DUE SUTRA DELLA SAGGEZZA BUDDHISTA –

(Tratti da http://www.sacred-texts.com/Buddhism/Zen

Basati sulla Traduzione di William Gemmell e Max Muller.

(Tradotti in Italiano da Aliberth Meng.)

 

IL SUTRA DEL DIAMANTE

(Vajracchedika Sutra) (Basato sulla Traduzione di William Gemmell)  

Prefazione 

      Questa versione è basata sulla traduzione inglese di William Gemmell, della traduzione Cinese fatta da Kumarajiva e pubblicata da Kegan Paul nel 1912. Non è una traduzione esatta del testo Cinese ma in una certa misura, è interpretata; però è molto ben fatta e per lo scopo presente sembra più appropriata di quella più dotta di Max Muller, che fu fatta direttamente dal testo originale Sanskrito. 

Di questo Sutra, non si conoscono bene né l’autore né la data della sua composizione, ma si crede che fu scritto all'inizio dell'era cristiana. È la nona sezione di un più grande trattato che è intitolato: Mahaprajnaparamita Sutra, e che comprende anche il successivo Sutra del Cuore (Hrydaya Sutra). È una lettura difficile e molto metafisica, ma è stato sempre assai valutato da studiosi buddhisti. Apparentemente, il testo era già più o meno confuso assai prima che fossero fatte le traduzioni Cinesi, così che nella sua forma attuale non c’è una progressiva spiegazione del tema. La Verità è là, ma lo studioso deve tirarla fuori. In questa versione, il traduttore interpreta che il tema sia: L'osservanza delle Sei Paramita alla luce del fondamentale Dharma di vacuità e assenda dell’ego. Mantenendo in mente questo, il Sutra è stato riordinato e diviso in sezioni ed è stato liberamente interpretato. Per rendere il suo insegnamento chiaro ed enfatico, sono state messe citazioni dal Sutra ‘Il Risveglio Della Fede’ per offrire definizioni delle Paramita che sono state inserite a capo di ogni sezione. 

Come già spiegato nella Prefazione all’Auto-Realizzazione della Nobile Saggezza, questo Sutra fu grandemente usato dai fondatori della Setta Chan in concomitanza con il LANKAVATARA, ma a causa delle maggiori difficoltà del secondo, il primo gradualmente lo soppiantò, e dopo il decimo secolo fu pressocché usato esclusivamente come il suo principale Sutra. Il suo insegnamento principale è che tutte le cose fenomeniche e le idee definitive sono soggettive, e sono anche la manifestazione della propria mente. Inoltre, siccome esso dichiara che perfino le Scritture sono "vuote", in questo modo spiega fortemente i caratteristici dogmi della Setta Zen: 
 

"Una trasmissione speciale aldifuori delle Scritture; 

Con nessuna dipendenza su parole e lettere; 

Puntare direttamente alla propria coscienza più profonda; 

Vedere nella propria natura e conseguire la Buddhità." 
 

Il Sutra insegna, secondo Max Muller, che "In contraddizione ai fenomeni fallaci c'è la reale essenza della mente. E sotto ai fenomeni della mente, c'è un principio immutabile". E questo è vero, ma il Sutra insegna anche che tutti i buoni discepoli dovrebbero praticare le Paramita, alla luce di quel principio immutabile. 

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IL SUTRA DEL DIAMANTE 

    “COSÌ IO HO UDITO. In una memorabile occasione, il Signore Buddha stava soggiornando nel regno di Shravasti, e dimorava nel boschetto di Jeta, un parco all'interno del dominio reale, che lo stesso Jeta, presumibile erede, aveva donato a Sudana, un ministro governativo noto per le sue carità e beneficenze. Insieme al Signore Buddha c’erano radunati milleduecentocinquanta monaci discepoli mendicanti, ed inoltre molti altri che avevano raggiunto livelli eminenti di saggezza spirituale. 

Allorché l'ora per il pasto mattutino si avvicinò, il Signore Buddha indossò una veste da mendicante e portando una ciotola per le elemosine, si incamminò verso la grande città di Shravasti, in cui entrò per elemosinare il cibo. All'interno della città andò da porta a porta e ricevette quei doni che le buone persone gli offrirono individualmente. Concludendo questo esercizio religioso, il Signore Buddha ritornò al boschetto di Jeta e dopo essersi lavato i suoi sacri piedi partecipò al frugale pasto che lui aveva ricevuto in elemosina. Quindi poi si tolse il mantello da mendicante, mise da parte la ciotola per le elemosine ed accettò il posto d’onore che i suoi discepoli avevano riservato per lui. 

Il venerabile Subhuti, che occupava un posto nel mezzo dell’assemblea si alzò dal suo posto, sistemò la sua veste così da lasciar scoperta la sua spalla destra, e unendo insieme i palmi delle sue mani, si inginocchiò sul suo ginocchio destro, rispettosamente si inchinò al Signore Buddha dicendo: "Tu sei di trascendente saggezza, o Onorato dal Mondo! Con meravigliosa sollecitudine tu istruisci nel Dharma e preservi nella fede questa illustre assemblea di discepoli illuminati. O Beato, io ti imploro di parlarci sul tema: ‘Come dovrebbe comportarsi un discepolo che è entrato sul Sentiero? Come dovrebbe avanzare? Come dovrebbe frenare i suoi pensieri? Come può realizzare lo Stato di Buddha? Quale Verità Immutabile è quella che sosterrà la mente di un buon discepolo che sta cercando di ottenere la suprema saggezza spirituale e sarà in grado di soggiogare ogni desiderio smodato?" 

Il Signore Buddha rispose a Subhuti, così dicendo: "Davvero un tema eccellente. Siate diligentemente a me vicini ed io enuncerò una Verità in cui la mente di un buon discepolo, sia uomo che donna, cercando di raggiungere la suprema saggezza spirituale, sarà adeguatamente sostenuto e abilitato per soggiogare ogni desiderio smodato. 

"Subhuti, è con la Verità della Vacuità e dell’assenza di ego che i discepoli illuminati avanzeranno lungo il Sentiero, freneranno i loro pensieri, e otterranno lo Stato di Budda. Se essi diligentemente osserveranno le Paramita, e realizzeranno completamente la profonda Prajna Paramita, otterranno la suprema saggezza spirituale che loro cercano." 

 

DANA PARAMITA--LA CARITÀ IDEALE 

"Subhuti, i buoni discepoli, sia uomini che donne, così dovrebbero sistemare i loro pensieri. Ogni specie di vita, sia covata in un uovo, formata in un utero, generata da umidità e calore, o prodotta da metamorfosi, con o senza forma, in possesso o priva di istinto naturale o intelligenza,-- da queste mutevoli condizioni dell’essere, io la esorto a cercare la liberazione nel trascendentale concetto di Nirvana. Così i discepoli saranno liberati dall'incommensurabile, incalcolabile, infinito ed illimitato mondo della vita senziente; anche se, in realtà, non c’è nessun mondo della vita senziente da cui cercare liberazione. E perché? Perché, nelle menti dei discepoli illuminati hanno cessato di esistere tali concetti arbitrari di fenomeni che siano un'entità, un essere, un essere vivente, una personalità." 

(Subhuti, riguardo al Dana Paramita--la Carità Ideale, il Sutra del Risveglio della Fede insegna come i discepoli dovrebbero praticare la carità. Esso dice: "Se le persone dovessero venire da loro a chiedere qualcosa, essi dovrebbero comportarsi così come i loro mezzi lo permettono, provvedendo con generosità e così farle felici. Se vedono persone minacciate da pericoli, essi dovrebbero provare con ogni mezzo a liberarli e riportarli ad un sentimento di sicurezza. Inoltre, se le persone vengono da essi desiderando istruzione nel Dharma, essi devono, per quanto possano conoscerle e secondo la loro discrezione, rilasciare discorsi su temi religiosi. E mentre stanno compiendo questi atti di carità, essi non dovrebbero avere desiderio per la fama o vantaggio, né desiderare alcuna ricompensa terrena. Pensando solamente ai benefici e alle benedizioni che saranno mutuamente condivisi, essi potranno aspirare alla più eccellente, la più perfetta saggezza".) 

Il Signore Buddha riassunse: "Inoltre Subhuti, un discepolo illuminato nei suoi atti di carità, dovrebbe agire spontaneamente, non-influenzato da cose come la forma, il suono, il gusto, l’odore, il contatto, il favoritismo e la discriminazione. È imperativo che un discepolo illuminato, nell'esercizio della carità, dovrebbe agire indipendente dai fenomeni. E perché? Perché egli agendo senza avere riguardo delle illusorie forme dei fenomeni, realizzerà nell'esercizio della carità un inestimabile ed incommensurabile merito. 

"Subhuti, cosa pensi? È possibile valutare le distanze comprendenti l'illimitato spazio dell’universo?" 

Subhuti rispose: "O Beato! È impossibile valutare le distanze che comprendono l'illimitato spazio dell’ universo". 

Il Signore Buddha continuò: "Allo stesso modo, è ugualmente impossibile valutare il merito di un discepolo illuminato che pratica la carità, imperturbabile alle influenze disturbanti dei fenomeni. Subhuti, le menti di tutti i discepoli dovrebbero essere istruite così". 

 

SILA PARAMITA--COMPORTAMENTO IDEALE 

Il Signore Buddha si rivolse a Subhuti, dicendo: "Cosa pensi? Se una persona benevola desse in elemosine un'abbondante quantità dei sette tesori, sufficiente a riempire l'universo, quella persona là accumulerebbe un considerevole merito?" 

Subhuti rispose: "Un merito molto considerevole; o Onorato dal Mondo! Perché ciò a cui ti sei riferito non condivide la natura del merito ordinario; in quel senso, il Signore Buddha giustamente parla di 'un merito considerevole'. " 

Il Signore Buddha continuò: "Se un discepolo studia ed aderisce con implicita fede ad anche una sola stanza di questo Sutra, il merito intrinseco di tale discepolo può essere relativamente più grande. E perché? Perché tutti i Tathagata, che hanno avuto la suprema saggezza spirituale, devono il loro avvio alla Verità di questo sacro Sutra - La Verità della Vacuità e dell’Assenza di Ego". 

(Riguardo al Sila Paramita - il Comportamento Ideale-- il Sutra dice: "I membri laici dovrebbero astenersi da ogni scortesia, furto, impudicizia, menzogna, duplicità, calunnia, discorso frivolo, bramosia, malevolenza, favore interessato e falsi insegnamenti. I discepoli, per far cessare qualunque pregiudizio, dovrebbero ritrarsi dall'eccitazione della vita mondana e, vivendo in solitudine, praticare quegli atti che portano al distacco ed al contentarsi. Nel caso di bhikshu avanzati, essi hanno altre regole da seguire e dovrebbero tutti sentire più vergogna, paura e rimorso per qualunque carenza nell’osservare i precetti minori. Osservando severamente tutti i precetti dati dal Tathagata, essi dovrebbero, con il loro esempio, sforzarsi di incitare tutti gli esseri ad abbandonare il male e praticare il bene".) 

"Cosa pensi, Subhuti? Se un discepolo, che sia uomo o donna, stesse raccogliendo un mucchio di gemme preziose, grande come questo universo, e stesse per donarlo ai santi Tathagata, starebbe accumulando quel discepolo in forza del suo regalo una grande scorta di merito?" 

Subhuti rispose: "Sì, o Beato, egli accumulerebbe un merito molto grande". 

Il Signore Buddha continuò: "Subhuti, se un altro discepolo, dopo aver letto anche un solo verso di questo Sutra l'avesse osservato vivendo una buona vita, egli accumulerà un merito ancor più grande di quello che fa solo doni di carità, e però continua la sua vita egoistica. E perché? Perché, il fare doni può o meno comportare un avanzamento lungo il Sentiero che conduce al Nirvana, ma questo Sutra indica la Via agli Stadi del Bodhisattva ed alla suprema Illuminazione spirituale dei Buddha. Quel discepolo che legge sinceramente questo Sacro Sutra, e vive una vita virtuosa, sta accumulando un merito incommensurabile. Ma, Subhuti, che cos’è una vita virtuosa, perfino la vita di un Buddha? Non c’è nessuna cosa così, essa è solamente un nome. 

"Subhuti, supponi che un uomo avesse un corpo grande come il Monte Sumeru, sarebbe considerato un uomo grande?" 

Subhuti rispose: "Molto, molto grande, o Onorato dal Mondo!" 

Il Signore Buddha riprese: "E la sua mente e il cuore sarebbero grandi in corrispondenza, o Subhuti? Cos’è che fa un uomo grande? È la taglia del suo corpo? È la sua insolita personalità? È il lavoro che lui realizza? O è la saggezza, la compassione e l'abnegazione del suo comportamento? Subhuti, cos’è il comportamento? Non c'è nessuna tale cosa; è solo qualcosa che la mente immagina, proprio come il corpo e la personalità; è solamente un nome. 

Poi il Signore Buddha continuò: "Ciononostante, se un buon discepolo, uomo o donna, studia questo Sutra e con tutto il pensiero osserva anche un solo verso di esso, il suo merito sarà molto grande. Quali parole possono esprimere il merito di un discepolo che, vivendo con distacco e gentilezza, diligentemente studia e l'osserva! Tale discepolo può raggiungere i poteri commisurati con il supremo e più meraviglioso Dharma. Ovunque vi sia l'eremitaggio di tale buon discepolo, là c’è la casa-tesoro di questo sacro Sutra; è un sacrario del Signore Buddha; e sopra di esso volteggeranno innumerevoli Bodhisattva di massima riverenza ed onore." 

 

KSHANTI PARAMITA-- PAZIENZA IDEALE 

In quel momento, il Signore Buddha si rivolse a Subhuti, dicendo: "Se un buon discepolo, sia uomo o donna, dedito all'osservanza e studio di questo Sutra, viene per questo motivo stimato leggermente o addirittura disprezzato, ciò è perché in una vita precedente egli aveva commesso qualche angosciosa trasgressione, seguita ora dalla sua inesorabile punizione. Ma, anche se poco stimato o disprezzato in questa vita, lui lo sopporta pazientemente, il merito ricompensatore così acquisito causerà che la trasgressione di una vita precedente sarà pienamente espiata, e così poi il paziente discepolo sarà adeguatamente ricompensato dal suo conseguimento finale della suprema illuminazione spirituale." 

(Riguardo a questo Kshanti Paramita-- Pazienza Ideale-- nel Sutra è detto: "Se i discepoli incontrano nella loro vita problemi e mali, non dovrebbero evitarli. Se soffrono di esperienze dolorose, loro non dovrebbero sentirsi afflitti o trattati ingiustamente, ma dovrebbero allietarsi nel ricordo e contemplare sempre il significato profondo del Dharma.') 

Il Signore Buddha continuò: "Innumerevoli eoni fa, Subhuti, prima dell'avvento di Dipankara Buddha, c'erano molti altri Buddha ed io ricordo le mie difficili esperienze mentre li servivo ricevendo la loro istruzione religiosa e disciplina, ma io la sopportai pazientemente e, poiché la mia condotta fu del tutto irreprensibile e senza rimprovero, io rinacqui nei giorni di Dipankara Buddha. Ma nei secoli a venire, se un discepolo fedelmente studia e mette in pratica l'insegnamento di questo Sacro Sutra, il merito che lui così acquisirà, eccederà di molto il merito del mio servizio fatto ai tempi di quei molti Buddha. 

"In una vita precedente, Subhuti, quando il Principe di Kalinga mi tagliò la carne dai miei fianchi e dal mio corpo, grazie alla disciplina a cui fui sottoposto in passato, io rimasi paziente, io fui dimentico di idee come i fenomeni, un'entità, una persona, un essere vivente, una personalità. Se non fossi stato dimentico di tali idee, quando il mio corpo e le mie membra furono lacerati, si sarebbero originati nella mia mente sentimenti di rabbia e di risentimento. Ricordo, cinquecento incarnazioni fa, che io stavo praticando questo Kshanti Paramita e, grazie ad esso, io mi liberai di tali arbitrarie idee. Perciò, Subhuti, un vero discepolo illuminato dovrebbe eliminare ogni forma concepibile di fenomeni ostacolanti, come se fossero irreali ed illusori. 

Subhuti, nell'aspirare alla suprema saggezza spirituale, la mente dovrebbe essere insensibile ad ogni influenza sensoriale, ed essere indipendente da tutto ciò che concerne la forma, il suono, odore, gusto, tatto, qualunque discriminazione. Dovrebbe essere coltivata una condizione di completa indipendenza mentale; perché, se la mente sta dipendendo da qualche cosa esterna, essa sta teneramente covando un’illusione; in realtà, non c’è proprio nulla di esterno alla mente. Perfino l’intero reame della vita senziente è effimero ed illusorio. Nell'esercizio di questo Paramita, la mente di un discepolo illuminato dovrebbe perciò, essere imperturbata da qualsiasi forma di fenomeni." 

Il Signore Buddha si rivolse a Subhuti, dicendo: "Se nell'esercizio di questo Kshanti Paramita un discepolo illuminato fosse paziente di fronte alle difficoltà esterne e fermamente studiasse ed osservasse questo sacro Sutra; ed un altro discepolo, realizzando che nel suo significato e vero senso, non potrebbe esservi alcuna astratta esistenza individuale - nessuna sofferenza, nessuno che soffra, nessuno che ottenga la suprema illuminazione spirituale - eppure pazientemente lo accetta e continua a perfezionarsi nella sua virtù, questo discepolo avrà un merito cumulativo più grande del primo. E perché? Perché, lui è non soggetto ad influssi da alcuna considerazione di merito o ricompensa." 

Subhuti domandò al Signore Buddha: "Rispetto a cosa, i discepoli illuminati non sono soggetti ad influssi di merito o ricompensa?" 

Il Signore Buddha rispose: "I discepoli illuminati, avendo accettato pazientemente la verità dell’ assenza di ego, non aspirano alla suprema illuminazione con uno spirito di bramosia o volontà di acquisizione; essi non pensano mai al merito ed alla sua commisurata ricompensa. Ma grazie alla sua perfetta saggezza, il Tathagata conosce la loro pazienza e sa che per loro vi è riservato un merito cumulativo che è incommensurabile ed illimitato." 

 

VIRYA PARAMITA--ZELO IDEALE 

Il Signore Buddha disse a Subhuti: "Se un buon discepolo ammucchiasse insieme, all'interno di questo universo, i sette tesori fino a formare molte elevazioni alte come il Monte Sumeru, e desse completamente questi tesori al Tathagata come dono nel suo esercizio della carità; ed un altro discepolo sacrificasse la sua vita, tante volte quante sono i granelli di sabbia nel fiume Gange, tali discepoli accumulerebbero grande merito, Subhuti?" 

Subhuti rispose: "Si, essi accumulerebbero davvero grande merito, o Beato". 

Il Signore Buddha continuò: "Però, se un buon discepolo potesse selezionare un singolo verso di questo sacro Sutra, lo studiasse e lo osservasse fedelmente, e poi con molto zelo lo spiegasse agli altri, egli accumulerebbe relativamente un merito ancora più grande." 

(Riguardo a questo Virya Paramita-- Zelo Ideale - il Sutra dice: "Nella pratica di tutti i buoni atti, i discepoli non dovrebbero mai indulgere nell’indolenza. Essi dovrebbero ricordare tutte le loro grandi sofferenze mentali e fisiche che in passato hanno subito a causa dell’avere desiderato gli oggetti e i conforti mondani durante le loro esistenze precedenti, e che non diedero la minima soddisfazione alle loro vite fisiche. Essi, perciò, per essere emancipati da queste sofferenze nel futuro, devono essere infaticabilmente zelanti e mai lasciare che il pensiero dell'indolenza sorga nelle loro menti; ma con profonda compassione devono cercare fermamente ed insistentemente di beneficiare tutti gli esseri. Essi impavidamente, energicamente, costantemente, di giorno e di notte, devono rendere ossequio a tutti i Buddha, fare loro offerte, lodarli, pentirsi e confessarsi ad essi, aspirare alla più eccellente conoscenza, e fare sinceri voti di servizio altruistico. È solo con questo, che essi potranno mettere radici, oltre gli ostacoli, e far maturare il loro merito".) 

"Subhuti, se un discepolo prende piacere in una ristretta ed esclusiva forma di dottrina, o è attaccato a false idee, come un'entità, un essere, un essere vivente, una personalità, egli non può ricevere con profitto l'istruzione di questo sacro Sutra, né può trovare delizia nel suo studio. Questo Sutra è inteso per quelli che sono entrati sul Sentiero, come pure per quelli che stanno per raggiungere i piani più alti della saggezza spirituale. Se un discepolo l’osserva zelantemente, lo studia ed estesamente dissemina la conoscenza di questo Sutra, per costui vi sarà un merito cumulativo, incommensurabile, incomparabile, illimitato, inconcepibile. Tutti questi discepoli, saranno dotati di saggezza spirituale trascendente e illuminazione." 

Il Signore Buddha continuò: "Cosa ne pensi, Subhuti? Può un discepolo illuminato ponderare all'interno di "né, dicendo, 'Io creerò numerosi Regni buddhisti?'" 

Subhuti rispose: "No, Onorato dal Mondo! Perché? Perché, tali pensieri di grandezza sarebbero incompatibili col Virya Paramita, e regni così immaginati, in realtà, non sarebbero certo Regni buddhisti. Una frase come 'la creazione di Regni buddhisti', è soltanto un futile modo di dire." 

Il Signore Buddha continuò: "Cosa pensi, Subhuti? Puoi immaginare che il Tathagata dentro di sé rifletta, 'Io porterò tutti gli esseri alla salvezza’? Non intrattenere pensieri così ingannevoli. E perché? Perché, in realtà, non c'è nessun tale dharma come 'la salvezza' per qualcuno; e non c'è nessuna tale cosa come un essere vivente che può essere portato alla 'salvezza'. Quello che è riferito come un'entità, un essere, un essere vivente, una personalità, in realtà, non è così – solo le persone ignoranti e senza istruzione capiscono così". 

Il Signore Buddha domandò a Subhuti: "Può un discepolo che è 'entrato nel flusso' che porta al Nirvana, moralizzare così all'interno di "né: ‘Io ho raggiunto il commisurato frutto dei meriti di uno che è 'entrato nel flusso'?" 

Subhuti rispose: "No, Onorato dal Mondo! E perché? Perché, la frase 'entrato nel flusso' è semplicemente un termine descrittivo. Un discepolo che evita le seduzioni di forma, suono, odore, gusto, tatto, e le sue discriminazioni, è soltanto chiamato, 'uno che è entrato nel flusso'." 

Il Signore Buddha di nuovo interrogò Subhuti, dicendo: "Cosa pensi? Un bhikshu che è soggetto soltanto ad una sola reincarnazione, riflette dentro di sé, 'Io ho ottenuto il frutto in conformità dei meriti di "uno che ritorna una volta sola"?

Subhuti rispose: "No, Onorato dal Mondo! E perché? Perché, 'uno che ritorna una volta sola' è soltanto un titolo descrittivo che denota solamente una sola reincarnazione; ma, in realtà, non c'è nessuna tale condizione come 'una sola reincarnazione'. 'Uno che ritorna una volta sola' è soltanto un titolo descrittivo." 

Il Signore Buddha interrogò ancora Subhuti: "Cosa pensi? Può un bhikshu che ha raggiunto un così alto grado di merito spirituale da non farlo più essere reincarnato, riflettere dentro di sé così, ‘Io ho ottenuto il frutto che si accorda coi meriti di uno che non potrà più ritornare in questo mondo di vita-e-morte?"

Subhuti rispose: "No, Onorato dal Mondo! E perché? Perché, 'uno che più non ritorna' è soltanto una designazione, che significa 'immunità dalla reincarnazione'; ma, in realtà, non c'è nessuna tale condizione, quindi 'uno che più non ritorna' è soltanto un nome di convenienza." 

Il Signore Buddha ancora di nuovo interrogò Subhuti: "Cosa pensi? Può un Bodhisattva che ha così raggiunto l’assoluta tranquillità di mente, meditare all'interno di sé: ‘Io ho ottenuto lo stato di un Arhat?"

Subhuti rispose: "No, Onorato dal Mondo! E perché? Perché, in realtà, non c'è nessuno tale stato o condizione, sinonimo col termine Arhat. Se un Arhat medita così dentro di sé, 'Io ho ottenuto la condizione di un Arhat', nella sua mente ci sarebbe l'ovvio accadimento di concetti così arbitrari, come un'entità, un essere, un essere vivente, una personalità. Quando il Beato mi ha dichiarato che nella tranquillità di mente, l'osservanza del Dharma e percezione spirituale, io ero preminente fra i discepoli, io non pensai dentro di me: 'Io sono libero dal desiderio, io sono un Arhat.' Se io avessi pensato così, il Beato non avrebbe dichiarato riguardo a me: 'Subhuti si diletta nell’austerità di un Arhat.' Fu perché io ero perfettamente tranquillo e dimentico di tutte le condizioni, che il Signore Buddha ha dichiarato: 'Subhuti pratica le austerità degli Arhats'." 

Il Signore Buddha aggiunse: "Giusto e vero, Subhuti! I discepoli illuminati nell'esercizio del Virya Paramita dovrebbero mantenere al loro interno una pura e singola mente; dovrebbero essere inconsapevoli delle condizioni sensoriali e coltivare una mente che sia indipendente da tutte le circostanze materiali. E perché? Perché, tutte le condizioni sensuose e le circostanze materiali sono solamente manifestazioni della mente, e sono immaginarie e simili ad un sogno. 

"Subhuti, un vero Bodhisattva dovrebbe avere un cuore pieno di compassione per ogni essere senziente, ma se dovesse pensare all'interno della sua mente: 'Io libererò tutti gli esseri', egli  non dovrebbe essere chiamato un Bodhisattva. E perché? Perché, in primo luogo, se non c'è nessun essere vivente, nessuna personalità, allora non c'è nessuno che possa essere chiamato Bodhisattva. E, in secondo luogo, perché il Tathagata ha dichiarato,: 'Tutti gli esseri sono senza un’sé’, senza vita, senza personalità.' Chi è che sarà liberato, quindi? 

"Se un Bodhisattva dicesse: 'Io creerò molte terre-di-Buddha', egli direbbe qualcosa che è falso. E perché?, Perché l'idea di una terra-di-Buddha è totalmente immaginaria, è solamente un mero nome. Ma, o Subhuti, il Bodhisattva che crede che tutte le cose siano senza un ‘sé’, e però ha compassione e fede, egli è davvero un Bodhisattva nobile e ben-disposto, ed è così considerato dagli onniscienti Tathagata." 

 

DHYANA PARAMITA-- CALMA MEDITATIVA IDEALE

Subhuti interrogò il Signore Buddha, dicendo: "Onorato dal Mondo! Nei secoli futuri, quando questo sacro Sutra sarà proclamato fra quegli esseri destinati ad udirlo, concepiranno alcuni di essi all'interno delle loro menti una sincera e impareggiabile fede?" 

Il Signore Buddha rispose: "Non avere un pensiero così apprensivo. Anche nel remoto periodo successivo di cinque secoli al Nirvana del Tathagata, saranno molti i discepoli che osserveranno i voti monastici e si dedicheranno assiduamente alle opere buone. Questi, nell’udire proclamato questo sacro Sutra crederanno nella sua immutabilità e concepiranno all'interno delle loro menti una pura e sincera fede. Inoltre, è importante comprendere che la fede così concepita, non è esclusivamente in virtù del pensiero individuale di qualche particolare Buddha, ma grazie alla loro affiliazione col pensiero universale di tutti gli innumerevoli Buddha di tutti gli infiniti secoli. Perciò, fra gli esseri destinati a sentire proclamato questo Sutra con il Dhyana Paramita, molti concepiranno intuitivamente una fede pura e santa. 

"Subhuti, il Tathagata grazie alla sua divinazione, è perfettamente cosciente di tutti i potenziali discepoli, così per questi vi è anche riservato un incommensurabile merito. E perché? Perché, le menti di questi, non regrediranno ai concetti arbitrari di fenomeni, come un'entità, un essere, un essere vivente, una personalità, che abbiano qualità e idee coincidenti col Dharma, o che esistano separatamente dai principi del Dharma. E perché? Perché, presumendo la permanenza e la realtà dei fenomeni, le menti di questi discepoli sarebbero coinvolte in idee così distintive, come un'entità, un essere, un essere vivente, una personalità. Affermando la permanenza e la realtà di qualità o idee coincidenti col Dharma, le loro menti sarebbero coinvolte inevitabilmente nel dover chiarire queste stesse definizioni. Postulando la natura inviolata di qualità o idee che abbiano un'esistenza separatamente dal Dharma, resterebbe però da dover essere spiegate queste astruse distinzioni --un'entità, un essere, un essere vivente, una personalità. Perciò, i discepoli illuminati non dovrebbero affermare la permanenza o la realtà di qualità o idee coincidenti col Dharma, né postulare che, essendo di una natura inviolata, queste qualità e idee abbiano un'esistenza separatamente dal concetto del Dharma. 

"Così, i discepoli illuminati sono resi abili di apprezzare il significato delle parole, che i Tathagata invariabilmente ripetono loro, come segue: 'I discepoli devono comprendere che il Dharma è presentato alle loro menti nella similitudine di una zattera'. Se il Dharma--avendo adempiuto alla sua funzione nel portarvi all'altra sponda - deve essere abbandonato insieme con tutte le sue qualità e idee coincidenti, quanto più inevitabile deve essere l'abbandono di qualità e idee che abbiano un'esistenza separatamente dal Dharma?" 

Il Signore Buddha continuò: "Se un discepolo avesse un ammontare di oro sufficiente a riempire l'illimitato universo e lo desse al Tathagata nel suo esercizio di carità, e se un altro discepolo, avendo aspirato alla suprema saggezza spirituale, selezionasse anche solo una stanza di quattro righe da questo sacro Sutra, lo studiasse e l'osservasse diligentemente e con zelo lo spiegasse ad altri, il merito cumulativo di tale discepolo sarebbe relativamente ancora più grande del merito del primo. Ma, Subhuti, l'atteggiamento della sua mente con cui egli lo spiegasse è molto importante. Il Sutra dovrebbe essere spiegato con una mente piena di compassione, ma libera da qualsiasi assunto riguardo alla realtà di un'entità, un essere, un essere vivente, una persona, o quanto alla permanenza o alla realtà dei fenomeni terreni, o alla validità di idee riguardo ad essi. E perché? Perché i fenomeni della vita sono come un sogno, una fantasmagorìa, una bolla, un'ombra, come la rugiada che brilla, come il bagliore di un lampo; in questo modo essi devono essere contemplati da un discepolo illuminato. La sua mente deve rimanere sempre nella beati-tudine della tranquillità che invariabilmente accompagna la pratica del Dhyana Paramita." 

(Riguardo al Dhyana Paramita—Ideale Calma Meditativa-- il Sutra dice: "Il principiante dovrebbe considerare e praticare il Dhyana in due aspetti: come cessazione delle attività intellettuali della mente, e come realizzazione dell’insight intuitivo. Portare tutti gli stati mentali che producono pensieri vaganti ad uno stato che è chiamato ‘nirodha’ (cessazione). L’insight intuitivo è il capire adeguatamente la vacuità e il transitorio, e l’assenza di un ego (o sé) in tutte le cose. All’inizio, ciascuno di essi dovrebbe essere praticato dal principiante in maniera separata, ma quando, per gradi, lui raggiunge la familiarità e, alla fine, la perfezione, i due aspetti spontaneamente e naturalmente si mescoleranno in un perfetto stato di tranquillità mentale. Quelli che praticano il Dhyana dovrebbero indulgere nella solitudine e, sedendo eretti, dovrebbero rimanere immobili, cercando di acquietare la mente. Non si fissino i pensieri su una qualche cosa definita che si è sentito, o che si è discriminato o memorizzato; ogni particolarizzazione, tutte le immaginazioni, tutti i ricordi, dovranno essere esclusi, perché tutte le cose sono non-create, prive di qualunque attributo, e sempre in mutamento. In ogni pensiero, qualcosa precede ciò che è stato svegliato da stimoli esterni, così nel Dhyana, uno dovrebbe cercare di abbandonare tutte le nozioni connesse con un mondo esterno. Poi, nel pensare, qualcosa segue ciò che è stato elaborato nella sua stessa mente; quindi lui dovrebbe cercare di abbandonare il pensare. Poiché la sua attenzione è distratta dal mondo esterno, lui è avvertito di rivolgersi alla sua coscienza interna, intuitiva. Se il processo di mentation comincia di nuovo, lui è avvertito di non lasciare che la sua mente diventi attaccata a qualunque cosa, perché indipendentemente dalla mente, tutte le cose non hanno esistenza. Il Dhyana non è affato da doversi confinare solo al sedersi in meditazione; la mente dovrebbe sempre essere concentrata, sia sedendo, stando in piedi, muovendosi, o lavorando; uno dovrebbe disciplinarsi continuamente a quel fine. Gradualmente entrando nello stato di Samadhi, si trascenderanno tutti gli ostacoli e si fortificherà la fede, una fede che sarà divenuta immobile".) 

Il Signore Buddha parlò ancora a Subhuti, dicendo: "Cosa pensi, Subhuti, sono molto numerosi gli atomi di polvere che ci sono negli innumerevoli mondi che comprendono l'universo?" 

Subhuti rispose: "Molto numerosi, davvero, o Beato". 

Il Signore Buddha continuò: "Subhuti, questi atomi di polvere per quanti essi siano, non sono in realtà 'atomi di polvere', essi sono soltanto chiamati così. Inoltre, questi 'mondi innumerevoli' non sono realmente mondi, essi sono soltanto chiamati così a causa dell'ignoranza. 

"Subhuti, se un buon discepolo prendesse questi mondi infiniti e li riducesse in particelle molto minute di polvere e li facesse volare via nello spazio, esisterebbe la così definita 'cessazione di infiniti mondi?'." 

Subhuti rispose: "Il Beato ci ha già insegnato che 'innumerevoli mondi' è solamente un nome; e come ciò che è solamente un nome, può cessare di esistere?" 

Poi il Signore Buddha continuò: "Vero, Subhuti, ma se fosse altrimenti, e i mondi infiniti fossero una realtà, allora si starebbe asserendo l'unità e l’eternalità della materia, che ognuno conosce come simile al sogno, poiché essa è mutevole e transitoria. L’unità e l’eternalità della materia! In effetti, non c’è né materia, né unità, né eternalità - essi sono soltanto nomi. Credere nell' unità ed eternalità della materia è incomprensibile; solo le persone comuni con menti mondane, per ragioni puramente materialistiche, si aggrappano a quell'ipotesi. Discepoli illuminati devono completamente capire, Subhuti, che la vacuità e l’assenza di un ‘sé’ sono la caratteristica di ogni Verità. Il Dhyana Paramita può essere praticato con successo solamente da quel punto di vista". 

Poi il Signore Buddha continuò: "Se un discepolo affermasse che il Tathagata ha enunciato una dottrina in cui la mente potesse comprendere l'idea di un'entità, un essere, un essere vivente, una personalità, o altre discriminazioni, quel discepolo starebbe interpretando correttamente il significato di questo sacro Sutra?" 

Subhuti rispose: "No di certo, o Beato, quel discepolo non starebbe interpretando correttamente il significato dell’insegnamento del Signore Buddha. E perché? Perché quando il Beato parlò della credenza nella realtà di un'entità, un essere, un essere vivente, una personalità, è stato chiaramente dichiarato che non vi era nessuna di tali cose; che esse erano completamente irreali ed illusorie; che esse erano semplicemente soltanto parole." 

Il Signore Buddha continuò: "Subhuti, i discepoli che aspirano alla suprema saggezza spirituale devono così sapere, credere in, ed interpretare tutti i fenomeni. Essi dovrebbero eliminare dalle loro menti ogni evidenza apparente di oggetti concreti; dovrebbero eliminare dalle loro menti perfino la nozione di tali cose; e divenire dimentichi di ogni idea connessa con essi. E perché? Perché, fin quando essi continueranno a mantenere le idee riguardo ad un'entità, un essere, un essere vivente, una personalità, la loro mente rimarrà nella confusione. Essi devono divenire dimentichi perfino dell'idea che vi sia qualcuno che può divenire dimentico dell'idea sulla vita senziente. Se uno stesse pensando all'interno della sua mente, 'Io devo divenire dimentico di ogni idea sulla vita senziente', lui non potrebbe essere descritto come se fosse completamente illuminato. E perché? Perché, all'interno dei confini della realtà, non c’è nessuna tale cosa, nessuna entità, nessun essere, nessun essere vivente, nessuna personalità, nulla di qualunque cosa che possa essere discriminato, e perciò non ci può essere realtà nelle idee riguardo a ciò, perché tutte queste cose sono soltanto manifestazioni della stessa mente." 

Subhuti chiese ancora: "O Beato, potranno gli esseri senzienti destinati a sentire questo Dharma nei secoli a venire, risvegliare all'interno delle loro menti questi essenziali elementi della fede?" 

Il Signore Buddha rispose, sorridendo: "Subhuti, non si può asserire che c’è o vi sarà qualcuna di tali cose come gli esseri senzienti, né si può asserire che non ci saranno. Attualmente non ce n’è nessuno, perché essi sono soltanto chiamati 'esseri senzienti'. Ed in quanto a qualcuno che è salvato: come può esservi uno da trovare cercandolo, o sapere se lo si è mai trovato. Uno può ottenere l’auto-realizzazione della Prajna-Paramita senza trascendere la facoltà consapevole. Realizzare pienamente la vacuità, l’assenza di ego, l’assenza di immagine, con l'uso della mente discriminante è futile. È solamente praticando il Dhyana Paramita, identificando sé-stessi con la vacuità e l’assenza di ego, che la vacuità e l’assenza di ego si saranno realizzate. Nell'esercizio del Dhyana Paramita, se la mente del discepolo illuminato non è indipendente da tutti quanti i fenomeni, lui è come una persona persa nell’oscurità impenetrabile, in cui non si vede nulla, ed è egli stesso totalmente indifeso. Ma un discepolo illuminato che pratica il Paramita con una mente indipendente da ogni fenomeno, è come una persona a cui il potere della visione è improvvisamente ripristinato, e vede ogni cosa come nella gloria della luce del pieno sole." 

Il Signore Buddha disse:         

"Non per mezzo di forma visibile, 

Né per mezzo di un suono udibile, 

Il Buddha dovrà essere percepito; 

Solo nella solitudine e purezza del Dhyana 

Si potrà realizzare la beatitudine di Buddha." 

 

PRAJNA PARAMITA--LA SAGGEZZA IDEALE 

Il Signore Buddha rivolgendosi a Subhuti, disse: "Cosa pensi? Quando in una vita precedente io ero un discepolo di Dipankara Buddha, alla fine divenni un Buddha grazie ad alcuni prescritti insegnamenti o sistema di dottrina?" 

Subhuti rispose: "No, o Beato. Quando il Signore Buddha era un discepolo di Dipankara Buddha né i prescritti insegnamenti né il sistema di dottrina furono a lui comunicati, perciò egli alla fine divenne un Buddha." 

Il Signore Buddha continuò, dicendo: "Nei miei discorsi, ho presentato io un sistema di dottrina che può essere specificamente formulata?" 

Subhuti rispose: "Poiché io capisco il significato dei discorsi del Beato, non c’è nessun sistema di dottrina che può essere stata specificamente formulata. E perché? Perché, ciò che il Beato fa intravedere in termini di Dharma è, in realtà, imperscrutabile ed inesprimibile. Poiché esso è un concetto puramente spirituale, non è consono col Dharma, né è sinonimo con qualsiasi cosa che sia separata dal Dharma; ma è esemplificato nella maniera in cui i santi Buddha e i Bodhisattva hanno considerato la intuitiva auto-realizzazione come la legge più alta delle loro menti e per cui essi hanno separatamente raggiunto i diversi livelli della saggezza spirituale." 

Il Signore Buddha rigirò queste parole, dicendo: "sì, è vero; Subhuti! E’ vero. Non c'è dharma per mezzo del quale il Buddha raggiunge la suprema saggezza spirituale. La saggezza viene ottenuta soltanto dall’auto-realizzazione attraverso la pratica del Dhyana Paramita. Se vi fossero stati tali Dharma, Dipankara non l’avrebbe profetizzato, quando io ero ancora un suo discepolo: 'Nei secoli futuri, figlio mio, tu diventerai Shakyamuni Buddha'. E perché? Perché nel concetto ‘Buddha’ ogni dharma è completamente ed intelligibilmente compreso. Come potrebbe esservi un Dharma, in cui potrebbe essere raggiunto quello stato onni-inclusivo? La suprema saggezza spirituale a cui giunsero i Buddha, nella sua essenza, non può essere definita come reale o irreale. Ciò che comunemente è chiamato il Buddha-Dharma è sinonimo di ogni dharma morale e spirituale. Subhuti, quelli che sono chiamati 'sistemi di dharma', incluso quindi anche il così definito Buddha-Dharma, in realtà non sono sistemi di dharma, essi sono solamente chiamati 'sistemi di dharma'. " 

(Riguardo al Prajna Paramita - la Saggezza Ideale – in realtà, non c'è realmente nessuna tale cosa. La Prajna Paramita trascende ogni ideazione, ogni conoscenza, ogni saggezza; È la Nobile Saggezza nella sua "quiddità" e la sua auto-natura è manifestata nel trikaya (triplice corpo di trasformazione)- del Tathagata.) 

Subhuti interrogò il Signore Buddha: "Il Signore Buddha, quando ottenne la suprema saggezza spirituale, poi non raggiunse niente di definito e tangibile?" 

Il Signore Buddha rispose: "Ottenendo la suprema saggezza spirituale, neppure un vestigio di dharma né di dottrina fu ottenuto, ecco perché essa è chiamata 'suprema saggezza spirituale'. La Prajna Paramita è universale, coerente, indivisibile; non sta né sopra né sotto; esclude tutte quelle idee arbitrarie come l'entità, l’essere, l’essere vivente, la personalità, discriminazione, ideazione; ma include ogni dharma che concerne alla coltivazione di saggezza e compassione. Ed anche questi due, quando sono definiti e pensati, in realtà, non sono 'dharma di saggezza e compassione'; essi sono solamente chiamati 'dharma di saggezza e compassione'. 

"Non pensare che i Tathagata considerino all'interno di sé: 'Io dovrei promulgare un sistema di Dharma'. Non avere alcun pensiero così irrilevante, Subhuti. E perché? perché così pensando, il discepolo metterebbe in mostra la sua ignoranza e diffamerebbe i Tathagata. In realtà, non c'è nessuno 'sistema di Dharma' da promulgare; esso è solamente chiamato 'sistema di Dharma'. 

"Cosa pensi, Subhuti? Il Tathagata può essere percepito dal suo perfetto corpo materiale, o da qualche fenomeno fisico?" 

Subhuti rispose: "È improbabile che il Signore Buddha possa essere percepito dal suo perfetto corpo materiale, o da qualche fenomeno fisico; perché, in realtà, non c'è nessuna tale cosa che sia un corpo materiale, né fenomeni fisici; essi sono solamente termini di uso comune". 

Poi il Signore Buddha disse: "Sai perché il Tathagata è così chiamato? Perché egli manifesta la natura essenziale della realtà. ‘Tathagata’ significa 'Colui che viene così', ma però non viene da nessun luogo. Egli simboleggia la vacuità delle qualità, l'assenza di ego, l'assenza di immagine, della realtà ultima. Simboleggia il non-nato, il non-originato, realmente eterno perché assoluto. Eppure, Subhuti, se qualcuno dovesse affermare che dal Tathagata è manifestata la Saggezza ultima, lui direbbe una falsità, lui mi calunnierebbe con la sua limitata conoscenza. Quello che è manifestato dal Tathagata, non è né la verità né la falsità: è il Nulla; e però è l'inconcepibile Unicità, perché è la Prajna Paramita, perché è la natura-essenza della Buddhità. 

"Subhuti, il livello del pensiero a cui giungono i Buddha e che manifestano i Tathagata, non può essere espresso in termini di realtà, o in termini di non-realtà. Le loro espressioni non sono né stravaganti né chimeriche; sono vere, credibili, immutabili, ma non possono essere espresse mai nei limiti delle parole e delle dottrine". 

Poi il Signore Buddha domandò a Subhuti: "I Tathagata possono essere riconosciuti dalle opere che essi fanno e dagli effetti che loro producono?" 

Subhuti rispose: "No, o Beato; un Buddha non sarà riconosciuto dalle sue opere, altrimenti un grande Re che conquista il mondo sarebbe un Buddha." 

Il Signore Buddha disse: "Proprio così, Subhuti. Non è con una grande mostra di erudizione, né con il costruire qualcosa, e né con la distruzione di una qualsiasi cosa, che il Tathagata sarà riconosciuto. È solamente all'interno della più profonda coscienza dei Bodhisattva, attraverso la auto-realizzazione del Prajna Paramita, che il Tathagata sarà realizzato. 

Il Signore Buddha continuò: "Cosa pensi, Subhuti? Il Tathagata possiede un occhio fisico?" Subhuti assentì, dicendo: "Il Beato possiede realmente un occhio fisico." 

"Cosa pensi, Subhuti? Il Tathagata possiede l'occhio dell’illuminazione?"

Subhuti assentì, dicendo: "Il Beato possiede veramente l'occhio dell’ illuminazione." 

"Cosa pensi, Subhuti? Il Tathagata possiede l'occhio della Saggezza?"

Subhuti assentì, dicendo: "Il Beato possiede veramente l'occhio della Saggezza." 

"Cosa pensi, Subhuti? Il Tathagata possiede l'occhio della Compassione?"

Subhuti assentì, dicendo: "Il Beato possiede veramente l’occhio-Buddha della Compassione." 

Il Signore Buddha continuò: "Se vi fossero tanti fiume Gange quanti sono i granelli di sabbia del fiume Gange, e se vi fossero tante terre-di-Buddha quanti sono i granelli di sabbia in tutti i fiumi innumerevoli, queste terre-di-Buddha sarebbero numerose?" 

Subhuti rispose: "Le terre-di-Buddha sono veramente innumerevoli". 

Il Signore Buddha continuò: "Subhuti, all'interno di questi innumerevoli mondi vi è ogni forma di vita senziente con tutte le loro svariate capacità mentali, le disposizioni, ed i temperamenti, e similmente tutto ciò è pienamente noto al Tathagata, ed i Tathagata sono pieni di compassione per loro. Ciononostante, ciò che è riferito come capacità mentali, disposizioni, e temperamenti, in realtà, non sono capacità mentali, disposizioni e temperamenti; essi sono soltanto chiamati così. Le tendenze e disposizioni della mente, i modi di pensiare, relativi al passato, presente o futuro, sono tutti similmente irreali ed illusori. 

"Così il Nobile Prajna Paramita dovrebbe essere spiegato. Così un giovane discepolo, sia uomo che donna, così il più alto Bodhisattva, dovrebbero capire e spiegare il Prajna Paramita. Tutto dovrebbe essere visto come solitudine, come assenza di ego, assenza di immagini; tutte le cose dovrebbero essere considerate come il cielo vuoto, come la luce del sole, come l'oscurità, come una fantasmagoria, come un sogno, come un bagliore del lampo, come una bolla d’acqua. Così dovrebbe essere concepito e spiegato il Prajna Paramita." 

Quindi, il venerabile Subhuti, sentendo l’esposizione del testo di questo sacro Sutra dal Signore Buddha e realizzandone il suo significato profondo, si commosse fino alle lacrime e, rivolgendosi al Signore Buddha, disse: "Tu invero sei la Saggezza Trascendente, o Beato! Nell'esporre così questo supremo sacro Sutra, tu hai superato qualunque altra esposizione data in precedenza. E’ senz’altro vero che tutte le cose e tutti i fenomeni e tutte le idee definitive sono transitorie, vuote, prive di un sé, senza reale immagine, e simili ad un sogno! Vi è solo il Prajna Paramita!" 

Il Signore Buddha, assentendo, disse: "Subhuti, nei secoli futuri, i discepoli destinati ad udire questo Sutra, eliminando ogni idea arbitraria, non divenendo perturbati dal loro estremo modo di pensare, né trascinati dalle loro forti sensazioni, non impauriti dalla realizzazione del loro nobile sentimento, che lo studieranno fedelmente e zelantemente, osservandone i suoi precetti, e pazientemente lo spiegheranno agli altri, i loro meriti intrinseci ecciteranno superlativi prodigi e lodi. Inoltre, nonappena essi otterranno la realizzazione di questo profondo Prajna Paramita tramite la pratica del Dhyana, loro alla fine diverranno completamente illuminati, totalmente compassionevoli – rivelando se stessi come Buddha." 

Subhuti domandò al Signore Buddha: "O Beato, con quale nome questo Sutra sarà conosciuto, così che noi si possa riguardarlo con riverenza?" 

Il Signore Buddha rispose: "Subhuti, questo Sutra sarà noto come Il Sutra del Diamante, perché, grazie alla sua Saggezza Trascendente ogni essere senziente arriverà all'altra sponda. Con questo nome voi lo riguarderete con riverenza, ricordando sempre che quello che è riferito come Saggezza Trascendentale è solamente un nome, - Infatti, il Prajna Paramita trascende ogni saggezza." 

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(II°)
  IL SUTRA DEL CUORE

della SAGGEZZA TRASCENDENTE

(Maha-Prajna-Paramita-hrdaya-Sutra)

(Basato sulla Traduzione di Max Muller, e tradotto da Aliberth Meng) 

Prefazione 

Questo Sutra, col titolo di MAHA-PRAJNA-PARAMITA-HRIDAYA formò un'altra sezione del grande Maha-Prajna-Paramita Sutra. È il più corto di tutti i grandi Sutra, e in base a questo era facilmente memorizzato dai monaci buddhisti e recitato come parte del rituale quotidiano, spesso molte volte al giorno. Non deve meravigliare il fatto che il suo insegnamento della "vacuità" entrò nelle abitudini del loro modo di pensare. Nonostante la semplicità del suo insegnamento, esso sembra ripagare una vita di pensierosa meditazione.

 

Il SUTRA del CUORE della Saggezza Trascendente (Maha-prajna-paramita-hridaya) 

COSÌ IO HO UDITO. Una volta, il Beato insieme con un gran numero di alti Bodhisattva ed una grande compagnia di bhikshu, si trovava a Rajagriha, sul Monte Gridhrakta. 

Il Beato era seduto da una parte, assorbito in Samadhi, ed il nobile Bodhisattva Avalokitesvara stava meditando sul profondo Prajna-paramita, così pensando: La personalità è fatta di cinque aggregati a cui ci si attacca - forma, sensazione, percezione, discriminazione e coscienza - di cui il Beato ci ha insegnato che sono tutti simili al sogno e vuoti per natura. 

Allora il venerabile Sariputra, influenzato dal potere del Beato assorbito in Samadhi, così parlò al nobile Bodhisattva Avalokitesvara: "Se un figlio, o una figlia, di buona famiglia desidera studiare il profondo Prajna-paramita, com’ è che deve fare?" 

Il nobile Bodhisattva Avalokitesvara rispose al venerabile Sariputra: "Se un figlio, o una figlia, desidera studiare il profondo Prajna-paramita, lui (o lei) deve pensare così: La personalità? Cos’è la personalità? È un'entità eterna o è composta di elementi che passano via?" 

"La personalità è composta di cinque aggregati di attaccamento che sono per natura vuoti di qualunque auto-sostanza. La forma, o materia, è vuota; la vacuità non è diversa dalla forma, né la forma è diversa dalla vacuità; in realtà, la vacuità è forma. Similmente: la sensazione è vacuità; la vacuità non è diversa dalla sensazione, né la sensazione è diversa dalla vacuità; in realtà, la vacuità è sensazione. Similmente: la percezione, la discriminazione e la coscienza sono anch’essi vacuità. 

"Così, O Sariputra, tutte le cose che hanno il carattere della vacuità non hanno nessun inizio né fine; esse sono né senza difetti né non senza difetti; esse non sono perfette né imperfette. Nella vacuità, perciò, non c’è nessuna forma, nessuna sensazione, nessuna percezione, nessuna discriminazione, nessuna coscienza. Non c'è nessun occhio, nessun orecchio, nessun naso, nessuna lingua, nessuna sensibilità del tatto, nessuna mente. Non c'è nessuna forma visibile, nessun suono, nessun odorato, nessun gusto, nessun tatto, nessun processo mentale, nessun oggetto, nessuna conoscenza, nessuna ignoranza. Non c'è nessuna distruzione degli oggetti, nessuna cessazione della conoscenza, nessuna cessazione dell'ignoranza. Non ci sono nessun decadimento e nessuna morte, né vi è alcuna distruzione delle nozioni di decadimento e morte. Non ci sono le Quattro Nobili Verità –  quindi, nessun dolore, nessuna causa del dolore, nessuna cessazione del dolore, né alcun Nobile Sentiero per la cessazione del dolore. Non c'è nessuna conoscenza di Nirvana, non c'è ottenimento del Nirvana, e non c'è non-ottenimento del Nirvana. 

"Perché non c’è nessuna tale cosa come l'ottenimento del Nirvana? Perché il Nirvana è il reame del ‘Non-c’è-nessuna-cosa’. Se l'ego-anima della personalità fosse un'entità eterna non potrebbe mai raggiungere il Nirvana. È solamente perché la personalità è composta di elementi e, perciò, è vuota di un'ego-anima, che potrà arrivare al Nirvana. Fintantoché l’uomo cerca di avvicinarsi alla Saggezza Ultima, lui sta ancora dimorando nel reame della coscienza. Se vorrà realizzare il Nirvana, dovrà passare oltre il reame della coscienza. Nel Supremo Samadhi quando sarà stata trascesa perfino la coscienza, allora egli è passato oltre la discriminazione e la conoscenza, oltre la portata di qualunque cambiamento o paura. Egli, allora, sta già godendo il Nirvana. 

"La perfetta comprensione di questo e la sua paziente accettazione è la Saggezza Ultima che è il Prajna-paramita. Tutti i Buddha del passato, presente e futuro, avendo raggiunto il Supremo Samadhi, si sono svegliati trovandosi a realizzare questa perfetta e suprema Saggezza. 

"Perciò, ognuno dovrebbe cercare l’auto-realizzazione della Prajna-paramita, la Verità della Perfetta Saggezza, la Verità insorpassabile, la Verità che elimina ogni dolore, la Verità che è per sempre Reale. O Prajna-paramita! O Verità Trascendente che superi l'agitato oceano di vita-e-morte, e porti in salvo tutti i ricercatori a quell'altra sponda!. Quindi, O Sariputra, così un vero Bodhisattva dovrebbe insegnare il profondo Prajna-paramita a tutti i ricercatori della pace!" 

Quando il Beato si rialzò dal Samadhi, diede approvazione alle parole del nobile Bodhisattva Avalokitesvara, dicendo: "Ben detto! Ben fatto, Nobile Figlio! Così, infatti, lo studio del profondo Prajna-paramita deve essere presentato. Come è stato da te descritto, così esso è approvato da tutti i Tathagata." 

Così, con mente gioiosa, parlò il Beato, ed il nobile Bodhisattva Avalokitesvara ed il venerabile Sariputra e l’ intera società dei bhikshu lodarono le parole del Beato. 

FINE del Maha-Prajna-Paramita- Sutra