo Stato di Buddha, cosi come noi lo immaginiamo, sia una mera illusione. Il Buddha non può essere qualcosa di esterno, seppure qualcosa di esterno possa fungere da Buddha. In Esso noi ci vediamo la perfezione della realizzazione delle nostre intenzioni e pertanto ci rifugiamo in queste intenzioni. Anche il Vero Rifugio non può essere esteriore, sebbene un luogo esteriore possa fungere da Rifugio. Questa immagine vaga, più o meno idealizzata, come può essere il Buddha? Tuttavia la sofferenza viene percepita come reale, tangibile, concreta; ed anche l'illusione viene percepita come reale: il movimento, lo spazio, il tempo. Perfino la Morte viene percepita come un fatto reale, benché essa sia la negazione, la conclusione della sofferenza percepita a livello fisiologico, come pure dei cosiddetti fenomeni esterni. Cos'è, quindi, che è più reale? I fenomeni che percepisci, il dolore che senti, o la fine di tutto ciò?"

"LA MORTE - Domani morirò. Tutto scompare, prima o dopo, ed io sono sola. Io e la mia mente, con le sue creazioni, che sembrano reali. Mi sento in una costante fase di sgretolamento. Ho due alternative: ricomporre tutto e far finta di niente, come se nulla fosse; oppure seguire lo sgretolamento, il che implica sofferenza. Ma c'è un senso in tutto ciò? Sono in grado dì osservare lo sgretolamento in una maniera distaccata? Dovrei semplicemente osservare lo sgretolamento ma, proprio mentre io lo osservo, quest’accozzaglia di frammenti comincia a disintegrarsi. Sono o non sono frammenti? Stanno insieme per caso o, in essi, vi è un'integrità di base? C'è solo la morte! E’ il corpo che si disintegra. Devo andare in esilio; abbandonare questo corpo, questa vita, l'ambiente che mi circonda, le persone che conosco e che mi amano, tutte le attività. Eppure, c'è un filo di speranza: la mente rimane e l'io sopravvive, oppure la mente si disintegra anch'essa? La nostra mente, per vivere, dipende dal cervello che, però, è fisico e quindi si disintegra. E allora che speranze ci sono? D'altra parte, la speranza (l'ego) è l'ultima a morire. Al suo opposto vi è la disperazione. Anch'essa è l'ego e quindi, anch'essa avrà un momento in cui morirà. Ma morirà definitivamente? Senza più speranza e senza disperazione: sembra impossibile. Probabilmente, la speranza si nasconde dietro le grandi motivazioni e, quando non ci sono vere motivazioni, la speranza è già morta e rimane solo la disperazione."

"LA SOLITUDINE - Sento molto il problema della solitudine, non quella che si identifica con l'assenza di persone intorno a noi, ma quella fondamentale, che si sperimenta durante la morte, in cui non ci saranno compagni né familiari. E, al tempo stesso, sento che questa solitudine non può essere goduta, assaporata, se non barattandola con la stessa morte. Sarò, allora, in grado di affrontarla senza la voglia di fuggire?"

"IL SILENZIO - Ed ora, eccomi qui, finalmente nell'agognato silenzio. Colpi di martello rimbombano cupi nello spazio. Il canto di un uccello lontano, testimonia che lo spazio esiste. Improvvisamente, un sibilo di aereo squarcia il silenzio come una divinità infuriata. Una folata di vento entra dalla finestra, per ricordarml che il dentro è uguale al fuori. Una sensazione di solitudine ricomincia a farsi strada nel mio cuore, simile a quella sensazione di silenzio che era stata soffocata quando qualcosa aveva riempito lo spazio. Silenzio e solitudine, i gemelli della mia meditazione, stanno ora riemergendo nella pace".      

 (Brani tratti dai Diari di Cristina, scritti negli anni 1994-1995, gli ultimi della sua vita).