Articoli di Aliberth

La VERA Comprensione del DHARMA...
di Aliberth
 

Durante i nostri insegnamenti sulla Meditazione Chan, tenuti settimanalmente qui al Centro Nirvana, ci siamo spesso espressi in merito alla evidente e palese constatazione dello scarso numero di persone che sono realmente interessate al Dharma buddhista. E non soltanto perché così poche sono le persone che frequentano il nostro piccolo Centro, quanto perché andando indietro con la memoria mi sovviene che anche quando, diversi anni fa, io ero solito visitare centri spirituali ‘importanti’ e frequentati da ben più numerosi praticanti, le persone davvero dotate di una spiritualità autentica (quelle, cioè, in grado di saper realmente comprendere il ‘vero’ insegnamento del Dharma) erano invero assai poche, diciamo il dieci per cento scarso dei frequentatori.

 


Qualcuno potrebbe obiettare e contestare questo calcolo. Ma se già nei testi del Chan si dice che solo lo 0,0001 per cento degli individui è in grado di comprendere, magari anche con un po’ di sforzo, il vero insegnamento del Dharma, non si può certo dire che il solo frequentare centri spirituali, o essere discepoli di un qualche grande maestro realizzato, sia garanzia di essere ‘dotati’ di quella capacità di ‘intuizione-profonda’ che è il crisma dell’autentico adeptato all’insegnamento segreto e esoterico, come in realtà dovrebbe essere il Dharma autentico. Quindi, è normale credere che, anche tra coloro che affollano i centri spirituali e seguono i maestri di Dharma, ben pochi sono coloro che realmente hanno le facoltà per poter comprendere e, quindi, poter diventare a loro volta validi insegnanti spirituali.

Intanto, già il fatto che in un dato luogo (questo) ove si insegnano le vere rivelazioni di come si dovrebbe approcciare un reale sentiero di liberazione e illuminazione vi siano così pochi ‘arditi’ e coraggiosi studenti (che, malgrado la durezza dell’insegnamento, il quale impone una continua pratica di auto-osservazione e concentrazione per essere in grado prima o poi di sgominare il proprio ‘ego’), la dice lunga sul fatto di quanta vera ‘sincerità’ vi sia nel mondo esterno nei riguardi di una ‘ricerca’ interiore. A me sembra che, in realtà, la maggioranza delle persone voglia solo arrivare a un livello di pseudo-spiritualità idealizzata, che chiamerei ‘traslazione’, in cui ci si illude di far parte di una schiera di individui eletti e dotati di capacità super-normali, ma sempre e soltanto in rapporto alla ‘realtà’ di questo mondo, ed in funzione delle persone che lo abitano.

Perciò, mi sembra che tra i cosiddetti ‘praticanti-spirituali’ o meditanti dell’ultima ora, non ve ne siano molti che hanno compreso che proprio le illusioni della propria mente nei riguardi degli aspetti fenomenici di questo mondo, sia esso composto di persone o idee, sono le cose da dover correggere ed eliminare. Anzi, a dirla tutta, mi vien proprio da supporre che in quei famosi ‘centri-spirituali’, molti ‘maestri’, vista l’impossibilità di una reale emancipazione mentale da parte della maggior parte dei loro discepoli, tendano proprio a mitigare la ‘portata’ degli insegnamenti segreti e si limitino solo ad insegnare quei positivi preliminari, come gli stimoli a fare il bene ed eliminare il male, che sono sì necessari ma NON indispensabili per una vera illuminazione, senza andar oltre nelle spiegazioni metafisiche del ‘perché’ tali operazioni dovrebbero essere fatte e in quale profonda natura sottile vi sia l’obbligo di questi preliminari.

Sicché, ritengo che qui, sulla superficie di questa manifestazione del mondo, esista una doppia versione dell’insegnamento del Dharma. Quella un po’ più semplicistica per i poco-dotati e quella (assai più profonda) per quei rari individui che hanno la forza, la determinazione e la strenua volontà di operare sulla loro mente, a livello di farle avere una totale trasformazione. Naturalmente, i risultati che se ne ottengono sono anch’essi di due misure. Con la prima forma di distribuzione della conoscenza spirituale si hanno vantaggi sul piano della relativa serenità di mente e vari altri vantaggi, spesso anche di tipo materiale, cioè che sono idonei a dare una sorta di lieve felicità in questo mondo. E questa è proprio la forma di spiritualità che la maggior parte dei frequentatori dei vari Centri di Dharma va cercando e che, in genere, trova.

La seconda forma di spiritualità, quella più autentica e ‘dura’, invece, di solito non ha dei veri e propri effetti considerati ‘piacevoli’ e gratificanti in questa vita. Non che non ve ne siano in assoluto. Ma, dato anche il fatto che gli adepti di questo secondo tipo di spiritualità, sono in realtà molto più proiettati verso la ‘vacuità’ del mondo fenomenico, e verso una visione di unità e luminosità della ‘coscienza’, piuttosto che del mondo materiale, i reali benefici di questa loro pratica sono lasciati al risolvimento della loro carica ‘karmica’ e ad un naturale e distaccato ‘ritorno’ alla loro ‘natura-originaria’, che non è certamente quella della persona psico-fisica attualmente esistente.

Poi, il fatto stesso che alcuni tra coloro che frequentano Centri Zen o scuole Tibetane (oltre, ovviamente, a tutti gli altri praticanti di discipline para-spirituali, come scuole di Yoga, o Arti marziali) sono inconsapevolmente portati a criticare e denigrare chi fa una scelta di questo ‘secondo’ tipo di spiritualità ed ha la tendenza ad astrarsi dal mondo esteriore e magari a non partecipare più alle convenzionali relazioni che i praticanti del primo tipo invece ancora mantengono, non fa che rafforzare questa mia idea che i veri

‘adepti’ del Dharma sono assai pochi. Nondimeno, non è mia intenzione star qui a distinguere chi è da una parte e chi dall’altra. In realtà, la distinzione è fatta proprio dal tipo stesso di pratica che ognuno di noi applica e mette in atto giornalmente. Chi è ancora legato alle cose di questo mondo, compreso anche il proprio destino, la propria felicità, deve almeno riconoscere la sua posizione e, se realmente vuole passare nel novero di chi si sta sforzando di far finire questa sua esperienza ‘samsarica’, con la determinazione di non voler più alimentare questo ‘oceano di sofferenza’ attraverso una serie infinita di rinascite, deve cominciare a guardare oltre il proprio naso e mettere a tacere la propria mente.

Infatti, finché questa mente ha libero sfogo di dettare opinioni, punti di vista, critiche e desideri, attrazioni e repulsioni, soprattutto senza che il proprietario se ne accorga, ciò significa che, qualunque strada, via o sentiero noi si stia percorrendo, siamo purtroppo ineluttabilmente solamente su una strada, via o sentiero del cosiddetto ‘primo tipo’. Cioè, quello che finisce con la nostra mente, quello che finisce con la nostra vita. E, inderogabilmente, quando poi torneremo in questo ‘samsara’, in una o un’altra forma di manifestazione, la nostra mente dovrà ricominciare tutto da capo. Perché, così come ogni notte la nostra mente fa un sogno sempre diverso, non importa cosa è successo o che cosa siamo diventati nel sogno, così in ogni vita, la nostra mente ricomincerà il suo sogno illusorio e dovrà quindi continuare a vedere il mondo, le persone e gli scenari di quella data esperienza di sogno. E finché questo non sarà realmente ‘compreso’, colui che sogna crederà ciecamente e senza dubbi al suo sogno.

Non vi sembra, allora, che questo è proprio ciò che accade qui in questo mondo?